M5S: la creatura

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DI ROSANNA SPADINI

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Il nostro Giggino Di Maio è troppo giovane per guidare una forza politica della portata del M5S, troppo giovane e inesperto, non perché abbia sbagliato qualche congiuntivo in corso d’opera, quello può capitare anche ai pasdaran della cultura accademica, magari nell’epoca degli apocalittici e degli integrati, ma soprattutto perché è privo di letture fondamentali per affrontare un compito così arduo.

Probabilmente non ha letto “Il Principe” di Machiavelli (a differenza di Salvini), un manuale di strategia politica criminale che insegna ai governanti a conquistare il potere, a potenziarlo e infine a mantenerlo, anche attraverso la truffa, l’inganno, il tradimento, l’omicidio, la strage. Diversamente saprebbe che nel suo caso, nell’abbraccio mortale con un politico navigato come Salvini, complice delle più immonde schifezze dei governi berlusconiani, lui è destinato ad essere spellato vivo, ingoiato e digerito in un sol boccone .

Probabilmente non ha letto nemmeno “Non pensare all’elefante” di George Lakoff, che ci insegna che le persone non votano secondo ragione, ma secondo emozione valoriale, non votano per il proprio interesse, ma per i valori in cui si identificano. Un voto in cambio di un desiderio, un voto in cambio di un’identità. Il marketing elettorale per convincere gli elettori dovrebbe limitarsi a trasferire nelle loro coscienze i loro stessi modelli di vita.

Ecco perché i miti dell’Illuminismo non si sono mai realizzati nella storia, perché la verità non può incidere sul reale, dato che le persone non ragionano politicamente secondo logica, ragionano per frames, cioè per metafore identitarie. La presunta verità dei fatti, la possibile verità razionale, per essere accettata, deve rientrare nei frames mentali che le persone già possiedono. Se i fatti non rientrano nei frames (valori identitari, ideali sociali, origini etniche, stereotipi culturali), i fatti vengono sistematicamente rifiutati. Si vota con il cuore e con la pelle, non con il cervello.

La rappresentazione politica della civiltà occidentale è ideologicamente spaccata in due, si dibatte tra due miti familiari opposti: quello del padre severo (patriarcale, autoritario, politicamente di destra), e quello del padre comprensivo (politicamente progressista, che divide le responsabilità con la madre). Questa divisione tra i due modelli educativi, dice Lakoff, rispecchia la divisione tra due modelli di cultura, due sistemi di valori, due visioni politiche del mondo, due visioni economiche (neoliberista e keynesiana). Ecco perché la proposta politica per essere vincente dovrà toccare le corde più inconsce del tessuto culturale di una nazione, evitando di mettere in crisi gli stereotipi consolidatisi attraverso i millenni, perché se ciò accade entra in crisi anche il sistema culturale ed economico: il pater familias ed il mos maiorum.

Ora invece con la nuova coppia di fatto gialloverde ci troviamo di fronte ad un unicum per la politica italiana. Non più un maschio e una femmina, ma due maschi… ma chi è il vero pater familias vincente tra i due? Il pater della destra conservatrice, nazionalista e sovranista, che difende i valori della famiglia, i confini del territorio, il mos maiorum di una nazione…? Oppure il padre progressista permissivo che condivide la responsabilità educativa con gli altri componenti del gruppo, ma che ha un’identità confusa, smarrita, impacciata, nebbiosa, e pronta ad obbedire ai diktat e ai ricatti del vero macho della coppia genitoriale?

È chiaro che se Di Maio è pronto ad interpretare la parte femminile della coppia, è inesorabilmente destinato a perdere su ogni fronte. Se il capo politico del MoV non si rende conto che contraddire la metafora culturale più profonda della nostra identità occidentale, significa perdere la legittimazione di un vasto consenso popolare, allora la tenuta elettorale del MoV si trova di fronte ad un grave rischio.

Anche Chiara Volpato scrive così in Psicologia del maschilismo”: “Le immagini dei cardinali riuniti in conclave, del vertice della Banca Centrale Europea, di governi, consigli di amministrazione, gerarchie militari mostrano senza bisogno di parole la perdurante supremazia maschile. Il soggetto è irritante, ma capitale. Lo asseriva Simone de Beauvoir, nell’introduzione al Secondo Sesso. Non possiamo che pensarlo anche noi, sessant’anni dopo”.

