Guerra Russia-Ucraina: la resa dei conti

L’Ucraina è alle corde.

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Big Serge
bigserge.substack.com

La guerra russo-ucraina è stata un’esperienza storica inedita per diverse ragioni, e non solo per le complessità e i tecnicismi dell’impresa militare in sé. È stato il primo conflitto militare convenzionale nell’era dei social media e della cinematografia planetaria (sotto la costante presenza delle telecamere). Questo ha consentito di dare uno sguardo (anche se solo una sbirciatina) all’essenza stessa della guerra, che, per millenni, si era rivelata solo attraverso le forze mediatrici dei notiziari via cavo, dei giornali stampati e delle stele della vittoria.

Per gli eterni ottimisti, c’erano dei lati positivi nell’idea che una guerra ad alta intensità potesse essere documentata da migliaia di video in prima persona. Dal punto di vista della curiosità intellettuale (e della sagacia militare), la marea di filmati provenienti dall’Ucraina consente una visione dei sistemi e dei metodi di armamento emergenti e permette di ottenere una notevole quantità di dati tattici. Invece di aspettare anni le analisi dei rapporti post-azione e poter ricostruire la dinamica degli scontri, siamo a conoscenza in tempo quasi reale dei movimenti tattici.

Sfortunatamente, si sono verificati anche tutti gli ovvi inconvenienti della trasmissione di una guerra in diretta sui social media. La guerra è stata immediatamente sensazionalizzata e saturata da video falsi, fabbricati o con didascalie errate, saturi di informazioni che la maggior parte delle persone e degli pseudo-esperti non è semplicemente in grado di analizzare (per ovvie ragioni, una persona normale non è in grado di fare distinzioni tra tra due eserciti post-sovietici che utilizzano equipaggiamenti simili e parlano una lingua simile o addirittura la stessa) .

In modo più astratto, la guerra in Ucraina è stata trasformata in un prodotto di intrattenimento tipicamente americano, completo di armi miracolose a fare da celebrità (come il Santo Javelin e l’HIMARS), riferimenti da voltastomaco alla cultura pop americana, visite di celebrità americane e app telefoniche con la voce di Luke Skywalker. Tutto ciò si adattava in modo molto naturale alla sensibilità americana, perché gli americani sembra amino i perdenti e, in particolare, i perdenti coraggiosi che superano le avversità grazie alla perseveranza e alla grinta.

Il problema di questa struttura narrativa privilegiata è che gli sfigati raramente vincono le guerre. La maggior parte dei conflitti tra pari non ha la struttura convenzionale della trama hollywoodiana, con un drammatico punto di svolta e un rovesciamento delle sorti. Nella maggior parte dei casi, le guerre sono vinte dallo Stato più potente, ovvero quello che ha la capacità di mobilitare e applicare efficacemente una maggiore potenza di combattimento per un periodo di tempo più lungo. Questo è stato certamente il caso della storia americana: per quanto gli americani vogliano apparire come dei perdenti storici, l’America ha sempre vinto le sue guerre perché è uno Stato eccezionalmente potente con vantaggi irresistibili e innati rispetto ai suoi nemici. Non c’è nulla di cui vergognarsi. Come aveva detto il generale George Patton: gli americani amano un vincitore.

Così siamo arrivati ad un ribaltamento della situazione in cui, nonostante i numerosi ed evidenti vantaggi della Russia (che, alla fine, si riducono ad una superiore capacità interna di mobilitazione, produzione industriale e tecnologia), è diventato “propagandistico” sostenere che in Ucraina la Russia potrebbe ottenere un qualche tipo di vittoria – cioè che l’Ucraina uscirebbe dalla guerra senza essere riuscita a ristabilire i confini del 1991 (la condizione per la vittoria dichiarata da Zelensky) e con il Paese distrutto a livello demografico e materiale.

Alla fine, sembra che abbiamo raggiunto una fase conclusiva, in cui questa visione – secondo alcuni un artefatto dell’influenza del Cremlino, ma, in realtà, la conclusione più semplice e ovvia – sta diventando ineluttabile. La Russia è un combattente più grande e con una randello molto più grosso.

La vittoria dell’Ucraina si basava sul totale successo della controffensiva estiva, che avrebbe dovuto aprirsi la strada attraverso le posizioni russe nell’Oblast’ di Zaporizhia, raggiungere il Mar d’Azov, interrompere il ponte terrestre russo verso la Crimea e mettere in pericolo il settore più delicato dello schieramento strategico della Russia. Si dovevano mettere alla prova tutta una serie di ipotesi belliche: la supremazia degli equipaggiamenti occidentali, la scarsità di riserve della Russia, la superiorità dei metodi tattici occidentali-ucraini, l’inflessibilità e l’incompetenza dei comandanti russi impegnati nella difesa.

Più in generale – e cosa più importante – l’obiettivo era dimostrare che l’Ucraina poteva attaccare e avanzare con successo contro posizioni russe fortemente presidiate. Questo era, ovviamente, il prerequisito per una vittoria strategica dell’Ucraina. Se le forze armate ucraine non avessero potuto avanzare,  l’Ucraina non sarebbe stata in grado di ripristinare i confini del 1991, con il conseguente risultato che la guerra si sarebbe trasformata da lotta per la vittoria a lotta per una sconfitta gestita o patteggiata. E così è stato; ora il problema non è più se l’Ucraina perderà, ma quanto perderà

Il disastro estivo dell’Ucraina

Gli osservatori occidentali stanno finalmente iniziando a prendere atto del fatto che la controffensiva estiva dell’Ucraina si è trasformata in un abissale fallimento e in una sconfitta militare di portata storica. È importante ricordare che, prima dell’inizio dell’operazione, c’erano reali aspettative sia tra gli ufficiali ucraini che tra i sostenitori occidentali sul fatto che l’offensiva potesse ottenere l’isolamento o il blocco della Crimea, se non la sua completa riconquista. Queste ottimistiche prospettive erano basate sulla millantata superiorità dei veicoli blindati donati dall’Occidente e su un probabile affaticamento dell’esercito russo. Un memorandum ucraino riguardante l’Ordine Operativo, presumibilmente trapelato, indicava che l’AFU intendeva raggiungere e bypassare città importanti come Berdyansk e Melitopol.

