Gli americani perdono in casa le olimpiadi della microelettronica

L'Asia sta vincendo la guerra dei Chip. Da San Francisco, ecco la cronaca di una sconfitta annunciata: la conferenza annuale ISSCC - International Solid State Circuit Conference della IEEE - sancisce il declino della supremazia occidentale e fotografa un futuro tecnologico dagli occhi a mandorla.

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Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org

Ho recentemente partecipato alla conferenza ISSCC (International Solid State Circuit Conference) della IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineering, una associazione con più di 350 mila membri, “gestita” dagli USA). All’ISSCC, considerata le olimpiadi annuali della microelettronica, si vedono le più avanzate attività di ricerca e sviluppo sui “microchip”.  Vi partecipano primarie industrie, prestigiose università e centri di ricerca. Ad esempio, c’era NVIDIA, che ora è di moda per i suoi circuiti per l’intelligenza artificiale, il cui Senior Vice President, Jonah Alben, ha presentato in sessione plenaria “Calcolo nell’era della AI generativa”, Mohammad Shoeybi, sempre di NVIDIA, ha illustrato per cinquanta minuti al Forum 2 la tecnica di training linguistico. Un progettista NVIDIA ha presentato il loro unico articolo relativo un chip in tecnologia 5 nm. Anche Intel era presente con cinque articoli. Uno di questi ha riguardato la quinta generazione del loro processore Xeon. Nomino aziende che operano nel digitale ma, in realtà, la stragrande maggioranza degli avanzamenti tecnologici ha riguardato circuiti analogici o misti analogico-digitali. 

Gli americani perdono in casa le olimpiadi della microelettronica

Le ragioni per cui ho partecipato, dopo alcuni anni di assenza dovuti alla pandemia e a miei problemi di salute, erano tre: il primo era per rivedere i miei amici di Macau, che hanno partecipato in massa e hanno presentato, come organizzazione, il maggior numero di articoli (14) tanto quanto Samsung.

Il secondo, ugualmente importante, è stato il rincontrare un mio carissimo ex studente che ora lavora a Stanford, e, infine, per presenziare a questa annuale tenzone tecnologica. La mia non è stata una partecipazione attiva, dato che la mia università (che ha raggranellato zero articoli) mi considera, pur essendo un emerito, un “rottame” e, come tale non ho accesso quelle risorse che sarebbero necessarie per aggiungere un ulteriore contributo ai miei diciotto che ho pubblicato nel passato all’ISSCC. La cosa non è che mi disturbi, anzi, essere nell’ombra ha i suoi vantaggi. Si può osservare e analizzare. Però fa una certa impressione vedere che quando si attraversa il confine nazionale si incontrano tanti che ti salutano con affetto e deferenza, e un certo numero che ti chiede di fare un selfie. 

Gli americani perdono in casa le olimpiadi della microelettronica

Ho divagato un po’ … e mi scuso. Torniamo al tema.

Sono arrivato a San Francisco il sabato sera e al mattino, anche per l’effetto della differenza di orario, ero sveglio prestissimo. Così, ho deciso di uscire e fare una passeggiata. Nella zona attorno a Union Square ho visto un discreto numero di persone che dormivano per terra, coperti da cartoni, negli androni dei negozi ancora chiusi. Una donna vestita di stracci sragionava e prendeva a calci un pupazzo di stoffa … Ecco dove sono precipitati gli USA, ho pensato. A quei derelitti dormienti si sono poi aggiunti due giovani inebetiti dalla droga (o dal fentanyl), seduti per terra con la testa penzoloni non lontano dall’ingresso dell’Hotel. Mi è stato detto che, rispetto all’anno precedente, la situazione era migliorata … Salute! 

