La Polonia è una creazione americana

Tutte le parti in geopolitica di Varsavia: le molteplici sfaccettature del nuovo corso intrapreso nell'Europa centro-orientale

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Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org

Nell’ambito dell’intera Europa (senza dubbio quella centro-orientale e del fu blocco socialista), un attore è emerso nel corso di questo anno e mezzo da quando il conflitto nelle terre orientali dell’Europa ha assunto una portata internazionale. Tale attore si è caratterizzato per una natura tendente a più fini, rafforzando altre alleanze e con maggiore necessità di distinguersi in rapporto ai suoi vicini e competitori più prossimi, che vanno dai vicini occidentali tedeschi fino ai vertici dell’Unione Europea.

La Polonia, caratterizzata da una ventennale politica di rafforzamento economico e capacità di investimento dei fondi europei, ha difatti ritenuto il momento di ritagliarsi un ruolo più prominente, non tanto in capo alle Istituzioni europee, con le quali annose e non secondarie diatribe sullo Stato di Diritto in merito alla separazione dei poteri ed il controllo governativo dell’informazione non sembrano essere in via di risoluzione, ma nel cementificare il rapporto con gli alleati americani e l’Organizzazione Nord Atlantica della NATO (North Atlantic Treaty Organization).

A dimostrazione di ciò vediamo come la Polonia sia riuscita, da una parte a far leva sulla sua diffusa e poco latente russofobia per far accettare nell’esteso Partito della Guerra costituzionale come le sanzioni verso la Russia di Vladimir Putin e l’invio di armi si rivelino essenziali per sovvertire l’andamento del confronto militare nelle terre del Donbass e limitrofe, mentre dall’altra, sostenuta in questo dagli Stati Uniti inevitabilmente, avendo questi la necessità di indebolire le Istituzioni europee e/o tedesche, essa si pone anche geostrategicamente come testa di ponte nello smistamento delle armi, che per lo più provengono dalla Germania  (Nota 1). Tale politica di spese militari che le autorità tedesche, talora con reticenza e con cautela, continuano a perseguire, viene percepita come un modo di relegarla a mera fucina di armi e a perdere il prestigio geopolitico che aveva guadagnato fin dalla riunificazione e che aveva visto la sua fioritura e potenzialmente duratura affermazione durante la guida del Cancelliere Angela Merkel (2005-2021).

Questo nuovo attore geopolitico sta consolidando il suo ruolo di fidato alleato ed esecutore delle politiche di punizione verso lo Stato aggressore, come la Commissione Europea di Ursula Von Der Leyen vorrebbe vedere applicate nella maniera più possibile estesa, ma tale gesto di lealtà ai voleri dell’Unione non prevede alcun tipo di arretramento verso le proprie decennali posizioni; si tratta pur sempre di un Paese che continua a rimanere legato al proprio monoculturalismo e tradizionalismo, di fronte ad una Europa sempre più colorata ed incline ad aperture culturali, sia verso i rifugiati medio-orientali bisognosi di ricollocamento che nei confronti delle politiche procreative, invise alle forze al Governo del PiS (Prawo i Sprawiedliwość [Diritto e Giustizia]).

Il ruolo dell’Unione Europea ne esce così fortemente ridimensionato, a livello di un continente dove il ruolo della fu Alleanza militare difensiva, rimasta al timone malgrado una dissolta Unione Sovietica, si rafforza smarcando le grandi Potenze continentali: nel caso concreto, si tratterebbe quasi unicamente dei suoi storici motori trainanti, una Francia che si vede privata dei suoi diritti post-coloniali e di una pretigiosa politica diplomatica, oramai screditata, ed una Germania, gigante industriale che ha perso una propria direttiva, grazie a nuovi cancellieri e ministri che non esprimono una visione comune e granitica rispetto alla politica europea e di difesa da adottare.

