Rupert Darwall
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“Non si tratta di questioni complicate di criptovalute”, aveva dichiarato il procuratore aggiunto Nicolas Roos al processo contro Sam Bankman-Fried, dopo aver accusato l’imputato di aver costruito FTX su una “piramide di inganni”. Lo stesso si può dire delle fondamenta dell’esperimento britannico “net zero”. L’energia è complicata e l’elettricità è essenziale per la società moderna e per la nostra qualità di vita, ma, come nel caso di FTX, la storia sottostante è semplice: l’energia eolica e il net zero [neutralità carbonica] sono costruite su una piramide di inganni.
Il net zero era stato venduto al Parlamento e al popolo britannico sostenendo che i costi dell’energia eolica erano bassi e in diminuzione. Questo non è vero: i costi dell’energia eolica sono alti e stanno aumentando. Nella versione net zero di “le criptovalute vi renderanno ricchi”, le analisi ufficiali prodotte dal Tesoro e dall’Office for Budget Responsibility si basavano su una serie di bugie: che l’energia eolica è a buon mercato, che il net zero avrebbe avuto costi minimi e che avrebbe fatto aumentare la produttività e la crescita economica. Nessuna di queste affermazioni ha un reale fondamento.
La spinta per il net zero era iniziata nel 2019, quando il Comitato per il cambiamento climatico del Regno Unito aveva redatto un rapporto che sollecitava il governo ad adottare questa politica. Parte della giustificazione era dovuta allo storico senso di colpa legato al cambiamento climatico. Secondo il presidente della commissione, Lord Deben, la Gran Bretagna era stata “uno dei maggiori responsabili storici del cambiamento climatico”. Ma la giustificazione economica principale per aumentare la decarbonizzazione della Gran Bretagna dall’80% al 100% entro il 2050 – cioè lo zero netto – era la “rapida riduzione dei costi legati alla diffusione delle tecnologie chiave”, in particolare dell’eolico offshore. Queste illusorie riduzioni dei costi, sosteneva il comitato, “hanno reso raggiungibili obiettivi di riduzione delle emissioni più stringenti agli stessi costi dei precedenti obiettivi più blandi”. Tutte balle, ma verdi.
Durante il successivo dibattito di 88 minuti alla Camera dei Comuni per convertire il net zero in legge, il ministro per l’energia pulita, Chris Skidmore, aveva anche affermato che il costo del net zero [100%] sarebbe stato lo stesso del precedente obiettivo dell’80%, approvato dal Parlamento nel 2008. Interpellato da un deputato laburista sull’assenza di una valutazione dell’impatto normativo, Skidmore aveva mentito al Parlamento, affermando che non c’era stata alcuna valutazione dell’impatto normativo riguardante l’innalzamento dell’obiettivo iniziale del 60% all’80%.
La valutazione dell’impatto normativo, che secondo Skidmore non esisteva, parlava invece di costi oscillanti tra 324 miliardi di sterline (circa 412 miliardi di dollari) e 404 miliardi di sterline qualora l’obiettivo fosse stato portato all’80%. La stima non teneva conto dei costi di transizione e avvertiva che le spese avrebbero potuto comunque superare questi valori. A differenza delle dichiarazioni politiche di oggi, si trattava di una valutazione onesta sulle conseguenze di un’azione che la Gran Bretagna avrebbe dovuto prendere, indipendentemente da quello che avrebbe fatto il resto del mondo. “Le ragioni economiche per cui il Regno Unito dovrebbe continuare ad agire da solo laddove non è possibile un’azione globale sarebbero deboli”, si avvertiva.
La Legge sul Cambiamento Climatico, il Climate Change Act, era stata approvata per mostrare al mondo la leadership britannica in materia di clima e ispirare gli altri Paesi a seguire l’esempio. Come è andata a finire? Negli 11 anni trascorsi tra l’approvazione della legge e l’entrata in vigore della legge sul “net zero”, nel 2019, le emissioni di combustibili fossili della Gran Bretagna sono diminuite di 180 milioni di tonnellate, con una riduzione del 33%. Nello stesso periodo, le emissioni del resto del mondo sono aumentate di 5.177 milioni di tonnellate, con un incremento del 16%. In altre parole, 11 anni di riduzione delle emissioni britanniche sono stati spazzati via in circa 140 giorni dall’aumento delle emissioni del resto del mondo.
