L’occupazione greca

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DI ISRAEL SHAMIR

unz.com

Il Papa di Gerusalemme (uno dei cinque papi originali, noto con il titolo ‘sua Beatitudine il patriarca della Santa Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme e Terra Santa’) Teofilo III di questi tempi difficilmente va a visitare le sue chiese. Ogni volta che va, il suo gregge lo aspetta fuori e ne impedisce l’entrata. Settimana scorsa, la polizia ebraica l’ha aiutato ad entrare in una chiesa di villaggio, mentre centinaia di credenti lo insultavano. C’è un piano per impedirgli di entrare a Natale nella Basilica della Natività.

Si ricordi che il suo predecessore Ireneo I è stato deposto dai vescovi dodici anni fa e che da allora vive in una cella solitaria di un monastero, rifiutandosi di lasciare le sue mura. Sa bene che altrimenti non gli sarebbe permesso di tornare. Guardando al suo calvario, l’attuale Patriarca è ben lungi dall’essere ottimista.

I palestinesi cristiani in Terra Santa, laici e clero minore, sono molto scontenti del Patriarca e dell’intera gestione della Chiesa. Il Patriarca svende i terreni delle chiese; le terre di Cesarea, valevoli miliardi, sono state vendute da lui per meno del prezzo di una casa su questo immenso tratto di terra. Presto la chiesa sarà indigente, e presto al cristianesimo palestinese, stabilito da Cristo, accadrà lo stesso, dicono gli ecclesiastici.

Ma il denaro non è l’unico problema. Il Patriarca non permette ai palestinesi di scalare le gerarchie della Chiesa: solo un palestinese, sua beatitudine Teodosio Atallah Hanna, arcivescovo di Sebaste, è stato ordinato anni fa, ma anche a lui non è stato permesso di partecipare alle decisioni della chiesa, viene tenuto fuori dal Sinodo, il corpo della chiesa dirigente, e dalla Fratellanza del Santo Sepolcro, non ha alcuna chiesa propria e nessuna retribuzione, l’unico Arcivescovo tenuto fuori al freddo. Questo perché non è greco di sangue.

Nella Chiesa Ortodossa solo i monaci possono salire all’episcopato, mentre i comuni parroci possono sposarsi (e di solito lo fanno). Il Patriarca non consente di tornare in Terra Santa ai monaci palestinesi che hanno studiato teologia in Grecia, così da non poter rivendicare il mantello vescovile nella sua chiesa. Ci sono ora 24 monaci palestinesi nei monasteri della Grecia; tutti loro hanno chiesto di tornare in patria, a tutti è stato detto di no.

“Se volete tornare in Palestina, rinunciate ai riti monastici e sposatevi. Altrimenti, alla larga!”, ha risposto loro il Patriarca. Tutti i vescovi della Chiesa di Gerusalemme sono di etnia greca; e vogliono tenere questa occupazione.

Mentre gli ebrei continuano ad escludere i palestinesi dalle decisioni politiche (anche gli israeliani di sinistra non consentirebbero mai ai partiti palestinesi di aderire al governo), i greci tengono i palestinesi, discendenti degli Apostoli, fuori dal controllo della Chiesa. Tutti sanno dell’occupazione ebraica della Palestina, se ne discute spesso all’ONU, i presidenti si sono messi il cuore in pace e gli attivisti lo combattono, ma l’occupazione greca della Chiesa di Gerusalemme non viene mai citata.

Molti buoni greci sostengono la lotta contro l’occupazione ebraica e vorrebbero rompere il blocco della Striscia di Gaza. Ancorché un bel pensiero, sarebbe meglio se pensassero all’occupazione greca.

La Chiesa Ortodossa greca sa di questa storia vergognosa. I loro vescovi visitano la Terra Santa ed incontrano i cristiani palestinesi. Non osano però affrontare la gerarchia della Chiesa di Gerusalemme, e – guidati dall’attuale Patriarca – considerano la Palestina la propria vacca da mungere a volontà.