Ricordare che gli ucraini e i loro benefattori credevano davvero di poter raggiungere la costa del mare d’Azov e creare una crisi operativa per la Russia è molto importante, perché solo nel contesto di questi obiettivi si può comprendere appieno il fallimento dell’attacco. Siamo ora (mentre scrivo questo articolo) a più di 150 giorni dall’assalto iniziale degli ucraini, iniziato nella notte tra il 7 e l’8 giugno, e i guadagni sono a dir poco miseri. L’AFU è bloccata in una posizione avanzata e concava, incuneata tra i piccoli villaggi russi di Verbove, Novoprokopivka e Kopani, incapace di procedere ulteriormente, e subisce perdite costanti mentre manda all’attacco piccole ed esitanti unità contro i fossati anticarro russi che circondano i bordi dei campi.

Al momento, la massima avanzata della controffensiva si trova a soli dieci chilometri dalla città di Orikhiv (la zona dove si erano concentrate le truppe ucraine). L’Ucraina non solo non ha raggiunto i suoi obiettivi terminali, ma non si è nemmeno avvicinata a quelli intermedi (come Tokmak). Di fatto, non ha mai creato nemmeno una breccia temporanea nelle difese russe. Infatti, l’AFU aveva lanciato il grosso del 9° e del 10° Corpo d’Armata, corpi di recente formazione e dotati di equipaggiamento occidentale, contro le posizioni fortificate del 58°, 35° e 36° Corpo d’Armata Combinato russo, l’attacco era stato bloccato sulla prima linea difensiva russa e gli ucraini erano stati costretti a ritirarsi dopo aver subito gravi perdite.

Debacle: la battaglia di Robotyne

Con l’arrivo dell’autunno, e senza risultati sul campo di battaglia per l’Ucraina, era iniziato, come previsto, lo scaricabarile. Erano emerse tre distinte linee di pensiero: gli osservatori occidentali avevano dato la colpa ad una presunta incapacità ucraina di mettere in pratica le tattiche occidentali, gli ucraini avevano ribattuto che i mezzi corazzati occidentali erano arrivati in ritardo, dando così all’esercito russo il tempo di fortificare le proprie posizioni, e altri ancora avevano sostenuto che il problema era che l’Occidente non aveva fornito gli aerei e i sistemi di attacco necessari.

Credo che tutto questo non colga il nocciolo della questione – o meglio, tutti questi fattori sono semplicemente secondari. Gli ucraini e gli occidentali che si accusano a vicenda sono un po’ come i proverbiali ciechi che descrivono un elefante. Tutte queste lamentele – addestramento insufficiente, lentezza nei tempi di consegna, carenza di mezzi aerei e d’attacco – non fanno altro che riflettere il problema più ampio del tentativo di assemblare su basi improvvisate un esercito completamente nuovo, e con un guazzabuglio di sistemi stranieri mal assortiti, in un Paese con risorse demografiche e industriali in diminuzione.

A parte questo, la disputa interna al campo ucraino tende a sottovalutare l’importanza dei fattori tattici e ignora il grande ruolo che le forze armate russe hanno giocato nel guastare la festa al cruciale attacco dell’Ucraina. Anche se la dissezione della battaglia continuerà probabilmente per molti anni, un certo numero di ragioni tattiche per la sconfitta ucraina può già essere elencato:

1. L’incapacità dell’AFU di ottenere una sorpresa strategica. Nonostante un ostentato sforzo di OPSEC [Operations Security] e la messa in scena di operazioni civetta sul confine di Belgorod, intorno a Bakhmut, Staromaiorske e altrove, era evidente a tutti i partecipanti che il punto del principale sforzo ucraino sarebbe stato verso il litorale di Azov e, in particolare, lungo l’asse Orikhiv-Tokmak. L’Ucraina ha attaccato proprio dove tutti se lo aspettavano.

2. Il pericolo del concentramento e dell’avvicinamento nel 21° secolo. L’AFU ha dovuto concentrare mezzi e truppe a portata dei sistemi di rilevamento e attacco degli avversari, e questo ha consentito ai russi di bombardare ripetutamente le retrovie ucraine (come Orikhiv, dove i depositi di munizioni e le riserve sono stati ripetutamente colpiti) e di tenere regolarmente sotto tiro i gruppi tattici ucraini in fase di dispiegamento mentre erano ancora incolonnati.

3. L’incapacità (o la non volontà) di impegnare una forza d’urto sufficiente a raggiungere un risultato. L’efficienza dei Russi nel processo integrato intelligence-sorvegliaza-acquisizione dei bersagli ha costretto l’AFU a disperdere le proprie forze. Se da un lato questo ha ridotto le perdite, ha però costretto gli ucraini a combattere in modo frammentario, senza la massa necessaria per minacciare seriamente le posizioni russe. L’operazione si è in gran parte risolta in attacchi a livello di compagnia, chiaramente inadeguati al compito.