Chi afferma di essere un leader ma non ha seguaci di solito è considerato un pazzo. Nel caso del clima è diverso. I politici ostentano le loro virtù ecologiche – il signor Skidmore lascerà la Camera dei Comuni e terrà lezioni di net-zero alla Kennedy School di Harvard – mentre gli elettori verranno derubati da bollette energetiche sempre più alte. L’analisi dei documenti normativi delle sei grandi compagnie energetiche britanniche rivela che i costi del combustibile per le centrali elettriche a gas e a carbone sono rimasti invariati dal 2009 al 2020. Tuttavia, il prezzo medio per chilowattora (kWh) di elettricità pagato dalle famiglie è aumentato del 67%, a causa delle elevate tasse ambientali che servono a sovvenzionare gli investitimenti in energie rinnovabili. Eppure, a quanto pare, il costo delle energie rinnovabili è crollato.
Durante l’annuale sessione di domande al primo ministro, Rishi Sunak ha affermato che il costo dell’eolico offshore è sceso da 140 sterline per megawattora (MWh) a 40 sterline per MWh, cifre assiduamente propagandate dalla lobby dell’eolico e dal Comitato per il cambiamento climatico. La sua affermazione è assolutamente falsa. Il Primo Ministro è stato ingannato dal calo dei prezzi per MWh offerti dagli investitori nell’eolico nelle varie gare di assegnazione dei sussidi per l’eolico offshore.
La spiegazione non è da ricercare nel calo dei costi, ma in un processo di gara difettoso che premia le offerte opportunistiche degli investitori nell’eolico. Il governo ha regalato opzioni di valore che lo impegnano a rispettare i prezzi pagati per le offerte vincenti, ma che non comportano nessun obbligo per gli investitori. Poiché gli investitori non pagano nulla per queste opzioni, l’unico modo con cui possono ottenerle è ridurre il prezzo di offerta della loro elettricità, prezzo che però non sono obbligati ad accettare, a meno che non decidano di far valere le loro opzioni molto più tardi nel processo.
Il calo dei prezzi nelle successive tornate di assegnazione è quindi un artefatto dell’azzardo morale insito nel meccanismo di assegnazione; non rivela nulla sull’andamento dei costi dell’eolico offshore. L’analisi dei bilanci finanziari certificati delle società produttrici di impianti eolici, condotta da alcuni ricercatori indipendenti, sfata completamente l’affermazione del calo dei costi dell’eolico. L’inevitabile spostamento verso acque più profonde ha compensato qualsiasi riduzione dei costi in generale e dei costi operativi per MWh di elettricità per i nuovi progetti eolici offshore; i prezzi per lo spostamento [in acque profonde] sono circa il doppio di quelli ipotizzati nelle offerte di sovvenzione.
Tra questi ricercatori spicca Gordon Hughes, ex professore di economia all’Università di Edimburgo e consulente della Banca Mondiale sui costi economici delle centrali elettriche. L’analisi di Hughes mostra che, al dodicesimo anno di attività, i crescenti costi operativi per MWh delle turbine eoliche in acque profonde superano i prezzi garantiti dal governo, riducendo la loro capacità di ripagare il capitale e i costi di finanziamento.
L’intermittenza e la variabilità dell’eolico e del solare hanno indotto il governo a creare un mercato della capacità [di generazione elettrica] per pagare i costi della generazione di riserva. In qualsiasi valutazione economica delle fonti rinnovabili, i costi di gestione del mercato di capacità dovrebbero essere caricati sull’eolico e sul solare, poiché sono proprio l’intermittenza e la variabilità di queste fonti a crearne la necessità. L’elettricità acquistata dal mercato di capacità è però tutt’altro che economica. Nel 2020, le centrali termiche della Uniper, di proprietà tedesca, avevano spuntato un prezzo medio di 224 sterline per MWh, circa quattro volte il prezzo tipico all’ingrosso.
La conferma che l’eolico offshore presenta enormi difficoltà operative e di costo, probabilmente insuperabili, è arrivata a giugno, quando Siemens Energy ha lanciato un allarme shock sui profitti e ha visto le sue azioni crollare del 37%, in parte a causa di un tasso di guasti alle turbine superiore al previsto. Secondo Hughes, l’implicazione è che i futuri costi operativi dell’eolico saranno più alti e la produzione significativamente più bassa, accorciando la vita economica delle turbine. La sua conclusione è devastante:
“L’intera giustificazione del calo dei costi della generazione eolica si basava sul presupposto che turbine eoliche molto più grandi avrebbero prodotto una maggiore quantità di energia a costi di investimento inferiori per megawatt, senza i grandi costi del ricambio generazionale. Ora abbiamo la conferma che un tale ottimismo era del tutto ingiustificato. … Ne consegue che le attuali politiche energetiche nel Regno Unito, in Europa e negli Stati Uniti si basano su fondamenta di sabbia, un ottimismo ingenuo rafforzato da un lobbismo entusiasta e avulso dalla realtà ingegneristica”.
Il governo britannico è stato ingannato e ha scommesso in modo massiccio sull’eolico offshore, costringendo i consumatori di energia elettrica a spendere miliardi di sterline per una tecnologia senza prospettive.
