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La Redazione

 

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La prossima crisi dell’Europa

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A cura di Davide
Il 20 Ottobre 2017
528 Views

DI PETER ZEIHAN

zeihan.com

La settimana scorsa (dicembre 2016) il mondo è stato duramente richiamato all’ordine dato che la crisi finanziaria europea, sul punto di entrare nel suo undicesimo anno ( è vero, è cominciata prima della crisi dei subprime del 2007) non ha ancora raggiunto il suo punto critico. Dopo aver fallito nel trovare dei nuovi investitori strategici, il governo italiano ha annunciato la sua intenzione di nazionalizzare (si legga rifinanziare con fondi statali) la grande banca Monte dei Paschi.
La maggior parte della gente si pone la domanda: Che ce ne importa? È una banca e la banca Monte dei Paschi non é una istituzione sistemica su scala mondiale come la Banca Reale di Scozia o la Bank of America. È una disgrazia per l’Italia, non è il massimo per l’Europa, ma perché gli altri dovrebbero prendersela tanto ?

Il vero problema è che il Monte dei Paschi è un’aberrazione nel settore bancario italiano,  ed anche nel settore bancario europeo in senso più ampio. E non mancano dei motivi per dire che le banche europee sono condannate.
Prima di tutto l’euro. Quando l’euro è diventata la moneta comune dell’Unione Europea all’inizio del secolo, un certo numero di Paesi con dei sistemi finanziari ed economici più deboli, come l’italia, hanno potuto entrare a farne parte anche se verosimilmente non avrebbero dovuto farlo. Questo ha permesso ai consumatori di questi paesi di avere prestiti  a tassi che nella maggior parte dei casi rappresentavano un terzo o meno dei tassi  precedenti. I consumi sono aumentati verticalmente, ed anche la crescita con loro,  ma questi consumi sono stati stimolati dal debito e non dall’ aumento della produzione o della produttività. Dopo alcuni anni questi paesi hanno sofferto per questi prestiti che non potevano rimborsare, e da allora non hanno avuto nessuna crescita economica. Tutto il debito è nelle mani di banche come Monte dei Paschi.
Secondo: la frenesia del debito non si è limitata ai consumatori. le banche stesse vi hanno preso parte, in particolare gli operatori finanziari secondari sui mercati europei come la Svezia, l’Austria, la Grecia e l’Italia. Con i mercati più importanti della Germania, della Francia e della Spagna già controllati dalle istituzioni locali, le banche di questi stati secondari hanno cercato dei settori di mercato alla periferia dell’UE: i Paesi Baltici, l’Ungheria, l’Albania e  l’ex-Jugoslavia. Questi investimenti  in particolare sono stati toccati duramente dalla crisi finanziaria mondiale del 2007,  hanno perturbato massicciamente i costi di gestione e sono diventati fino a oggi dei pesi morti nei bilanci delle banche. Una buona parte dei prestiti del Monte dei Paschi si trova in Serbia.
Terzo: i prestiti in valuta straniera. Le banche di questi paesi secondari hanno spesso  chiesto finanziamenti a  banche più grandi, in euro, in dollari americani o anche Yen giapponesi e poi hanno concesso dei prestiti in queste valute ad altri  paesi in cambio della loro moneta nazionale. La scommessa era che le valute più deboli (il Fiorino ungherese, lo zloty polacco e altre) si apprezzassero nel tempo, riducendo il peso relativo dei prestiti al dettaglio e aumentando il potere d’acquisto dei cittadini di quei paesi. Purtroppo, i movimenti delle valute non sono sempre unidirezionali. Quando le valute locali sono andate a picco, le condizioni di rimborso di questi prestiti si sono immediatamente aggravate perché i mutuanti non potevano più pagare. I governi locali sono spesso intervenuti con delle norme espressamente concepite per aiutare i propri cittadini e le banche straniere con dei progetti di legge. Il Monte dei Paschi era noto per  fare  ricorso a prestiti calcolati in franchi svizzeri – una moneta che poi si è fortemente rivalutata nei confronti di quasi tutte le altre valute perché la Svizzera è una destinazione privilegiata per la fuga dei capitali in Europa.

Quarto: i prestiti subprime (1) negli Stati Uniti sono stati fortemente limitati. L’Europa ha sofferto lo stesso tipo di problemi economici ma in modo assai più grave, in parte anche perché l’Europa non può accogliere i migranti bene come l’America. Negli Stati Uniti, la nazionalità è molto spesso scelta dal migrante (Io scelgo di essere americano ) e poi per l’”american dream”, la mobilità sociale, l’inclusione nella società e l’accesso alla proprietà che sono più o meno standardizzati. In Europa, la nazionalità è in gran parte definita dai residenti di etnia dominante (noi scegliamo di accettarti come francese), e alza un ostacolo culturale ed anche giuridico all’inclusione. Uno dei risultati, tra gli altri, è il basso tasso di proprietà privata dei migranti in Europa. Sopprimendo questa domanda potenziale, qualunque espansione dell’edilizia residenziale deve crescere con assai meno richiesta, e questo lascia spesso che sia la speculazione a dettare le regole. Negli Stati Uniti, i nuovi proprietari (si legga: gli immigrati) hanno contribuito a piazzare lo stock di appartamenti eccedente e a ristabilire l’equilibrio. In Europa l’eccesso di appartamenti è rimasto invenduto. L’Italia ha conosciuto un’espansione rapida nell’edilizia all’inizio degli anni 2000, ma i migranti in Italia tendenzialmente sono troppo poveri.