A distanza di un secolo sembra in qualche modo di assistere ad un compimento delle politiche e spinte all’autodeterminazione propugnate dal Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson (1913-1920), le quali avrebbero favorito l’emergere di varie entità statali in tutta Europa, di cui alcune non erano mai esistite prima d’ora, e che sulle rive del Baltico hanno portato alla formazione di Stati che, per taluni, non possedevano alcun sostrato culturale nazionalista, come ogni Stato-Nazione ne dovrebbe possedere. L’interventismo americano nelle faccende europee non è conseguentemente un fenomeno recente ed ha portato a far emergere realtà statuali che, data la loro debolezza, non hanno potuto che appoggiarsi a coloro che potevano offrir loro una certa posizione geopolitica ed uno sviluppo economico, inevitabilmente da comprimario.

La Polonia, difatti, nata come Repubblica all’indomani della fine dei Grandi Imperi nel 1918, ha portato avanti delle politiche volte ad un revanscismo, basato sull’evocazione di un furto storico ai loro danni, quello della fine della misconosciuta, sicuramente per gli studenti delle secondarie, Confederazione Polacco-Lituana. Non si tratta altro che delle Tre Spartizioni operate fino al 1795 allo “Stato polacco” da parte dei tre Grandi Imperi di fine secolo, tra cui ovviamente l’Impero zarista, episodio evocato dal Presidente Andrzej Duda in una sua recente intervista al Washington Post, caratterizzata da una lista di eventi storici luttuosi, imputabili, a suo dire, ad un sol responsabile (mancando un neutrale riferimento al fatto che i tre Imperi si accordarono su una spartizione di una realtà statuale che era divenuta ingombrante ed indebolita).

Appropriatamente si può notare come la russofobia, che è rimasta all’interno della società (mentre i timori nei confronti del potente vicino occidentale demilitarizzato si sono appianati nell’alveo dell’Unione europea), è sempre stata un fattore determinante nella formazione dello Stato polacco, che, consolidatosi nel primo dopoguerra, ha strappato terre non inizialmente assegnate e che, in un periodo interbellico caratterizzato ovunque da politiche aggressive e governi autoritari, ha agito alla maniera della frequentemente citata “hyena of Europe” di Churchill, la quale approfitterebbe delle politiche predatorie altrui. Il riferimento contingente si legava al comportamento tenuto di fronte alla contesa sui Sudetenland tra Germania e Cecoslovacchia nel 1938, che spinse la Polonia a fare la sua mossa, sottraendo in base al patto Pilsudski-Hitler la regione di Teschen (Teszynska in polacco) al suo vicino meridionale; al momento attuale, in un parallelo potenzialmente calzante, le terre occidentali della fu Confederazione che fanno capo a L’viv (Lwów in polacco, Leopoli in Occidente), vengono considerate come probabile aspirazione dei vertici polacchi, qualora le forze ucraine o il Governo fossero minacciati dalla predominanza russa.

Ma il punto di svolta nel ruolo che la Polonia poteva giocare nell’epoca post-sovietica e post-ideologica è solamente emerso con le azioni della NATO che ha saputo coltivare e mantenere un’avversione anticomunista e antirussa tra i Paesi dell’ex blocco socialista. Se anche un solido diffidente della Russia sovietica come George Kennan dubitò dell’anacronismo e delle conseguenze nefaste di un’espansione ad Est, come quello inglobante nel 1999 la Polonia ed altri Stati ex socialisti, in un clima di rilassamento tra le (allora ex) SuperPotenze in competizione, si può temere che a capo dei vertici americani, a breve dominati dai neo-conservatori nel passaggio al nuovo secolo, ci fosse un’assoluta noncuranza degli effetti che si potevano determinare nelle più o meno democratiche Repubbliche ex sovietiche o socialiste, un orizzonte considerato lontano per prevedere consciamente come il rafforzamento di revanscismi fosse pericoloso.

