La vera agenda globale che spinge per la guerra con la Cina

Cynthia Chung
cynthiachung.substack.com

“Non abbiamo alleati eterni, né nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui, ed è nostro dovere seguirli.”
– Henry John Temple, alias Lord Palmerston (primo ministro britannico dal 1855 al 1858 e dal 1859 al 1865); aveva supervisionato la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842) contro la Cina come capo del Ministero degli Esteri britannico e la Seconda Guerra dell’Oppio (1856-1860) come Primo Ministro.

La neve adesso è nera

Bertrand Russell, nel suo libro “L’impatto della scienza sulla società” (1952), aveva affermato che l’argomento che “avrà la maggiore importanza politica sarà la psicologia di massa,” cioè la lente con cui un individuo vede la “realtà” e la “verità.” Russell era stato molto chiaro: tali “convinzioni” non sono generate dall’individuo stesso, ma devono essere modellate dallo Stato.

Naturalmente, gli individui non sono incoraggiati a pensare ad una verità o ad una realtà assoluta, ma piuttosto a pensare su una scala molto più piccola, su “fatti” individuali, perché questo è molto più facile da controllare e da plasmare e limita anche il pensiero “problematico,” come la riflessione sullo scopo e sull’intenzione.

Russell, nel suo “Impatto della scienza sulla società” continua a parlare di come si potrebbe programmare una società per convincerla che la neve sia nera piuttosto che bianca:

“Primo, l’influenza domestica è ostruttiva. Secondo, non si può fare molto se l’indottrinamento non inizia prima dei dieci anni. Terzo, i versi messi in musica e ripetuti in continuazione sono molto efficaci. Quarto, l’opinione che la neve sia bianca deve dimostrare un gusto morboso per l’eccentricità. Ma io anticipo. Spetta ai futuri scienziati rendere precise queste massime e scoprire esattamente quanto costerebbe a testa far credere ai bambini che la neve è nera, e quanto meno costerebbe far credere loro che è grigio scuro.”

Si tratta ovviamente di un programma per una più ambiziosa “riformulazione” della “realtà.” Tuttavia, come vediamo oggi, non c’è bisogno di iniziare prima dei dieci anni per altri tipi di “riorganizzazione” e in nessun altro caso questa sembra essere più efficace e di successo in qualsiasi gruppo di età rispetto alla politica “estera” dell’Occidente.

La neve è qualcosa che vediamo e sperimentiamo regolarmente. È molto più difficile “riformulare” qualcosa di familiare, ma lo “straniero” è sempre stato un concetto piuttosto confuso e indefinito per millenni, e quindi è un candidato molto più facile per lo Stato da “riformulare” come la nostra “realtà” collettiva, la nostra “paura esistenziale” collettiva.

Così, per la maggior parte della storia, la nostra comprensione di chi è nostro “amico” e chi è nostro “nemico” raramente è stata determinata dal popolo stesso, ma piuttosto dalla sua struttura di governo.

Una struttura di governo di questo tipo è libera di determinare in nostra vece che cosa sia “verità” o “falsità,” che cosa sia “fatto” o “finzione,” perché la gente, nonostante tutti gli abusi e gli sfruttamenti da parte di questa forza di governo, guarda ancora a questa stessa forza per proteggersi e ripararsi dallo spaventoso “ignoto.”

La gente si è abituata a pensare che è “meglio il diavolo che si conosce.” In questo articolo vedremo se le cose stanno effettivamente così.

[Questa è la seconda parte di una serie di due parti, per la prima si veda qui].

“I nostri interessi sono eterni e perpetui”

“È la mente stessa dell’uomo, non il suo nemico o il suo avversario, che lo attira verso le vie del male.”
– Buddha

Prima di addentrarmi nella situazione geopolitica odierna e di tentare di rispondere alla domanda su quale sia l’agenda globale che spinge alla guerra con la Cina, vorrei condividere una breve panoramica su alcuni fatti storici molto importanti, perché vi assicuro che essi giocano un ruolo di primo piano in ciò che sta plasmando le dinamiche odierne.

Per brevità, la storia inizia con la Prima Guerra dell’Oppio (1839-42).

In breve, negli anni quaranta del XIX secolo l’Impero Britannico si era orientato verso un sistema di libero scambio, sul modello della “Ricchezza delle nazioni” di Adam Smith. In questo nuovo sistema di commercio si riteneva che se c’è una domanda per un prodotto, un Paese non ha il diritto di intervenire nelle sue transazioni. Il protezionismo, che fino a quel momento era stato praticato dalla Gran Bretagna, era ora considerato una pratica inadatta dalla stessa Gran Bretagna, e tutti gli altri Paesi dovevano naturalmente seguire le “nuove regole” scelte per loro.

La Gran Bretagna, tuttavia, si era concessa il privilegio di essere l’unico Paese a cui era permesso di continuare a praticare il protezionismo, mentre imponeva il suo “libero” commercio a tutti gli altri.

Nel caso della Cina, il commercio dell’oppio era stato vietato dai Cinesi ed erano previste severe punizioni per coloro che erano coinvolti nel contrabbando del prodotto, compresi i mercanti britannici. L’Impero Britannico considerava questa situazione una minaccia diretta alla sua “sicurezza” e alla sua nuova applicazione del libero commercio. Così, quando la Cina si era rifiutata di fare marcia indietro, aveva scatenato la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842). Il risultato era stata la firma forzata del Trattato di Nanchino, nel 1842.

Questo trattato, noto come il primo dei “trattati ineguali,” aveva ceduto il territorio di Hong Kong alla Gran Bretagna e permesso ai mercanti britannici non solo di commerciare a Guangzhou, ma anche di commerciare con altri cinque “porti del trattato” e con chiunque volessero.

Creata nel 1600 con una Carta Reale della Regina Elisabetta I, la Compagnia delle Indie Orientali era stata fin dall’inizio indistinguibile dallo stesso Impero Britannico, arrivando ad un certo punto a rappresentare la metà del commercio mondiale. Come aveva giustamente detto Lord Macaulay nel suo discorso alla Camera dei Comuni nel luglio 1833, fin dall’inizio la Compagnia delle Indie Orientali era sempre stata coinvolta sia nel commercio che nella politica, proprio come le sue controparti francesi e olandesi.

In altre parole, la Compagnia delle Indie Orientali doveva facilitare la partita a scacchi geopolitica che l’Impero britannico stava giocando. Non solo i regolari contratti commerciali, ma anche interi territori conquistati e colonizzati dall’Impero Britannico venivano consegnati a questa compagnia perché li gestisse tramite un esercito privato di grandi dimensioni, il tutto sotto un decreto della Corona. Questo è tanto più evidente nella libertà che le era stata concessa di controllare la produzione dell’oppio nell’India britannica e di facilitarne il commercio ad Hong Kong e in altre zone colonizzate del Sud-Est asiatico.

La Cina era stata ritenuta non collaborativa rispetto alle condizioni sottoscritte con il Trattato di Nanchino e l’Impero britannico aveva quindi scatenato la Seconda Guerra dell’Oppio, che era durata dal 1856 al 1960. [C’è un eccellente film cinese intitolato “La guerra dell’oppio” che ripercorre questa storia, lo si può vedere gratuitamente qui].

Gli Inglesi (con l’assistenza della Francia) avevano sconfitto i Cinesi dopo una guerra durata quattro anni. La Cina, un’antica civiltà con una società avanzata sia culturalmente che scientificamente, era stata costretta a sottostare alla politica estera britannica e al suo libero commercio dell’oppio.

Il 18 ottobre 1860, gli Inglesi avevano incendiato il Palazzo d’Estate, noto anche come Yuanmingyuan (Giardini della Perfetta Luminosità), mentre i Francesi, apparentemente, si erano rifiutati di prestare assistenza. L’incendio dell’edificio era durato due giorni.

Una volta vinta la guerra, le truppe britanniche e francesi (e i mercenari) avevano saccheggiato e distrutto innumerevoli opere d’arte, molte delle quali sono rimaste all’estero, sparse in 47 musei di tutto il mondo [1]. Un perpetuo ricordo del bottino delle guerre dell’oppio. È ironico che tanti si divertano a guardare queste opere di bellezza e dimentichino gli orrori commessi per ottenerle.

