L’Iran cambia tutto

Il primo storico attacco diretto da Teheran contro Tel Aviv potrebbe essere l'inizio di una nuova fase

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L’attacco iraniano, o più correttamente il contro-attacco, avvenuto mediante il lancio di droni diversivi (UAV) prima e missili Cruise e balistici a seguire ha per il momento causato danni molto circoscritti e complessivamente lievi, ma tatticamente sensati. Soprattutto, viene a seguito di una ennesima ultima goccia del vaso di Teheran traboccante da decenni di sofferenze ed ingiustizie provocate dal potere sionista-atlantico. Tuttavia, le modalità, le tempistiche, ed alcuni dettagli ambigui hanno spaccato in due l’opinione pubblica, senza alcuna eccezione tra gli addetti al settore. Da una parte vi sono gli scettici, i quali sospettano che l’attacco iraniano sia stato tutto sommato inutile, soprattutto alla luce di una efficace manovra che potesse interrompere o complicare le attività del Leviatano sionista dentro Gaza. Dall’altra chi sottolinea invece il successo di un programma sottile ma efficace.

Tutto un programma?

Gli scettici ritengono che, presunte fonti alla mano, la c.d. operazione True Promise sia stata coordinata con Israele e Stati Uniti stessi. Più precisamente c’è chi, come Orsini[1], parla di “attacco finto, in quanto telefonato (letteralmente) giorni in anticipo, consentendo agli israeliani di preparare le difese antiaeree, le quali in effetti sono state capaci di intercettare, secondo le stime ufficiali, il 99% dei lanci[2] provenienti dalle postazioni iraniane. Missili utili quindi, secondo l’analista italiano, soltanto a distrarre l’attenzione dal massacro di Gaza. Altri come Rampini[3], personaggio meno affidabile ma indicativo del pensiero di molti, parlano di “guerra-show” nella misura in cui la controffensiva iraniana si sarebbe rivelata una blanda dimostrazione pirotecnica, utile solamente a far felice il mondo musulmano da mesi in trepida attesa di una risposta da parte della potenza persiana all’interno dello scenario palestinese. Risposta che non poteva non essere attesa in seguito al bombardamento dell’ambasciata iraniana di Damasco[4] avvenuta lo scorso 2 aprile. Anche su Ria Novosti viene ironizzata l’azione iraniana, paragonandola all’opera di Saltykov-Shchedrin dell’orso che entra in città spaventando tutti per poi mangiare soltanto un lucherino[5].

Ciò che non torna, oltre alla natura “telefonata” della rappresaglia, non è tanto nell’attacco in sé – il primo in assoluto, va precisato, che coinvolge in modo diretto (e non attraverso gruppi militari indiretti o altri eserciti alleati come Hezbollah e l’esercito siriano) le azioni di Teheran sul suolo israeliano – quanto nella prevedibilità nella preparazione nonché nell’immediata richiesta dichiarazione in sede ONU che la questione per Teheran è già chiusa[6]. C’è quindi chi, scetticamente, non comprende come possa essere già finita qui la riposta di Teheran non solo ai 13 morti causati dal bombardamento dell’ambasciata di uno stato straniero, ma anche all’immane tragedia palestinese giunta ormai a 34.000 morti. Non si capisce perché Hezbollah, partito politico-militare libanese strettamente collegato all’Iran, non abbia mai davvero reagito alle innumerevoli provocazioni sioniste, limitandosi a mere dichiarazioni d’intenti reazionari nel caso in cui Israele avesse attaccato il Libano, cosa tra l’altro già avvenuta ripetutamente, prima con l’assassinio del numero due di Hamas Saleh Al-Arouri lo scorso 2 gennaio[7] in piena Beirut, ossia dopo aver oltrepassato la c.d. linea blu che divide (e in teoria dovrebbe contenere) le ostilità tra i due paesi del Levante; poi in seguito ad altri bombardamenti di gennaio, sempre made in Tel Aviv, che hanno visto subire zitti e muti i libanesi del sud; infine, sempre nello stesso periodo, l’uccisione di un dirigente di Hezbollah, Hassan Al Tawil, ciliegia su una torta di ben 130 membri del partito di Dio uccisi dal 7 ottobre 2023 a questa parte[8]. Nel frattempo, immediatamente dopo l’Iran counter-attack, i libanesi hanno subito l’ulteriore perdita di una fabbrica di armi nel sud-Libano[9]. Quousque tandem abutere, Tel Aviv patientia nostra? È la domanda che in molti si stanno ponendo, senza che tuttavia si notino spiragli di reazione diretta ed efficace contro l’impero ISRA-USA-NATO.

