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La Redazione

 

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La debolezza dell’essere umano

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Il 16 Febbraio 2024
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La debolezza dell’essere umano

Spagna. Durante una lezione di filosofia all’Università, una professoressa fa un esperimento: mostra una cartellina e chiede ai ragazzi di dire il colore.
“Verde”, rispondono tutti.
La professoressa propone di fare un gioco: quando entrerà il primo allievo che arriva in ritardo, farà la stessa domanda, ma tutti dovranno rispondere che la cartellina è rossa.
Così accade, un alunno arriva in ritardo e, alla domanda della professoressa, via via gli allievi, uno dopo l’altro, dicono che la cartellina è rossa.
Il ragazzo rimane visibilmente perplesso, ma quando l’insegnante pone a lui quella domanda, risponde come gli altri: “rossa”. Tutti ridono e la professoressa afferma: “È chiaro che la cartellina è verde, siete stati diretti testimoni della debolezza dell’essere umano quando cede alle pressioni altrui, e ciò può accadere persino anche per ciò che si riferisce alla sua percezione fisica”.
Il ragazzo si giustifica: “Io mi sono reso conto che era un gioco e che la cartellina, chiaramente, è verde”.
“Però, visto che tutti dicevano rosso” – replica la professoressa – “lei ha detto rosso”.
“Secondo Nietzsche” – continua la docente – “il mondo può essere diviso in due tipi di persone: quelle che seguono i propri desideri e quelle che seguono i desideri degli altri. Le prime sono forti e non si lasciano comandare da nessuno, mentre le seconde sono deboli e si limitano a fare quello che dicono e fanno gli altri”.
“Non si preoccupi” – aggiunge, infine, rivolgendosi al ragazzo – “questo succede tutti i giorni: siamo molto sottomessi e finiamo per ammettere le idee della maggioranza”.
E conclude: “Anche in Germania la gente fu capace di credere a quello che ripeteva di continuo la propaganda nazista. Lo diceva Kant con molta amarezza: l’essere umano è l’unico animale che ha bisogno di un padrone per vivere”.

Gli enti governativi, le aziende, i potentati economico-finanziari sanno che è più facile adeguarsi alle opinioni della massa piuttosto che sostenere idee che comportano di andare controcorrente. Per questo, soprattutto negli ultimi anni, hanno investito enormi risorse nei mass media: perché un uso mirato dell’informazione, veicolato anche dalla potenza suggestiva delle immagini e dei suoni, è in grado di direzionare il sentire di un numero enorme di persone.

In tale progetto di smantellamento del pensiero critico, la tecnologia ha senz’altro un ruolo decisivo. E un ruolo determinante ce l’hanno anche la pubblicità e la società dello spettacolo, con la maggior parte degli artisti che si prestano facilmente a veicolare determinati messaggi e modelli in cambio del successo oppure di mantenerlo.
Anche il mondo della scuola ha la sua responsabilità dal momento che sta diventando, sempre di più, un luogo di indottrinamento.
E che dire dei social? Servono a mostrare al mondo quanto si è bravi e al passo coi tempi; a ricercare like, follower e visualizzazioni, dunque guai ad andare contro il pensiero unico dominante.

La triste verità è che la libertà di coscienza è un peso a cui molti rinunciano volentieri per pavidità, pigrizia mentale o tornaconto personale.
Eppure, è sempre esistito nella storia, e sempre esisterà, chi non è sensibile alla “formazione di massa”, chi è più resistente e non accetta la narrativa solo perché tutti gli altri la accettano.
Sono le persone che sentono fortemente principi etici dentro se stesse e che cercano di viverli con coerenza sapendo che questo significa, inevitabilmente, essere esclusi dagli ambienti che contano: politici, accademici, professionali, culturali. Significa anche essere esclusi dai dibattiti pubblici o, al contrario, essere invitati, ma con l’unico obiettivo di essere ridicolizzati come, a volte, è capitato di vedere in trasmissioni giornalistiche senza reale contraddittorio.
Significa, infine – e questa è la cosa più dolorosa – dover rinunciare, a volte, perfino all’appoggio e al sostegno dei propri familiari o anche perdere degli amici.

Ragion per cui queste persone sono sempre state, e sempre saranno, “la minoranza”.
Tuttavia, anche le minoranze possono rappresentare una fonte potente di influenza sociale. Possono, cioè, promuovere cambiamenti sociali oppure opporsi a essi.
E possono riuscire a farlo solo se hanno idee chiare e se mantengono uno stile di comportamento saldo e coerente nel tempo, rimanendo unite e coerenti al loro interno.
Il che non è per niente facile.
Ma, come scrive Samuel Adams: “Non ci vuole una maggioranza per prevalere, ma piuttosto una ordinata, instancabile minoranza, desiderosa di accendere focolai di libertà nelle menti degli uomini”.
__

VB

 

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Giornalista professionista specializzata in tematiche di salute e ambiente. Naturopata membro FNNP (Federazione Nazionale Naturopati Professionisti). “Percepisco il mio lavoro come una sottile indagine fatta di domande, di chiedersi il perché. Comprendere la causa è sempre il primo passo da fare.”
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