Per facilitare il commercio nella regione, era necessario creare una banca amica degli Inglesi che collegasse i tesori appena acquisiti dall’Impero, Shanghai e Hong Kong, con l’India britannica (il principale produttore mondiale di oppio), il resto dell’Impero britannico e l’Europa. Nel 1865, a questo scopo, era stata fondata la HSBC, che opera ancora oggi.

Questa banca non aveva solo lo scopo di facilitare il commercio estero all’interno della Cina in tutti i modi ritenuti opportuni, ma era stata creata proprio per il commercio dell’oppio. È importante notare che, sebbene la fondazione della HSBC venga attribuita a Thomas Sutherland della Peninsular and Oriental Steam Navigation Company, un mercante scozzese che voleva che la banca operasse secondo i “sani principi bancari scozzesi,” la banca era stata creata fin dall’inizio per facilitare il commercio illecito per conto dell’Impero Britannico.

La Cina si riferisce a questo periodo come al suo “Secolo dell’Umiliazione,” noto anche come “i ento anni di umiliazione nazionale,” che descrive il periodo dal 1839 al 1949.

Cosa era accaduto nel 1949?

I Cinesi avevano combattuto una guerra civile lunga 22 anni (agosto 1927-1949), che si era sovrapposta alla Seconda Guerra Sino-Giapponese (1937-1945), in cui i Cinesi avevano combattuto contro i fascisti giapponesi per la loro stessa esistenza. I fascisti giapponesi volevano ripulire etnicamente la Cina e l’intera costa orientale dell’Asia. Ho Chi Minh aveva guidato la valorosa lotta contro i fascisti giapponesi in Vietnam. I fascisti giapponesi avevano commesso il genocidio più brutale, forse di tutta la storia, noto come olocausto asiatico e di cui gli Occidentali sono spesso completamente all’oscuro (per maggiori informazioni su questo argomento, fare riferimento qui e qui).

Il più famoso di questi era stato il Massacro di Nanchino, o Ratto di Nanchino, iniziato il 13 dicembre 1937 e durato sei settimane. Si stima che oltre 300.000 persone siano state massacrate e più di 80.000 brutalmente violentate e torturate.

I Cinesi avevano eroicamente combattuto i fascisti giapponesi e mantenuto intatto il loro Paese alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Sebbene molti Paesi europei non avessero resistito nemmeno una settimana all’invasione dei nazisti tedeschi, la Cina aveva resistito per otto anni al dominio giapponese, pur combattendo una guerra civile. Di certo non c’è abbastanza rispetto per il popolo cinese per questo incredibile ed eroico risultato.

Il 1° ottobre 1949, i comunisti cinesi guidati da Mao Zedong avevano vinto la guerra civile contro l’esercito del Kuomintang di Chiang Kai-shek e Mao aveva dichiarato la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Si tratta di una storia complicata che non è possibile discutere in modo soddisfacente in questo articolo, tuttavia mi limiterò a fare alcune osservazioni.

Sun Yat-sen, di cui parlo più dettagliatamente nella prima parte, era stato determinante nella rivoluzione cinese contro la corrotta dinastia Qing. Si era formato politicamente alle Hawaii, aderendo al sistema economico americano (per maggiori informazioni su questo punto si rimanda alla Parte 1.) Era cristiano ma anche confuciano, non vedendo alcuna contraddizione negli insegnamenti [di queste dottrine].

Nel 1911, grazie alla leadership di Sun Yat-sen, la Cina aveva vinto la rivoluzione contro la dinastia Qing. Sun era diventato presidente della Repubblica Cinese nel 1912, ma si era poi volontariamente dimesso (per mantenere la pace) a favore di Yuan Shikai. Yuan Shikai era un signore della guerra e un avido burattino degli interessi britannici. Sun non aveva avuto altra scelta se non quella di dimettersi, perché si era reso conto che, se non l’avesse fatto, la Gran Bretagna sarebbe intervenuta militarmente.

La Cina aveva vinto la sua rivoluzione, ma era ancora assoggettata al dominio britannico.

Sun Yat-sen non era uno sciocco e aveva capito la situazione con chiarezza. Il problema della Cina con la Gran Bretagna era lo stesso che le colonie [inglesi] degli Stati Uniti avevano dovuto affrontare quasi 150 anni prima.

Sun Yat-sen scrive nel suo libro “Il problema vitale della Cina,” pubblicato nel 1917:

“Quando l’Inghilterra stringe amicizia con un altro Paese, lo scopo non è quello di mantenere una cordiale amicizia per il bene dell’amicizia, ma di utilizzare quel Paese come strumento per combattere un terzo Paese. Quando un nemico viene privato del suo potere, viene trasformato in un amico e l’amico, divenuto forte, in un nemico. L’Inghilterra rimane sempre in una posizione di comando; fa combattere le sue guerre agli altri Paesi e lei stessa raccoglie i frutti della vittoria.”

“Gli Inglesi sono astuti come una volpe e mutevoli come il tempo, e non si vergognano di essere tali…La Gran Bretagna cerca l’amicizia solo con chi può e quando i suoi amici sono troppo deboli per essere utili a lei, devono essere sacrificati nel suo interesse. Il tenero riguardo della Gran Bretagna per i suoi amici è come la delicata cura che di solito i contadini mostrano nell’allevare i bachi da seta; dopo che tutta la seta è stata estratta dai bozzoli, essi vengono distrutti dal fuoco o usati come cibo per i pesci. Gli attuali amici della Gran Bretagna non sono altro che bachi da seta.”

“La politica chiave dell’Inghilterra è quella di attaccare il Paese più forte con l’aiuto dei Paesi più deboli, e di unirsi al nemico indebolito per controllare la crescita di un terzo Paese. La politica politica estera britannica è rimasta sostanzialmente invariata per due secoli.”

Sembra che Sun Yat-sen avesse le idee molto chiare su quale fosse il “problema vitale” della Cina.

Sun Yat-sen è conosciuto come il padre della Repubblica Cinese. Era stato Sun Yat-sen a fondare il Kuomintang e Chiang Kai-shek era stato scelto da Sun come suo successore. Durante questo periodo, molti dei successivi membri del Partito Comunista Cinese avevano originariamente fatto parte del Kuomintang, come Zhou Enlai (che in seguito sarebbe stato determinante nella formazione dei Cinque Principi per la coesistenza pacifica e vitale partecipante alla Conferenza di Bandung, vedi Parte 1).

Sun Yat-sen era morto nel 1925 e la guerra civile cinese era scoppiata due anni dopo. Sono convinta che se Sun fosse rimasto in vita più a lungo, la Cina non sarebbe mai caduta in una guerra civile.

Allo scoppio della guerra civile, Madame Sun Yat-sen (Rosamond Soong Ch’ing-ling), una figura politica cinese estremamente intelligente, dopo un certo ritardo si era schierata a favore del Partito Comunista Cinese. Chiang non era più l’uomo che Sun aveva ritenuto in grado di guidare il popolo cinese. La sorella di Madame Sun Yat-sen, che aveva sposato Chiang ed era politicamente astuta, aveva continuato a sostenere il marito.

Questa decisione di Madame Sun Yat-sen, considerata la vera incarnazione vivente della filosofia e degli insegnamenti di Sun Yat-sen, era stata vista dai più come se Sun stesso avesse parlato al popolo cinese.
La cosa aveva provocato un allineamento con numerosi altri partiti e istituzioni politiche cinesi che si erano schierate con il Partito Comunista contro il Kuomintang, che a quel punto era considerato in combutta con interessi stranieri (britannici e americani), con Chiang che sembrava più preoccupato di mantenere il suo potere e la sua influenza che non del reale destino della Cina.