4. L’inadeguatezza del fuoco e della capacità di controbatteria ucraina. L’AFU ha dovuto affrontare una carenza di pezzi e di proiettili d’artiglieria (cosa che ha costretto ad utilizzare gli HIMARS in un ruolo tattico come sostituto dell’artiglieria), e non ha avuto sufficienti mezzi di difesa aerea e di guerra elettronica per mitigare la varietà dei sistemi aerei russi, tra cui droni di tutti i tipi, elicotteri d’attacco e bombe UMPK [unified module for gliding and guidance – bombe a caduta con capacità di planata e puntamento satellitare]. Il risultato è stato una serie di colonne di manovra ucraine maldifese e fatte a pezzi da una tempesta di fuoco.

5. L’inadeguatezza dei sistemi di sminamento ha reso l’AFU vulnerabile ai campi minati russi che, evidentemente, erano molto più robusti del previsto.

Nel complesso, siamo di fronte ad un problema tattico piuttosto semplice. Gli ucraini hanno tentato un assalto frontale contro una difesa fissa senza l’elemento sorpresa o la parità del fuoco a distanza. Con la difesa russa completamente in allerta e le aree di sosta e le corsie di avvicinamento ucraine soggette a un intenso fuoco russo, l’AFU ha disperso le proprie forze nel tentativo di ridurre le perdite, e questo ha impedito agli ucraini di mettere in campo la massa necessaria per creare una breccia. Sommando il tutto, abbiamo il quadro completo dell’estate 2023: una serie di attacchi frustranti e infruttuosi concentrati sullo stesso identico settore della difesa russa, che, lentamente, hanno vanificato sia l’anno che la migliore, e ultima, speranza di vittoria dell’Ucraina.

Il fallimento dell’offensiva ucraina ha ramificazioni sismiche per la futura condotta della guerra. Le operazioni di combattimento vanno sempre riferite agli obiettivi politici dell’Ucraina, che sono – per dirla senza mezzi termini – ambiziosi. È importante ricordare che il regime di Kiev ha sostenuto fin dall’inizio che non si sarebbe accontentato di niente di meno che della massima estensione territoriale dell’Ucraina, quella del 1991 – il che implica non solo il recupero del territorio occupato dalla Russia dopo il febbraio 2022, ma anche la sottomissione delle entità separatiste di Donetsk e Lugansk e la conquista della Crimea russa.

In Occidente, gli obiettivi bellici dell’Ucraina sono sempre stati difesi come ragionevoli per ragioni legate alle presunte sottigliezze legali della guerra, all’illusione tutta occidentale che i confini siano immutabili e all’apparente divinità trascendente dei confini amministrativi dell’era sovietica (da cui erano derivati i confini del 1991). A prescindere da tutte queste questioni, gli obiettivi bellici dell’Ucraina implicavano, in pratica, la necessità di conquistare il territorio russo prebellico, comprese quattro grandi città (Donetsk, Lugansk, Sebastopoli e Simferopol). Ciò significava sloggiare in qualche modo la flotta russa del Mar Nero dal suo porto. Si trattava di un compito straordinariamente difficile, molto più complicato e vasto di quanto si volesse ammettere.

L’ovvio problema, ovviamente, è che date le superiori risorse industriali e il serbatoio demografico della Russia, le uniche vie percorribili per la vittoria dell’Ucraina erano il collasso politico della Russia, la riluttanza dei russi ad impegnarsi pienamente nel conflitto o infliggere all’esercito russo una sorprendente sconfitta asimmetrica sul campo di battaglia. La prima ipotesi ora appare chiaramente una fantasia, visto che l’economia russa si è scrollata di dosso le sanzioni occidentali e la coesione politica dello Stato rimane del tutto indisturbata (persino dopo il colpo di Stato tentato dal Gruppo Wagner), mentre la seconda speranza si era infranta nell’autunno del 2022, nel momento in cui Putin aveva annunciato la mobilitazione. Quello che resta è il campo di battaglia.

La situazione diventa quindi molto semplice. Se l’Ucraina non riesce ad avanzare con successo sulle posizioni russe fortemente presidiate, non può vincere la guerra alle proprie condizioni. Quindi, dato il collasso dell’offensiva estiva ucraina (e una miriade di altri esempi, ricordiamo che, per mesi, un attacco secondario ucraino aveva inutilmente tentato di avanzare su Bakhmut) la domanda da porsi è molto semplice.

L’Ucraina avrà mai un’occasione migliore per tentare un’offensiva strategica? Se la risposta è no, ne consegue necessariamente che la guerra finirà con perdite territoriali da parte dell’Ucraina.

Il fatto che l’anno 2023 sia stato quello con la migliore opportunità per l’Ucraina di attaccare sembra essere quasi una banalità. La NATO ha dovuto muovere mari e monti per mettere insieme il suo pacchetto d’attacco. L’Ucraina non ne otterrà uno migliore. Non solo molti membri della NATO non hanno più nulla da offrire, ma l’assemblaggio di un’altra forza meccanizzata richiederebbe all’Occidente di raddoppiare il fallimento. Nel frattempo, l’Ucraina sta subendo un’emorragia di personale arruolabile, e questo per una serie di fattori: le perdite elevate, l’emigrazione di gente che fugge da uno Stato in rovina e una corruzione endemica che paralizza l’efficienza dell’apparato di mobilitazione. Sommando il tutto, si ottiene una costante riduzione degli effettivi e l’incombente carenza di munizioni ed equipaggiamento. Questa è l’immagine di un esercito logorato.

