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In “Questa Repubblica della Sofferenza“ la storica Drew Gilpin Faust racconta dell’impreparazione di un’intera società ad affrontare la morte, la malattia e la degenza di migliaia di persone che cadevano sui campi di battaglia al tempo della Guerra Civile Americana. Immediatamente all’indomani di uno scontro, evidenzia Faust, tutti gli ospedali, le chiese, le abitazioni private ed i cimiteri nei pressi del teatro dei combattenti erano affollati da migliaia di morti e moribondi, una situazione completamente nuova per la società americana della seconda meta del XIX secolo.
La sofferenza e la morte, che regolarmente devastava comunità intere, finirono per cambiare non solo le vite dei singoli e delle famiglie che ebbero lutti, ma di un’intera nazione e del modo in cui da allora vennero ridefiniti i diritti e le responsabilità dei cittadini che ne facevano parte. La sofferenza causata dalla Guerra Civile e le conseguenze sociali ed economiche del conflitto furono quindi lo spartiacque culturale ed umano a partire dal quale la repubblica Americana dovette ripensare se stessa.
Il quadro di Faust presenta numerosi paralleli con quanto l’Italia sta vivendo al momento attuale, e anche se i numeri dei morti sono molto diversi – basti pensare che durante la Guerra Civile circa 620.000 persone persero la vita nell’arco di 4 anni – la sofferenza e il travaglio rimangono. Degli aspetti duplici della sofferenza, umana ed economica, ha parlato lo stesso Mario Draghi, ex presidente della Bce, che ha dichiarato come “La perdita di reddito non è colpa di chi la soffre” Draghi vede profilarsi per l’Italia un’«inevitabile recessione profonda», contro la quale serve proteggere la popolazione dalla perdita dei posti di lavoro, e difendere «la capacità produttiva con immediati sostegni di liquidità”. “Di fronte a circostanze non previste un cambio di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che ci troviamo ad affrontare non è ciclico”, aggiunge Draghi, e il “Il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile”. La memoria ci porta alle privazioni dei popoli negli anni 20 del ‘900 che aprirono la stagione della Grande Depressione. Per evitare tale scenario Draghi sottolinea l’importanza che i vari stati mobilitino le proprie risorse finanziarie subito, senza ulteriori ritardi.
Di fronte a questo bivio epocale il governo Italiano ha disposto il blocco totale per milioni di lavoratori, ha parlato di sussidi, di prestiti, di tutto lo spendibile – che poi nella migliore delle previsioni dovrebbe essere 50 miliardi di euro, pari ad una settimana e mezzo di PIL, cosa che non ci aiuterà ad uscire dalla recessione che si prospetta nei prossimi mesi – ma a tutt’oggi non ha stanziato ancora un euro, ne detto chiaramente come regolarsi per il pagamento di tasse, affitti e versamenti alle finanziarie. In uno stato dove milioni di persone arrivano appena alla fine del mese, la cosa sconcerta, oltre a creare reali problemi pratici a milioni di famiglie in aggiunta a quelli dovuti al Coronavirus.
Diversa è stata invece la reazione del governo Britannico di Boris Johnson che si è impegnato a garantire aiuti per 330 miliardi di sterline e ha da giorni reso disponibili le informazioni necessarie per accedere ai prestiti per sostenere le famiglie a basso reddito e l’imprenditoria. Vale la pena ripensare alla posizione di Johnson, criticato a morte per aver dichiarato che di fronte al diffondersi del virus era meglio non perder tempo approntando misure precauzionali. Occorreva invece accettare l’idea di avere morti in ogni famiglia in Gran Bretagna, cosa che avrebbe permesso ai sopravissuti di sviluppare l’immunità del gregge e sopravvivere alla pandemia. E’ una posizione tanto diversa da quella di chi ha preferito accettare il rischio che il virus circolasse, come ha fatto, per un mese e mezzo, senza prendere per tempo nessun provvedimento serio per contrastarlo? In entrambi i casi il processo di selezione naturale di Darwiniana memoria, combinato alla falce livellatrice, ha trovato puntuale applicazione.
Il programma di protezione e sostegno per l’Italia è stato varato da chi mette politicamente sullo stesso piano tutti i diritti mescolando situazioni, istanze e orientamenti sessuali e promuovendo, nella confusione mentale e mediatica, l’agenda dell’uguaglianza di facciata, secondo la quale il diritto di chi vuole sposarsi il proprio pesce rosso vale come quello alla salute, e se uno ai matrimoni coi pesci rossi non è interessato e si ammala… beh, può scoprire che in Italia oggigiorno farebbe meglio a non ammalarsi o sono solo kaxxi suoi. In nome di “principi” l’agire politico può arrivare a giustificare qualsiasi cosa, a seconda delle circostanze, o, meglio dire, delle convenienze. E quali possono essere le convenienze nel frangente in cui ci troviamo? Probabilmente ci stanno ancora lavorando la commissione europea e altri nobili leader che, dopo non aver mostrato sostanzialmente nulla di quella solidarietà su cui dovrebbe fondarsi l’Unione Europea secondo i trattati del 1957, ci hanno ricordato esattamente due giorni fa che la solidarietà “va fatta solo in modo intelligente”. Il che vuol dire solo attingendo alle risorse della Bce, con vincoli dettati dalla medesima.