L’inganno del calo dei costi dell’eolico invalida le valutazioni ufficiali sulle conseguenze macroeconomiche del net zero. L’Office for Budget Responsibility sostiene che il costo della generazione a basse emissioni di carbonio è sceso così rapidamente che ora è più conveniente della generazione tramite combustibili fossili. Allo stesso modo, il Tesoro ha erroneamente considerato il calo dei prezzi nelle tornate di assegnazione dei sussidi per l’eolico come un’indicazione del calo dei costi di quest’ultimo. Entrambi vedono un’economia di mercato fallimentare a più livelli, senza riconoscere il pericolo reale che la politica governativa possa essere catturata da interessi acquisiti, come in effetti è avvenuto. Portato alla sua logica conclusione, il loro è un argomento a favore del passaggio alla pianificazione centrale e a un’economia di comando e controllo.
Il Tesoro sostiene che, “a parità di altre condizioni”, gli investimenti aggiuntivi richiesti dalle energie rinnovabili “si tradurranno in un’ulteriore crescita del PIL”. Le altre condizioni, ovviamente non sono pari. Come dimostra la storia recente, c’è una grande differenza tra investitori e politici nel prendere decisioni sull’allocazione del capitale. Le economie pianificate centralmente dell’ex blocco comunista avevano sperperato quantità colossali di capitale, immiserendo le loro popolazioni. Pochi oggi credono che gli investimenti in quelle economie abbiano favorito la crescita.
Non abbiamo bisogno di fare ipotesi. I dati del governo smentiscono la tesi del Tesoro e dimostrano che l’aumento della capacità rinnovabile riduce la produttività della rete britannica. Nel 2009, 87,3 gigawatt (GW) di capacità di generazione, di cui solo il 5,1% eolico e solare, avevano generato 376,8 terawattora (TWh) di elettricità. Nel 2020, 100,9 GW di capacità di generazione, con l’eolico e il solare che rappresentavano il 37,6% della capacità, avevano prodotto 312,3 TWh di elettricità. Grazie alle rinnovabili, 13,6 GW (15,6%) di maggior capacità di generazione avevano prodotto 64,5 TWh (17,1%) di elettricità in meno.
Questi numeri sono terribili per le fonti rinnovabili e dimostrano perché rendono l’elettricità più costosa e la gente più povera. Prima della diffusione massiccia delle rinnovabili, nel 2009 1 MW di capacità produceva 4.312 MWh di elettricità. Nel 2020, 1 MW di capacità aveva generato 3.094 MWh, con un calo del 28,3%. È chiaro come il sole: gli investimenti nelle energie rinnovabili riducono il potenziale produttivo dell’economia. Questo è confermato dalle previsioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE). Secondo il suo percorso “net-zero”, nel 2030 il settore energetico globale impiegherà quasi 25 milioni di persone in più, utilizzerà 16,5 trilioni di dollari in più di capitale e occuperà una superficie aggiuntiva grande quanto la California e il Texas per i parchi eolici e solari e quanto il Messico e la Francia per la bioenergia, il tutto per produrre il 7% di energia in meno.
Il disastro della politica energetica britannica è una lezione per gli Stati Uniti. La fisica e l’economia dell’energia eolica non mutano magicamente quando attraversano l’Atlantico. Ogni volta che un politico o un lobbista dell’energia eolica pubblicizza l’energia eolica come a basso costo o dice che il net zero aumenterà la crescita, diventa complice della truffa dell’energia eolica. I dati portano ineluttabilmente ad una conclusione decisiva: il net zero è contrario alla crescita. È una formula per una prolungata stagnazione economica. Chiunque voglia sapere la verità sulle energie rinnovabili dovrebbe guardare alla Gran Bretagna e allo stato pietoso della sua economia. Nell’ultimo decennio e mezzo ha attraversato il peggior periodo di crescita dal 1780.
A differenza di quanto accade nel mondo degli affari e della finanza, non esistono sanzioni penali o civili per chi promuove politiche basate su frodi e false dichiarazioni. Piuttosto, il net zero è simile al comunismo. Come il net zero, il comunismo era basato su una menzogna: che avrebbe superato il capitalismo. Ma non era riuscito a farlo e la fiducia nel comunismo era evaporata. Il crollo era stato improvviso e rapido. La verità non poteva essere più nascosta. Un destino simile attende il net zero.
Rupert Darwall
Fonte: realclearwire.com
Link: https://realclearwire.com/articles/2023/12/20/britains_net_zero_disaster_and_the_wind_power_scam_1000250.html
20.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Rupert Darwall è senior fellow della RealClear Foundation e autore di The Folly of Climate Leadership: Net Zero and Britain’s Disastrous Energy Policies.