Ikea 2

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DI TONGUESSY

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L’ingresso quel giorno si era presentato in modo abbastanza anomalo: di fronte al distributore gratuito di acqua naturale e frizzante c’era un sit-in di lavoratori che protestavano per le pesanti riduzioni in busta paga (si parla del 20% in meno).[1] Alla lodevole attenzione verso l’ambiente (riduzione dei costi per smaltimento di contenitori e dei consumi per trasporti e logistica) si affiancava un identico impegno per ridurre gli stipendi dei generatori di plusvalore aziendale.

Non mi è sembrata una scena inusuale. Via via che si amplifica l’attenzione verso ecologia e diritti individuali si riduce in maniera sostanziale la pressione verso le istanze sociali. Anzi, a dirla tutta, si usa il grimaldello dei diritti umani per scardinare la porta dei diritti sociali.
Anche questa, nella sua drammatica sintesi, è la postmodernità. Le uniche classi sociali che i guru del pensiero postindustriale concepiscano sono relative a definizioni alimentari o sessuali e come tali vanno assolutamente difese. Ma guai a parlare delle vecchie classi sociali (borghesia e proletariato, salariati e padronato etc..): queste sono sparite almeno dai tempi della Thatcher che ne aveva inchiodato la bara. Sparisce addirittura la società intera per lasciare spazio agli individui: “la società non esiste. Esistono gli individui, gli uomini e le donne” chiosava quando era Primo Ministro.
La società, i consorzi umani e la pletora di relazioni faticosamente costruite negli anni della modernità si liquefano mentre l’individuo si solidifica assaporando il gusto tutto nuovo delle relazioni virtuali. La vecchie classi evaporano mentre vengono plasmate quelle nuove. E così al grido di  “Qualunque sia la tua idea di famiglia, se ami qualcuno non c’è bisogno di istruzioni” Ikea si schiera a favore delle unioni civili.

La schizofrenia postmoderna del colosso svedese è magnificamente sintetizzata dallo slogan che sottolinea la “necessità che ciascuno si assuma sempre la propria parte di responsabilità nei confronti dell’ambiente e delle persone”.[3]
Qui salta subito agli occhi la storica cesura cartesiana, per cui ambiente e persone sono entità ben distinte che vivono vita separata e sempre più spesso distaccata, come se le persone (Res Cogitans, uso il singolare per comodità) non facessero più parte dell’ambiente (Res Extensa) ma a seguito di una loro forma di maturità se ne volessero prendere carico comunque. Non è strettamente necessario, ci ricorda Cartesio, ma il bon ton lo impone. E comunque che dei cogitans si interessino ad altri cogitans non è contemplato dal manuale cartesiano; se ne possono fregare esattamente come secondo la vulgata l’extensa se ne frega altamente dei cogitans dando origine ad una pletora infinita di destini cinici e bari e via digrignando gradi di separazione e disperazione.
Succede così che alcuni cogitans facciano parte dell’extensa e ci si debba preoccupare per loro  mentre altri non ne facciano parte ed è bene che si arrangino. E qui il mistero si infittisce: quali cogitans sono meritevoli di attenzioni e quali invece no? Gli scioperanti, ad esempio, non sembrano godere di una sufficiente reputazione e conseguentemente cade l’obbligo di responsabilità nei loro confronti. Cambia tutto se si parla di vegani, ecologisti o bambini per i quali Ikea mette a disposizione quanto di meglio si possa immaginare: parco divertimenti con personale per i pargoli, ricette vegane nei ristoranti, bidoni per il riciclo per gli ecologisti e acqua gratis per tutti, anche per quelli che arrivano con il SUV che consuma e inquina quanto un vecchio autobus. Per i dipendenti invece cambia tutto. Al punto che anche i prigionieri politici della ex-DDR vanno bene come manodopera se si tratta di  aumentare il capitale societario. [4]
A ben vedere neanche i vegani (che pure appartengono a categorie postmoderne) dovrebbero dormire sonni tranquilli dopo che si è scoperto che Ikea confeziona torte aromatizzate alla merda: “Ylva Magnusson ha assicurato che la presenza di colibatteri nella Taarta Chokladkrokant …non rappresenta un pericolo per la salute.”[5] Bontà (!) sua.

