Pepe Escobar
thecradle.co
Quando c’è un cambiamento generale delle condizioni,
è come se l’intera creazione fosse cambiata
e il mondo intero fosse cambiato,
come se fosse una creazione nuova e ripetuta,
un mondo riportato all’esistenza.
– Ibn Khaldun
Le forze di resistenza yemenite Ansarallah hanno chiarito fin dall’inizio di aver istituito un blocco nello Stretto di Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso meridionale solo per le navi di proprietà o dirette a Israele. Il loro unico obiettivo era e rimane quello di fermare il genocidio di Gaza perpetrato dalla psicopatia biblica israeliana.
Come risposta ad un appello moralmente inteso a porre fine ad un genocidio, gli Stati Uniti, signori della Guerra Globale del Terrore (corsivo mio), hanno prevedibilmente ridefinito gli Houthi dello Yemen come “organizzazione terroristica”, hanno iniziato a bombardare le installazioni militari sotterranee degli Ansarallah (supponendo che i servizi segreti statunitensi sappiano dove si trovano) e hanno messo insieme una mini-coalizione di volenterosi che comprende i loro vassalli britannici, canadesi, australiani, olandesi e del Bahrein.
Senza perdere tempo, il Parlamento dello Yemen ha dichiarato i governi di Stati Uniti e Regno Unito “reti terroristiche globali”.
Ora parliamo di strategia.
Con una sola mossa, la resistenza yemenita ha conquistato un vantaggio strategico, il controllo, de facto, di un importante collo di bottiglia geoeconomico: lo Stretto di Bab el-Mandeb. In questo modo, possono causare seri problemi ad interi settori delle catene di approvvigionamento globali, del commercio e della finanza.
E Ansarallah ha la possibilità di alzare la posta, se necessario. Gli operatori finanziari del Golfo Persico, in via ufficiosa, hanno confermato le insistenti voci secondo cui lo Yemen potrebbe prendere in considerazione l’imposizione di un cosiddetto Triangolo di Al-Aqsa – dal nome dell’operazione della resistenza palestinese del 7 ottobre, volta a distruggere la Divisione Gaza dell’esercito israeliano e a catturare ostaggi da usarsi come mezzo di pressione per uno scambio di prigionieri.
Una mossa del genere significherebbe bloccare selettivamente non solo lo Stretto di Bab el-Mandeb e la rotta del Mar Rosso verso il Canale di Suez, ma anche lo Stretto di Hormuz, interrompendo le forniture di petrolio e gas a Israele da parte di Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – anche se i principali fornitori di petrolio di Israele sono, in realtà, Azerbaigian e Kazakistan.
Questi yemeniti non hanno paura di nulla. Se riuscissero ad imporre il Triangolo – possibile solo con il coinvolgimento diretto dell’Iran – questo potrebbe essere il Grande Progetto al cubo del generale della Forza Quds Qassem Soleimani, assassinato dagli Stati Uniti. Questo piano ha una realistica possibilità di far crollare la piramide di centinaia di trilioni di dollari in derivati e, di conseguenza, l’intero sistema finanziario occidentale.
Eppure, anche se lo Yemen controlla il Mar Rosso e l’Iran lo Stretto di Hormuz, il Triangolo di Al-Aqsa rimane solo un’ipotesi di lavoro.
Benvenuti al blocco dell’Egemone
Con una strategia semplice e chiara, gli Houthi hanno capito perfettamente che più attireranno gli americani, privi di strategia, nella palude geopolitica dell’Asia occidentale, in una sorta di “guerra non dichiarata”, più saranno in grado di infliggere gravi sofferenze all’economia globale, che il Sud globale imputerà all’Egemone.
Oggi, il traffico marittimo del Mar Rosso si è dimezzato rispetto all’estate del 2023, le catene di approvvigionamento traballano, i mercantili che trasportano generi alimentari sono costretti a circumnavigare l’Africa (rischiando di consegnare il carico dopo la data di scadenza), prevedibilmente, in tutta la vasta sfera agricola dell’UE (che vale 70 miliardi di euro) l’inflazione sta aumentando rapidamente.
Tuttavia, mai sottovalutare un Impero messo con le spalle al muro.
I colossi assicurativi occidentali hanno compreso perfettamente le regole del blocco limitato di Ansarallah: le navi russe e cinesi, ad esempio, hanno libero passaggio nel Mar Rosso. Gli assicuratori globali si sono rifiutati di coprire solo le navi statunitensi, britanniche e israeliane, esattamente come volevano gli yemeniti.
Così gli Stati Uniti, com’era prevedibile, hanno trasformato la narrazione in una grande e grossa bugia: “Ansarallah sta attaccando l’intera economia globale”.