Nello stesso momento in cui la potenza di combattimento ucraina sta diminuendo, quella russa sta incrementando. Il settore industriale russo ha aumentato drasticamente la produzione, nonostante le sanzioni dell’Occidente, che ha dovuto tardivamente riconoscere che la Russia non rimarrà a corto di armi e che, anzi, sta tranquillamente producendo più di tutto il blocco occidentale. Lo Stato russo sta aumentando radicalmente le spese per la difesa, il che, con il passare del tempo, darà ulteriori frutti in termini di potenza di combattimento. Nel frattempo, per quanto riguarda gli arruolamenti, la generazione di forze russe è stabile (cioè non richiede una mobilitazione estesa) e l’improvvisa consapevolezza che l’esercito russo dispone di riserve in abbondanza ha lasciato commentatori di spicco a discutere tra loro su Twitter. L’esercito russo potrà quindi raccogliere i frutti dei suoi investimenti nel corso del prossimo anno.

Il quadro non è eccessivamente complicato. La potenza di combattimento ucraina è in declino e questa tendenza ha poche possibilità di arrestarsi, soprattutto ora che, a causa degli eventi in Medio Oriente, Kiev non ha più una pretesa incontrastata sulle scorte occidentali. Ci sono alcune cose che l’Occidente può ancora fare per tentare di sostenere le capacità ucraine (ne parleremo più avanti), ma, nel frattempo, la potenza di combattimento russa è stabile e addirittura in incremento in molti settori (si noti, ad esempio, il costante aumento dei lanci di bombe plananti e degli attacchi con droni FPV [First Person View], e la crescente disponibilità di carri armati T90).

L’Ucraina non recupererà i confini del 1991 ed è improbabile che in futuro riconquisti territori significativi. Pertanto, il linguaggio si è spostato bruscamente dai riferimenti alla riconquista dei territori perduti al semplice congelamento del fronte. Il comandante in capo Zaluzhny ha ammesso che la guerra è in una fase di stallo (un’ipotesi ottimistica), mentre alcuni funzionari occidentali hanno iniziato a ventilare l’idea che una soluzione negoziata (che comporterebbe necessariamente il riconoscimento della perdita dei territori controllati dai russi) potrebbe essere la migliore via d’uscita per l’Ucraina.

Ciò non implica che la guerra sia prossima alla fine. Zelensky continua ad essere irremovibilmente contrario ai negoziati, e certamente ci sono molti in Occidente che sostengono la continua intransigenza ucraina, ma, a questo punto, credo che non abbiano capito il nocciolo della questione.

C’è solo un modo per porre fine ad una guerra in modo unilaterale, ed è quello di vincere. È possibile che la finestra per negoziare sia ormai chiusa e che la Russia stia aumentando le spese militari e ampliando le sue forze terrestri e aerospaziali perché intende usarle per tentare una vittoria decisiva sul campo di battaglia.

Nei prossimi mesi assisteremo probabilmente ad un dibattito sempre più acceso sulla necessità o meno di Kiev di negoziare con la Russia. Ma la premessa di questo dibattito potrebbe essere completamente sbagliata. Forse né Kiev né Washington sono in grado di decidere.

Avdiivka: il canarino nella miniera di carbone

Il cedimento dell’offensiva estiva dell’Ucraina corrisponde ad un cambiamento di fase nella guerra, in cui l’Ucraina passerà ad una difesa strategica a tutto campo. Quasi contemporaneamente, l’esercito russo ha dato il via alla sequenza successiva, iniziando un’operazione contro l’importante e salda roccaforte ucraina di Avdiivka, nei sobborghi di Donetsk.

Avdiivka si trovava già in una sorta di saliente, a causa delle precedenti operazioni russe che avevano catturato la città di Krasnogorivka, a nord. Nel mese di ottobre, le forze russe avevano lanciato un deciso assalto partendo da queste posizioni ed erano riuscite a conquistare uno degli elementi chiave della zona: un alto cumulo di scarti minerari (un cumulo di detriti) che si affaccia direttamente sulla ferrovia principale di Avdiivka ed è adiacente alla fabbrica di coke di Avdiivka. Al momento in cui scriviamo, la situazione è la seguente:

Il campo di battaglia di Avdiivka.

L’operazione di Avdiivka ha quasi immediatamente dato vita alla solita litania di sventure e istrionismi, visto che molti l’hanno subito paragonata al fallito assalto russo a Ugledar dello scorso inverno. Nonostante il successo della cattura russa del cumulo di scarti minerari (insieme alle posizioni lungo la ferrovia), la sfera ucraina si è rallegrata, affermando che i russi stavano subendo perdite catastrofiche nel loro assalto ad Avdiivka. Tuttavia, credo che questa affermazione non regga, per alcune ragioni.

In primo luogo, la premessa stessa non sembra essere vera. Questa guerra viene documentata in tempo reale, il che significa che potremmo effettivamente verificare un forte aumento delle perdite russe nei dati tabulati. A questo scopo, preferisco consultare War Spotting UA e il suo progetto di monitoraggio delle perdite di equipaggiamento russo. Sebbene abbiano un orientamento apertamente filo-ucraino (tracciano solo le perdite russe e non quelle ucraine), ritengo che siano più affidabili e ragionevoli di Oryx, e la loro metodologia di tracciamento è certamente più trasparente.

È importante fare una breve nota sui loro dati. In primo luogo, non è corretto concentrarsi troppo sulle date precise in cui vengono registrate le perdite: questo perché le date registrate corrispondono al giorno in cui i  veicoli distrutti erano stati fotografati per la prima volta, che può, o meno, essere il giorno dell’effettiva distruzione. Quando [gli ucraini] registrano una data per un veicolo distrutto, registrano in realtà la data in cui era stata scattata la foto. È quindi ragionevole prevedere un potenziale errore di qualche giorno nella datazione delle perdite. È semplicemente impossibile evitarlo. Inoltre, come chiunque altro, hanno la capacità di sbagliare l’identificazione o di contare accidentalmente due volte i veicoli ripresi da diverse angolazioni.