Polli da spennare, ecco chi sono le persone che gravitano attorno ad Ikea: che siate dipendenti oppure clienti poco importa. La multinazionale ha a cuore le grandi emozioni legate all’impegno a parole, ed i grandi guadagni legati all’impegno a capitalizzare. La prima azienda al mondo produttrice di mobili di fascia economica conta 26 miliardi annui di vendite globali, 135.000 impiegati sparsi in 44 paesi e tasse 33 volte inferiori rispetto ai concorrenti. Proprio così: si stima che Ingvar Kamprad (il fondatore) possieda una ricchezza valutabile in 43.2 miliardi di euro (Ikea vale 66 miliardi) che però afferma di averli donati quasi tutti alla Stichting Ingka Foundation, organizzazione catalogata come non-profit. Come risultato finale l’intera consorteria paga pochissime tasse. Secondo The Economist la fondazione alcuni anni fa era la più ricca organizzazione non-profit al mondo con i suoi asset valutati 33.5 miliardi, di cui una minima parte andava in opere caritatevoli e quasi tutto veniva versato nelle casse della famiglia Kamprad.[6]
E’ questa la versione nuovo millennio del capitalismo: la produzione va a braccetto con la speculazione che trova nelle leggi dei validi appigli per evitare ciò che i cittadini comuni devono fronteggiare. Il vecchio nazista di Kamprad (tessera 4014 del partito nazionalsocialista svedese) fugge dalla nativa Svezia nel 1973 per trovare rifugio nella Svizzera per via della tassazione decisamente inferiore, diventando così l’uomo più ricco di quella nazione. Provate a trovare un regime di tassazione inferiore essendo dipendenti, autonomi o piccoli imprenditori, se siete capaci.
Mentre esistono questi fatti acclarati nascono alcune leggende, prima di tutte quella che bisogna sopprimere il contante per eliminare l’evasione fiscale. La storia di Kamprad ci dice che non è così che funziona ma lui, argutamente, fa di tutto per favorire le transazioni con carta di credito. Secondo Oxfam l’elusione fiscale da parte delle multinazionali ammonta a 250 miliardi di dollari. La famiglia Kamprad e l’Ikea tutta è, da questo punto di vista, ben protetta al contrario dei destinatari degli strali mediatici: artigiani, piccoli imprenditori e salariati che magari arrotondano il magro stipendio con dei lavoretti. La leggenda metropolitana dice che sono loro i principi dell’evasione che si può eliminare solo abolendo l’uso del contante e quindi consegnando la vita economica della nazione nelle mani della virtualità. Quindi delle banche e dei giri offshore. Tipico dramma postmoderno dove le definizioni vengono continuamente mescolate, e così “la libertà è schiavitù e l’ignoranza è forza”.
La seconda leggenda che Ikea sostiene con tutte le forze è che la postmodernità (ovvero il capitalismo 2.0) offra cure per i disastri della modernità (capitalismo 1.0). Le devastazioni ambientali operate nel passato trovano oggi finalmente una soluzione. Che non consiste, badate bene, nel ridurre consumi e ostentazione e nel solidarizzare con i più bisognosi. Nel più classico stile neoliberista la ricetta è aumentare i consumi (i mobili vecchi non vanno più bene, bisogna “ammodernare” ovvero seguire le mode) diminuendo nel contempo i costi. Cioè usando materiali più economici e pagando poco le maestranze.  Lo stipendio medio mensile in IKEA varia indicativamente da €584 per un lavoro da Addetto/a al customer service a €1.150 per una posizione da Magazziniere. [7] Stipendi lordi, precisiamo. Ovviamente quando un addetto Ikea se una domenica non ha il turno e si offre per tagliare a pagamento il prato del vicino, diventa automaticamente evasore fiscale, mentre la famiglia Kamprad si gode tutti i privilegi della libera circolazione di merci, capitali e persone a seconda di dove chiama la convenienza economica.
Ben pensato, no? Ciò che maggiormente mi urta è questa predisposizione tutta postmoderna ad accogliere le minoranze sacrificando sull’altare del neoliberismo le antiche maggioranze. Nel regime  postdemocratico evidentemente vengono enfatizzate le concessioni date ad appartenenti a classi numericamente poco rilevanti mentre si sorvola sul dramma del “working poor” che inesorabilmente scivola verso il lumpenproletariat. La maggioranza non ha più alcun significato (guardate le ultime leggi elettorali) se non quella di fare da garante per la civiltà del low cost dove la prima voce nel capitolo decurtazioni aziendali sono gli stipendi.  Secondo Paolo Gila : “il modello low cost soddisfa i portafogli delle classi meno agiate, ma contestualmente è funzionale a creare queste fasce di popolazione di basso, se non bassissimo reddito.”[8]
Non è prevista alcuna alternativa al crescere dei diritti di alcuni mentre calano i diritti di molti, queste le politiche oggi in atto. E’ la vexata quaestio di diritti umani vs diritti sociali che nella modernità andavano a braccetto mentre nella postmodernità hanno subito una separazione non consensuale proprio a causa delle politiche aziendali delle multinazionali come Ikea, Walmart etc. che vengono realizzate con il consenso degli Stati, governati come sono da emissari neoliberisti che permettono guadagni esentasse scandalosi a pochi mentre impongono pressioni economiche impossibili a molti.
Per rifarsi una parvenza di verginità alle multinazionali vengono concesse operazioni di plastica vaginale che si chiamano via via “cura dell’ambiente, delle risorse del pianeta e delle persone” oppure “conseguire molti più progressi in materia sociale e ambientale” attraverso “programmi che promuovono salute, diritti umani e istruzione” operando con “responsabilità sociale e ambientale”.[9]
E così si torna all’ingresso con il distributore gratuito di acqua naturale e frizzante da una parte ed il sit-in dei lavoratori dall’altra.
Pillola rossa o pillola blu?

Tonguessy

Fonte: www.comedonchisciotte.org

17.11.2017

La prima parte di questo articolo è stata qui pubblicata il 24.10.2017 come IKEA

NOTE

[1]https://www.internazionale.it/notizie/2015/08/17/ikea-sciopero
[2]http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/ikea-family-day-1.1688763
[3]http://www.ikea.com/it/it/about_ikea/newsitem/servizio_gratuito_acqua_padova
[4]http://www.corriere.it/esteri/12_novembre_16/ikea-detenuti-politici-ddr-cruccu_9fc5cd28-3013-11e2-9676-750af71025bf.shtml
[5]http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/1197219/Ikea–batteri-delle-feci–ritirata-torta-al-cioccolato-anche-in-Italia-.html
[6]https://www.worldfinance.com/markets/does-ikea-truly-deserve-its-non-profit-status
[7]https://it.indeed.com/cmp/Ikea/salaries
[8] Paolo Gila: “Capitalesimo  Il Ritorno del Feudalesimo nell’economia mondiale” pg.20
[9]http://www.ikea.com/ms/it_IT/the_ikea_story/people_and_the_environment/

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