Washington ha messo il turbo alle sanzioni (non che la cosa importi, visto che la resistenza yemenita si avvale di finanziamenti islamici); ha aumentato i bombardamenti e, in nome della sacrosanta “libertà di navigazione” – sempre applicata in modo selettivo – ha scommesso sul fatto che “comunità internazionale”, compresi i leader del Sud globale, avrebbe implorato pietà, avrebbe voluto tenere aperte le rotte di navigazione. L’obiettivo del nuovo inganno americano è quello di spingere il Sud del mondo ad abbandonare il suo sostegno alla strategia di Ansarallah.
Prestate attenzione a questo cruciale gioco di prestigio degli Stati Uniti: Perché, d’ora in poi, in una nuova e perversa versione dell’Operazione Protezione Genocidio, sarà Washington a bloccare il Mar Rosso per il mondo intero. Washington stessa sarà risparmiata: i trasporti via mare statunitensi dipendono dalle rotte commerciali del Pacifico, non da quelle dell’Asia occidentale. Questo aumenterà le sofferenze per i clienti asiatici e, soprattutto, per l’economia europea, che ha già subito i colpi più pesanti dalle sanzioni energetiche russe associate all’Ucraina.
Secondo l’interpretazione di Michael Hudson, esiste una forte possibilità che i neoconservatori a capo della politica estera statunitense vogliano (corsivo mio) che Yemen e Iran realizzino il Triangolo di Al-Aqsa: “Saranno i principali acquirenti di energia in Asia, la Cina e gli altri Paesi ad essere danneggiati. E questo (…) darà agli Stati Uniti ancora più potere per controllare l’approvvigionamento petrolifero mondiale e usarlo come merce di scambio nel tentativo di rinegoziare questo nuovo ordine internazionale”.
Questo, infatti, è il classico modus operandi dell’Impero del Caos.
Richiamare l’attenzione sulla “nostra gente a Gaza”.
Non ci sono prove concrete che il Pentagono abbia la minima idea di cosa stiano colpendo i suoi Tomahawk nello Yemen. Anche diverse centinaia di missili non cambieranno nulla. Ansarallah, che ha già sopportato otto anni di bombardamenti ininterrotti di Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti – e ha sostanzialmente vinto – non si arrenderà oggi per qualche attacco missilistico.
Persino i proverbiali “funzionari anonimi” hanno informato il New York Times che “localizzare gli obiettivi degli Houthi si è rivelato più difficile del previsto”, essenzialmente a causa delle pessime informazioni degli Stati Uniti sulla “difesa aerea, i centri di comando, i depositi di munizioni e le strutture di stoccaggio e produzione di droni e missili” yemeniti.
È piuttosto illuminante ascoltare come il primo ministro yemenita Abdulaziz bin Saleh Habtoor inquadri la decisione di Ansarallah di bloccare Israele come “basata su aspetti umanitari, religiosi e morali”. Fa riferimento, in modo cruciale, alla “nostra gente a Gaza”. E la visione complessiva, ci ricorda, “deriva dalla visione dell’Asse della Resistenza”.
È un riferimento che gli osservatori intelligenti riconosceranno come l’eredità perenne del generale Soleimani.
Con uno spiccato senso storico – dalla creazione di Israele alla crisi di Suez e alla guerra del Vietnam – il primo ministro yemenita ricorda come “Alessandro Magno aveva raggiunto le coste di Aden e dell’isola di Socotra ma era stato sconfitto (…) Gli invasori avevano cercato di occupare la capitale dello Stato storico di Shebah e avevano fallito (…) Quanti Paesi nel corso della storia hanno cercato di occupare la costa occidentale dello Yemen e hanno fallito? Anche la Gran Bretagna”.
È assolutamente impossibile per l’Occidente, e persino per la Maggioranza Globale, capire la mentalità yemenita senza imparare alcuni fatti dall’Angelo della Storia.
Torniamo quindi al maestro di storia universale del XIV secolo, Ibn Khaldun, l’autore della Muqaddimah.
Ibn Khaldun decifra il codice degli Ansarallah
La famiglia di Ibn Khaldun aveva vissuto l’ascesa dell’Impero Arabo, in movimento con i primi eserciti dell’Islam nel VII secolo, dall’austera bellezza delle valli Hadramawti, nell’attuale Yemen meridionale, fino all’Eufrate.
Ibn Khaldun, in particolare, era stato un precursore di Kant, con la sua brillante intuizione che “la geografia è alla base della storia”. Aveva letto il maestro di filosofia andaluso del XII secolo Averroè – così come altri scrittori influenzati dalle opere di Platone – e aveva compreso come quest’ultimo avesse fatto riferimento alla forza morale del “primo popolo” nel Timeo, nel 360 a.C.
Sì, è tutta una questione di “forza morale” – per l’Occidente, un semplice slogan; per l’Oriente, una filosofia essenziale. Ibn Khaldun aveva compreso come la civiltà fosse iniziata e venisse costantemente rinnovata grazie a persone dotate di una bontà e di un’energia naturali; persone che comprendevano e rispettavano il mondo della natura, che vivevano in modo saggio, unite dal sangue o riunite da un’idea rivoluzionaria condivisa o da una spinta religiosa.