[La signora Sun Yat-sen aveva ricoperto diverse posizioni di rilievo all’interno della Repubblica Popolare Cinese, a partire dal 1949. Per saperne di più, fare riferimento qui].
Più volte durante la Seconda Guerra Mondiale era stato chiesto ad entrambe le parti di concentrarsi sulla sconfitta dei fascisti giapponesi, ma Chiang aveva sempre rifiutato. Chiang voleva usare i fascisti giapponesi contro il Partito Comunista per vincere la guerra civile. C’era anche l’inquietante questione se Chiang stesse iniziando a considerare il totalitarismo giapponese come un modello di governo.

Taiwan, un’isola a sole 100 miglia dalla Cina continentale, ha una storia millenaria. A partire dalla fine del XIII secolo, i Cinesi erano entrati gradualmente in contatto con Taiwan e avevano iniziato a stabilirvisi. Alla fine del XVII secolo, Taiwan era sempre più integrata alla Cina, con una popolazione in gran parte costituita da Cinesi (la popolazione indigena esiste ancora oggi a Taiwan).

Quando Chiang aveva perso la guerra civile, si era ritirato sull’isola di Taiwan, che, a quel punto, era considerata parte della Cina ed era abitata prevalentemente da Cinesi. Chiang aveva continuato a definirsi l’unico vero rappresentante degli insegnamenti di Sun Yat-sen e l’unico vero leader della Repubblica Cinese, anche se la signora Sun Yat-sen si era rifiutata di riconoscere la sua legittimità, così come la maggioranza degli abitanti della Cina.

Chiang aveva governato Taiwan, essenzialmente in regime di dittatura, dal 1943 fino all’anno della sua morte, nel 1975.

La balcanizzazione della Cina e lo sterminio del suo popolo erano state una minaccia molto concreta, a cui la Cina non solo era sopravvissuta durante questo periodo, ma contro cui aveva combattuto con notevole forza d’animo e coraggio. Coloro che erano stati responsabili della salvezza della Cina sono giustamente visti come eroi agli occhi dei cinesi e saremmo sciocchi se sottovalutassimo la volontà e il coraggio del popolo cinese dopo tali dimostrazioni di valore (per altre storie sul valore della Cina, fare riferimento qui e qui).

Così, il 1949 aveva segnato la fine del “secolo dell’umiliazione” della Cina.

La City di Londra

“L’inferno è una città molto simile a Londra.”
– Percy Bysshe Shelley

“Più e più volte abbiamo visto che esiste un altro potere oltre a quello che ha sede a Westminster. La City di Londra, un termine di comodo per indicare un insieme di interessi finanziari, è in grado di affermarsi contro il governo del Paese. Chi controlla il denaro può perseguire in patria e all’estero una politica contraria a quella decisa dal popolo.”
– Clement Attlee, primo ministro del Regno Unito (1945-1951) e avversario politico di Churchill.

La City di Londra ha più di 800 anni. È probabilmente più antica dell’Inghilterra stessa e da oltre 400 anni è il centro finanziario del mondo.

Durante il periodo medievale, la City di Londra, altrimenti nota come il Miglio Quadrato o semplicemente la City, era divisa in 25 antiche circoscrizioni con a capo un assessore. Questa suddivisione continua ancora oggi.

Inoltre, esisteva la City of London Corporation, dal titolo minaccioso, o semplicemente la Corporation, che è l’organo di governo municipale della città. Anche questo organo continua ad esistere ancora oggi.

Sebbene le origini della Corporation non possano essere datate con precisione, dal momento che non è mai stata trovata una carta “sopravvissuta” che ne stabilisse la base “legale,” essa ha mantenuto le sue funzioni fino ad oggi sulla base della Magna Carta. La Magna Carta è una carta dei diritti concordata da Re Giovanni nel 1215, che afferma che “la Città di Londra avrà/ godrà delle sue antiche libertà.” In altre parole, la funzione legale della Corporation non è mai stata messa in discussione, rivista, rivalutata, MAI, piuttosto è stata lasciata funzionare legalmente in conformità con le sue “antiche libertà,” che è una descrizione molto generica della funzione, secondo me. In altre parole, sono liberi di fare ciò che ritengono opportuno.

Pertanto, la domanda è: se la City di Londra ha mantenuto le sue “antiche libertà” e ha conservato il suo potere finanziario globale, l’Impero Britannico è davvero scomparso?

Contrariamente alle ingenue credenze popolari, l’impero su cui non tramonta mai il sole (alcuni dicono “perché Dio non si fiderebbe di loro al buio”) non è mai scomparso.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la colonizzazione avrebbe dovuto scomparire e molti pensavano che anche l’Impero Britannico sarebbe scomparso. I Paesi stavano reclamando la loro sovranità, i governi venivano istituiti dal popolo, il sistema di saccheggi e razzie era giunto al termine.

È una bella storia, ma non potrebbe essere più lontana dalla verità.

Negli anni Cinquanta, per “adattarsi” al cambiamento del clima finanziario globale, la City di Londra aveva istituito le cosiddette “giurisdizioni segrete.” Queste dovevano operare all’interno degli ultimi resti dei piccoli territori/colonie britannici. Dei 14 territori britannici all’estero, 7 sono veri e propri paradisi fiscali o “giurisdizioni segrete.” Per facilitare il flusso di questi capitali offshore è stato creato un mercato finanziario internazionale separato, il mercato degli eurodollari. Poiché questo mercato ha le sue banche al di fuori del Regno Unito e degli Stati Uniti, non è sotto la giurisdizione di nessuno di questi due Paesi.

Nel 1997, quasi il 90% di tutti i prestiti internazionali veniva effettuato attraverso questo mercato [2].

John Christensen, un economista investigativo, stima che questo capitale, che legalmente non appartiene a nessuno, potrebbe ammontare a 50.000 miliardi di dollari all’interno di questi territori britannici. Non solo non viene tassato, ma una parte significativa di esso è stata sottratta ai settori dell’economia reale.

Come si ripercuote tutto ciò sui Paesi “ex” colonizzati?

Secondo John Christensen, nel 2008 il debito estero combinato dei Paesi dell’Africa subsahariana era di 177 miliardi di dollari. Tuttavia, la ricchezza che, tra il 1970 e il 2008, le élite di questi Paesi hanno spostato all’estero è stimata in 944 miliardi di dollari, 5 volte il loro debito estero. Non si tratta solo di denaro sporco, ma anche di denaro RUBATO alle risorse e alla produttività delle economie di questi Paesi.
Quindi, come afferma Christensen, “lungi dall’essere un debitore netto del mondo, l’Africa subsahariana è un creditore netto” della finanza offshore.

In questo contesto, la cosiddetta “arretratezza” dell’Africa non è dovuta alla sua incapacità di produrre, ma piuttosto al fatto che ha subito un saccheggio ininterrotto da quando queste regioni sono state colonizzate.

Questi Paesi africani hanno quindi bisogno di prendere in prestito denaro, che viene dato loro volentieri ad alti tassi di interesse, accumulando un debito che non potrà mai essere ripagato. In questo modo, questi Paesi vengono depredati due volte, senza che rimanga alcun denaro da investire nel loro futuro, né tantomeno per mettere il cibo in tavola.

E non finisce qui. In tutto il mondo, si stima che i Paesi in via di sviluppo perdano 1.000 miliardi di dollari ogni anno a causa della fuga di capitali e dell’evasione fiscale. La maggior parte di questa ricchezza torna nel Regno Unito e negli Stati Uniti attraverso questi paradisi offshore e permette alle loro valute di rimanere forti, mentre quelle dei Paesi in via di sviluppo vengono mantenute deboli.

Tuttavia, i Paesi in via di sviluppo non sono gli unici ad aver sofferto di questo sistema di saccheggio. Anche le stesse economie del Regno Unito e degli Stati Uniti sono state sventrate. A partire dagli anni ’60, il Regno Unito e gli Stati Uniti, per compensare l’aumento del flusso di denaro in uscita dai loro Paesi, avevano deciso che era una buona idea aprire i loro mercati nazionali ai trilioni di dollari che passavano attraverso i loro paradisi offshore.

Tuttavia, queste banche non sono interessate a investire il loro denaro nell’industria e nella produzione. Si dedicano invece alla speculazione immobiliare, alla speculazione finanziaria e al commercio di valuta estera. E così, la finanziarizzazione delle economie britanniche e americane ha avuto come risultato che i posti di lavoro reali, provenienti dall’economia reale, sono diminuiti o scomparsi.

