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L’amore ai tempi dello smartphone

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A cura di Sonia Milone
Il 9 Agosto 2023
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Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

Un account, tre notifiche, doppia spunta. Gli amanti 4.0 si conoscono sui social percorrendo una ”vie en rose” lastricata di foto, stati, profili ed emozioni caotiche. Lasciare aperta la chat significa lasciare aperta la porta del cuore. Alla cena a lume di candela preferiscono la luce del telefonino, ai baci in riva al mare la navigazione emozionale a bordo del web, al riparo dall’odore della pelle, dai capelli in disordine, dalle intemperie del reale. Il virtuale come porto sicuro: la passione è un emoticon, l’amore un cuoricino. I “frammenti di un discorso amoroso” cantati da Roland Barthes sono diventati i monologhi di un io connesso in tutte le direzioni che lascia pezzi di sé in ogni angolo del web. Il discorso presuppone uno scambio, un’apertura, un rischio, il monologo no.

Gli amanti 4.0 si corteggiano sui social, lontani dai corpi, nel solipsismo dove attecchisce ogni allucinazione. Scelgono di vivere nella distanza, nella penuria, nell’istante. Si rincorrono su facebook, su instangram, su whatsapp, teatro di struggenti passioni, in assenza totale dell’altro. Freud definiva il narcisismo il dissolvimento dell’altro – un altro in quanto alterità, il diverso da me – per farne un oggetto delle mie proiezioni egoiche, cioè un fantasma. Narciso cerca l’amore, in realtà, non vede altri che sé stesso, finendo con l’innamorarsi della sua immagine riflessa nell’acqua.

Nel mondo liquido che caratterizza la post-modernità ci si specchia nel web per offrire sé stessi come un eterno scintillio digitale. I narcisisti 4.0 liquidano la fatica perturbante dell’incontro, dello scontro, dello scambio affogando in un pozzo di solitudine. In liquidazione sono, soprattutto, i legami solidi e profondi con le loro valli, i loro dirupi e le loro vette, un territorio accidentato in cui è difficile camminare. Meglio partire per un altrove, allora, dove i prati sembrano sempreverdi e il romanticismo è un mazzo di fiori finti mandato su whatsapp. Gli amori del nuovo millennio abitano la deterritorializzazione dove gli scenari sono desertici: “in questa valle di stelle morenti” (Thomas. Eliot), si perde il senso vissuto del reale, la sua irriducibile esteriorità.

“Individualismo, narcisismo, egoismo: sono tutte figure di solitudine“ – ha scritto Umberto Galimberti – “la socializzazione si è ridotta alla propria parvenza digitale“. Isolato in una individualità narcisista, l’essere umano vive sottomesso al totalitarismo dell’immaginazione, opportunamente telecomandato. Gli amanti 4.0 sono pronti a partire per il Metaverso, che è un casco che ti chiude gli occhi per immergerti senza scampo nel virtuale, dove potrai farti una scappatella con la collega di lavoro mentre tua moglie va in luna di miele con Brad Pitt. Non siamo più nei territori della fantasia ma in quelli dell’allucinazione: la prima sorvola il mondo per tornarvi avendolo conosciuto da una diversa prospettiva, la seconda lo esclude per sostituirlo.

L’imperativo del moderno nel tempo della simulazione è “amministrare il sogno per dominare la vita” (Gille Deleuze). Facebook è il trafficante di sogni d’amore privi di magia e di mistero, è il pusher delle emozioni forti consegnate alla fretta. Per avere una vita on line basta una foto ritoccata e un nome falso, per avere un amore vero, oggi, occorrono corpi insonni ancora capaci di ebbrezza. Il mercato del desiderio appiattisce, consuma e sussume gli aspetti più disparati del luogo comune, opera per mortificare la vita dove si manifesta in tutta la sua autenticiità. È il mondo di Maria de Filippi, se apri la mail c’è sempre posta per te.