Obiettivi raggiunti

Dall’altro lato invece, v’è chi ritiene soddisfacente la mossa recente di Teheran per i seguenti motivi: si tratta innanzitutto di una rappresaglia che rispetta i princìpi fondamentali dei trattati internazionali ed in particolare l’importante articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, vale a dire la clausola che sancisce il diritto naturale all’autotutela ed alla reazione armata in caso di attacchi subiti ad opera di altri stati. Uno degli echi più reiterati, infatti è quello secondo cui l’Iran, al contrario del tirannico Israele, opera nel novero della legalità internazionale e ci tiene a mostrarsi come un blasone di civiltà all’interno della comunità internazionale, motivo per cui l’Iran ha aspettato per lungo tempo ad intervenire, anche in seguito all’uccisione del generale Soleimani avvenuto il 3 gennaio 2020 per mano statunitense. Ciò spiega anche perché l’azione sarebbe stata rivelata con largo anticipo: esattamente per non concedere né ad Israele né agli osservatori filo-israeliani dell’area (Usa, Francia, GB, Arabia Saudita, Giordania) la scusa di un attacco “terroristico” ed inaspettato che avrebbe potuto causare spargimenti di sangue totalmente controproducenti alla sopravvivenza di lungo periodo dell’Iran, nella misura in cui l’Iran è già sotto i riflettori dell’ipocrita società internazionale comandata dall’atlantismo, la quale sanziona Teheran[10] mentre parallelamente permette la pulizia etnica dei palestinesi e tutte le atrocità made in Washington & Tel Aviv.

Di più, il piano iraniano è strutturato in due fasi: la prima è consistita in un lento e anticipato lancio di 170 droni UAV i quali, come previsto da Teheran stessa, sono stati tutti abbattuti con facilità dal sistema anti-aereo israeliano a cinque strati[11]. Dopo circa un’ora, il lancio di droni è stato seguito da quello di missili Cruise e balistici di tipo Emad, Kheybar Shekan e Qadr. Tradotto, la seconda fase è stata più potente e Israele ha sì intercettato il 99% degli attacchi, grazie soprattutto all’aiuto difensivo di Usa, Gb[12], Francia[13], Giordania[14] e Arabia Saudita[15], ma ha comunque subito il danneggiamento non da poco della base aerea di Nevatim[16]. Infine, lo stesso governo di Teheran esulta e afferma di aver raggiunto gli obiettivi prefissati[17], soprattutto quello di mettere in atto una reazione bellica ufficiale, la prima nella storia, alla precedente aggressione israeliana. Insomma, per gli ottimisti la tigre persiana ha finalmente mostrato i denti ed è riuscita pienamente a vendicare il torto diplomatico-militare di inizio aprile facendo capire al leonesco Giuda che non può permettersi di provocare come vorrebbe.

Alcune osservazioni aggiuntive

Ora, al netto delle diverse visioni e interpretazioni, i fatti sono troppo recenti e le informazioni ancora troppo scarse e incerte per poter dare un voto in pagella. Sia da un lato che dall’altro vi sono dati fondate e legittime riflessioni che tuttavia non escludono nulla. Ciò detto vi sono osservazioni aggiuntive che probabilmente aumentano il novero degli elementi a sostegno del piano True Promise, senza tuttavia voler tagliare alla radice i sacrosanti dubbi e le osservazioni su ciò che non torna.