Infatti nell’arco della storia la figura femminile è stata costantemente svilita, ridotta al silenzio ed esclusa dal discorso pubblico autorevole, distinto dalle chiacchiere da salotto, ancora oggi associate soprattutto alle donne. Rivendicare il diritto di parola e violare le norme della tradizione reclamava una punizione certa, espressa attraverso ingiurie, oltraggi, stupri e femminicidi.

I poemi omerici ci propongono l’immagine di una donna che doveva curare soprattutto la propria bellezza, eccellere nei lavori domestici, ma obbedire sistematicamente all’uomo, padre, marito o figlio. Nell’antica Roma poi la condizione della donna migliorerà ma di poco, le donne romane non erano più legate ad una funzione puramente biologica, perché fu loro affidata la fondamentale mansione socio-educativa nel confronto dei  figli, per farli crescere come dei valorosi cives romani. Le tappe fondamentali della vita però rimanevano le stesse, e passavano dalla sottomissione ai padri, a quella dei mariti, a quella dei figli maschi, che avevano potere di vita e di morte su di loro.

Basti pensare al matricidio praticato dall’imperatore Nerone nei confronti della madre Agrippina, raccontato da Tacito negli “Annales”, oppure alle tante donne rappresentate da Boccaccio nel “Decameron”, cui veniva negata costantemente anche l’eredità familiare, perché trasmessa per via maschile dal padre ai figli maschi, scartando addirittura la moglie o la madre.

Inoltre la secolare lontananza delle donne dalla sfera pubblica, ovvero la difficoltà di accesso alla cosiddetta “stanza dei bottoni”, appare oggi tutt’altro che risolta. Basterebbe citare proprio il governo gialloverde, per notare che il triumvirato Conte-Salvini-Di Maio è un’espressione totalmente maschile.

Ora torniamo sul voto sulla piattaforma Rousseau in merito al caso Diciotti-Salvini, in cui è apparsa per la prima volta una nuova ‘creatura’, che non conoscevamo.

Pilatesca e del tutto contraria ai valori del MoV la scelta di proporre un quesito ambiguo, che chiedeva di votare SI’, quando si negava l’autorizzazione a procedere, e NO, quando la si concedeva… corredato per di più da un lavaggio del cervello a tutto tondo a favore del SI’, con video di Giarrusso incorporato e post apologetici del macho pater familias, salvatore della patria, che mostrava i bicipiti muscolosi contro le orde di invasori selvaggi, chiuso i porti ed alzati i muri della fortezza Italia, per tutelare la pace e il benessere nazionale.

A questo proposito molto si è discusso sull’editoriale di Marco Travaglio, intitolato “Movimento 5 Stalle”, e all’occasione si sono alzate molte grida d’indignazione, rabbia, irritazione, disgusto… dimenticando però che quello che dice Travaglio è sacrosanto,

“Perché, quando si chiede al ‘popolo’ di pronunciarsi non su questioni di principio, ma su casi penali dei quali non sa nulla, la risposta che arriva di solito è sbagliata. E quella data ieri dalla maggioranza degli iscritti 5Stelle non è solo sbagliatissima: è suicida. La stessa, peraltro, che auspicavano i vertici, terrorizzati dalla reazione di Salvini, cioè dalle ripercussioni sul governo e dunque sulle proprie poltrone. Per salvare Salvini, i 5Stelle dannano se stessi. Nemmeno le parole sagge e oneste dei tre sindaci di punta – Appendino, Nogarin e Raggi – raccolte ieri dal Fatto sono servite a restituire la memoria alla maggioranza della ‘base'”.

Forse non tutti ricordano che Travaglio ha seguito la nascita e l’ascesa del MoV fin dalle origini della sua storia, che teneva una rubrica settimanale sul blog di Grillo ‘Passaparola’, in cui faceva l’analisi politica settimanale, quindi che l’opinionista più famoso del giornalismo italiano  ha corredato la storia del MoV con molti editoriali sia positivi che negativi, ma soprattutto ha difeso sempre molti valori chiave del MoV, difesa dell’onestà politica, lotta alla corruzione, lotta ai potentati d’interesse, che monopolizzando la costruzione di grandi opere (Tav, Mose, Inceneritori, Tap), fanno lievitare i costi 3/4 volte rispetto al resto d’Europa, ed evitavano anche indagini, processi e condanne grazie all’impunità assicurata dalla lentezza della giustizia e dall’uso sistematico della prescrizione.

