DI AMBROSE EVANS – PRITCHARD
Il nuovo Ministro delle Finanze italiano è un sostenitore della reflazione fiscale e dello stampare moneta per salvare gli stati europei con un alto debito, fatto che lo porterà su una rotta di collisione con le élite politiche di Bruxelles e della Germania.
Dopo settimane di politica che si potrebbe definire di rischio calcolato, il radicale M5S e i nazionalisti della Lega sono riusciti in gran parte a imporre la loro scelta euroscettica all’establishment politico italiano. Il Prof. Giovanni Tria è un critico moderato ma tenace del Fiscal Compact, imposto dall’eurozona e dall’apparato dell’EMU per accentuare l’austerità e deflazionare il debito.
Le sue idee in economia potrebbero rivelarsi altrettanto minacciose, per Berlino e il regime politico dell’euro, di quelle del precedente candidato bloccato dal veto presidenziale, Paolo Savona. Anche se non parla apertamente di “Piano B” per lasciare l’euro né definisce l’Unione Monetaria una “gabbia tedesca”.
Mentre sostiene che “non ha senso” uscire dall’euro, il Prof. Tria dice anche che è insensato insistere con la moneta unica se i leader dell’UE si rifiutano di renderla praticabile. Il vero rischio per l’Unione Monetaria “è l’implosione, piuttosto che l’uscita”.
Per ora i mercati stanno reagendo in modo euforico all’accordo in extremis fra i partiti ribelli e il Presidente Sergio Mattarella.
Alcuni giorni prima il Presidente era precipitato in uno scontro costituzionale (molti ne chiedevano l’impeachment), rifiutando la lista dei Ministri che era stata proposta perché troppo pericolosa ed euroscettica. Il suo veto aveva scatenato il panico nei mercati obbligazionari.
L’accordo evita la prospettiva di una protesta politica di massa contro un “governo tecnico” che nessuno ha eletto, seguito da un voto in tempi rapidi che avrebbe probabilmente portato alla vittoria schiacciante dei due gruppi ribelli e alla distruzione totale del centro politico italiano.
Il rendimento sul debito italiano a due anni è sceso allo 0,72% nei primi scambi di Venerdì, dopo essere arrivato al 2,8% all’inizio di questa settimana, nella variazione più selvaggia dell’ultimo quarto di secolo. Le obbligazioni erano rapidamente diventate il parametro più indicativo del rischio di disintegrazione dell’eurozona. Il Tesoro italiano è intervenuto direttamente in un’asta, Giovedì, per spostare il “sentiment”.
I titoli azionari delle banche hanno guidato al rialzo l’indice azionario MIB di Milano. La BPM è aumentata del 9,7%, “Banca Generali” è cresciuta dell’8,1% e “Intesa San Paolo” del 5,4%. Tutte hanno forti partecipazioni nel debito sovrano italiano e sono state trascinate al ribasso da un replay del “doom-loop” del 2012. Il legame fra debito pubblico e banche ha trascinato entrambi in un vortice discendente.
Lorenzo Codogno, ex capo economista del tesoro italiano e ora alla “LC Macro Advisors”, avverte che questo rally potrebbe essere una falso indizio. Egli teme una lunga guerra di trincea tra il governo ribelle e il presidente Mattarella, sull’Europa e sulla disciplina fiscale.
Silvia Ardagna della Goldman Sachs ha detto che l’esuberanza del mercato è fuori luogo e ha avvertito che i lunghi mesi di confronto sulle regole di spesa riapriranno la questione dell’Italexit e del futuro dell’euro.
Le proposte della coalizione ammontano ad un allentamento di bilancio pari al 6% del PIL e sono fondamentalmente incompatibili con l’attuale architettura monetaria, d’ispirazione tedesca. Il “contratto per il governo” comprende una flat tax, un reddito di base universale, un costoso rinnovo della riforma delle pensioni e l’inversione dell’aumento dell’IVA. Ma tutto questo è “politica”.
Il Prof. Tria è da sempre un fustigatore del mercantilismo tedesco. Sostiene che Berlino abbia effettivamente usato l’Unione Monetaria per garantirsi un vantaggio competitivo strutturale, che ha portato ad un permanente ed illegale avanzo di conto corrente [bilancio delle partite correnti] pari all’8,5% del PIL, a scapito dei partner dell’eurozona. Il meccanismo di autocorrezione è bloccato e gli stati debitori del Sud sono intrappolati in un circolo vizioso.
Il presunto rimedio della svalutazione interna per recuperare redditività porta a una distorsione di tipo restrittivo [decrescita] per l’eurozona nel suo complesso e ha una fatale contraddizione: soffoca il PIL nominale di quelle economie che sono già in difficoltà e distorce ulteriormente la traiettoria del debito. Nel tempo, è sicuramente autodistruttivo.
In un saggio dello scorso anno, intitolato “Ripensare il tabù della monetizzazione dei disavanzi per salvare l’euro”, il Prof. Tria ha scritto che il tentativo di ripristinare la sostenibilità del debito attraverso l’austerità è fallito. L’unica via d’uscita è un forte stimolo fiscale per aumentare la domanda e colmare il divario di produttività, accompagnato da condizionati e temporanei finanziamenti monetari a livello europeo.