Le forze in campo

Innanzitutto, è innegabile che l’Iran non possa spingersi troppo oltre in una guerra aperta e totale contro il nemico sionista, per il semplice motivo che non si tratterebbe di una guerra circoscritta alla regione, ma di una vera e propria guerra mondiale a livelli stratificati nella quale il nemico di primo livello, in questo caso Israele, non agirebbe mai solo bensì comodamente coadiuvato da tutti gli apparati politici e militari statunitensi, vere e proprie filiali del potere ebraico sionista[18]. Più dettagliatamente, analizzando i dati ufficiali attualmente a disposizione, l’Iran da solo avrebbe il netto vantaggio in una guerra terrestre per numero di soldati, popolazione, mezzi di terra, risorse naturali, logistica e finanze in termini di debito estero e potere d’acquisto complessivo; dall’altra lato Israele preso singolarmente partirebbe svantaggiato sia per gli elementi sopracitati, sia in un improbabile confronto navale, contando una flotta decisamente minore seppur sofisticata ma sbilanciata nel settore del rifornimento petrolifero (quindi non militare). L’unico, ma decisivo, vantaggio israeliano (sempre se preso singolarmente) è quello aereo e ciò è dire tutto, visto che oggi la vera guerra convenzionale (ossia escludendo le altre forme di guerra asimmetrica) si fa in aria o comunque dipende prevalentemente dallo stato della flotta aerea. Più che la differenza numerica, solamente di qualche decina di velivoli in totale, il divario è dato dall’avanzamento delle rispettive flotte. È vero che la dotazione iraniana non è del tutto chiara, in ossequio all’arte della guerra di celare sempre le reali capacità, tuttavia, dati alla mano Israele può contare sui più sofisticati F-35 I Adir[19], venduti dalla Lockheed Martin solamente a Tel Aviv e Washington, per non parlare di tutta una serie di F-16 e 15 che superano nettamente le ufficiali dotazioni di Teheran[20] sovvenzionate dalla Russia ma rimaste ai tempi della guerra fredda.

Il vero nemico

Ma è proprio qui che entra in scena la svolta: se è vero quanto accertato finora, l’attacco iraniano è andato proprio a destabilizzare il vantaggio aereo israeliano, non solo costringendo il nemico a rivelare l’entità e la geometria degli apparati antimissile (il c.d. Iron Dome che in realtà è solo una parte di un sistema difensivo più ampio), bensì andando a danneggiare proprio una delle basi aeree cruciali, quella di Nevatim, come anticipato sopra. Secondo i media, almeno 15 missili hanno colpito la base mettendo fuori uso i preziosi F-35 con la stella a sei punte. Le stesse fonti israeliane confessano che alcuni missili sono effettivamente riusciti a colpire la base Nevatim, ma che questa non ha subito danni gravi e starebbe continuando ad operare come sempre[21], tanto che all’interno dell’IDF si sta già discutendo di un nuovo attacco[22]. In ogni caso, se il piano True Promise è realmente pensato per distrarre le difese antimissile tramite droni e colpire di rovescio la flotta aerea con i missili balistici, allora l’attacco ha sicuramente avuto senso, nonché utilità se è vero che ha causato danni reali, anche tenendo conto del fatto non così tanto secondario che un giorno di difesa è costato ben 1,5 miliardi di dollari, cifra ancora più spaventosa se proiettata in una lunga guerra di logoramento.

La condotta dell’Iran e possibili scenari

Ma perché l’Iran ritarda apparentemente le sue mosse? Perché spesso sembra innocuo anche di fronte a torti evidenti? Va preliminarmente precisato che non è del tutto vera l’idea che gli iraniani siano del tutto inermi. Durante tutto il conflitto con Gaza, l’Iran ha cercato quanto possibile (sebbene non sia da escludere che avrebbe potuto fare di più) di mettere in difficoltà Tel Aviv attraverso ripetuti attacchi hacker, nonché (forse con troppa debolezza) attraverso la propria falange libanese Hezbollah al confine nord di Israele. Tutto ciò è perfettamente in linea con l’odierno orizzonte bellico intessuto di guerre asimmetriche[23] e conflitti combattuti con innumerevoli, nonché insospettabili, forme di attacco (informatico, economico, culturale ecc.).