Tutto questo per dire che è inutile impantanarsi nell’analisi di perdite e foto specifiche, serve molto di più osservare le tendenze del monitoraggio delle perdite. Se, in un assalto che dura già da un mese, la Russia stesse davvero perdendo una quantità spropositata di equipaggiamento, ci aspetteremmo di vedere un picco, o almeno un modesto aumento delle perdite.

In realtà, questo non risulta dai dati sulle perdite. Il tasso complessivo di perdite della Russia dall’estate del 2022 ad oggi è di circa 8,4 mezzi al giorno. Tuttavia, le perdite per l’autunno del 2023 (che include l’assalto ad Avdiivka) sono in realtà leggermente inferiori, con 7,3 al giorno. Ci sono giorni con perdite maggiori, le conseguenze degli assalti, ma non sono anormalmente grandi – un fatto che può essere facilmente verificato facendo riferimento alla serie temporale delle perdite. I dati mostrano un modesto aumento dall’estate di quest’anno (6,8 al giorno) all’autunno (7,3), che corrisponde al passaggio da una posizione difensiva a una di attacco, ma non c’è nulla nei dati che suggerisca un aumento anomalo dei tassi di perdite russi. Nel complesso, i dati  sono compatibili con un attacco ad un’alta intensità, ma le perdite sono complessivamente inferiori a quelle di altri periodi in cui la Russia era stata all’offensiva.

Possiamo applicare lo stesso quadro analitico di base anche alle perdite di personale. Mediazona – un media dissidente russo antiputinista – tiene coscienziosamente nota delle perdite russe attraverso necrologi, annunci funebri e post sui social media. Come Warspotting UA, anche Mediazona non ha registrato alcun picco straordinario di perdite russe durante l’autunno.

Ora, sarebbe sciocco negare che la Russia abbia perso dei veicoli blindati o che attaccare non comporti dei costi. Si sta combattendo una battaglia e nelle battaglie i mezzi vengono distrutti. Non è questa la questione. La questione è se l’assalto ad Avdiivka abbia causato un picco insostenibile o anomalo nelle perdite russe e, semplicemente, non c’è nulla nei dati delle perdite tracciate che lo suggerisca. Pertanto, l’argomentazione secondo cui le forze russe sarebbero state fatte a pezzi ad Avdiivka non sembra supportata dalle informazioni disponibili,anzi, finora le perdite giornaliere tracciate per l’autunno sono addirittura inferiori alla media dell’anno precedente.

Inoltre, la fissazione sulle perdite russe può far dimenticare dimenticare che anche le forze ucraine vengono triturate malamente e, in effetti, abbiamo video della 110a Brigata ucraina (la principale formazione su cui è ancorata la difesa di Avdiivka) che si lamenta di aver subito perdite insostenibili. Tutto ciò è prevedibile con una battaglia ad alta intensità in corso. I russi hanno attaccato in forze e hanno subito perdite proporzionali – ma ne valeva la pena?

Dobbiamo pensare all’assalto iniziale russo nel contesto dello spazio di battaglia di Avdiivka. Avdiivka è piuttosto unica in quanto l’intera città e la ferrovia che la attraversa si trovano su un crinale elevato. Con la città ormai avvolta su tre lati, le ultime linee logistiche ucraine corrono lungo il fondo di un bacino umido a ovest della città – l’unico corridoio rimasto aperto. La Russia ha ora una posizione dominante sulle alture che si affacciano direttamente sul bacino e sta espandendo la sua posizione lungo il crinale. In realtà, contrariamente all’opinione che l’assalto russo sia crollato con pesanti perdite, i russi continuano ad espandere la zona sotto il loro controllo a ovest della ferrovia, hanno già fatto breccia nella periferia di Stepove e si stanno spingendo nella rete di trincee fortificate a sud-est di Avdiivka.

Mappa altimetrica di Avdiivka

A questo punto è probabilmente logico paragonare questa situazione a quella di Bakhmut, anche se le forze dell’AFU ad Avdiivka sono, in realtà, in una posizione molto più pericolosa. Durante la battaglia per Bakhmut si era parlato molto del cosiddetto “controllo del fuoco” e alcuni avevano insinuato che la Russia avrebbe potuto isolare la città semplicemente sparando con l’artiglieria contro le arterie di rifornimento. Inutile dire che non era andata così. L’Ucraina aveva perso molti veicoli sulla strada per entrare e uscire da Bakhmut, ma il corridoio era rimasto aperto – anche se pericoloso – fino alla fine. Ad Avdiivka, invece, la Russia avrà una linea di vista diretta per gli ATGM [missili anticarro] (piuttosto che osservatori a correggere i tiri dell’artiglieria) sul corridoio di rifornimento sul fondo del bacino. Si tratta di una situazione molto più pericolosa per l’AFU, sia perché Avdiivka ha l’insolita caratteristica di un unico crinale dominante la spina dorsale dello spazio di battaglia, sia perché le dimensioni sono più ridotte: l’intero corridoio di rifornimento ucraino qui corre lungo una manciata di strade in uno spazio di 4 chilometri.

Chiaramente, il controllo del cumulo di detriti e della linea ferroviaria è di importanza fondamentale, quindi l’esercito russo ha impegnato una forza d’assalto significativa per garantire la cattura dei suoi obiettivi chiave. Attaccare il cumulo di detriti esponeva le colonne d’attacco russe al fuoco perpendicolare ucraino, visto che dovevano attraversare un terreno ben sorvegliato. In breve, questo ha comportato molti dei problemi tattici che avevano afflitto gli ucraini durante l’estate. I moderni sistemi integrati intelligence-sorvegliaza-acquisizione dei bersagli-fuoco rendono molto difficile organizzare e schierare con successo le forze senza subire perdite.