Sebbene molti economisti cerchino di sostenere il contrario, la disperazione ha preso il sopravvento. Siamo arrivati ad un punto in cui tutti i Paesi occidentali del primo mondo stanno lottando con un tasso di disoccupazione molto più alto e un tenore di vita significativamente più basso rispetto a 40 anni fa. All’aumento della povertà ha fatto seguito un aumento dell’uso di droghe, dei suicidi e della criminalità (per saperne di più sulla peccaminosa City di Londra si veda qui, e sulla banca dell’oppio britannica HSBC si veda qui).

Ora siamo pronti a esaminare l’odierna agenda globale che sta alla base della spinta alla guerra con la Cina.

La Belt and Road Initiative cinese in prospettiva

“La BRI cerca di sostenere una serie di progetti, ma finora la maggior parte dei fondi è stata destinata alle infrastrutture tradizionali – energia, strade, ferrovie e porti. Sebbene sia rivolta principalmente ai Paesi in via di sviluppo, con Pakistan, Malesia, Bangladesh, Myanmar e Sri Lanka tra i maggiori destinatari dei fondi della BRI, la BRI include anche Paesi sviluppati, con la partecipazione di numerosi alleati degli Stati Uniti. Se questi alleati statunitensi dovessero rivolgersi alla BRI per costruire infrastrutture critiche, come reti elettriche, porti o reti di telecomunicazione, ciò potrebbe complicare i piani di emergenza degli Stati Uniti e rendere più difficile la difesa dei loro alleati.”
Rapporto n. 79 della Task Force indipendente del Council on Foreign Relations

Il Council on Foreign Relations, uno dei principali responsabili della politica estera statunitense, ha chiarito nei suoi numerosi rapporti che considera un dovere del governo degli Stati Uniti contrastare le relazioni economiche e la partnership della Cina con tutti i Paesi della sfera globale.

Va notato che il Council on Foreign Relations è il ramo americano del Royal Institute for International Affairs (alias: Chatham House) con sede a Londra, in Inghilterra. Si noti anche che la stessa Chatham House era stata creata dal Movimento della Tavola Rotonda durante la Conferenza del Trattato di Versailles nel 1919.

Pertanto, anche la deterrenza nei confronti di tutti gli “alleati” americani nel formare partnership con la Cina viene pesantemente applicata.

Perché le relazioni internazionali della Cina sono viste come una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti? La risposta breve è la concorrenza, mentre quella un po’ più lunga è che la Cina sta formando un’alleanza di Paesi contro la camicia di forza economica imposta per la prima volta dall’Impero britannico con la sua dottrina del libero scambio e che oggi viene sfruttata nell’interesse dell’Impero Anglo-Americano.

Nel 2014, la Johns Hopkins School of Advanced International Studies (SAIS) aveva lanciato la China Africa Research Initiative (CARI), con sede a Washington. Nel giugno 2020, il SAIS-CARI aveva pubblicato un rapporto intitolato “Debt Relief with Chinese Characteristics.”

Vorrei condividere alcune righe di questo rapporto, che inizia con:

“Nel dicembre 2019, un economista zambiano aveva commentato: “Il debito cinese può essere facilmente rinegoziato, ristrutturato o rifinanziato.” È vero?
…In questo documento di lavoro, ci basiamo sui dati della China Africa Research Initiative (CARI) per esaminare le prove sulla cancellazione e la ristrutturazione del debito cinese in Africa, in prospettiva comparativa e storica. I casi dello Sri Lanka, dell’Iraq, dello Zimbabwe, dell’Etiopia, dell’Angola e della Repubblica del Congo, tra gli altri, evidenziano modelli di cancellazione del debito con caratteristiche nettamente cinesi. In quasi tutti i casi, la Cina ha offerto la cancellazione del debito solo per i prestiti a tasso zero. Il nostro studio ha rilevato che, tra il 2000 e il 2019, la Cina ha cancellato almeno 3,4 miliardi di dollari di debito in Africa. Non esiste una “China, Inc”… Abbiamo scoperto che, tra il 2000 e il 2019, la Cina ha ristrutturato o rifinanziato circa 15 miliardi di dollari di debito in Africa. Non abbiamo riscontrato alcun “sequestro di beni” e, nonostante le clausole contrattuali che richiedono l’arbitrato, nessuna prova del ricorso ai tribunali per far rispettare i pagamenti o dell’applicazione di tassi di interesse di penalizzazione.”

Il rapporto prosegue:

“Durante la crisi del debito della fine del XX secolo, abbiamo visto che molti mutuatari sovrani, semplicemente, non onoravano i prestiti senza interessi del governo cinese. Poiché il programma di prestiti senza interessi era di natura diplomatica, una parte fondamentale degli aiuti esteri della Cina, non era possibile fare pressioni per il rimborso di questi prestiti. Dal 2019, con una varietà molto più ampia di prestiti in gioco – molti dei quali commerciali – la riprogrammazione non è più così facile, anche se sta avvenendo. Il principale strumento di Pechino per sollecitare i pagamenti quando un Paese va in arretrato è sospendere gli esborsi per i progetti in corso di realizzazione (il che rallenta il loro completamento, ma danneggia anche gli appaltatori cinesi), e rifiutare l’approvazione di nuovi prestiti.

… Un comitato guidato dal Ministero delle Finanze cinese (che ha l’autorità generale per la riduzione del debito), con delegati del MOFCOM, della China Exim Bank e della China Development Bank approverà o respingerà la richiesta di cancellazione del debito. Il governo cinese vedrà come è stato utilizzato il denaro. Lo valuterà con attenzione. Rifiuteranno le richieste di alcuni Paesi la cui economia sta andando bene…” ha dichiarato un funzionario cinese a uno degli autori.”

Il rapporto SAIS-CARI conclude che:

Come ha osservato Zhou Yuyuan, ricercatore dello Shanghai Institute for International Studies, in un recente articolo: “il costo della violazione del contratto è, in realtà, piuttosto basso per i mutuatari.” Inoltre, Pechino è preoccupata della sua reputazione internazionale e delle sue relazioni politiche e diplomatiche a lungo termine con i singoli Paesi. In più, gli appaltatori cinesi, che di solito anticipano il proprio denaro per avviare un progetto prima di essere rimborsati dalle banche cinesi, soffrono per le sospensioni dei progetti. Sebbene i contratti di prestito prevedano l’arbitrato in caso di inadempienza, non ci sono prove che le banche cinesi abbiano mai utilizzato questa opzione, o che una sentenza possa essere stata effettivamente eseguita, se fosse stata a loro favore. Non ci sono nemmeno prove di tassi di interesse di penalizzazione.

…Abbiamo iniziato questo articolo con una citazione di un economista zambiano. Una versione più completa di questa citazione è:

Il problema sono i 3 miliardi di dollari di eurobond, non i prestiti cinesi… Con gli eurobond, non si può giocare quando i pagamenti arrivano in scadenza. Il debito cinese può essere facilmente rinegoziato, ristrutturato o rifinanziato.”

Secondo la Jubilee Debt Campaign nel 2017, la Cina deteneva il 24%, il FMI e la Banca Mondiale il 20%, il Club di Parigi il 10%, il settore privato il 32% ed altre istituzioni multilaterali il 15% del debito africano.