Va ricordato che l’Iran non avrebbe vita facile in un conflitto diretto ed isolato contro Israele, figuriamoci in un più realistico scenario in cui a catena intervengono USA, GB, in primis, poi Francia, Giordania, Arabia Saudita, e una sfilza di paesi europei in stile Guerra del Golfo. Non c’è bisogno di precisare che l’Iran non avrebbe scampo, se non (forse) in un conflitto letteralmente mondiale in cui la Russia è finalmente libera dall’ostilità NATO ai suoi confini, la Cina si scorda di Taiwan e mette anima e corpo (molto improbabile) per Teheran e l’intero mondo musulmano manda quanti più rinforzi possibili. Oppure uno scenario in cui l’intero BRICS allargato, di cui attualmente fa parte anche lo stesso Iran, ha la possibilità di concentrarsi esclusivamente su Tel Aviv e Washington, ma sono soltanto scenari da Risiko. Insomma, per Teheran la guerra aperta, senza radicali cambiamenti nello scacchiere internazionale, non è attualmente un’opzione perseguibile.

La pazienza culturale iraniana

Ciò detto, l’aspetto tattico non è l’unico indice del comportamento politico iraniano. C’è anche un importante fattore culturale, ben comprensibile se si guarda indietro alla rivoluzione del 1979. Un anno prima dell’ascesa di Khomeini, il paese era in agitazione, tanto che nel gennaio del 1978 nella città di Qum ci fu una manifestazione, tra le tante nel paese, indirizzata contro il regime severo e filoccidentale dello shah Reza Pahlavi. L’esercito arrivò ad uccidere molti studenti durante la manifestazione e ciò segnò indelebilmente lo spirito dei cittadini. Questi, nonostante fossero pieni di rabbia e volenterosi di rovesciare il regime, invece di reagire immediatamente seguirono invece la tradizione musulmana dei 40 giorni di attesa: prima di riunirsi a celebrare i funerali di parenti e amici, i musulmani fanno passare quaranta giorni.

La tradizione prese un tono politico anche grazie alla guida dell’Ayatollah che invitò tutti i seguaci all’osservanza della regola. Finito il rito, gli iraniani scesero nuovamente in piazza in tutte le principali città, ma ci furono nuovamente vittime, questa volta nella città di Tabriz. Seguirono altri quaranta giorni e per la terza volta alla fine del memoriale, l’ira degli iraniani, sempre più intensa, provocò scontri violentissimi, a cui si aggiunsero ulteriori vittime accompagnate da una terza ondata di attesa funebre. Furono quindi 120 i giorni di attesa totale. Alla fine dopo una tesissima lotta politica, il governo dichiarò la legge marziale, ma l’energia sentimentale accumulata per tutto quel tempo fu in grado di sovrastare le misure repressive, tanto che, a partire dal c.d. Venerdì Nero (8 settembre 1978), la folla divenne sempre più numerosa e sempre più agguerrita, finendo per sfociare nelle grandi piazze, le quali contarono anche 2 milioni di iraniani nella sola Teheran, che il 16 gennaio 1979 fecero fuggire per sempre lo Shah.

La morale della storia è che gli iraniani, per storia, religione, cultura non agiscono mai a sangue caldo, bensì all’opposto, per poi colpire nel momento giusto. Da decenni l’Iran subisce pesanti vessazioni, che si tratti di sanzioni o addirittura dell’assassinio dei loro migliori scienziati[24]. Ma da una parte non è un caso che gli scacchi siano nati proprio in Persia e le guide spirituali (figure totalmente assenti in Occidente) hanno capito che le forze dello spirito, nonché la coesione nell’affrontare le avversità, il saper resistere insieme alle ingiustizie, sono fondamentali per un rinnovamento fruttuoso e per la sopravvivenza stessa di un popolo.