Navigare nel web significa vivere sulle onde anomale delle sue fluttuazioni dove gli amori vanno velocemente alla deriva, perennemente innamorati di un vuoto da colmare. Una volta c’erano le scenate e i pianti, gli addii e le riconciliazioni. In ogni caso, un confronto doloroso da affrontare mettendoci la faccia. Oggi, se non vuoi più il partner, lo blocchi sui social con un click, lo fai sparire e basta, senza spiegazione, senza possibilità di replica. Fine di un amore senza degno funerale, senza bara in cui mettere il corpo…Anche perché il corpo non c’è mai stato: il viso dell’amato era un insieme di pixel che ora si dissolve nella rete: cenere alla cenere, polvere alla polvere, pixel al pixel…
E dopo il “gosthing” arriva l’”orbiting”: il partner non chiama ma interagisce, non risponde ma visualizza, non chatta ma mette dei like. Non comunica ma dà traccia di sé, si manifesta come lampeggiamento di una notifica, come fulmine a ciel sereno: forse non tutto è perduto…

Gli amori del nuovo millennio hanno perso le parole, la voce, i sospiri. Si nutrono di emoticon, faccine che ridono, che piangono, cuori rossi e fiori finti: pittogrammi e disegnini dell’odierna società infantilizzata. Questo nuovo linguaggio da tastiera banalizza i sentimenti, inaridisce le emozioni, immiserisce il pensiero. “La lingua è uno specchio dell’anima assai più che il volto”, ha scritto il linguista Franco Fochi. Parole striminzite restringono il cuore spegnendo il gioco dei rimandi e dei rilanci.
Si rinuncia alla complessità della sfera interiore perdendo la capacità di capire e raccontare le sfumature labirintiche della propria anima. È un dispositivo che promuove l’introiezione di un’identità fondata sull’omologazione. È l’era dell’amore “copia e incolla”: veloce, facile, uguale per tutti.

Le parole sono passi, ponti, che conducono in territori emotivi inesplorati dove conoscere l’altro. Sono luoghi in cui sostare, sentire, scambiare. L’amore facilitato dall’sms ha invaso la nostra vita di parole stupide e ridondanti, di chat lapidarie e compulsive dove restiamo intrappolati nella dittatura dell’istante, del messaggio improvviso, della risposta immediata, mentre avremmo bisogno di abitare il silenzio, ascoltare noi stessi e parlare col partner.

Uno, due, infiniti messaggi. Lo smartphone suona, lampeggia, vibra. Disturba, invade e profana anche la privacy dove abita la coppia. La fedeltà è il patto che prevede l’esclusione degli estranei, il confine invisibile che protegge l’unione dal resto del mondo. Con i social, invece, si è sempre connessi con tutti gli altri, un’onda che dilaga sfondando ogni barriera. La sfera intima scema a favore di un’esposizione permanente, si soggiorna più nell’esteriorità che nell’interiorità.

E non è detto che, dietro il lampeggiamento di una notifica, non si nasconda un colpo di fulmine fedifrago. Se il coniuge vive attaccato al telefonino, statene certi, vi tradisce! Anche gli adulteri sbocciano su whatsapp, luogo segreto di sospiri e patemi. Ma non sempre quel gruzzoletto nascosto nel cellulare è a prova di scasso: oggi sono diventati tutti hacker per amore. Si spiano i messaggi, gli accessi, i like. Nel 2023 Ulisse sarebbe stato geolocalizzato da Penelope mentre se la spassava con Circe in riva al mare.

Fra chat e social, anche l’eros si è inaridito. La seduzione si nutre di pudore, di attesa, di mistero, di veli ed immaginario. Ora tutto è esibito, senza nessuna penombra. Basta un click per conoscere ogni cosa dell’altro sbirciando nei suoi video e nelle sue foto, copiosamente postati. Con i selfie ciascuno trasforma sé stesso in spettacolo: diffusione di massa degli esibizionisti, sempre in posa di fronte a una folla di voyeuristi. Andy Wharol fu il primo a capirlo: “nel futuro tutti saranno famosi per 5 minuti”. Ma l’eros languisce in una spettacolarizzazione che è contraria al suo pathos. Moltiplicata, anche la divina Marylin perde ogni fascinazione e diventa simile a una lattina di zuppa industriale.

Atteone venne sbranato dai suoi cani per aver osato guardare la dea Artemide nuda mentre faceva il bagno in una fonte. Lo sguardo magico teme ciò che incontra, è prudente e, spesso, abbassa gli occhi. I miti traboccano di questi sguardi proibiti e puniti. Orfeo raggiunge l’oltretomba per riprendere l’amata, ma non sarà la morte a separarli per sempre ma un’ultima, avventata, occhiata.