Quindi, ricapitolando, l’Italia ha un’emergenza dovuta ad una pandemia che l’ha colpita duramente. Come membro fondante dell’UE ci si aspetterebbe una rete di supporto reciproco da parte degli altri stati membri. Invece questa è arrivata da Cina, Russia, Albania, Stati Uniti e qualcosa dalla Germania E poi? E poi niente. Ti ricordano però che quanto ti daranno, se te lo daranno e comunque insufficiente per uscire dalla crisi, ma sufficiente ad indebitare 3 generazioni di Italiani con tassi patrimoniali e clausole capestro in uno scenario cui è preferibile non pensare, glielo dovrai restituire alle condizioni che ti imporranno. E questo slancio di generosità, si noti, viene dagli stessi che 2 anni fa, mentre il governo Gialloverde metteva un limite allo sbarco e alla tratta dei clandestini nelle navi negriere ONG, apostrofavano l’Italia come “vomitevole”, la sbeffeggiavano in vignette in cui cadeva in un precipizio, e facevano campagne a sostegno dell’accoglienza illimitata dei migranti a cui l’Italia avrebbe dovuto prestarsi in nome della solidarietà globale, ed evidentemente poco intelligente.
Molto di questa crisi ricorda quanto David Hanson ha scritto in “Una Guerra Diversa da Tutte Le Altre”, sulla guerra totale fra i due superpoteri dell’antica Grecia, la guerra del Peloponneso (431-404 A.C), dove Sparta e Atene si scontrarono in un conflitto che prese l’avvio con un’epidemia che falcidiò 1/3 della popolazione dell’Attica nei primi anni delle ostilità. La responsabilità della pestilenza, di probabile origine africana, fu attribuita agli Spartani i quali fra le tante pecche si presero anche degli untori. Così pesanti furono le ripercussioni sociali ed economiche dell’epidemia che Atene riuscì a recuperare solo dopo 15 anni, periodo durante il quale non riuscì a portare avanti operazioni ad ampio raggio contro l’avversario. Il protrarsi della crisi e delle ostilità finirono per acutizzare anche i bisogni di Sparta, la quale, nel tentativo di recuperare i fondi necessari per una guerra molto diversa dagli scontri locali cui le polis greche erano abituate, finì col farsi finanziare dall’arcinemico di tutti i Greci, quella Persia il cui ingente oro fece la fortuna di molti generali greci e contribuì a colmare le perdite di uomini e materiali. Fintanto che i greci morivano e si massacravano fra loro, i sovrani e satrapi dell’impero persiano interessati in chiave futura ad una Grecia debole ed ad aumentare il proprio potere, erano felicissimi di sponsorizzare il macello, alle loro condizioni. Vi ricorda qualcosa?
Ma quello che più colpisce non sono le coincidenze, con eventi della storia passata che si ritrovano nelle pagine di Hanson e di Faust, ma l’ottusità di chi non vede che i ragionieri burocrati di Bruxelles ed i loro maggiordomi a Roma si sono presi il tempo e il lusso di riflettere per più di un mese sulle urgenze degli stati devastati dalla pandemia, Italia in primis. E ancora non hanno fatto nulla di sostanziale per chi soffre e per chi da povero rischia di diventare miserabile. L’Europa dell’emergenza nell’era delle comunicazioni istantanee si muove ad una velocità ridicola ed in antitesi all’urgenza sottolineata da Draghi. E questo conferma solo che l’Europa come soggetto etico e politico non esiste e non occorre essere un sovranista o un esperto di diritto internazionale per capirlo. Questa UE è un soggetto sociopatico che, nel migliore dei casi, va messo in terapia e non ascoltato, e nel peggiore va rinchiuso in una cella di un istituto e la chiave gettata.
Come è possibile che quella che si appresta a diventare una crisi economica senza precedenti nella storia delle repubblica sia causata da un virus che ucciderà nella più catastrofica delle ipotesi lo 0,1% della popolazione Italiana, e per la maggioranza appartenente ad una fascia non produttiva? E resta da spiegare come di fronte ad un rischio simile il governo non sia corso ai ripari.
Alle pagine 7 e 8 della Gazzetta Ufficiale pubblicata in data 1 Febbraio 2020, veniva deliberato in tutto il paese “per sei mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.E’ ormai noto che l’avvocato penalista Guido Magnisi abbia rilevato la stranezza delle blande misure prese rispetto al preoccupante quadro riconosciuto che si delineava. E questo è ancora più strano se si pensa che il provvedimento veniva preso “vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus dell’OMS del 30.1.2020′”.
In nome di cosa non si è fatto nulla? L’attesa è stata presa ubbidendo ad una segreta strategia per proteggere gli Italiani? Abbiamo visto che non è stato così, perché non sono stati protetti.