A dimostrazione di ciò, nell’ambito dei neoconservatori e nel periodo dell’Amministrazione Bush (2001-2008), un personaggio come il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld poté giocare un ruolo determinante nel coinvolgere la classe politica polacca ad azioni militari volte ad un presunto rafforzamento della sicurezza internazionale: va ricordato a questo proposito il coinvolgimento nell’ambito delle missioni antiterrorismo in Iraq, al cui riguardo vertici militari polacchi affermarono successivamente di essere stati ingannati sui falsi presupposti che avrebbero dimostrato minacce alla sicurezza internazionale. A fianco di un maggiore rafforzamento in fieri dell’Alleanza verso le terre centro-orientali dell’Europa su delle questioni extra-europee (leggasi terrorismo islamico), il ruolo di Rumsfeld fu determinante nel consolidare il progetto di una “New Europe”, blocco ai confini con il fu mondo sovietico, che doveva difatti costituire una alleanza competitiva rispetto all’Unione Europea (di natura militare, in controtendenza rispetto alle politiche di impianto spiccatamente politico-economico) e, ça va sans dire, alla Russia post-sovietica ma tendente ad uno status di potenza, quella di Putin dal 2000 in poi, che doveva ancora consolidarsi.

Il Segretario Rumsfeld era ben conscio vent’anni fa del cambio di prospettiva che era necessario intraprendere nel contrastare la “Old Europe”, soprattutto la Francia di Chirac, che aveva dimostrato la propria opposizione ad un intervento militare nel Medio Oriente nel 2003. E per dimostrarlo sottolineò sprezzantemente la necessità di sovvertire l’equilibrio europeo, dicendo di voler guardare ai nuovi membri della NATO, che avrebbero rappresentato la “New Europe” su cui fare affidamento (Nota 2). E passati questi vent’anni il sogno della dirigenza americana prende forma, come dimostrato dal riecheggiare delle parole di Rumsfeld nell’intervento del Primo Ministro Morawiecki, che, ad aprile di quest’anno proprio a Washington, bollò anch’egli i Paesi che avevano visto fallire i loro tentativi diplomatici con la Russia, come appartenenti ad una Europa del passato. La Polonia, nelle sue parole, sa cosa sia la Russia e pertanto sa come sia meglio agire supportati da un Alleato, optando quindi per un approccio militare.

 

“You’re thinking of Europe as Germany and France. I don’t. I think that’s ‘old Europe.’ If you look at the entire NATO Europe today, the center of gravity is shifting to the East. And there are a lot of new members.”  – Donald Rumsfeld

La nascita di un polo alternativo sul continente di natura più spiccatamente militare e che indebolirebbe le Istituzioni europee ed i suoi Stati preminenti potrebbe giovare agli Stati Uniti nel trovare più malleabili alleati su cui fare affidamento; la Polonia sembrerebbe conscia di questo status essendo talora spregiudicata nell’avanzare richieste, come la questione delle riparazioni di guerra reclamate nell’arco dell’ultimo anno alla Germania proverebbe, malgrado la diatriba sarebbe stata risolta tramite accordi già nel 1953. La confisca e congelamento dei beni russi non hanno fatto altro che rafforzare l’illegalità di certe operazioni, legittimandone ed estendone l’uso da parte di altri attori verso richieste considerate oramai archiviate e/o infondate.

A questo si aggiunga l’opposizione tedesca all’esecuzione di molteplici infrastrutture, tra cui la modernizzazione del porto di Swinoujscie, che metterebbe seriamente in pericolo il mantenimento della predominanza di Hamburg sul Baltico, trovandosi questo porto a poca distanza dai confini del vicino occidentale (Nota 3). La Germania, avendo subito nel corso dell’ultimo anno, soprattutto tra Hamburg e Bremen, una flessione nel movimento delle merci (3,2% in meno rispetto al 2022) indebolendo il suo status di punto di snodo, si sente fortemente minacciata ed utilizza delle scuse di natura ambientale per opporvisi, mentre la Polonia sembra ben cosciente che ci sia un intento di bloccare il proprio sviluppo (Nota 4).