Il “Programma Africa” del Center for International Policy, con sede a Washington DC, segue e analizza la politica estera degli Stati Uniti nei confronti delle nazioni africane. È interessante notare la sua conclusione:

“Con l’incombere di una crisi del debito, è cresciuta la richiesta di vari gruppi di difesa per la cancellazione del debito e l’emissione di diritti speciali di prelievo (DSP) da parte del FMI.” Secondo l’Advocacy Network for Africa (AdNA), i DSP sono la valuta di riserva del FMI che potrebbe “consentire ai Paesi di aumentare le riserve e stabilizzare le economie, contribuendo a minimizzare altre perdite economiche, senza alcun costo per il governo degli Stati Uniti.” Sebbene i DSP offrano ai Paesi africani un’ancora di salvezza, gli Stati Uniti non hanno ancora appoggiato l’iniziativa, aggiungendo un ulteriore ostacolo al loro tentativo di liberarsi dalla trappola del debito. Oltre a sostenere i DSP, organizzazioni come la Jubilee Debt Campaign (JDC) chiedono al FMI di vendere le sue scorte d’oro per cancellare il debito dei Paesi più poveri. Secondo il JDC, il profitto derivante dalla vendita di meno del 7% dell’oro del FMI (per un valore di 11,8 miliardi di dollari), “sarebbe sufficiente a pagare l’annullamento di tutti i pagamenti del debito dei 73 Paesi ammissibili all’iniziativa di sospensione del servizio del debito del G20 per i prossimi 15 mesi” e “lascerebbe comunque al FMI 26 miliardi di dollari in più di oro rispetto a quello che l’istituzione deteneva all’inizio del 2020.”

Gli sforzi dei sostenitori della cancellazione del debito sembrano continuare a cadere nel vuoto, poiché il FMI e la Banca Mondiale si rifiutano di fare qualsiasi passo verso la cancellazione del debito dei Paesi africani. L’ipocrisia della Banca si nota nel fatto che continua a fare pressione sulla Cina, il più grande creditore dell’Africa, affinché cancelli il suo debito nei confronti dei Paesi poveri, mentre essa stessa non ha ancora cancellato il debito che le spetta.”

La Cina è il più grande creditore dell’Africa, è anche il più grande cancellatore di debito dell’Africa ed è il più flessibile nella rinegoziazione del debito e non penalizza attraverso i tassi di interesse, come abbiamo visto dal rapporto della Johns Hopkins. Come conferma il Center for International Policy, sono in realtà il FMI e la Banca Mondiale che si rifiutano di essere flessibili nel rimborso di questi debiti. Sono loro che si rifiutano di cancellare in modo significativo il debito dell’Africa e che mantengono questi prestiti, che sono alla base del problema del debito in Africa, a tassi di interesse esorbitanti.

Inoltre, contrariamente alle condizioni imposte dai prestiti del FMI e della Banca Mondiale, che scoraggiano la costruzione di infrastrutture essenziali, come le reti elettriche (l’Africa è stata tenuta al buio per decenni), la Cina in Africa sta costruendo infrastrutture, con grande disappunto del Council on Foreign Relations!

È a questo a cui si riferiva il Presidente Putin quando, in un discorso del 2018, aveva parlato dell’illuminazione dell’Africa.

Nel 2019, la Reuters aveva riferito che il più importante diplomatico africano degli Stati Uniti aveva avvertito che i Paesi africani che stavano accumulando debiti che non sarebbero stati in grado di ripagare, non avrebbero dovuto aspettarsi di essere salvati dalla riduzione del debito sponsorizzata dall’Occidente.

“Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito alla cancellazione del debito di molti Paesi africani,” aveva dichiarato Tibor Nagy, Vice Segretario di Stato americano per l’Africa, riferendosi al programma HIPC (Heavily Indebted Poor Countries, Paesi poveri fortemente indebitati), avviato dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale nel 1996, come un’operazione di facciata.

“Ora, all’improvviso, stiamo per affrontare un altro ciclo di questo tipo? … Di certo non sarei favorevole, e non credo che la mia amministrazione sarebbe favorevole a questo tipo di situazione,” aveva dichiarato ai giornalisti a Pretoria, in Sudafrica.

Immaginate se un diplomatico cinese avesse detto questo, e come sarebbe stato visto dall’Occidente, ma, a quanto pare, quando lo dice un Occidentale, in qualche modo non si tratta di sfruttamento e predazione…

Vediamo un altro esempio. Che dire della crisi del debito dello Sri Lanka, sicuramente la Cina è da biasimare come ci è stato ripetuto più volte?

Questo è un grafico incluso in un articolo della testata giornalistica tedesca DW. Come si può vedere, la Cina possiede solo il 10% del debito dello Sri Lanka. La Banca Asiatica di Sviluppo possiede il 13%, ma non lasciatevi ingannare dal suo nome: è modellata sulla Banca Mondiale e ha solo presidenti giapponesi nel suo consiglio di amministrazione. Il Giappone, per tutta la sua finanza estera, è vincolato al diktat dell’Occidente.

Quindi, chi possiede questa quota di mercato del 47% del debito estero dello Sri Lanka? Secondo NIKKEI Asia, il più grande giornale finanziario del mondo con sede a Tokyo, in Giappone:

“Alla fine del 2020, un anno dopo il mandato di Gotabaya, il debito estero del Paese era di 38,6 miliardi di dollari, pari al 47,6% del debito totale del governo centrale, secondo il FMI. Le obbligazioni sovrane internazionali costituiscono la quota maggiore, pari a 14 miliardi di dollari, seguite da 8,8 miliardi di dollari di prestiti da parte di finanziatori multilaterali e da 6,2 miliardi di dollari di debiti bilaterali. Tra i primi 20 detentori di ISB [International Sovereign Bonds] figurano BlackRock, Allianz, UBS, HSBC, JPMorgan Chase e Prudential, secondo l’Advocata Institute, un think tank con sede a Colombo.”

È qui che iniziamo a vedere la verità in questi grafici che si nascondono dietro titoli vaghi come “settore privato,” “altre istituzioni multilaterali” o “prestiti di mercato.” Si tratta prevalentemente di banche e società di investimento britanniche e americane che concedono prestiti a tassi di interesse esorbitanti. Perché i nomi di queste istituzioni non vengono mai menzionati, ma opportunamente nascosti dietro etichette così generiche e apparentemente benevole?

Vediamo anche la vera e propria calunnia e menzogna che si sta verificando nei confronti della Cina, accusata di essere responsabile della crisi del debito dello Sri Lanka. Come si può giustificare un’accusa del genere se la Cina possiede solo il 10% del debito dello Sri Lanka?

Ancora una volta, vediamo che non è la Cina la responsabile del caos economico che si sta verificando oggi nello Sri Lanka (ex colonia britannica Ceylon, che era stata un importante organizzatrice della Conferenza di Bandung). In realtà, ci sono ottime ragioni per ritenere che il National Endowment for Democracy sia dietro a gran parte del caos in Sri Lanka (per saperne di più, si veda qui).

E il FMI? Non sembrano essere quasi mai menzionati in questi grafici sulla trappola del debito, non sembrano troppo cattivi, giusto?

Potreste essere sorpresi dal fatto che l’esempio che sto per fare, quello di una storia di orrore economico del FMI, non si trova né in Africa né in Asia, ma piuttosto in Europa.

L’Ucraina di oggi è una storia tragica a più livelli.

Un tempo l’Ucraina era uno dei Paesi più ricchi dell’Europa orientale, nota come “granaio d’Europa.” Tuttavia, questo traguardo economico è sempre più difficile da raggiungere, perchè l’Ucraina faceva parte dell’URSS quando la sua economia era al suo apice. Una verità scomoda. Per questo motivo è difficile trovare un grafico del PIL dell’Ucraina che inizi prima del 1991, data dell’indipendenza dall’URSS. Dal 1991 al 1997, l’Ucraina ha perso il 60% del suo PIL [3] e ha subito tassi di inflazione a cinque cifre [4]. A chi si era affidata l’Ucraina durante questa massiccia recessione che non è mai veramente finita per gli Ucraini? Al Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Durante la disputa sull’accordo UE che aveva scatenato le proteste ucraine, si era scoperto che una parte delle condizioni di questo “accordo,” imposto con la forza dal FMI, era la richiesta di un aumento significativo delle tariffe dei servizi pubblici (in primo luogo elettricità e gas), mentre il reddito degli Ucraini avrebbe dovuto rimanere invariato.

Il popolo ucraino non ne aveva idea. L’accordo per il quale stavano combattendo, e morendo, andava a diretto vantaggio di società del gas corrotte, come la Burisma Holdings, e dei loro azionisti stranieri, a scapito economico del popolo ucraino. Una situazione simile a quella che la maggior parte dell’Europa sta affrontando oggi con una pletora di gloriosi “accordi UE” nel bel mezzo di una crisi energetica.

