Di Raffaele Varvara per ComeDonChisciotte.org
Il 5 dicembre è andato in scena lo sciopero degli esercenti le professioni sanitarie. “Altissima adesione”, riferiscono i sindacati promotori, a quella che è diventata ormai la solita kermesse annuale per accaparrarsi le briciole rimanenti dalla manovra finanziaria, piuttosto che una manifestazione in difesa della nostra sanità pubblica.
I sanitari lamentano scarsa valorizzazione professionale e contrattuale e chiedono più risorse per loro salari, effettivamente i più bassi d’Europa; per l’ennesima volta, hanno dato uno stampo esclusivamente corporativo e settoriale alla rivendicazione. Non una parola sulla deriva autoritaria, disumana e privatistica della sanità, intesa come bene comune da preservare. Non una parola sulla necessità di riappropriarci della sovranità monetaria per rifinanziare il fondo sanitario nazionale, piuttosto che tagliare altri capitoli di spesa pubblica. Sempre e solo proposte riduzionistiche e soluzioni sintomatiche.
Tuttavia, da coloro che durante la psico-pandemia si prestavano supinamente ad essere i primi complici-collaborazionisti delle misure liberticide del potere, non c’era da aspettarsi molto di più. Può ergersi a paladino della sanità pubblica chi da un lato sciopera per rivendicare maggiore valorizzazione e dall’altro sostiene che l’AI potrà sostituire i sanitari perfino nella comunicazione col paziente? Si, proprio così, a Cremona l’ordine dei medici ha organizzato un congresso ECM dal titolo: “L’IA ed il destino della medicina: oltre l’uomo?”
Praticamente i sanitari mentre protestano, vendono la loro identità professionale all’IA, confermandosi primi alleati dell’agenda transumanista.
E se fosse una macchina a rispondere al posto nostro? E se lo facesse meglio di noi umani? E se le risposte le desse ad un nostro paziente? Questo è quello che si sono chiesti un gruppo di ricercatori dell’Università della California, che hanno testato l’abilità dell’intelligenza artificiale nel dare risposte a domande inerenti alla salute, poste dai pazienti stessi.
In questo studio trasversale, pubblicato su Jama Internal Medicine, sono stati analizzati e confrontati 195 slot di domande e risposte, postate su un apposito forum online che offre uno spazio per porre domande a carattere clinico e assistenziale a clinici verificati, per ricevere poi risposta. Questo forum conta un bacino di 474.000 utenti.
La prima indagine è stata svolta ad ottobre 2022, in cui sono state raccolte le risposte date dai medici, le medesime domande sono poi state rilanciate a dicembre su ChapGPT e le risposte salvate. Tutte queste risposte sono state poi analizzate, celando l’identità umana o digitale dell’autore, da un gruppo di 3 clinici con esperienza lavorativa in diverse aree (pediatrica, geriatrica, medicina interna, oncologica, malattie infettive e medicina della prevenzione).
A questo gruppo è stato chiesto di valutare tutte le risposte, senza conoscerne l’appartenenza, e di giudicare la loro qualità, in termini dell’informazione erogata (molto scarsa, scarsa, accettabile, buona, molto buona) e dell’empatia che veniva trasmessa (non empatica, poco empatica, abbastanza empatica, empatica, molto empatica). Le risposte prevedevano una scala da 1 a 5 dove punteggi elevati indicavano maggiore qualità ed empatia. I risultati dei valutatori sono poi stati confrontati e stimato un grado di accordo.
I clinici che hanno soggettivamente (questa componente va ricordata) valutato tutte le risposte, date sia dai medici che da ChatGPT, hanno preferito di gran lunga le risposte dell’Intelligenza Artificiale nel 78% dei casi, su un totale di 585 valutazioni effettuate (ognuno dei tre valutatori ha giudicato le 195 risposte totali). Le risposte date da ChatGPT sono state giudicate complessivamente di qualità migliore, la media è stata infatti dichiarata come buona mentre quelle dei clinici come accettabile. Le risposte giudicate di qualità “meno che accettabile”, quindi scarse o molto scarse, sono state maggiori nel gruppo dei clinici (37% vs 2%), mentre la proporzione di risposte buone o molte buone era decisamente più alta per ChatGPT (22% vs 78%). E non finisce qui, perché le risposte date dall’intelligenza artificiale sono state considerate anche più empatiche, nello specifico il 41% delle risposte dei clinici erano meno empaticche di quelle fornite dall’intelligenza artificiale, e la proporzione di risposte giudicate come poco empatiche era più alta nelle risposte dei medici (80% vs 15%). Le risposte dei medici erano, infine, mediamente più brevi rispetto a quelle fornite da ChatGPT (1).
Ma la ciliegina sulla torta delle contraddizioni ce la mettono gli ordini degli infermieri, che oggi sostengono cosmeticamente lo sciopero dei sindacati, mentre ieri non hanno battuto ciglio quando il governo ha prorogato fino al 2025 la possibilità per Regioni e Aziende sanitarie di rimpiazzare i buchi d’organico con personale straniero, in deroga ai controlli sulla lingua italiana e alla conoscenza delle principali procedure diagnostiche e terapeutiche. Per fortuna si leva una voce critica all’interno degli ordini, quella dell’ OPI (Ordine Professioni Infermieristiche) di Torino, che sul proprio sito, riporta le dichiarazioni del presidente.
«Tutto nasce nel 2020 con la legge 183 del 21 dicembre – ripercorre Ivan Bufalo, presidente OPI Torino – Si tratta del decreto Covid o Milleproroghe, che per la prima volta permette di aumentare la consistenza del personale sanitario, per fronteggiare l’emergenza covid reclutando personale in deroga». Il decreto, che sarebbe andato in scadenza con la fine dell’emergenza sanitaria è stato prorogato ulteriormente fino al 2025, ma anziché dare respiro al sistema sanitario sta creando, come spiega Bufalo, un danno a professionisti iscritti agli ordini e ai cittadini: «Anziché rispondere a un’emergenza, ne sta creando un’altra – motiva il Presidente Opi Torino – La carenza di infermieri sta assumendo dimensioni drammatiche su tutto il territorio nazionale. Lo Stato attraverso il Decreto Bollette ha voluto dare risposta prolungando quanto introdotto dai Decreti Covid del 2020 consentendo alle strutture sanitarie di utilizzare “in deroga” fino al 31/12/2025 personale sanitario (infermieri, medici, ecc.) che ha conseguito il titolo in paesi esteri».Cosa prevede la legge? «Prima del decreto la norma rendeva possibile l’esercizio delle professioni sanitarie in Italia, a quelli che hanno conseguito il titolo all’estero dopo la verifica da parte del Ministero della Salute che il percorso didattico fosse conforme o semi conforme a quello italiano – spiega Bufalo – Se non era conforme, il professionista era tenuto a sostenere degli esami per compensare. Ora è sufficiente che il richiedente presenti una copia autenticata del titolo conseguito all’estero e del certificato di iscrizione al corrispettivo del loro Ordine Professionale e lo presenti presso un Ufficio Regionale per vedersi automaticamente concessa la possibilità di poter esercitare la delicata Professione Sanitaria sul nostro territorio».
Di Raffaele Varvara, per ComeDonChisciotte.org
NOTE:
[2] https://opi.torino.it/index.php/infermieri-in-deroga-ci-vogliono-piu-controlli