A differenza degli ucraini, tuttavia, nell’attacco alle alture i russi hanno impegnato una massa sufficiente a creare una forza di sfondamento e il fuoco ucraini si è rivelato inadeguato a fermare l’assalto. Ora che le alture sono sotto il loro controllo, i russi recupereranno le perdite quando gli ucraini cercheranno di contrattaccare – anzi, questo è già iniziato, con UA Warspotting che ha registrato un forte calo delle perdite di equipaggiamento russo nelle ultime tre settimane. Questo è stato lo schema dell’operazione: un assalto in forze per catturare posizioni chiave che avrebbero dato ai russi il controllo dello spazio di battaglia. I russi erano subito riusciti a ribaltare la situazione, impegnandosi nell’attacco con un livello di violenza e di generazione di forze che all’AFU era mancato per tutta l’estate. Il gioco valeva la candela.

Gli ucraini sanno chiaramente di essere nei guai. Hanno già iniziato a richiamare preziosi mezzi corazzati per un contrattacco contro le posizioni russe sul crinale e ci sono già Bradley e Leopard che bruciano intorno ad Avdiivka e nelle aree di sosta ucraine nelle retrovie. Gli ucraini hanno ora lo stesso problema di base che si era rivelato insormontabile già in estate: le forze ucraine che contrattaccano (che devono concentrarsi a più di dieci chilometri nelle retrovie, dopo Ocheretyne) devono percorrere direttrici di avvicinamento lunghe e ben sorvegliate che le espongono al fuoco di sbarramento russo – la 47a Brigata meccanizzata ucraina ha già perso veicoli blindati sia nelle sue aree di concentramento che nei contrattacchi falliti contro le posizioni russe intorno a Stepove.

Nelle prossime settimane, le forze russe attaccheranno sugli assi che attraversano Stepove e Sjeverne a ovest della città, lasciando l’AFU dipendente da una lunga e precaria catena logistica sul fondo del bacino. Una delle più solide fortezze dell’Ucraina rischia ora di diventare una trappola operativa. Non mi aspetto che Avdiivka cada in poche settimane (a meno di un imprevisto e improbabile crollo della difesa ucraina), ma è ormai una questione di tempo e i mesi invernali porteranno probabilmente al costante indebolimento della posizione ucraina.

Sostenere la potenza di combattimento dell’AFU in città sarà particolarmente difficile con la “logistica delle zanzare” ucraina (che si riferisce all’abitudine di far viaggiare i rifornimenti con pick-up, furgoni e altri piccoli veicoli civili) che arranca sul fondo di un bacino fangoso sotto l’occhio vigile dei droni FPV russi e del fuoco diretto [degli ATGM]. L’AFU sarà costretta ad una difesa a livello di brigata facendo circolare piccoli veicoli in una zona battuta dal fuoco nemico. Se i russi riusciranno a catturare la cokeria, la partita finirà molto prima, ma gli ucraini lo sanno e faranno della difesa della fabbrica una priorità – ma anche così è solo una questione di tempo, e una volta che Avdiivka sarà caduta, gli ucraini non avranno un posto valido dove ancorare la loro difesa, almeno fino a quando non avranno indietreggiato fino al fiume Vocha. Questo è un processo che dovrebbe svolgersi durante l’inverno.

Gli sviluppi futuri previsti intorno ad Avdiivka

E questo porta alla domanda: se l’Ucraina non è riuscita a tenere Bakhmut, e il tempo dimostra che non può tenere Avdiivka, dove potrà tenere? E se l’Ucraina non può attaccare con successo, per cosa sta combattendo?

Una difesa fallita conta come un’azione dilatoria solo se ci si aspetta qualcosa.

Esaurimento strategico

La guerra in Ucraina sta entrando nella sua terza fase. La prima fase, dall’inizio delle ostilità, nel febbraio 2022, fino all’autunno dello stesso anno, era stata caratterizzata dall’esaurimento delle capacità interne ucraine nei combattimenti contro la limitata forza russa dell’attacco iniziale. Anche se le forze russe erano riuscite a degradare o ad esaurire molti aspetti della macchina bellica ucraina prebellica – come le comunicazioni, il numero di intercettori per la difesa aerea e il parco dei pezzi di artiglieria – la strategia russa iniziale si era arenata a causa di errori critici riguardanti sia la volontà dell’Ucraina di combattere una guerra lunga sia la disponibilità della NATO a fornire all’Ucraina materiali e capacità ISR/comando e controllo.

Con i russi alle prese con una guerra molto più intensa del previsto e con una generazione di forze assolutamente inadeguata al compito, nel passaggio alla seconda fase il conflitto si era trasformato in guerra di logoramento. Questa fase era stata caratterizzata dai tentativi russi di accorciare e correggere la linea del fronte, creando dense fortificazioni e bloccando le forze ucraine in battaglie posizionali. Questa fase, più in generale, era stata caratterizzata dal tentativo degli ucraini di sfruttare il successo – e dei russi di resistere – un periodo di iniziativa strategica ucraina, mentre la Russia passava ad un assetto bellico più produttivo, espandendo la produzione di armamenti e aumentando la generazione di forze attraverso la mobilitazione.