Si è scoperto che gran parte delle proteste giovanili in Ucraina erano state finanziate non solo direttamente dal governo americano, ma anche dal National Endowment for Democracy, il dipartimento americano per le rivoluzioni colorate.

Jeremy Kuzmarov per Covert Action Magazine ha scritto in un articolo intitolato “Il National Endowment for Democracy cancella le registrazioni dei progetti di finanziamento in Ucraina“:

Il National Endowment for Democracy (NED) – un’emanazione della CIA fondata all’inizio degli anni ’80 per portare avanti iniziative di “promozione della democrazia” in tutto il mondo – ha cancellato tutte le registrazioni di progetti di finanziamento in Ucraina dal suo database online “Awarded Grants Search.”

La pagina web archiviata, catturata il 25 febbraio 2022 alle 14:53, mostrava che il NED aveva concesso all’Ucraina 22.394.281 dollari sotto forma di 334 premi dal 2014 ad oggi. L’acquisizione delle 23:10 dello stesso giorno mostra “Nessun risultato trovato” per l’Ucraina. Al momento, non ci sono ancora “risultati trovati” per l’Ucraina…

La cancellazione dei registri del NED è necessaria per convalidare la grande menzogna dell’amministrazione Biden – riecheggiata dai media – secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina è stata “non provocata.”” (per ulteriori informazioni sul NED si veda qui).

Quindi, per essere il più chiari possibile, l’economia dell’Ucraina era stata vincolata al FMI dopo la sua indipendenza nel 1991 (dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica). Era stato quasi subito dopo che l’economia ucraina aveva iniziato una tendenza al ribasso, entrando in una recessione economica e creando oligarchi ucraini da un giorno all’altro. [Anche la Russia aveva attraversato una grave recessione e aveva avuto i suoi oligarchi da un giorno all’altro a causa dell’introduzione della Perestrojka, una ristrutturazione occidentale delle finanze interne della Russia. Con il tempo, la Russia è riuscita a conquistare in parte la sua sovranità economica e finanziaria, ma si è trattato di un processo lungo che mantiene ancora elementi legati al diktat occidentale, come la Banca Centrale Russa].

Questo è ciò che costituisce la “Mosca sul Tamigi” di Londra, oligarchi ucraini e russi che, da un giorno all’altro, avevano beneficiato delle sofferenze del loro stesso popolo. Questi uomini sono servi della City di Londra. Sono traditori del loro Paese, che venderebbero le loro nonne per il diritto di sedere nel corridoio dei loro padroni, come ha detto il Presidente Putin in un recente discorso.

Sia la Rivoluzione arancione (2004) che la Rivoluzione di Maidan (2014) avevano avuto come causa scatenante la disperazione economica. Gli Ucraini sono morti per l’accordo con l’UE e hanno chiuso con la Russia. Cosa ci hanno guadagnato? Prima dell’inizio di quest’anno, l’Ucraina era di gran lunga il Paese più povero di tutta l’Europa, grazie alla firma dell’accordo con l’UE di sette anni fa. Si sono poi lasciati stupidamente trascinare in una guerra con la Russia al servizio dell’Anglo-America, che non ha mai avuto come obiettivo la libertà dell’Ucraina, ma l’innesco di un collasso economico all’interno della Russia, che è chiaramente fallito.

Forse faremmo bene a ricordare le parole di Lord Palmerston: “Non abbiamo alleati eterni, né nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui, ed è nostro dovere seguirli.”
Il popolo ucraino che ha creduto a questa frase è stato preso in giro. Il risultato di questa “Rivoluzione della dignità” è che l’Ucraina ora giace in cenere.

Ora si chiede al popolo taiwanese di seguirne l’esempio.

Il Movimento dei Girasoli: La rivoluzione colorata di Taiwan

Quello che molti probabilmente non sanno, o almeno non riconoscono, è che la “Rivoluzione della dignità” dell’Ucraina si è verificata nello stesso anno della “Rivoluzione degli ombrelli” di Hong Kong, nota come “Occupy HK,” e del Movimento dei girasoli di Taiwan. Sì, sono avvenuti tutti nello stesso anno e sono stati tutti finanziati dal National Endowment for Democracy insieme a varie ONG occidentali.

Cominciamo con il caso di Hong Kong.

Hong Kong, che aveva fatto parte della Cina per molti secoli, era nata come colonia temporanea dell’Impero britannico dopo la sconfitta della Cina nella Prima Guerra dell’Oppio. Dopo la perdita della Seconda Guerra dell’Oppio, la Gran Bretagna aveva allargato la colonia alla penisola di Kowloon e, nel 1898, aveva ottenuto un contratto di locazione di 99 anni per Hong Kong.
Nel 1997, Hong Kong è stata restituita alla Cina in base all’accordo di locazione di 99 anni stipulato con la Gran Bretagna. Tuttavia, la Gran Bretagna non ha lasciato Hong Kong completamente.
Laura Ruggeri, che vive a Hong Kong dal 1997 e ha realizzato un eccellente reportage sulle proteste di Hong Kong del 2019, scrive nel suo articolo “Agents of Chaos: How the US Seed a Color Revolution in Hong Kong“:

“In apparenza, il processo di creazione di un senso di identificazione e lealtà con la Cina era ancora agli inizi. Al contrario, gli attori transnazionali, in particolare le chiese, le ONG e le reti di sostegno considerate dagli Stati Uniti come “vettori di influenza” e “catalizzatori di democratizzazione,” erano ben radicati nella società civile di Hong Kong. Lavorando di concerto con i media locali e i partiti filodemocratici sponsorizzati dagli Stati Uniti, avevano sottoposto sia la Cina che il governo locale a critiche costanti, sfruttando le rimostranze interne per approfondire le fratture nella società e raggiungere il tipo di polarizzazione partitica e ideologica che avrebbe reso Hong Kong ingovernabile.

… I legislatori di Hong Kong non hanno riconosciuto che la fattibilità politica di un Paese a due sistemi si basa, in ultima analisi, sulla stabilità di un Paese, senza la quale qualsiasi discorso su due sistemi diventa assurdo.

Quando, nel 1997, era terminato il dominio britannico, aveva lasciato dietro di sé un’eredità tossica di istituzioni coloniali, funzionari pubblici addestrati dal Regno Unito e una psiche collettiva danneggiata, tenuta insieme in modo precario da un falso senso di superiorità nei confronti della Cina continentale.

…Gli Stati Uniti avevano iniziato a gettare le basi per una rivoluzione colorata a Hong Kong già prima del passaggio di consegne del 1997: i finanziamenti della NED ai gruppi con sede a Hong Kong risalgono al 1994 e sono stati descritti come “consistenti” da Louisa Greve, che è stata vicepresidente dei programmi per l’Asia, il Medio Oriente e il Nord Africa fino al 2017. Il loro primo obiettivo strategico era stato quello di impedire la promulgazione a Hong Kong di una legge sulla sicurezza nazionale (articolo 23), che avrebbe reso di fatto illegali le attività del NED e di altre organizzazioni finanziate dall’estero.

Quando, nel 2003, il Segretario per la Sicurezza, Regina Ip, aveva annunciato un disegno di legge per l’attuazione dell’articolo 23 [5], quasi ad un unico segnale, mezzo milione di persone avevano marciato contro la proposta del governo, la signora Ip era diventata il bersaglio di una campagna di diffamazione coordinata che l’aveva costretta a dimettersi dall’incarico e il disegno di legge era stato, infine, ritirato.

… agenti stranieri e quinte colonne. Il loro compito era quello di far fallire il modello di governance One Country Two Systems e di contrastare l’insorgere di sentimenti patriottici nei confronti della Cina. Se il modello One Country Two Systems fallisse a Hong Kong, gli Stati Uniti raggiungerebbero anche un altro obiettivo strategico a costo zero, perché Taiwan non sarebbe tentata di adottarlo in futuro. (Per maggiori informazioni su questo argomento si rimanda agli ottimi articoli di Laura Ruggeri).

