Come riferito dagli stessi dipendenti di Meta a The Verge giovedì 19 maggio, la società ha esortato i lavoratori a non discutere di aborto su Workplace – il clone interno di Facebook utilizzato nell’azienda – poichè secondo un regolamento in vigore dal 2019 tale argomento rientra tra quelli che potrebbero portare ad “aumento del rischio” che l’azienda venga vista come un “ambiente di lavoro ostile”.
Secondo il regolamento ai lavoratori è quindi impedito di parlare di “opinioni o dibattiti sull’aborto giusto o sbagliato, sulla disponibilità o sui diritti dell’aborto e sulle opinioni politiche, religiose e umanitarie sull’argomento”, si legge nella “Politica di comunicazione rispettosa” dell’azienda.
Mentre alcuni dipendenti appoggiano la decisione, altri hanno invece fatto notare come questo divieto sia in contrasto con la politica aziendale su altre questioni controverse, come Black Lives Matter, il dibattito sull’immigrazione e le questioni LGBT.
Per giustificare la scelta però, la vicepresidente delle risorse umane di Meta Janelle Gale ha sostenuto, durante una riunione questa settimana, che l’aborto è “l’argomento più divisivo e segnalato” dai dipendenti di Workplace, sottolineando che “anche se le persone sono rispettose e cercano di esserlo riguardo al loro punto di vista sull’aborto, possono comunque sentirsi prese di mira in base al loro sesso o alla loro religione”.
Le opinioni di Gale non sono state affatto condivise da tutti ma alla fine la decisione è stata che i dipendenti di Meta possono discutere dell’argomento solo “con un collega fidato in un contesto privato (ad esempio, dal vivo, in chat, ecc.)” o “in una sessione di ascolto con un piccolo gruppo di massimo 5 persone che la pensano allo stesso modo”.
Come riporta The Verge, una dipendente storica di Meta, e prima ancora Facebook, che lavora per l’azienda da 10 anni, ha definito la politica di comunicazione soffocante dell’azienda sul tema dell’aborto come “disumanizzante e distopica”.
Massimo A. Cascone, 21.05.2022