Quale Picco del Petrolio?

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Dmitry Orlov
boosty.to

Una breve nota sulla crisi terminale della produzione globale di petrolio. Spoiler: il Picco del Petrolio sta andando benissimo, sta affilando gli artigli e si sta preparando a darvi un bel morso al posteriore. Perché, con una notizia del genere, non corrono tutti a strapparsi si capelli? Forse perchè alcune persone importanti indossano gli occhiali mostrati sopra. Non ho una spiegazione migliore, mi dispiace!

Ricapitolando, il picco del petrolio era arrivato e passato nel 2005, causando un’impennata dei prezzi del petrolio, seguita dal crollo finanziario del 2008, ma poi era successa una cosa strana: la produzione statunitense di petrolio da scisto aveva iniziato a crescere, e crescere, e crescere… compensando molte perdite di produzione altrove e non solo.

Ma ora la crescita si è arrestata. Gli Stati Uniti continuano a produrre la prodigiosa cifra di 12,3 milioni di barili al giorno, che li rende leader mondiali, ma non crescono più di tanto: appena centomila barili al giorno dall’inizio di quest’anno, e questo nonostante i prezzi del petrolio siano molto interessanti. Il grafico seguente mostra che il numero di impianti di perforazione (necessari per sostenere la produzione, per non parlare della sua crescita, dato il rapido esaurimento dei pozzi di scisto) sta mostrando un lento, ma apparentemente inesorabile, declino, non influenzato da alcuna fluttuazione positiva del prezzo del petrolio.

I funzionari americani si sono lamentati aspramente dei tagli volontari alla produzione da parte di Russia e Arabia Saudita. Perché un leader mondiale nella produzione di petrolio dovrebbe lamentarsi della riduzione della quota di mercato dei suoi concorrenti? Perché 12,3 milioni di barili al giorno non gli sono sufficienti! Gli Stati Uniti sono anche un importatore netto di petrolio per circa 2,7 milioni di barili al giorno (sulla base dei dati del 2022, senza contare le importazioni di gasolio, benzina e altri prodotti petroliferi raffinati). Inoltre, come mostra il grafico seguente, l’amministrazione statunitense ha anche massacrato la propria Riserva Strategica di Petrolio (SPR) – una mossa inspiegabile dato che gli Stati Uniti non sono in guerra e non ci sono grandi interruzioni nelle forniture.

Cosa possiamo dedurre da tutto questo?

– Nonostante i prezzi relativamente alti del petrolio, la produzione di petrolio negli Stati Uniti è stagnante e il numero di impianti di perforazione è in calo. Il petrolio di scisto ha raggiunto un plateau. Dato che il calo annuale della produzione di un tipico pozzo di shale oil è di circa un terzo (in cifre molto approssimative), questo plateau si protrarrà per mesi e anni, ma certamente non per decenni.

– A quanto pare, il costo delle trivellazioni negli Stati Uniti è aumentato in modo significativo a causa dell’inflazione. L’aumento dei tassi d’interesse e la mancanza di investitori (idioti – scusate!) stanno ostacolando i nuovi finanziamenti e i nuovi investimenti.

– Le aspre lamentele sui tagli alla produzione da parte dei sauditi e dei russi fanno sembrare sciocca la riluttanza degli Stati Uniti a compensarli. Un’ipotesi ragionevole è che non lo faranno perché non possono.

– L’abbattimento della SPR sembra una mossa piuttosto disperata da parte del coro di Biden, delle sue Bidenettes e dei loro sostenitori. Mi viene in mente la battuta “Après moi le déluge“. Un leader del mondo libero che è a un passo dal Valhalla potrebbe non preoccuparsi molto del futuro della sua terra martoriata.

– Sebbene ci sia ancora un po’ di crescita della produzione nel settore petrolifero (400 mila barili al giorno rispetto a questo periodo dell’anno scorso), gli osservatori più attenti sono riusciti a capire che la maggior parte di essa proviene da pozzi già perforati negli anni passati ma non completati. L’inventario di tali pozzi è ormai ampiamente esaurito.

– La strana disponibilità dei sauditi ad introdurre tagli volontari alla produzione dimostra che non hanno nemmeno la capacità di aumentare la produzione. Lo stesso vale per la Russia, solo che la Russia ha abbastanza petrolio per soddisfare il consumo interno per molti decenni e non è così dipendente dai proventi delle esportazioni di petrolio come l’Arabia Saudita. Naturalmente è molto bello che gli acquirenti stranieri di petrolio permettano alla Russia di mantenere il bilancio in pareggio con un’aliquota fissa del 13%…

I commercianti di petrolio e gli esperti di energia negli Stati Uniti ignorano con fermezza queste sgradite realtà, forse a causa dell’effetto degli speciali occhiali protettivi mostrati sopra. Uno sguardo superficiale alle analisi dei loro esperti mostra un interesse malsano per la Cina. Forse dovrebbero abbassare lo sguardo e cercare di capire cosa terrà su i loro pantaloni tra qualche anno. E poi ci sono gli europei con la loro Mafia Verde, che ancora si affanna con i mulini a vento, e che ancora finge che alcuni ucraini su uno yacht da diporto noleggiato abbiano fatto esplodere i loro gasdotti (sic!).

Zoomiamo su una vista satellitare della scena. Gli Stati Uniti, con il 4,23% della popolazione mondiale, consumano 15 milioni di barili di petrolio al giorno su un totale mondiale di circa 100 milioni di barili al giorno, e circa la metà di questi 15 milioni (la produzione di scisto) è destinata a scomparire nei prossimi anni. In media, il mondo non se la passa poi così male per quanto riguarda il petrolio, ma c’è un paziente in particolare, ricoverato nel reparto del Picco del Petrolio, la cui prognosi è alquanto disperata. Riuscite a capire di quale paziente si tratta?

Dmitry Orlovscisto

Fonte: boosty.to
Link: https://boosty.to/cluborlov
25.07.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Dmitry Orlov è nato a Leningrado, nell’URSS, da una famiglia di accademici ed è emigrato negli Stati Uniti a metà degli anni Settanta. Laureato in ingegneria informatica e linguistica, ha lavorato in diversi campi, tra cui la fisica delle alte energie, il commercio su Internet, la sicurezza delle reti e la pubblicità. È autore di numerosi libri, tra cui Reinventing Collapse e The Five Stages of Collapse.

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