I risultati sono terribili. Palestina e Israele non hanno servizi per tutti i loro cittadini, e quindi ogni comunità si prende cura dei propri. I musulmani si prendono cura dei musulmani, gli ebrei degli ebrei, cattolici e protestanti dei propri greggi, costruiscono scuole, organizzano attività, dalla vendita di olio d’oliva alla produzione di birra. Solo i Cristiani Ortodossi di Palestina, la più antica e grande comunità, non hanno nulla. Il loro numero si riduce ogni anno. Oh sì, possiamo legittimamente incolpare gli ebrei di non fare abbastanza, ma sarebbe giusto dare una parte della colpa ai dirigenti della Chiesa Ortodossa. Non si preoccupano affatto del gregge locale, non fungono da pastori.

Non costruiscono chiese. Ci sono molte nuove città israeliane, Beer Sheba, Afula, Eilat, persino Tel Aviv con migliaia di Cristiani Ortodossi (battezzati ebrei o immigrati di fede Ortodossa), ma non vi è mai stata edificata alcuna chiesa. I russi hanno proposto di costruirne per la Chiesa di Gerusalemme, ma il Patriarca è semplicemente non interessato. Gli interessano solo le vecchie chiese di pellegrinaggio visitate dai turisti greci e russi.

I leader della Chiesa di Gerusalemme, i vescovi greci che rifiutano di considerare i palestinesi come loro eguali, praticano il razzismo ecclesiastico, o, come viene chiamato, “etno-filetismo”. La Chiesa Ortodossa ha dichiarato eretica questa pratica nel Sinodo di Costantinopoli del 1872. La condanna, tuttavia, non ha cambiato la realtà in Palestina.

La Terra Santa è l’unico luogo in cui i gerarchi della chiesa sono sempre greci, mai di stirpe locale. Le chiese Ortodosse altrove si basano sulla tradizione, usano il dialetto del posto e sono governate da vescovi locali. La Chiesa Ortodossa russa ha laici e vescovi russi, la Chiesa di Grecia ha laici e vescovi greci, la Chiesa di Antiochia ha laici e vescovi siriani. Solo la Chiesa di Gerusalemme ha laici e parroci palestinesi ma vescovi greci.

Le radici di questo problema risalgono al 1534, quando dopo la conquista ottomana un monaco greco di nome Germanos venne eletto Patriarca di Gerusalemme per decisione della Sublime Porte, cioè dell’Impero Ottomano. Questi nominò solo vescovi greci, e da allora i Greci hanno mantenuto il monopolio del potere nella Chiesa. Hanno collaborato con turchi, inglesi ed ora ebrei, non avendo alcuna base di potere propria, ma sono riusciti ad esistere solo con la forza del potere straniero nella regione.

I greci, gli ebrei e gli armeni formavano tre gruppi elitari nell’Impero; fornivano la maggior parte delle classi istruite, mantenevano nelle proprie mani il commercio (gli ebrei), l’amministrazione (i greci) e l’artigianato (gli armeni), mentre i turchi si accontentavano di essere soldati e contadini. Le tre nazioni hanno un modus operandi simile: coesi, tribali nella loro prospettiva, reciprocamente competitivi ed esclusori. Se volete capire perché in America ed altrove comandano gli ebrei, guardate come questi tre gruppi hanno gestito le cose nella Turchia Imperiale. E tra greci ed ebrei non c’era molta differenza.

I greci avevano preso il pieno controllo sulle chiese dell’Impero, cioè quelle di Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria. Nessun arabo, turco o copto poteva diventare vescovo. Il risultato è stato positivo per i greci ma tragico per la Chiesa: i laici per protesta lasciarono la chiesa per convertirsi all’Islam o (in misura minore) a chiese non controllate dai greci, come la Chiesa cattolica romana, la Chiesa siriana ed altre e più esotiche confessioni. Questo razzismo ecclesiastico greco ha ucciso, o quantomeno minato, l’originario cristianesimo mediorientale di Cristo e dei suoi Apostoli.

I copti d’Egitto alla fine ruppero con la chiesa di Alessandria, dominata dai greci, e fondarono la propria Chiesa copto-ortodossa di Alessandria, mentre la chiesa ortodossa greca di Alessandria calò e divenne l’ombra di sé stessa.