Con politiche ed intenti ben diversi sul fronte sud-orientale, al di là dei confronti frontalieri con la Belarus e Lukashenko, che vanno avanti fin dal 2021 grazie alla guerra ibrida condotta utilizzando cinicamente degli immigrati, la Polonia sembra essere determinata nell’invio di armi verso l’Ucraina ed inoltre sono stati talora menzionati mercenari di nazionalità polacca, che a detta del Governo non avrebbero nulla a che spartire con l’esercito nazionale. Al di là di questo e della possibilità di una politica predatoria verso le terre sottrattele, bisogna sottolineare che il malcontento del Governo verso l’irriconoscenza ed insistenza dei vertici ucraini emerge talora e certe frange della cittadinanza cominciano ad essere stanchi di una guerra che non sentono in alcun modo loro.

Nell’ottica di rinnovamento delle posizioni geopolitche e militari nel Paese, percepita tramite questi segnali, bisogna tenere in conto che il 15 ottobre si terranno le nuove elezioni parlamentari per rinnovare il Sejm, ed un partito ancora più collocato a destra del PiS sembra emergere nel dibattito, puntando su un abbandono dell’Unione Europea e la fine del sostegno alle forze ucraine. Si tratta della Konfederacja, la quale difficilmente potrà prevalere, ma dimostra come i polacchi si stiano smarcando dal PiS malgrado l’appoggio garantito negli anni dal mondo rurale conservatore e poco propenso ad aperture culturali e di immigrazione.

 

Questo video di TLDR News EU descrive il ruolo di Konfederacja Obywatelska nelle incombenti elezioni

 

Alla fine di questa analisi sulle sfaccettature della politica estera polacca sembra conseguentemente emergere da un lato un ruolo dominante, ma che non ha un diffuso supporto pro-ucraino come si desiderebbe, che le Istituzioni vorrebbero installare in questa regione del continente verso un’area dove gli Stati polacchi precedenti avevano mantenuto un secolare dominio; allo stesso tempo la caparbietà e la confidenza dimostrate nell’avanzare richieste e reclamare un ruolo di preminenza verso le Istituzioni europee e storiche Potenze mirano a garantire un nuovo ruolo per la Polonia potendo contare su rinnovate alleanze e sulla schizofrenica ed incostante direzione politica delle classi politiche occidentali.

Nell’arco di questo incredibile anno e mezzo abbiamo quindi assistito al rimodellamento o rafforzamento degli obiettivi di uno Stato non ufficialmente coinvolto nel conflitto in corso alle porte dell’Europa centro-orientale, il quale ha potuto ricostruirsi un ruolo geopolitico rinnovato, senza contare poi lo sviluppo economico ed energetico in corso (infrastrutture e nuove fonti di approvvigionamento del gas dalla Scandinavia, sottolinerei), grazie soprattutto ad un supporto continuo e per ora privo di malintesi da parte del potente e determinato alleato d’Oltreoceano.

Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org – CDC Geopolitica

NOTE

  1. , April 2023, https://chroniclesmagazine.org/correspondence/poland-needs-a-peace-party/
  2. The ‘old Europe’ vs. ‘new Europe’ paradigm is back, Ishaan THAROOR, April 17, 2023, https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/17/old-europe-new-rumsfeld-eastern-europe/
  3. Niemcy blokują polskie strategiczne inwestycje. Plany Warszawy zagrażają ich kulejącej gospodarce, Maciej MARCINEK, https://polskieradio24.pl/5/1222/artykul/3219508,niemcy-blokuja-polskie-strategiczne-inwestycje-plany-warszawy-zagrazaja-ich-kulejacej-gospodarce
  4. Niemieckie porty w trudnej sytuacji, ale transformacja energetyczna może pomóc, Aleksandra FEDORSKA, https://biznesalert.pl/niemcy-port-eksport-energetyka/
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