Ora il motto ‘i politici si devono difendere nei processi e non dai processi’ si è tramutato in ‘quando il reato è politico e compiuto nell’interesse dello Stato’ non è un reato, i giudici non ci devono mettere becco, solo il governo è legittimato a giudicare se stesso.

Con l’eterno ritorno dell’uguale, tutto il fronte politico, compresi i 5S, si sono messi a parlare all’unisono come il mafioso di Arcore, la magistratura non si deve interessare di processi politici, ogni azione compiuta da un ministro nella pratica delle proprie funzioni è legittimata se svolta per la difesa dello Stato. La stessa indipendenza della magistratura sembra diventata inutile, superflua e dannosa.

Ma questa è una “storia diversa”, “non ci sono di mezzo le tangenti”, e tanti  bei “saluti a quei fresconi dei sindaci Raggi, Appendino e Nogarin, più volte indagati o imputati non certo per storie di vil denaro, ma per atti compiuti nell’esercizio delle funzioni di governo, che mai hanno detto una parola contro i magistrati e si sono sempre difesi nei, non dai processi” (Marco Travaglio).

Il governo non sarebbe certo caduto, questo ce lo ha raccontato l’apologeta delle bufale felpate, esponente di spicco della casta, dato che possiede una Onlus ‘Più Voci’ che prende soldi da uno dei peggiori palazzinari romani, il signor Luca Parnasi, prima incarcerato poi agli arresti domiciliari.

Ribadire ad ogni occasione la propria identità, non sarebbe stato tradire Salvini, in questo caso particolare si doveva difendere la propria coerenza, non subire i suoi ricatti, rispettando la magistratura anche se politicizzata, perché la divisione dei tre poteri è il fondamento stesso della democrazia, quindi se mai proporsi come imputati dello stesso ‘reato’ ipotizzato dai magistrati di Catania, concedendo l’autorizzazione a procedere anche per se stessi. Solo così sarebbero apparsi all’opinione pubblica coerenti, leali e rispettosi della magistratura, ancora una volta i 5S di sempre.

Perché battersi contro di essa, anche se legittimo, comporta il risvegliarsi dell’eterno ritorno dell’uguale, della guerra contro le toghe rosse di tragica memoria… e gli elettori provenienti da sinistra, che rappresentano la maggioranza, sono particolarmente sensibili su questo tema.

Un atto non dovuto, gratuito di sottomissione a Salvini, lo stesso che ha boicottato il contratto di governo in tante occasioni, Tav, Decreto Dignità, Trivelle, Inceneritori e poi pretende l’asservimento totale degli alleati.

A questo punto ci si chiede se Di Maio sia solo sprovvisto di letture, sia troppo ingenuo o addirittura complice. Il MoV si sta trasformando in partito, perché si è accorto che occorre una struttura più solida, visto che perde quasi tutte le amministrative, manca un suo profondo radicamento sul territorio, non ha saputo allevare una classe dirigente all’altezza del compito.

Il nostro Giggino dice che occorre una Segreteria che operi un ampio monitoraggio sulla crescita del partito, e che alle europee presenterà professionisti affermatisi nella società civile.

Insomma il MoV sta diventando una creatura politica diversa da quella fondata dieci anni fa da Grillo, Casaleggio e decine di migliaia di militanti, sembra essere qualcosa di radicalmente diverso, ma che per il momento non ha ancora assunto un’identità precisa.

La ‘creatura’ uscita dalla votazione di Rousseau per ora assomiglia a una sorta di Jabba the Hutt, una grossa lumacona informe, priva di arti inferiori e con una lunga coda.

La metamorfosi è ancora in fieri, ma se il M5S perde la stella polare della ‘legge uguale per tutti’, alla fine gli resta ben poco, perché quello era il fondamento di tutte le altre battaglie, il caposaldo della sua stessa identità, della sua diversità rispetto ai vecchi partiti della casta. Speriamo che non abbia preso troppe lezioni dallo sciamano felpato di verde, salvatore della patria, dei derelitti e delle donnicciole indifese.

Anche perché un po’ imbranati ma onesti i grillini ci erano piaciuti molto, ma incapaci e anche disonesti non so se riusciremo a sopportarli.

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

21.02.2019

 

 

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