Ibn Khaldun aveva definito asabiyya questa forza che unisce le persone.
Come molte altre parole in arabo, asabiyya presenta una serie di significati diversi e liberamente collegati tra loro. Probabilmente il più rilevante è quello di esprit de corps, spirito di squadra e solidarietà tribale, proprio come quello di Ansarallah.
Come dimostra Ibn Khaldun, quando il potere dell’asabiyya viene sfruttato appieno, andando ben oltre la tribù, diventa più potente della somma delle sue singole parti e può trasformarsi in un catalizzatore in grado di rimodellare la storia, fare o distruggere gli imperi, incoraggiare la civiltà o farla crollare.
Stiamo sicuramente vivendo un momento di asabiyya, determinato dalla forza morale della resistenza yemenita.
Solido come una roccia
Gli Ansarallah hanno compreso a fondo la minaccia del sionismo escatologico – che, guarda caso, rispecchia le Crociate cristiane di mille anni fa. E sono praticamente gli unici, in termini pratici, a cercare di fermarlo.
Ora, come bonus aggiuntivo, stanno esponendo l’egemone plutocratico, ancora una volta, come responsabile dei bombardamenti sullo Yemen, lo Stato nazionale arabo più povero, dove almeno metà della popolazione è a rischio alimentare.
Ma Ansarallah non è privo di armi pesanti come i mujahidin pashtun che avevano umiliato la NATO in Afghanistan.
I loro missili da crociera antinave includono il Sayyad e il Quds Z-O (gittata fino a 800 km) e l’Al Mandab 2 (gittata fino a 300 km).
I missili balistici antinave sono il Tankil (gittata fino a 500 km), l’Asef (gittata fino a 450 km) e l’Al-Bahr Al-Ahmar (gittata fino a 200 km). Questo copre la parte meridionale del Mar Rosso e il Golfo di Aden, ma non, ad esempio, le isole dell’arcipelago di Socotra.
Gli Houthi, che rappresentano circa un terzo della popolazione del Paese e che costituiscono la spina dorsale della resistenza Ansarallah, hanno una loro agenda interna: ottenere un’equa rappresentanza nella governance (avevano dato il via alla Primavera Araba dello Yemen), proteggere la loro fede zaydi (né sciita né sunnita), lottare per l’autonomia del governatorato di Saada e lavorare per la rinascita dell’Imamato Zaydi, attivo prima della rivoluzione del 1962.
Ora stanno lasciando il segno sul Grande Disegno. Non c’è da stupirsi che Ansarallah combatta ferocemente gli Arabi vassalli dell’Egemone, soprattutto quelli che avevano firmato un accordo per normalizzare le relazioni con Israele sotto l’amministrazione Trump.
La guerra saudita-emiratina nello Yemen, con l’Egemone che “guidava stando alle spalle”, era stata un pantano costato a Riyadh almeno 6 miliardi di dollari al mese per sette anni. Si era conclusa nel 2022 con una traballante tregua, una vittoria de facto degli Ansarallah. Una proposta di pace, va notato, era stata disconosciuta dagli Stati Uniti, nonostante gli sforzi sauditi per siglare un accordo.
Ora Ansarallah sta mettendo sottosopra la geopolitica e la geoeconomia non solo con alcuni missili e droni, ma anche con oceani di astuzia e acume strategico. Per rifarci alla saggezza cinese, immaginate un singolo sasso che cambia il corso di un ruscello, che poi sposta il corso di un grosso fiume.
Gli epigoni di Diogene possono sempre osservare, quasi scherzando, che la partnership strategica Russia-Cina-Iran può aver contribuito con i propri sassi ben posizionati a questo percorso verso un ordine più equo. È questo il bello: forse non siamo in grado di vedere queste rocce, ma solo gli effetti che provocano. Quello che vediamo, però, è la resistenza yemenita, solida come una roccia.
I fatti mostrano che l’Egemone torna sempre in modalità pilota automatico: bombe, bombe, bombe. E, in questo caso particolare, bombardare significa distogliere la narrazione da un genocidio commesso in tempo reale da Israele, la portaerei dell’Impero in Asia occidentale.
Tuttavia, Ansarallah può sempre aumentare la pressione attenendosi fermamente alla sua narrazione e, spinto dal potere dell’asabiyya, consegnare all’Egemone un secondo Afghanistan, al cui confronto Iraq e Siria sembreranno un weekend a Disneyland.
Pepe Escobar
Fonte: thecradle.co
Link: https://thecradle.co/articles/how-yemens-asabiyya-is-reshaping-geopolitics
25.01.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. Seguitelo su Telegram.