Così, come si vede in tutte queste rivoluzioni finanziate dalla NED, il popolo non protesta mai per qualcosa che danneggia la sua libertà e la sua prosperità, ma, piuttosto, per il contrario. Sono stati ingannati nel protestare contro qualcosa che, in realtà, andrebbe a loro vantaggio. I pregiudizi, alimentati da agenti stranieri nel sistema educativo, nei media e nel governo, li spingono a odiare e a diffidare di ciò che in realtà sarebbe un risultato migliore per loro.

Nel caso delle proteste di Hong Kong del 2019, queste erano incredibilmente iniziate come un movimento contro la legge di modifica della legge sull’estradizione, in risposta all’introduzione da parte di Hong Kong della legge di modifica sull’estradizione dei criminali fuggitivi. Perché il governo di Hong Kong aveva introdotto questa legge? Perché una ragazza era stata fatta a pezzi e infilata in una valigia. Il fidanzato che aveva commesso l’orribile crimine aveva lasciato il corpo della ragazza a Taiwan e preso un volo per Hong Kong la sera stessa.

La legge di Hong Kong, in virtù del principio “un Paese, due sistemi,” non consentiva l’estradizione del criminale da parte della Cina. Qualcosa che nemmeno il governo australiano aveva considerato un problema prima del fervore delle proteste a Hong Kong. Ciò significava che i partecipanti alle proteste di Hong Kong del 2019 stavano in definitiva protestando contro il diritto della Cina di “intervenire” nel modo in cui gli abitanti di Hong Kong vivevano la loro vita, anche se avevano commesso crimini all’interno della Cina.

In altre parole, questi manifestanti stavano dicendo che la Cina non aveva il diritto di intervenire nei crimini commessi dagli abitanti di Hong Kong, anche se Hong Kong faceva parte della Cina… Vi sembra un movimento democratico e pacifista?

Per non parlare del fatto che, durante le proteste del 2019, [i dimostranti] avevano attaccato violentemente tutti i residenti di Hong Kong che non erano d’accordo con le loro idee, compresi gli anziani.

Il movimento “Occupy HK” del 2014 aveva ricevuto 400.000 dollari di finanziamenti dalla NED. Dal 2017 al 2019, per le proteste del 2019, Hong Kong aveva ricevuto 1,7 milioni di dollari in sovvenzioni dalla NED.

La NED finanzia anche gruppi separatisti in Tibet (link per il 2021) e nello Xinjiang (chiamato Turkistan orientale solo dai separatisti radicalizzati e dalla NED). Il NED ha recentemente cancellato la lista dei finanziamenti per lo Xinjiang, ma se si va a cercare le “sovvenzioni assegnate” sul sito del NED si scopre che il loro finanziamento principale va al World Uyghur Congress, che è al servizio della politica estera del governo statunitense ed è il principale organizzatore e finanziatore delle affermazioni secondo cui la Cina starebbe commettendo un genocidio nello Xinjiang (per ulteriori informazioni su questo argomento, fare riferimento qui).

Quando, nel 2019, l’Anglo-America aveva fatto un secondo tentativo di reclamare Hong Kong, aveva nuovamente fallito l’obiettivo di separare Hong Kong dalla Cina. Se ci fosse riuscito, sarebbe stato usato come modello per il movimento separatista di Taiwan.

Stranamente, è circolata in rete un’affermazione di agenzie di stampa, come il Guardian, che critica la Cina per aver sostenuto che Hong Kong non è mai stata una colonia britannica, in quanto la Cina non ha mai riconosciuto i trattati che avevano ceduto la città alla Gran Bretagna. Questo è vero, nel senso che era stata la corrotta dinastia Qing a cedere Hong Kong agli Inglesi con un contratto di affitto di 99 anni. Quando il popolo cinese aveva rovesciato la dinastia Qing e dato vita alla Repubblica Popolare Cinese, questo trattato non è mai stato riconosciuto. In altre parole, il governo cinese non ha mai riconosciuto un simile trattato a sostegno del colonialismo britannico.

Ciò che disturba in questo tipo di critica alla Cina, che rifiuta essenzialmente di accettare un’identità coloniale, è la reazione della stampa britannica, che è stata: “come osano!” Le vecchie abitudini sono dure a morire.

La Cina ha riconosciuto, come confermato anche dalle osservazioni di Laura Ruggeri, di dover riprendere in mano il proprio sistema educativo a Hong Kong, non perché sia una sorta di dittatura che censura la libertà di parola, ma perché i libri di testo continuavano ad insegnare una visione coloniale britannica del mondo e della storia cinese essenzialmente anti-cinese.

È ironico che questi cosiddetti amanti della libertà a Hong Kong e i loro sostenitori siano così rapidi a schierarsi a favore di una politica coloniale. Qualsiasi cosa pur di sedersi nella sala dei padroni…

L’articolo del Guardian prosegue dicendo: “Come osa la Cina insegnare nelle proprie scuole che le proteste di Hong Kong del 2019 sono state guidate da forze esterne?” Ciò significa: come osa la Cina non accettare come autentico il movimento separatista di Hong Kong, a cui è stato fatto il lavaggio del cervello con una genuina mentalità coloniale?

Immagine dei manifestanti di Hong Kong del 2019 che tengono in mano le bandiere britanniche.

Qui vorrei aggiungere una cosa, una parte della mia famiglia proviene da Hong Kong, ed è evidente che si considerava superiore ai cinesi che vivevano sulla terraferma, che consideravano sporchi contadini, e probabilmente hanno mantenuto questo pregiudizio, nonostante la Cina continentale sia ora economicamente fiorente e molte città siano molto più ricche e fiorenti di Hong Kong. La mia famiglia, che è cresciuta a Hong Kong, si era identificata in gran parte con l’idealizzazione occidentale e mia madre e i miei fratelli mi avevano persino confessato che avrebbero voluto essere nati con caratteristiche fisiche più occidentali. Vi sembra una libertà?

Infine, diamo uno sguardo al “Movimento dei girasoli” di Taiwan.

Taiwan, nel caso non lo sapeste, è legalmente una parte della Cina ed è riconosciuta come tale da tutta la comunità internazionale, ad eccezione di 13 piccoli Paesi e della Città del Vaticano, la Santa Sede. E mi spingo a dire che non è stata una decisione autonoma di questi piccoli Paesi, che sono asserviti al diktat anglo-americano.

Anche gli Stati Uniti, nonostante l’invio di armi a Taiwan e la presenza di un piccolo numero di truppe americane a Taiwan, riconoscono Taiwan come parte della Cina.

Sul sito web del Dipartimento di Stato americano scrivono: “Ci opponiamo a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo da entrambe le parti; non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan.”

Perché allora tutta questa belligeranza da parte degli Stati Uniti? Sembra che siano gli Stati Uniti a violare la legge.

In modo alquanto ridicolo, Newsweek ha pubblicato un articolo che è lo stesso tipo di narrativa che viene pubblicata da tutti i media in questo momento, intitolato “China Warplane Fleet Enters Taiwan’s Air Defense Zone.

Di seguito sono riportate le immagini pubblicate dal Ministero della Difesa nazionale di Taiwan, che mostrano la “violazione” degli aerei cinesi, utilizzate dall’articolo di Newsweek.

Notate qualcosa di strano? La zona aerea autodichiarata di Taiwan si sovrappone alla Cina continentale. Secondo Taiwan, la Cina non dovrebbe nemmeno avere il diritto di volare sopra una parte della propria terraferma!

Inoltre, secondo Taiwan, la Cina non ha il diritto di passare sopra o attraverso lo Stretto di Taiwan, ma un cacciatorpediniere della Marina statunitense può entrare nelle “sue” acque, cosa che è accaduta solo pochi giorni fa e non è stata la prima volta.

La CNN ha un titolo molto fuorviante: “Il cacciatorpediniere della Marina statunitense entra nelle acque rivendicate dalla Cina per la terza volta in una settimana.” “Acque rivendicate dalla Cina”? Il Dipartimento di Stato americano riconosce Taiwan come parte della Cina, quindi sì, è in acque cinesi. Cominciate a capire con cosa deve fare i conti la Cina?