L’atmosfera alla conferenza, tenutasi nei saloni dello Sheraton, era totalmente diversa. Tanta gente, un po’ casual, una organizzazione pregevole, come gli americani sanno fare, e persone da tutto il mondo. Per tre giorni ho ascoltato presentazioni e parlato con amici e colleghi. Cosa ne ho ricavato? Che quest’evento, come accade sempre, è il palcoscenico dove ci si vanta delle proprie capacità tecnologiche e dove si capisce chi è il più bravo. Fino a pochi anni fa i più bravi erano gli americani. Presentavano i loro risultati in modo da suscitare ammirazione senza svelare i “trucchi del mestiere”, che sono quelli che contano per proteggere l’innovazione. Poi, come fa Hollywood con gli Oscar del cinema, assegnavano premi ai propri, avendo cura di darne una minuscola parte ad Europei o Asiatici. 

Gli americani perdono in casa le olimpiadi della microelettronica

 

Quest’anno la situazione è cambiata. La selezione degli articoli era “cieca”, ovvero per la valutazione non erano noti i nomi e la provenienza degli autori. Quindi, si presume, la scelta è dipesa dalla qualità.  Su 873 articoli sottomessi ne sono passati soli 234, solo il 26,8%. Di questi, il maggior numero è di provenienza cinese. Cina, Macau e Hong Kong hanno avuto 72 articoli, la Corea ne ha collezionati 53, gli Usa al terzo posto ha conquistati 41. L’Europa, poverina è nel basso della classifica con soli 20 articoli alla pari della minuscola Taiwan, ma un po’ più dei 12 giapponesi. Il risultato, a numeri (o medaglie olimpiche), è che la Cina batte gli USA 72 a 41 e la Corea batte gli USA, 53 a 41. Globalmente, l’Asia batte l’occidente (Nord America ed Europa) 162 a 72. La statistica è influenzata dal fatto che alcune comunicazioni erano fatte da team misti USA-Asia o Europa-Asia e questo ha permesso agli organizzatori di modificare un po’ i risultati di cui sopra per costruire il grafico sottostante.

Comunque, il Far Est (FE) è a circa il 64%, il Nord America (NA) arriva a circa il 24%, l’Europa è al 12 %. Anche quest’anno, come lo scorso e due anni fa l’occidente ha perso la battaglia, ma ora in modo eclatante! C’è da dire, comunque, che i risultati di valenza militare o di “sicurezza nazionale” sono tenuti segreti, ma quelli sono irrilevanti, o forse dannosi, per il benessere dell’umanità. 

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A parte i numeri si possono fare altre osservazioni. L’attività sui microprocessori avanzati ha riguardato una minuscola frazione dei lavori. Gli avanzamenti di marchi consolidati riguardano attività incrementale con progressi che si basano principalmente sull’innovazione tecnologica. Poca roba sui circuiti per intelligenza artificiale: una quindicina di lavori (sui 234) di cui tre coreani, tre di università americane, due di Mediatek di Taiwan, due cinesi, uno della AMD americana, una start-up coreana che collabora con Samsung, un’altra start-up olandese, Meta e IBM. Le memorie sono di dominio asiatico con la Corea che occupa il settore dell’alta densità e la Cina, Corea e Taiwan che competono sulle embedded, pur lasciando un posticino a Intel. Il resto ha riguardato avanzamenti in settori che impiegano tecnologie consolidate (28 nm e anche più).  Come si vede dalla figura i settori di maggior attenzione sono stati la potenza, le memorie, la radio frequenza e il settore immagini, sensori e dispositivi per la medicina. In effetti, sono questi i settori con il maggior impatto produttivo e occupazionale.

In generale, la natura “olimpica” (o guerriera) c’era tutta. Come alle Olimpiadi anche all’ISSCC si bada ai numeri. Nella competizione sportiva si combatte per i tempi o i centimetri. All’ISSCC quello che conta sono i GHz, i watt (o nano watt), il numero di bit, i fattori di merito. L’innovazione e le nuove idee trovano attenzione solo se producono “numeri”. Questa è la modernità: velocità ed efficienza a discapito della creatività, dell’ingegno e della fantasiosa ricerca del nuovo.

Si parla tanto di tecnologie ultra-spinte, che vanno sotto i 3 nm, ma del loro uso si è visto pochissimo, per i 3 nm c’è stato un contributo INTEL e tre articoli con tecnologia TSMC (Taiwan). Poi, c’era un circuito Samsung da 4 nm e due Marvell (USA) fatti con 5 nm. Il resto con tecnologie molto più rilassate. La futuristica tecnologia quantistica ha fatto un timido ingresso con cinque articoli di cui tre parlavano di elettronica criogenica.