In sostanza, l’Ucraina si era trovata di fronte ad un grave dilemma strategico fin dal momento in cui il Presidente Putin, nel settembre 2022, aveva annunciato la mobilitazione delle riserve. La decisione russa di mobilitarsi aveva segnalato l’accettazione della nuova logica strategica del passaggio ad una  lunga guerra di logoramento industriale – una guerra in cui la Russia avrebbe goduto di numerosi vantaggi, tra cui un bacino di reclutamento molto più ampio, una capacità industriale enormemente superiore, una produzione interna di armi lanciate a distanza, veicoli corazzati e granate, un impianto industriale al di fuori della portata degli attacchi ucraini e un’autonomia strategica. Questi, tuttavia, sono tutti vantaggi sistemici e a lungo termine. A breve termine, tuttavia, l’Ucraina aveva goduto di un breve periodo di vantaggio sul terreno. Questa finestra, tuttavia, è andata sprecata con il fallimento dell’assalto estivo alle difese russe nel sud e la seconda fase della guerra si è conclusa con il fallimento dell’offensiva dell’AFU verso il mare di Azov.

Arriviamo così alla terza fase, caratterizzata da tre importanti condizioni:

1. Una potenza di combattimento russa in costante aumento, grazie agli investimenti effettuati nel corso dell’anno precedente.

2. L’esaurimento dell’iniziativa ucraina sul terreno e la crescente auto-cannibalizzazione dei mezzi dell’AFU.

3. L’esaurimento strategico nella NATO.

Il primo punto è relativamente banale da comprendere ed è stato liberamente confessato dalle autorità occidentali e ucraine. È ormai assodato che le sanzioni non sono riuscite a intaccare in modo significativo la produzione di armamenti russi e che, anzi, la disponibilità di sistemi critici sta crescendo rapidamente grazie agli investimenti strategici in linee di produzione nuove e ampliate. Tuttavia, possiamo elencare alcuni esempi.

Uno degli elementi chiave dell’espansione delle capacità russe è stato il miglioramento sia qualitativo che quantitativo dei nuovi sistemi a distanza. La Russia ha avviato con successo la produzione di massa del drone Shahed/Geran di derivazione iraniana e ha un’ulteriore fabbrica in costruzione. La produzione della munizione vagante Lancet è aumentata in modo esponenziale e sono ora in uso diverse varianti migliorate, con guida, raggio d’azione e capacità di sciame superiori. La produzione russa di droni FPV è aumentata in modo significativo e gli operatori ucraini temono ora un incremento esponenziale del vantaggio russo. I kit di ali ripiegabili a guida satellitare UMPK sono stati modificati per essere adattati a gran parte dell’arsenale russo di bombe a gravità.

Tutto ciò fa pensare ad un esercito russo con una crescente capacità di lanciare esplosivi ad alto potenziale in numero e precisione maggiori contro il personale, le attrezzature e le installazioni dell’AFU. Nel frattempo, sul terreno, la produzione di carri armati continua ad aumentare, mentre le sanzioni hanno un impatto minimo sulla disponibilità di blindati russi. Contrariamente alle previsioni secondo cui la Russia avrebbe iniziato a raschiare il fondo del barile, tirando fuori dai depositi carri armati sempre più vecchi, le forze russe in Ucraina stanno schierando carri armati di ultima generazione, i T-90, che compaiono sul campo di battaglia in numeri sempre maggiori. E, nonostante le ripetute previsioni occidentali secondo cui sarebbe stata necessaria una nuova ondata di mobilitazione a fronte di perdite presumibilmente terribili, il ministero della Difesa russo ha affermato con sicurezza che le sue riserve di uomini sono stabili, e un portavoce dell’intelligence militare ucraina ha recentemente dichiarato di ritenere che ci siano più di 400.000 truppe russe nel teatro bellico (a cui si possono aggiungere le considerevoli riserve all’interno dei confini russi).

Nel frattempo, è probabile che le forze ucraine si auto-cannibalizzino sempre più. Ciò avviene a più livelli, e questo è il classico esempio di una forza strategicamente esaurita. A livello strategico, l’auto-cannibalizzazione si verifica quando le risorse strategiche vengono bruciate in nome di esigenze a breve termine; a livello tattico, un processo simile si verifica quando le formazioni rimangono in combattimento per troppo tempo e continuano a perdere effettivi, tentando azioni belliche per le quali non sono più adatte.

È probabile che abbiate alzato gli occhi su questo paragrafo, ed è comprensibile. È molto gergale e me ne scuso. Tuttavia, possiamo vedere un esempio concreto di entrambe le forme di autocannibalizzazione (strategica e tattica), dalla stessa unità: la 47ª Brigata meccanizzata.

La 47a era destinata da tempo a diventare una delle principali risorse della controffensiva ucraina. Addestrata (per quanto possibile) secondo gli standard NATO e con accesso privilegiato ad equipaggiamenti occidentali di alto livello, come il carro armato Leopard 2A6 e l’IFV Bradley. Questa brigata era stata meticolosamente preparata e ampiamente pubblicizzata come la punta di lancia dell’Ucraina. Tuttavia, dopo un’estate di frustranti e fallimentari attacchi alla linea russa di Zaporizhia la brigata aveva subito gravi perdite, una potenza di combattimento degradata e si erano verificate lotte intestine tra gli ufficiali.