Uno sviluppo opposto si verificò in Siria, dove (alla fine del secolo XIX) gli arabi locali costrinsero i vescovi greci ad imbarcarsi e tornare in patria. Elessero vescovi arabi ed un Patriarca arabo, pur rimanendo in comunione con altre Chiese ortodosse. La loro Chiesa di Antiochia fiorì, fino all’ascesa dell’ISIS. Si spera che a breve riguadagnerà il terreno perso, visto che i fratelli ortodossi russi li hanno aiutati a sconfiggere i jihadisti.

Le diocesi di Costantinopoli e Gerusalemme rimasero in mano greca, in entrambi i casi con conseguenze molto infelici. A Costantinopoli, i Greci rifiutarono la proposta di Ataturk di diventare la Chiesa ortodossa turca, anche se questo avrebbe restituito loro molte chiese, tra cui la grande Hagia Sophia, e probabilmente avrebbe impedito l’esproprio e l’espulsione subìti dai greci negli anni ’20. La Chiesa di Costantinopoli divenne un fantasma nelle mani della CIA, come è anche oggi.

Gerusalemme e Terra Santa erano troppo importanti per il cristianesimo per farle andare in mano nativa. I russi sostennero la nativizzazione della Chiesa, ma con molta cautela, vista la loro unità con altre chiese ortodosse. Ci furono anche molte interferenze ebraiche. La chiesa di Gerusalemme rimase così in mani greche, e sempre più palestinesi ortodossi si convertirono, alla confessione cattolica o protestante. Dall’essere maggioranza nel 19° secolo e dall’essere un terzo dell’intera popolazione palestinese ai tempi del Mandato britannico, gli ortodossi si sono attualmente ridotti a circa 30.000 membri della chiesa.

Ed ora, i greci al timone della chiesa hanno deciso di trasformare la propria mucca da latte in una da carne, e di macellarla, vendendone asset agli ebrei.

L’ultimo episodio è la storia di due alberghi sulla Porta di Giaffa di Gerusalemme, un tempo gli ottimi New Imperial Hotel e Petra. Entrambi sono cadenti ed ombre di quel che furono, ma occupano ancora le posizioni migliori a Gerusalemme. Sono stati venduti dal precedente Patriarca Ireneo per delle briciole; Haaretz ha rivelato che gli acquirenti hanno pagato venti volte meno della somma stimata. E chi sono gli acquirenti? Ateret Cohanim, un organismo di estremisti coloni ebrei, il cui obiettivo è quello di ricostruire il Terzo Tempio Ebraico sulle rovine della moschea di Al Aqsa ed allo stesso tempo cercare di ripulire Gerusalemme da non ebrei, stabilizzando altri ebrei nelle loro case.

L’attuale patriarca Teofilo III ha solennemente promesso di anuullare la vendita. È andato infatti al tribunale del distretto di Gerusalemme (ebraico), chiedendo di annullare l’affare in quanto concluso in modo fraudolento, per un prezzo troppo basso e corrompendo i funzionari. La Corte ha dichiarato: l’accordo rimane. Personalmente, mi sono indignato per questa palese ingiustizia ebraica, ma ho poi scoperto che la colpa non era degli ebrei.

Ho incontrato un cristiano palestinese, un membro principale del Consiglio Ortodosso Centrale in Israele, Alif Sabbagh del villaggio di Al Buqaia (o Pekiin) in Galilea, un uomo che ha dedicato la sua vita alla documentazione riguardante le terre della chiesa ed i rapporti Patriarcali. Possiede un vero e proprio archivio completo di tutti gli affari degli ultimi anni. Mi ha detto che il tribunale non aveva altra scelta: il Patriarca Teofilo si è rifiutato di fornire prove per le sue affermazioni, ed ha segretamente firmato un accordo con i coloni ebrei.

Nella legge israeliana esistono due fasi di appello. Nella prima il ricorrente presenta una domanda, nella seconda porta le prove del suo reclamo. Il Patriarca ha fatto un reclamo, ma non ha voluto portare le prove. Il giudice, una donna ebrea, ha detto di non poter accettare la richiesta senza le prove.