La condotta di Hezbollah

Non è esente dall’attenzione degli addetti al settore il ruolo di Hezbollah, attore che negli ultimi quarant’anni ha saputo bilanciare i pesi militari e strategici di Teheran, Beirut e Damasco insieme, ma che dal 7 ottobre scorso, tranne qualche vaga dichiarazione di intenti, ha forse temporeggiato più di quanto ci si aspettava nei confronti delle azioni israeliane. Anche qui, va fatto notare che Hezbollah si presenta come un partito militare che, da una parte gestisce con (consensuale) autorevolezza parlamento ed esecutivo libanesi, mentre dall’altra esegue azioni di guerra asimmetrica dal Libano sud alle alture del Golan, fino ad avere cellule un po’ in tutte le principali città e zone del Levante. Ruolo quindi complicatissimo e spesso al limite di essere tacciato per movimento terrorista. Ma soprattutto, negli ultimi vent’anni il Partito di Dio ha conquistato territori, relazioni, mercati e consenso tanto che una mobilitazione totale nei confronti di Israele in seguito ai fatti palestinesi non soltanto lascerebbe scoperti i teatri siriani, iraniani e del Libano interno, ma farebbe tabula rasa degli ottenimenti acquisiti faticosamente in quarant’anni, completati recentemente da uno storico accordo triangolato Hezbollah-Israele-Usa per lo sfruttamento delle risorse del mediterraneo orientale[25]. Scenario, quindi, quello della perdita della gestione civile dei territori e dello stracciamento di tutti i trattati stipulati finora, che gli stessi dirigenti probabilmente vogliono evitare, a quanto pare a qualsiasi costo.

Situazione diplomatica sfavorevole

Infine, non va dimenticato Israele è ben coadiuvato non soltanto da Washington e company ma all’interno della regione anche dalla Giordania e soprattutto dall’Arabia Saudita in seguito agli Accordi di Abramo firmati il 15 settembre 2020 sotto la tutela di Donald Trump, che ha normalizzato i rapporti anche con Bahrein ed Emirati Arabi. Successo anche questo (nella prospettiva di Israele) che le parti contraenti difficilmente faranno cadere visto che Israele è fucina di tecnologie ed armi utilissime. È in pratica il motivo per cui la difesa israeliana è stata coadiuvata anche da Riad[26] facendo sospettare che la recente entrata all’interno dei BRICS+ non sia poi così convinta probabilmente, e in ogni caso è molto contradditoria, visto che in diritto internazionale vale il principio lex posterior derogat priori e l’accordo BRICS+ con l’Iran dovrebbe in teoria superare gli accordi di Abramo. A maggior ragione se proprio l’anno scorso i due paesi avevano siglato un accordo per riaprire le relazioni diplomatiche[27]. Ciò, molto semplicemente, non va per niente a favore di Teheran, che si trova circondata in una regione araba in cui è leader, ma in cui allo stesso tempo è destabilizzata da Israele e blocco atlantico che continuano a fare il bello e cattivo tempo da un momento all’altro.

Un attacco che preclude ad una nuova fase

In conclusione, il punto è che l’attacco iraniano è stato come un albero che è caduto senza essere udito (utilitaristicamente parlando) da nessuno, tranne che dal destinatario effettivo, leggasi potenza aerea israeliana. Se così, l’Iran ha risposto nel modo più subdolo e tattico possibile. Ha evitato un’escalation nella quale si sarebbero sentiti coinvolti i grandi attori mondiali, anche alla luce del sempre più grande disinteresse americano per l’Ucraina[28], frenando il nemico non laddove è più debole, bensì più in vantaggio. Rimettere in sesto una flotta di F-35 è un lavoro incommensurabile, sia per tempistiche che per risorse finanziarie. Il vero dubbio è se da adesso in poi Teheran ha intenzione di logorare lentamente, come sa fare, il nemico sionista o se davvero si è trattato di una mera rappresaglia del momento senza ulteriori tappe. Nel primo caso, si apre una nuova fase, sebbene l’elefante nella stanza, i Palestinesi, sia ormai esangue. La vera sconfitta è già avvenuta in tal senso. Vedremo se vi sarà giustizia.