L’impressione che ho percepita è che mentre gli occidentali si sono vantati della supremazia in circuiti per telefonini, computer e cose di interesse governativo e militare (come l’intelligenza artificiale), gli asiatici hanno dimostrato capacità e innovazione nei settori con ricadute industriali ad ampio spettro. È come avere gli occidentali che vincono i cento, duecento e, forse, i centodieci a ostacoli e gli orientali che vincono tulle le altre gare, quelle che richiedono fatica e abnegazione, dai quattrocento metri alla maratona.

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Un’altra osservazione, forse dovuta alla mia formazione di ricercatore nel settore analogico, è che le tecnologie “spaziali” servono a quei pochi prodotti che richiedono capacità elaborative enormi. Questo anche perché l’uomo, che non è in grado di eguagliare la natura nel trattamento dell’informazione, usa la forza bruta di una forsennata elaborazione digitale per decifrare complicati, ma inappropriati, modelli del mondo reale.

Per questo, la disponibilità di tecnologie da 3 nm, o anche sotto, sono una buona vetrina per chi le sviluppa ma di scarsa valenza per il benessere della gente comune. Come dimostrato da ISSCC, le moderne necessità di ricerca e sviluppo sono ben soddisfatte da tecnologie avanzate ma consolidate.

Gli elementi di cui sopra consentono anche alcune riflessioni sulle “contromisure” europee e italiane alla situazione disastrosa descritta. Come noto USA ed Europa, preoccupati della crescente dipendenza dall’oriente (e, in particolare, Cina, Taiwan e Corea) per la fornitura di semiconduttori, si sono impegnati in una vera guerra. Gli USA hanno creato ostacoli alla crescita tecnologica di Cina con la scusa della minaccia alla sicurezza.

Il risultato, come anche mostrato da ISSCC di quest’anno, è stata una guerra persa, dovuta anche alla ulteriore spinta del programma di indipendenza tecnologica, lanciato più di dieci anni fa da una lungimirante dirigenza cinese. La capacità progettuale microelettronica cinese ha raggiunto punte di eccellenza; la tecnologia che usano è “normale” e, per applicazioni che lo richiedono dispongono di una tecnologia da 7 nm che è solo due generazioni indietro rispetto ai leader.

Una seconda “strategia” occidentale è stata quello di inondare l’ambiente con denaro lanciando progetti dall’allettante nome chip-qualcosa. Strategia perdente, a mio avviso. Una buona frazione dei sodi americani serve per il “buy-back of share” di aziende di semiconduttori già ricche.

In Europa si persegue il modello del “finto ricco”. Pur consapevoli dei propri limiti nel settore dei microprocessori e tecnologie nanometriche, invece di concentrarsi sui settori dove c’è una certa probabilità di successo, si spreca denaro per sviluppare la tecnologia “2 nm and below” e per avere il mega-micro europeo. È come allenare uno mezzo zoppo e farlo correre ai cento metri delle Olimpiadi.

Gli americani perdono in casa le olimpiadi della microelettronica

 

Per l’Italia, … lasciamo perdere. Si vuole aumentare il numero di progettisti microelettronici mettendo una quantità spropositata di denaro in una fondazione che ha come capo un “guru” degli strumenti di progettazione, ma che non ha mai progettato e testato un circuito microelettronico. È come far fare un trapianto di cuore a chi produce bisturi. 

In sintesi, la guerra del silicio è punteggiata da molte sconfitte in frequenti battaglie, anche perché i “generali” sono, per dirla alla “Sgarbi”, capre, capre, capre.

Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org

24.03.2024

Franco MalobertiProfessore Emerito presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica e Biomedica dell’Università di Pavia; è Professore Onorario all’Università di Macao, Cina, dove è stato insignito della Laurea Honoris Causa 2023.

NOTE

documentazione – https://www.isscc.org/

foto – https://www.instagram.com/ieee_isscc/

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