E non è che il Patriarca non poteva farlo. L’uomo al centro del problema è Nikolas Papadimas, ex tesoriere della chiesa, che si dice abbia firmato i contratti di vendita senza che Ireneo lo sapesse, che era fuggito dal paese ed era ricercato dall’Interpol su un mandato internazionale, accusato di aver rubato milioni di dollari al Patriarcato. Ebbene, questi è tornato ad Atene ed ha chiesto di dare le proprie prove al tribunale. Queste avrebbero spazzato via le rivendicazioni ebraiche, per cui è chiaro il motivo per il quale i coloni ebrei si sono opposti al fatto che venissero presentate in tribunale. Il Patriarca greco Teofilo si è però anche rifiutato di mettere Papadimas sul banco dei testimoni, ed il giudice ebreo non poteva far altro, anche se lei l’avesse voluto.

Il Patriarca, allo stesso tempo, ha svenduto le terre della chiesa nella Gerusalemme ovest, enormi e preziosi tratti di terra, inclusa la zona su cui si trova il Knesset, a misteriose aziende offshore (i soldi sono entrati nel suo conto personale in una banca offshore, dice Alif Sabbagh). Il Knesset, cioè il parlamento ebraico, in risposta ha cominciato a discutere il progetto di legge dell’onorevole Rachel Azaria sull’espropriazione delle terre della chiesa vendute a terze parti dal 2010.

Il Patriarca Teofilo ha invocato la solidarietà cristiana e le chiese dell’Occidente hanno risposto parlando contro il disegno di legge. Il loro sostegno era tuttavia basato su una falsa rappresentazione data dal Patriarca, che ha sostenuto che il disegno di legge espropria le terre della chiesa. Io l’ho letto e dico che non è vero: rende praticamente impossibili le vendite a terzi di terreni della chiesa. Dopo che il ddl diverrà legge, il Patriarca dovrà fare una scelta: vendere le terre allo Stato ebraico o non venderle affatto. Ciò ovviamente pregiudica la sua posizione di contrattazione e la sua capacità di intascare più tangenti, ma non danneggia veramente la posizione della Chiesa.

I cristiani palestinesi sono una comunità ben sviluppata e prospera. Sono più istruiti degli ebrei, sono benestanti, radicati sul suolo della Palestina. Erano e sono attivi nella lotta per la Palestina, spesso guidandola malgrado il numero ridotto (vengono alla mente i nomi di George Habash, leader cristiano del Fronte Popolare, e di Emile Habibi, grande scrittore palestinese). Hanno buone relazioni con i musulmani palestinesi, e vorrebbero andar d’accordo anche con gli ebrei. Si può leggere una breve e piuttosto buona pagina Wikipedia su di loro, bilanciando la consueta parzialità leggendo la discussione. Nonostante l’onnipresenza di noti operatori sionisti (Jayjig ecc.), essa lo stesso permette di comprendere l’argomento, cosa rara negli articoli Wikipedia sulla Palestina.

Il loro leader spirituale è il solerte e piuttosto giovane arcivescovo Teodosio Atallah Hanna, che per incredibile coincidenza ha lo stesso nome (Atallah) dell’ultimo Patriarca palestinese prima della presa di potere greca. È molto attivo, incontra delegazioni ogni giorno e di solito pubblica i resoconti sulla sua pagina Facebook o sulla sua altra pagina, dove il suo messaggio è “i cristiani palestinesi non sono una minoranza in Palestina; in Palestina non ci sono minoranze, solo persone che lottano per la libertà”.

È benvoluto anche tra i musulmani. Durante la recente disputa sulla moschea di Al Aqsa, è andato là in solidarietà al Mufti di Gerusalemme, suo amico personale. È un buon amico degli ebrei ortodossi di Naturei Karta, che ho visto di persona accompagnarlo in una visita di cordoglio. È anche disposto ad essere buon amico degli ebrei, riconoscendo che sono qui per rimanere nella sua amata Palestina. E naturalmente non ha alcuna animosità nei confronti dei Greci, avendo studiato in Grecia, parlando correntemente la lingua, frequentandola spesso e riconoscendone l’importanza culturale per i cristiani palestinesi.