Infine, se vedete le rotte di volo che la Cina sta seguendo nell’immagine qui sopra, potete vedere chiaramente che la Cina sta mettendo in chiaro che queste rotte di volo non sono destinate a passare sopra Taiwan. La Cina sta dando a Taiwan il suo spazio, anche se fa parte della Cina.

Come ha sottolineato nei suoi video informativi l’ex marine Brian Berletic di The New Atlas, Taiwan dipende completamente dal commercio con la Cina, quindi, se la Cina volesse davvero causare la “sottomissione” di Taiwan alla Cina, non ci sarebbe bisogno di “invadere” Taiwan, ma, semplicemente, basterebbe interrompere il commercio con Taiwan. La Cina rappresenta il 49,04% delle esportazioni di Taiwan e il 23,8% delle importazioni di Taiwan.

Nel 2014, il Movimento dei Girasoli, come la “Rivoluzione per la Dignità” ucraina, riguardava un accordo economico. Nel caso di Taiwan si trattava di un accordo di libero scambio con la Cina, il che ha senso visto che Taiwan fa parte della Cina, quindi perché non si dovrebbe volere il libero scambio all’interno dello stesso Paese? Ancora una volta, vediamo che le proteste erano contro qualcosa che, in realtà, andava a loro vantaggio.

Una delle principali organizzazioni dietro il Movimento dei Girasoli era la Taiwan Foundation for Democracy, che è direttamente collegata alla NED e riceve finanziamenti da quest’ultima (per maggiori informazioni su questo aspetto, consultare il New Atlas).

Nella pagina web del NED “Il destino di Taiwan,” Carl Gershman, ex ambasciatore degli Stati Uniti presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite e presidente del NED dalla sua fondazione nel 1984 al 2021, afferma che:

“Ho visitato Taiwan per la prima volta 25 anni fa per incoraggiarla a unirsi alla comunità di Paesi che promuovevano la democrazia attraverso istituzioni non governative, come il National Endowment for Democracy. All’epoca, Taiwan non era pronta per questa idea.

Nel quarto di secolo trascorso da quella conferenza, Taiwan ha consolidato una democrazia liberale dinamica, stabile e di successo, esemplificata dalla stessa Presidente Tsai, che è la prima donna ad essere stata eletta Presidente di Taiwan. Nel resto del mondo, invece, la democrazia è entrata in un periodo di crisi… e Paesi autoritari come la Russia e la Cina sono diventati più aggressivi e minacciosi.

Taiwan non ha scelto di essere un simbolo globale dell’universalismo democratico, e non prevedevo che lo sarebbe diventata quando ero venuto qui 25 anni fa, sperando che Taiwan potesse creare un’istituzione per promuovere la democrazia nel mondo. Ora ha un’istituzione di questo tipo, e di questo sono molto grato. E, come avevo detto l’anno scorso, quando avevo parlato alla celebrazione del 15° anniversario della TFD, spero che il governo di Taiwan aumenti il budget della Fondazione, come il Congresso degli Stati Uniti potrebbe presto fare per il NED. Il lavoro è così importante.

… Grazie al sacrificio e all’impegno di Taiwan, credo che quel giorno arriverà.”

Come il sacrificio del popolo ucraino ha portato all’Ucraina in obbedienza a questo?

Dalle parole di Carl Gershman emerge chiaramente che la Fondazione per la democrazia di Taiwan è un’istituzione creata e finanziata dalla NED per incoraggiare la separazione di Taiwan dalla Cina.

E, proprio come la Rivoluzione della Dignità in Ucraina, il movimento dei Girasoli ha permesso di chiedere un nuovo governo, un nuovo governo che sarebbe stato scelto e plasmato dagli Stati Uniti. Persone come Joseph Wu, Ministro degli Affari Esteri di Taiwan e vicepresidente della Fondazione per la Democrazia di Taiwan.

Alcune riflessioni conclusive

Allora, è davvero meglio il diavolo che si conosce? Ho sempre trovato questo detto un po’ confuso, perché essenzialmente descrive una situazione o una persona che sappiamo per certo essere mostruosamente cattiva e l’altra che riconosciamo di non “conoscere.” Allora perché diamo per scontato che la scelta è tra una cosa mostruosa o un’altra [altrettanto mostruosa]?

Come vediamo soprattutto con la tecnica delle rivoluzioni colorate, l’ignoranza delle persone nello schierarsi con il diavolo che conoscono, è che, in realtà, hanno semplicemente scelto di rimanere nell’inferno in cui si trovano. Hanno così paura di viaggiare verso l’ignoto (che può diventare rapidamente noto se ci si informa) che preferiscono rimanere con il loro rapitore.

Sindrome di Stoccolma coloniale, si potrebbe dire?

B.F. Skinner, un inquietante comportamentista, nel suo lavoro con i ratti aveva scoperto un fenomeno che oggi viene chiamato, in modo molto inquietante, “scatola di Skinner” o, con un titolo un po’ meno inquietante, “camera di condizionamento operante.”

Skinner aveva scoperto che i ratti torturati all’interno di questa scatola con messaggi conflittuali di ricompensa e punizione, sviluppavano una sorta di dipendenza da questa “realtà,” creata come meccanismo per far fronte a stress futuri. Aveva scoperto che quando ai ratti veniva permesso di uscire dalla scatola e venivano sottoposti ad uno stimolo che provocava dolore o paura, la loro reazione immediata era quella di correre di nuovo nella scatola per la propria sicurezza percepita, di propria volontà!

Pensateci.

C’è un motivo per cui i comportamentisti si sono entusiasmati per questa “scoperta” di Skinner, e non è stato per le sue applicazioni sui ratti…

Ci dicono che viviamo in un mondo complicato. Un mondo diviso, pieno di odio, guerra e avidità. Ed è certamente vero che l’Occidente, in particolare, è sceso nel suo inferno auto-creato. Ma è proprio questa la chiave.

Come direbbe John Milton nel suo Paradiso perduto: “La mente è il suo luogo e, di per sé, può fare dell’inferno un paradiso o del paradiso un inferno.”

Ironicamente, ciò che molti non sanno è che Milton aveva scritto un seguito intitolato “Paradise Regained.” È interessante che ci si concentri solo sul Paradiso perduto e che, apparentemente, non ci si interessi del Paradiso ritrovato. O che tutti abbiano sentito parlare dell’Inferno e forse del Purgatorio di Dante, ma pochi abbiano sentito parlare del Paradiso di Dante, che doveva essere letto nel suo insieme. Secondo voi, perché?

Se scegliamo di camminare in questa vita alla cieca verso il bene, certamente ci condanneremo a vivere in un inferno, ma questa non è la realtà, è la nostra creazione.

La scelta è vostra.

“È la mente stessa dell’uomo, non il suo nemico o il suo avversario, che lo attira verso le vie del male.”
– Buddha

Cynthia Chung

Note:
[1] “Old Summer Palace marks 157th anniversary of massive loot”. www.chinadaily.com.cn. Retrieved 2018-06-30.
[2] “The Spider’s Web: Britain’s Second Empire” (2017) Documentario.
[3] “Can Ukraine Avert a Financial Meltdown?“. World Bank. June 1998. Archivio originale del 12 luglio 2000.
[4] Figliuoli, Lorenzo; Lissovolik, Bogdan (31 August 2002). “The IMF and Ukraine: What Really Happened“. International Monetary Fund.
[5] L’articolo 23 è un articolo della Legge fondamentale di Hong Kong. Esso stabilisce che la Regione amministrativa speciale di Hong Kong “promulgherà leggi proprie per proibire qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione contro il Governo popolare centrale o furto di segreti di Stato, per proibire alle organizzazioni o agli organi politici stranieri di condurre attività politiche nella Regione e per proibire alle organizzazioni o agli organi politici della Regione di stabilire legami con organizzazioni o organi politici stranieri”.

Fonte: cynthiachung.substack.com
Link: https://cynthiachung.substack.com/p/the-real-global-agenda-pushing-for
02.08.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

 

 

 

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