Negli ambienti delle Banche Centrali questa politica è conosciuta come “helicopter money”, ed è un anatema per la Bundesbank e per la cultura ordoliberista tedesca. Il saggio attinge pesantemente al lavoro del britannico Adair Turner, un campione a livello globale del finanziamento monetario e controllato dei deficit, per i paesi caduti in una trappola di liquidità.
Che il Prof. Tria e l’alleanza Lega-M5S stiano attivamente spingendo per l’Italexit – o “Libertalia”, come alcuni preferiscono dire – è una discussione finanche oziosa. Entrambi accettano che in Italia un referendum sull’euro sia incostituzionale. Ma, avendo ben studiato ogni aspetto del fiasco in Grecia, sono passati a tattiche più sottili.
Stanno preparando delle soluzioni per minare l’Unione Monetaria dall’interno, se l’UE rifiutasse di accettare il fatto compiuto dei loro piani di bilancio. “È un ricatto”, ha detto Clemens Fuest, Direttore dell’Istituto Tedesco IFO.
Il piano Lega-M5S per la creazione di una valuta parallela, i “minibot”, è ancora nel “contratto per il governo”. La proto-lira può essere attivata in qualsiasi momento come mezzo di autodifesa qualora la BCE aumentasse la posta, limitando la liquidità del sistema bancario italiano o ricorrendo al pretesto delle garanzie collaterali per fermare il roll-over [rinnovo] dei titoli obbligazionari italiani.
“Il momento in cui emetteranno questa valuta parallela sarà quello della fine dell’euro”, ha affermato il Prof. Costas Lapavitsas dell’Università di Londra.
Gli ottimisti pro-europa hanno interpretato il consenso sui Ministri, espresso dal Sig. Mattarella, come un passo indietro della Lega e del M5S. Ma potrebbe anche essere visto come una dissimulata marcia indietro dello stesso Presidente, un residuo non eletto della “vecchia casta”, che stava operando in una zona grigia della sua autorità costituzionale.
Si era ben presto reso conto, dalle reazioni viscerali che aveva causato, che stava giocando con il fuoco. Prima mettendo il veto al Prof. Savona e poi cercando d’imporre un regime tecnocratico privo del sostegno del Parlamento, impegnato in politiche espressamente rifiutate a Marzo dalla grande maggioranza degli elettori italiani. Come ha detto il Sig. Savona in una e-mail che è trapelata, il Presidente non capiva che la nazione era “in ribellione”. Ma ora senz’altro l’ha capito.
Resta comunque una strana ingenuità, fra gli insiders dell’UE e gli investitori stranieri, sull’identità politica dei ribelli Lega-Grillini. Alcuni sembrano pensare, ad esempio, che Giancarlo Giorgetti della Lega, il potente Capo di Gabinetto, sia un lealista pro-euro. Lo è al punto tale che lo scorso Settembre ha tenuto una lunga conferenza televisiva (corredata da grafici dettagliati) spiegando perché l’Italia dovrebbe lasciare l’UEM per evitare di essere ridotta a un deindustrializzato guscio vuoto.
Il leader del M5S Luigi di Maio è ugualmente visto come difensore dell’Unione Monetaria. Ma lo scorso Dicembre ha lanciato un’appassionata richiesta di liberazione, accusando l’austerità imposta dalla Merkel per la chiusura di 573 aziende al giorno nel Sud. “Se non ci liberiamo dell’euro il Mezzogiorno italiano diventerà una terra desolata e spopolata. Solo riconquistando una vera sovranità economica potremmo far rivivere la nostra terra”, ha dichiarato.
E questi due uomini sarebbero i “moderati” di ciascuna delle due parti! È un’ipotesi molto coraggiosa scommettere che l’alleanza Lega-Grillini possa cambiare, come ha fatto Syriza in Grecia, abbandonando le sue fondamentali promesse elettorali per mantenere l’Italia nell’euro.
L’UE dovrebbe poterli incontrare a metà strada, se vuole evitare il disastro, accettando la fine del Fiscal Compact. Ma se lo fa, rischia di perdere il consenso politico tedesco per il progetto dell’euro. Il partito anti-euro AfD costituisce di già l’opposizione ufficiale nel Bundestag e presiede il comitato per il bilancio.
Un gruppo di 154 economisti tedeschi ha firmato una lettera congiunta, a fine Maggio, avvertendo che la scivolata dell’eurozona verso un’“unione del debito” sta minando i poteri di bilancio del Bundestag e costituisce una crescente minaccia per la democrazia tedesca. L’Istituto IFO vuole un meccanismo legale per permettere ad un qualsiasi paese di lasciare l’euro. Il presupposto è che la Germania possa averne bisogno.
“Se l’UE consente agli italiani di fare ciò che vogliono sulla spesa, i tedeschi non lo accetteranno”, ha detto il Prof. Lapavitsas. “L’euro morirebbe comunque, ma in un modo diverso. Sarebbe solo una morte più lenta”.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
1.06.2018
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO
Fra parentesi quadra [ … ] le note del traduttore.