Sarebbe un perfetto nuovo Patriarca, porterebbe unità e pace alla più antica Chiesa cristiana, creata da Cristo stesso. Le dispute sulle terre finirebbero, i greci andrebbero a patti coi palestinesi, perdendo il monopolio ma conservando la propria importante posizione. Sarebbe insomma la figura de-colonizzatrice ideale, permettendo non solo ai palestinesi nativi, ma anche ad altri cristiani ortodossi della Terra Santa, in particolare gli ex-ebrei russi battezzati ed i russi etnici, di integrarsi pienamente nella chiesa, una prospettiva che inorridisce l’attuale Patriarca Teofilo.

È noto anche in Medio Oriente. Recentemente ha visitato la Siria, è andato nei monasteri e chiese ortodossi ed ha incontrato il presidente Assad, che ammira per aver difeso i cristiani dall’attacco jihadista (la polizia ed i media israeliani lo hanno attaccato per questa visita al “nemico”, anche se stava semplicemente compiendo il proprio dovere ecclesiastico). Piace anche ai russi ed ai battezzati ebrei russi in Israele, e spesso battezza loro e i loro figli. Ha battezzato anche me, mia moglie e mio figlio, cosa per la quale sono eternamente grato a sua Beatitudine.

Gli attivisti cristiani palestinesi, che ora guidano la loro Intifada contro l’attuale Patriarca, pensano tuttavia che la miglior soluzione per la travagliata chiesa sia avere alcuni anni senza Patriarca. Mi hanno detto che preferirebbero che la chiesa venisse gestita per un po’ da un comitato di tre vescovi (compreso l’arcivescovo Teodosio Atallah Hanna). Nel mentre, la chiesa stabilirebbe nuove regole di successione del Patriarca, perdendo per sempre quella, ereditata dagli ottomani, di chiedere il consenso del sovrano (attualmente il governo israeliano, il PNA ed il re di Giordania). Questa richiesta di consenso ha esposto la chiesa al ricatto – il governo israeliano rifiuta di dare il suo consenso fino a che il candidato non promette di dare alcune terre della Chiesa agli ebrei. I ribelli hanno un’idea ancor più grande: togliere una volta per tutte le decisioni economiche (riguardino esse terreni o salari) dalle mani del Patriarca. Lasciate che il Patriarca si occupi di questioni spirituali, siano i laici a gestire i problemi materiali, dicono.

Il Patriarca non sta aspettando questi sviluppi in silenzio. Sta usando tutte le risorse della chiesa per corrompere chi è influente: il PNA, i prìncipi giordani ed i funzionari israeliani. I palestinesi parlano del prestito di una grande terra che il Patriarca avrebbe concesso al principe giordano Ghazi bin Muhammad, portando così i reali giordani dalla propria porta. Gli israeliani hanno ricevuto doni ancor più generosi, ed anche i funzionari del PNA non sono stati trascurati.

I russi potrebbero influenzare il risultato, ma sono abbastanza riluttanti ad interferire negli affari di una chiesa sorella. In conversazioni private, esprimono simpatia per la causa palestinese, ma non vogliono mettere in pericolo i rapporti con i Patriarchi di Gerusalemme e Costantinopoli. Questi potrebbero spiacevolmente vendicarsi, accettando le richieste di riconoscimento fatte dai vescovi ucraini ed, in generale, causare più problemi di quanto convenga ai russi.

Per questo motivo è difficile prevedere come finità la diatriba: se lo scaltro Patriarca manterrà la propria posizione ed il dominio greco nella chiesa, concedendo sempre più terreni ai potenti, o se questa Intifada palestinese avrà successo e la chiesa diverrà indipendente dai colonizzatori greci. La forza più in grado di interferire e risolvere in modo pacifico la controversia è probabilmente la Grecia, nel senso del popolo greco, capace di capire il problema e di fare ciò che va dicendo ad altre potenze coloniali, cioè porre fine alla colonizzazione ed all’occupazione. Il destino della più antica Chiesa cristiana altrimenti è in dubbio.

 

Israel Shamir

Fonte: www.unz.com

Link: http://www.unz.com/ishamir/the-greek-occupation/

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

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