Il disincantamento del mondo comporta l’appiattimento delle antiche vertigini ma anche il restringimento dei sensi. L’evaporazione dei retromondi simbolici fa ribaltare la visione sui primi piani, come nei film pornografici, quest’orgia di sguardi sul corpo anatomico desimbolizzato. La modernità ci ha portato la visione scientifica del corpo, ossia il corpo vivisezionato dalla medicina e riorganizzato come materiale inerte al pari di un oggetto. Spogliato del suo millenario spessore antropologico, il corpo così neutralizzato diventa luogo di riscrittura industriale di segni. Corpi esibiti, ritoccati, ringiovaniti, svestiti, palestrati, tatuati, ecc. È una manipolazione dei corpi interamente fondata su uno schema di repressione, insomma, una carneficina. “È attraverso la pelle che si fa rientrare la metafisica degli spiriti”, urlava un secolo fa Antonin Artaud invocando la febbre che assale i corpi. Una società che ha annullato il corpo non poteva, infine, che perdere anche la propria anima…

È un corpo nomade che scavalca l’idea della carne per proiettarsi in una dimensione immateriale in cerca di un amore devitalizzato che si sgretola sotto la luce del sole del reale. Nel mondo liquido la solidità del corpo si è smaterializzata e anche la sessualità è diventa fluida e transitoria. L’uomo e la donna hanno inaridito la propria virilità e la propria femminilità e con esse se ne va la “grande differenza”, il duello amoroso e la millenaria tensione dialettica per omologarsi nell’indiferenziazione dell’unisex.

Sul web dilagano anche le chat erotiche con sconosciuti, a prova di brivido on line e di trasgressione preconfezionata, come le app per scappatelle extraconiugali consenzienti. Il Lazio pare essere il primo per numero di utenti, meglio sposarsi in Molise.

Oggi il matrimonio è in crisi: un’unione su due fallisce, ma i dati sono più alti considerando anche le coppie di fatto. Siamo una Repubblica fondata sul divorzio. Il picco si è registrato con il lockdown per Covid che ha scatenato una vera e propria epidemia di separazioni. Al di là dei singoli casi di matrimoni effettivamente mal riusciti, i numeri dicono che siamo di fronte a una svolta antropologica: non riusciamo più a vivere in coppia e ciò merita una riflessione e non una celebrazione pseudo-progressista.

I primi a lanciare l’allarme furono due filosofi, Zygmunt Baumann ed Erich Fromm, consapevoli che la società del mercato non può che disincentivare i sentimenti di amore e di solidarietà. Osserva Baumann: “in una cultura consumistica come la nostra, che predilige prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide, soddisfazione immediata, risultati senza troppa fatica, ricette infallibili, assicurazione contro tutti i rischi e garanzie del tipo soddisfatto o rimborsato, quella di imparare ad amare è la promessa di rendere l’esperienza dell’amore simile ad altre merci, che attira e seduce sbandierando tutte queste qualità e promettendo soddisfazioni immediate e risultati senza sforzi”.

La coppia è un oggetto di consumo, quando si usura, si rottama. E si cambia partner con la stessa facilità con cui si cambia vestito. L’altro serve per rendermi felice o non serve a niente. È la logica della funzione capitalistica applicata al gioco delle coppie: nella contabilità delle emozioni il bilancio non deve mai andare in rosso. Per sé stessi, ovviamente. Il diritto alla felicità individuale, alle farfalle nello stomaco, alle emozioni adolescenziali, sovrasta tutti gli altri diritti. Inclusi quelli di una generazione di bambini che cresce nella precarietà di una famiglia lacerata.

“E vissero per sempre felici e contenti”, disneyzzazione dei sentimenti della nuova società infantilizzata. Ti giuro amore eterno…il tempo di un whatsapp, ovviamente. Nel web si aprono le terre del possibile, del disponibile, dei miraggi. Il mondo è un luna park di piaceri ed eccitazioni, la stella polare di una morale tipicamente adulta è tramontata. I dolori del giovane Werter oggi sarebbero presi in cura dalla psichiatria. Le sfumature dell’animo con il suo caleidoscopio di luci e ombre, le difficoltà di tutti i giorni con gli alti e bassi della vita di coppia sono un freno ai giri di giostra di umanoidi perennemente euforici, iperattivi e soddisfatti.

Lo smartphone e i social media sono piacevoli proprio perché gratificano la tendenza all’infantilizzazione generale della nostra cultura: esaltano l’egocentrismo, gonfiano l’esibizionismo, premiano l’impulsività e la soddisfazione immediata, celebrano l’istante che chiude il tempo in un eterno presente senza saper più alzare lo sguardo verso una prospettiva più ampia.