Allora l’inerzia è stata dettata dalla necessità di non colpire con provvedimenti restrittivi la nostra economia, cosa che ci avrebbe danneggiati. Ma alla fine l’economia è stata comunque danneggiata e noi con essa! Le previsioni di reddito per l’estate 2020 nel comparto del turismo danno al momento un calo del 50% rispetto allo scorso anno. E questo è solo un esempio del danno prodotto da questa chiusura non decisa prima perché “le cose andavano fatte gradualmente” – ed evidentemente “andavano” fatte morire 1.400 persone prima di agire, anche se bisognava proteggerle, a testimonianza che la sociopatia non alberga solo negli alti livelli dell’UE a Bruxelles.
Insomma l’economia sempre al primo posto come motivo-scusa-pretesto per far pagare il prezzo delle crisi a tutti tranne che a pochi individui selezionati, perché tutti viviamo nella società dei consumi garantita dall’economia “perfetta”, per sostenere la quale dobbiamo accettare qualsiasi sofferenza, o fare della sofferenza un’opportunità di crescita.
Il consumismo di massa prodotto dell’economia di cui sopra in nome della quale siamo calpestati, è il risultato ultimo di un progresso sregolato, basato sul mito che il libero mercato (e quindi lo stesso progresso che sostiene la protezione che sta alla base del mercato) renda l’uomo libero, e quindi felice perché la felicità andrebbe di pari passo e a spasso con la libertà.
In primis va osservato che la storia non reca un solo esempio di libertà garantita dal libero mercato. Anzi, il libero mercato è tale perché pone altri mercati in condizione subalterna e di non-libertà. Inoltre la libertà piena nel libero mercato l’hanno solo coloro che gestiscono il mercato stesso, e non la massa dei consumatori se non in modo limitato e proporzionato alle proprie disponibilità economiche.
Infine gli individui nel libero mercato – altra balla colossale – non sono mai liberi. Se domani, terminata la crisi, inventassi un nuovo software che funziona meglio di Windows e la Microsoft venisse a saperlo, in tempo zero magari mi farebbe un’offerta per comprarlo, oppure, se rifiutassi, molto probabilmente in tempo zero+1 sparirei io e il nuovo programma.
Con un simile background che caratterizza la vita dell’uomo nella società industriale e post-industriale non c’è da stupirsi che le opere di Tolkien, che utilizzano il mito per parlare di un ritorno dell’uomo alla natura e di un recupero di ritmi di vita sostenibili, di un’esistenza vissuta con responsabilità, nel rispetto dei diritti di stati che sono in primis comunità di cittadini, abbiano ottenuto un successo strepitoso. Parlano di una società priva di condizionamenti imposti da chi ubbidisce solo alla logica del potere, che, pur potendo nascere ovunque – l’anello del potere attrae anche i piccoli Hobbit e non solo Sauron o i grandi di Gondor – è radicata negli imperi, che schiavizzano l’individuo e lo riducono a mero bene di consumo, fino a consumarlo del tutto.
E cos’è questa UE se non un impero finanziario che sopravvive grazie alla sofferenza di repubbliche di sudditi sempre più privati di diritti, cui viene imposto di tutto per far quadrare dei conti?! E noi stiamo ancora a sentire gente che ce la propina parlandone come di una sacra istituzione o di una fortuna?!! Gli imperi non hanno mai tutelato i diritti dei cittadini perché interessati solo a privilegi delle elite che comandano, ed è per questo che la democrazia, con i limiti del caso, nasce all’interno della polis, nella città stato e non negli imperi, come quello Persiano o quello Romano che fece dei diritti dei singoli e della Roma repubblicana dei semplici simulacri.
Von Der Leyen può prendersi tutto il tempo che vuole per pensare ai propri progetti. E lo può fare perché nei fatti, e lo stesso vale per il suo entourage di servi e di esimi colleghi della Troika, di quel che succede non gliene frega un accidente di niente, e se il virus prolifera non è detto che la cosa per lei si risolva in un danno. Infatti potrebbe anche disporre della possibilità di lanciare nuove campagne di prevenzione, grazie a contratti con giganti dell’industria farmaceutica mondiale, capaci di generare profitti maggiori del PIL di stati formalmente sovrani. Dati i trascorsi della signora e di altri che hanno governato in nome dell’UE – vedi Monti, ex-consulente di Goldman and Sachs – non c’è da stupirsi.
In alternativa alla cosmogonia tolkieniana bisognerebbe provare a scrivere un libro che crei una mitologia basata su ciminiere, elenchi di fornitori in formato PDF, la open society Soros style, accordi produttivi e budget e poi vediamo chi lo legge e quale apporto autentico potrà mai recare al patrimonio culturale o alla salute del genere umano.
03.04.2020
Alessandro Guardamagna lavora come insegnante d’inglese e auditor qualità a Parma, in precedenza ha ottenuto un PhD in Storia e un Master in American Studies presso University College Dublin, in Irlanda, dove ha lavorato e vissuto per 10 anni. Da sempre sovranista, scrive articoli di politica e storia su ComeDonChisciotte dal 2017.
BIBLIOGRAFIA
Drew Gilpin Faust, This Republic of Suffering: Death and the American Civil War, New York, 2008