Di Matteo Parigi per comedonchisciotte.org


[1] https://www.maurizioblondet.it/attacco-iran-finto-coordinato-con-israele-e-usa-alessandro-orsini/

[2] https://www.iranintl.com/en/202404152333

[3] https://www.corriere.it/esteri/24_aprile_15/attacco-israele-iran-guerra-rampini-81205d2a-fa82-11ee-ba6a-99e730c8c30b.shtml

[4] https://it.euronews.com/2024/04/01/siria-colpita-lambasciata-iraniana-a-damasco-morti-e-feriti-accuse-a-israele

[5] https://ria.ru/20240415/izrail-1940048062.html

[6] https://www.rainews.it/articoli/ultimora/Iran-a-Onu-con-attacco-questione-chiusa-765b90fe-b3a1-417f-98ae-19657efe346b.html

[7] https://comedonchisciotte.org/attentato-in-libano-morto-leader-di-hamas/

[8] https://www.rainews.it/articoli/2024/01/wissam-hassan-al-tawil-uno-dei-capi-di-hezbollah-ucciso-in-un-raid-mirato-in-libano-3c02cd6d-d1af-4940-a585-c2e478df4d39.html

[9] https://www.france24.com/en/live-news/20240414-hezbollah-source-says-israel-struck-position-in-east-lebanon

[10] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/iran/

[11] https://www.iranintl.com/en/202404152333

[12] https://ria.ru/20240415/izrail-1940048062.html

[13] https://www.quotidiano.net/esteri/iran-israele-attacco-francia-abke9yzw

[14] https://www.timesofisrael.com/jordans-help-against-iran-shows-relationship-with-israel-still-strong-despite-gaza/

[15] https://www.rt.com/news/596007-saudi-arabia-iran-drone-israel/

[16] https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-perch_liran_ha_attaccato_la_base_israeliana_di_nevatim/45289_54104/

[17] https://tg24.sky.it/mondo/2024/04/14/iran-israele-attacco-14-aprile-diretta?lbp=10

[18] Ne parla esaustivamente e in modo dettagliato J. Mearsheimer in La Lobby israeliana e la politica estera degli Usa, ed. Asterios 2007.

[19] https://www.deagel.com/Country/Israel

[20] https://www.deagel.com/Country/Iran

[21] https://www.timesofisrael.com/how-israel-foiled-irans-ballistic-missile-attack-that-focused-on-an-f-35-airbase/

[22] https://www.timesofisrael.com/liveblog-april-16-2024/

[23] https://comedonchisciotte.org/unrestricted-warfare-dalliperguerra-alla-guerra-illimitata/

[24] N. Chomsky, L’America è finita? Il mondo che lasciamo e il compito che ci attende, ed. Asterios, p. 14.

https://www.ilpost.it/2012/01/11/le-morti-degli-scienziati-nucleari-iraniani/

[25] https://www.cesi-italia.org/it/articoli/accordo-libano-israele-un-nuovo-equilibro-nella-scena-energetica-mediterranea

[26] https://www.rt.com/news/596007-saudi-arabia-iran-drone-israel/

[27] https://mglobale.promositalia.camcom.it/altre-tematiche/tutte-le-news/riprendono-le-relazioni-diplomatiche-iran-arabia-saudita.kl

[28] https://it.euronews.com/my-europe/2024/02/15/lo-stallo-degli-stati-uniti-sugli-aiuti-allucraina-sta-gia-avendo-conseguenze-sul-campo-di

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