I numeri parlano chiaro, la crisi del Sistema Sanitario Nazionale passa innanzitutto attraverso la mancanza di personale: 30.000 medici ospedalieri, 70.000 infermieri. In 10 anni, tra il 2011-2021, in Italia sono stati chiusi 125 ospedali, ben il 12%. Nel 2011 tra pubblici e privati erano 1.120, diminuiti a 995 nel 2021, con un taglio più marcato – ovviamente – per le strutture pubbliche (84 in meno) [1].
Inutile sottolineare che la famigerata scelta di limitare l’accesso alla Facoltà di Medicina (il cd. ‘numero chiuso’) sia stata una delle cause di questa carenza di medici nel nostro Paese. Dietro la sollecitazione (ahimè!) europea negli anni ’80, si decise infatti di inserire test di ammissione per le facoltà scientifiche, fino alla approvazione nel 1987 del ‘numero chiuso’, che divenne legge nel 1999, con il beneplacito successivo della Corte Costituzionale, che dichiarò legittima la legge nel 2013 [2].
In questa fase di ricerca di personale sanitario negli altri Paesi anche extra EU, la Conferenza dei Rettori, di fronte alla possibilità di abolire il numero chiuso, si è trincerata dietro il richiamo alla qualità della formazione e alla validità europea dei titoli italiani; dimostrando così un totale disinteresse per i dati riportati ad inizio articolo (che loro conoscono perfettamente) e per cosa significano in termini concreti.
Ma se davvero quelle sono le giuste motivazioni per perseverare su questa strada suicida, ci chiediamo allora come sia stato possibile, prima del numero chiuso, avere nel nostro Paese strutture funzionanti, qualificati ospedalieri, dottori specialisti e medici di famiglia…in poche parole un SSN invidiato in tutto il mondo.
Ancora una volta, ci sembra di essere davanti a cieche prese di posizione a difesa dei privilegi dei pochi, invece che degli interessi del popolo italiano.
* * *
Fonte Ansa, 28 settembre 2023
Rettori, senza numero chiuso crollo di qualità a Medicina
“Immaginare un accesso generalizzato alla facoltà di Medicina significa programmare di fatto un drastico crollo dell’indiscussa qualità dei corsi che in Italia formano medici e chirurghi, e minare il riconoscimento europeo della laurea stessa”.
A dirlo è il presidente della CRUI, la Conferenza dei Rettori, Salvatore Cuzzocrea.
“Le università hanno già fatto uno sforzo incredibile per estendere i numeri di coloro che ogni anno accedono ai corsi di laurea in Medicina. Un’apertura tarata sulle necessità del sistema sanitario è già in atto: nei prossimi 7 anni i posti cresceranno infatti di 30mila unità“, ha ricordato Cuzzocrea.
“In questi ultimi giorni il dibattito sull’accesso a Medicina sembra aver avuto un rilancio improvviso. In molti si pronunciano a favore dell’abolizione della programmazione e delle regole condivise a livello europeo per la formazione dei nuovi medici. Le università hanno già fatto uno sforzo incredibile per estendere i numeri di coloro che ogni anno accedono ai corsi di laurea in Medicina così da preservare, in primo luogo, la qualità della formazione di chi domani dovrà occuparsi della salute dei cittadini. In secondo luogo, per garantire validità europea ai titoli italiani”, ha concluso Cuzzocrea