L’ideologia del relativismo assoluto invade ogni aspetto della vita e punta a colonizzare le coscienze seducendole. L’ingegneria sociale fabbrica incantesimi e artifici che sottomettono i soggetti a pseudo-ideali mediante cui la società gli impone di conformarsi: è il sogno di ogni totalitarismo comandare schiavi che amano le loro catene, soprattutto se sono digitali.

Dalla marcia nuziale siamo passati alla marcia verso il nichilismo, un’avanzata verso la disintegrazione totale del tessuto sociale, di cui la famiglia è la cellula fondante. Il bisogno perenne di novità rende tutti intercambiabili, sostituibili e insignificanti. La modernità liquida ha sciolto i legami solidi e duraturi. La famiglia ora può essere allargata, è divenuta anch’essa liquida, cioè senza una forma precisa, una consistenza stabile, un nucleo profondo.

Mantenersi, conservare, consegnare, tramandare, erano i valori forti della società solida. In una parola, essere “respons-abili”, che significa abili a rispondere: a un destino, a una meta, a un progetto più grande di sè stessi che dà valore, attribuisce senso, costruisce civiltà.

L’adulto contemporaneo vive senza un concreto senso del tempo, scansa i progetti e gli impegni a lungo termine, gli stessi che, nel passato, erano indicatori del riconoscimento sociale della maturità. Come Kronos, mangia i propri figli per divorare il futuro e sostare in un eterno presente eclissando la cognizione di inserirsi nel fluire delle generazioni. La maschera della giovinezza è divenuta il modello vincente della società. Su Facebook nessuno invecchia, che sia il lifting o photoshop, la fuga di massa dall’età anagrafica trova riparo sui social.

Si è giovani non perché si ha una certa età ma perché si ha il diritto di godere di determinati stili di vita. Come per l’adolescente, anche per il “diversamente giovane” il futuro è sempre aperto, le decisioni reversibili e temporanee nella mitizzazione di una libertà che autorizza la ricerca di ogni soddisfazione. Freud direbbe che il principio del piacere ha soppiantato il principio di realtà.

Le statistiche indicano che sono aumentati vertiginosamente i “divorzi grigi”, quelli degli over cinquantenni, che scelgono strade autonome dopo aver passato molti anni insieme. Instabili e irrisolti, l’uomo e la donna di mezza età vanno alla ricerca di avventure, di emozioni forti, dell’infatuazione adolescenziale… Pensavo fosse amore, invece, era un calesse, recitava Massimo Troisi.

Simone Weill ha scritto che “la società è diventata una macchina per comprimere il cuore e per fabbricare l’incoscienza, la stupidità, la corruzione, la disonestà e soprattutto la vertigine del caos”.

Il capitalismo della sorveglianza produce una sistematica degenerazione delle anime e un feroce abbrutimento del mondo distruggendo i sessi, la sensualità, l’amore e i sentimenti. Alla erosione crescente degli spazi concreti di relazione si accompagna l’esplosione degli spazi virtuali. Ci si incontra sempre meno ma si è connessi sempre di più. Per Aristotele l’uomo era un animale sociale, oggi è diventato un account social, cioè, un fantasma. Oggi le piazze sono desolate, in giro trovi tutti con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo fisso sul cellulare a chattare con persone assenti. Abbiamo affollato le reti sociali dove i social rimpiazzano la socializzazione, gli emoticon i sentimenti. Ridotti a spettri digitali vaghiamo in un mondo evanescente privo di spessore, di mistero, di significato dove la vita non è altro che un incantesimo alla mercé dell’immaginazione a basso costo e delle emozioni preconfezionate.

Gli amanti 4.0 si corteggiano nel web, nelle terre dell’altrove dove gli scenari sono aridi. Sono amori che illudono e disilludono, ammiccano e seducono, invadono e si insinuano dappertutto colonizzando cuore e corpo, fantasia e desiderio, passione e sogno. È una navigazione che avvelena l’idea stessa dell’amore.

Nel vasto mare della società liquida pochi i superstiti al naufragio. Le unioni durature sono in crisi ma c’è chi sceglie di restare in quel luogo in rottamazione che è il matrimonio, fatto di vette e di abissi, di sole e tempeste, di strappi e riparazioni. Sono legami che sfidano i limiti e le difficoltà per attraversare insieme le stagioni della vita. Sono coppie che sanno riprendere la rotta dopo ogni mareggiata, che non si lasciano trasportare dalle correnti eterodirette verso le scorciatoie del vivere.

Sono amori destinati solo ai folli o agli impavidi di cuore. Per tutti gli altri c’è Facebook.

Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

 

NOTE

Immagine dell’artista lituano Roshcov

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