Quinto: le banche europee non sono delle istituzioni libere come le banche americane, ma sono in debito verso i governi. Gli Stati Uniti sono uno spazio finanziario comune in funzione della loro geografia. I flussi commerciali sono fiumi e le banche li alimentano; dato che il sistema fluviale americano è interconnesso, il sistema bancario non è diviso in  Stati ma è veramente nazionale (federale -N.d.T.). Non essendo influenzabili nella loro politica, le Banche americane possono concentrarsi sulla gestione del rischio e guadagnare dei soldi. All’opposto, la maggior parte dei flussi (finanziari) europei sono delle faccende nazionali che riguardano una popolazione specifica ed un governo specifico. Le banche europee riflettono questa struttura e in  generale non fanno molti affari fuori dal loro mercato interno. Ne risulta una serie di problemi:

  • La maggior parte dei governi si appoggiano alle banche per investire nel debito pubblico al fine di finanziare i programmi di governo. Questo ha funzionato piuttosto bene durante gli anni di crescita, ma dalla recessione in poi (quando  le  finanze del governo hanno avuto bisogno di una boccata d’aria), le banche sono rimaste senza disponibilità per finanziare il settore privato, e la crescita è quasi morta.
  • I salvataggi ad opera dei  Governi nazionali  diventano problematici se non impossibili. Se un governo cerca di rifinanziare una banca in difficoltà, deve sia trovare dei denari fuori dal settore bancario (normalmente è il denaro del governo che dovrebbe essere imprestato), sia convincere i suoi partner europei che il salvataggio non è una sovvenzione (quando invece lo è per definizione).
  • Gli interventi a livello dell’UE sono ancora più problematici, e non solo perché nessuno vuole pagare un prestito agevolato o a fondo perduto per un altro stato. In un sistema “normale” lo Stato entra nella gestione di una banca in difficoltà finché questa banca sia stata risanata, e poi la rimette sul mercato. Fondamentalmente, il governo compra a un prezzo basso e vende a un prezzo alto. Ma non lo si può fare se i fondi di salvataggio vengono da un altro paese. Una parte di questo risanamento  spesso significa la razionalizzazione dei conti, un processo che tende a depredare gli investitori originali della banca (il Governo) e anche il depositanti (i cittadini).

Il Monte dei Paschi dovrebbe trovare almeno 20 miliardi di euro, giusto per mantenere le cose in equilibrio,  senza realmente rimettere in sesto la banca.

La sola soluzione a lungo termine per questo tipo di malfunzionamento radicato è di uscire dal problema concedendo dei prestiti  decennali. ma al momento è impossibile. Le  banche guadagnano denaro sulla differenza fra il costo dei loro fondi e la resa dei loro finanziamenti e la maggior parte dei mutui sono sottoscritti da persone di meno di 40 anni – i giovani sono all’origine della maggior parte dei finanziamenti per le automobili, dei mutui immobiliari e dei finanziamenti agli studenti, che spingono l’economia moderna. L’Europa viaggia su dei tassi di interesse negativi e per giunta in presenza di un crollo demografico. Questo fa guadagnare di meno su ogni prestito, su un volume complessivo ridotto di prestiti potenziali. Il crollo del tasso di natalità in Europa continua ormai da più di 40 anni, e in particolare l’Italia ha superato il punto di non ritorno demografico.

Ufficialmente più del 18% dei prestiti che le banche italiane detengono, sono detti non performanti.
Ma dato che tutte le banche possono spostare i prestiti nella categoria “performanti” se hanno ricevuto un rimborso parziale nel corso degli ultimi tre mesi, la cifra reale è sicuramente molto più alta. A titolo di paragone, le autorità di controllo degli Stati Uniti chiudono le banche quando la percentuale di prestiti non performanti supera il 5%.

Per concludere. La crisi del debito sovrano greco non era che un prologo. Gli Europei potevano  costruire un muro finanziario intorno a questo paese per isolarlo dal resto dell’Unione, come hanno fatto. Il costo di questo muro è già stato di circa 500 miliardi di dollari, per un’economia il cui prodotto interno lordo è appena di  200 miliardi di dollari. Il debito sovrano dell’Italia è sei volte superiore a quello della Grecia. L’economia italiana è nove volte più grande e il suo settore bancario è più o meno venti volte quello della Grecia. La Grecia non poteva uccidere l’Europa senza una pessima gestione da parte dell’Europa (anche se in qualche occasione la situazione ha rischiato di sfuggire di mano). L’Italia non può non uccidere l’Europa senza un miracolo.

Peter Zeihan

Fonte: http://lesakerfrancophone.fr

Link: http://lesakerfrancophone.fr/la-prochaine-crise-de-leurope

26.12.2016

Tradotto da “le Saker Francophone” per www.comedonchisciotte.org da Giakki49 – Originale su zeihan.com

 

(1) Prestiti subprime _ Subprime (Subprime lending), B-Paper, near-prime o second chance sono termini della lingua inglese che indicano quei prestiti che, nel contesto finanziario statunitense, vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. I prestiti subprime sono dunque prestiti rischiosi sia per i creditori sia per i debitori  (da Wikipedia)

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