Quello che ne era seguito avrebbe dovuto far scattare un campanello d’allarme. In primo luogo, all’inizio di ottobre, era stato riferito che la 47° aveva un nuovo comandante, un cambiamento questo stimolato dalle richieste dall’alto che la brigata continuasse i suoi sforzi di attacco. Il problema era che la 47ª aveva gradualmente esaurito il suo potenziale di attacco e la soluzione adottata dal nuovo comandante era stata quella di utilizzare le truppe specializzate della brigata e il personale tecnico come rimpiazzi di fanteria. Come si legge nel rapporto di MilitaryLand:

Come affermato dai soldati dell’unità missilistica anticarro di Magura in un video appello ora rimosso, il comando della brigata si rifiuta di ammettere che la brigata ha perso il suo potenziale offensivo. Invece, il comando invia al fronte mortaisti, cecchini, serventi al pezzo, in pratica tutto ciò che ha a disposizione come fanteria d’assalto.

Si tratta di un classico esempio di autocannibalizzazione tattica, in cui la perdita di potenza di combattimento tende a peggiorare quando gli elementi ausiliari e tecnici dell’unità vengono bruciati nel tentativo di compensare le perdite. Tuttavia, la 47a è stata cannibalizzata anche a livello strategico. Quando era iniziato l’assalto russo intorno ad Avdiivka, la risposta ucraina era stata quella di ritirare la 47esima dal fronte di Zaporizhia e di inviarla ad Avdiivka per un contrattacco. Attualmente, la difesa ucraina dipende dalla 110a brigata, che si trova ad Avdiivka da quasi un anno senza possibilità di ruotare, e dalla 47a, già degradata da mesi di continue operazioni offensive nel sud.

Si tratta di una cannibalizzazione strategica: prendere una delle principali risorse della scuderia e portarla, senza riposo o truppe di rinforzo, direttamente in combattimento come forza difensiva. In questo modo, la 47a Brigata è stata cannibalizzata a livello interno (bruciata nel tentativo di svolgere compiti di combattimento per i quali non era più adeguatamente equipaggiata) e a livello strategico, con l’AFU che l’ha schierata in una difesa posizionale intorno ad Avdiivka piuttosto che farla ruotare per riposare ed essere riequipaggiata in vista di future operazioni offensive. Un recente rapporto con interviste al personale della 47a dipinge un quadro disastroso: la brigata aveva perso oltre il 30% degli effettivi durante l’estate e i suoi obici sono razionati a soli 15 proiettili al giorno. I mortai russi, dicono, hanno un vantaggio di otto a uno [nel numero di proiettili consumati].

L’immagine emblematica della guerra moderna: montagne di bossoli abbandonati

La situazione può essere vagamente paragonata a quella di una persona in crisi, che si logora biologicamente ed emotivamente a causa della mancanza di sonno e dello stress, bruciando allo stesso tempo i propri beni – vendendo l’auto e gli altri beni essenziali per pagare le necessità immediate, come cibo e medicine. È un modo di vivere insostenibile, che non può evitare la catastrofe all’infinito.

I russi stanno facendo tutto il possibile per incoraggiare questo processo, riattivando metodicamente le operazioni di rettifica su tutto il fronte, tra cui non solo Avdiivka ma anche Bakhmut e Kupyansk, in un programma progettato per mantenere in combattimento le risorse ucraine che erano state esaurite durante l’estate. Il caso della 47° è emblematico: aveva attaccato per tutta l’estate per poi essere immediatamente mobilitata in difesa nel Donbass. Come ha detto un mio collaboratore, l’ultima cosa che si vuole fare dopo aver corso una maratona è iniziare uno sprint, ed è qui che gli ucraini si trovano dopo aver perso l’iniziativa strategica in ottobre.

Non è solo l’Ucraina, tuttavia, a dover affrontare un esaurimento strategico. Gli Stati Uniti e il blocco NATO si trovano in una situazione simile.

L’intera strategia americana in Ucraina è entrata in un’impasse. La logica della guerra per procura si basava sull’ipotesi di un differenziale di costo: gli Stati Uniti potevano mettere in difficoltà la Russia per pochi centesimi di dollaro, rifornendo l’Ucraina con le proprie scorte in eccesso e strangolando l’economia russa con le sanzioni.

Non solo le sanzioni non sono riuscite a paralizzare la Russia, ma l’approccio americano sul campo è fallito. La controffensiva ucraina si è arenata in modo spettacolare e le esauste forze di terra ucraine devono ora escogitare una difesa strategica a tutto campo contro la crescente generazione di forze russe.

Il dilemma strategico fondamentale per l’Occidente è quindi come uscire da un cul-de-sac strategico. La NATO ha raggiunto i limiti di quanto può dare all’Ucraina utilizzando le sue eccedenze. Per quanto riguarda i proiettili d’artiglieria (il pezzo forte di questa guerra), ad esempio, gli alleati della NATO hanno ammesso apertamente di averli più o meno esauriti, mentre gli Stati Uniti sono stati costretti a reindirizzare le forniture di proiettili dall’Ucraina a Israele – una tacita ammissione che non ce ne sono abbastanza per entrambi. Nel frattempo, la nuova produzione di proiettili è in ritardo sia negli Stati Uniti che in Europa.

Di fronte ad un massiccio investimento russo nella difesa e al conseguente enorme aumento delle capacità russe, non è chiaro come gli Stati Uniti siano in grado di procedere. Una possibilità è l’opzione “tutto compreso”, che richiederebbe una ristrutturazione industriale e una mobilitazione economica de-facto, ma non è chiaro come ciò possa essere realizzato, dato lo stato di crisi della base industriale occidentale e delle sue finanze.

In effetti, ci sono segnali inequivocabili che indicano che far uscire la produzione di armi occidentali dallo stato di ibernazione in cui si trova sarà enormemente costoso e logisticamente impegnativo. I nuovi contratti mostrano un aumento dei costi esorbitante. Ad esempio, un recente ordine della Rhenmetall ha raggiunto i 3500 dollari per un proiettile da 155mm – un aumento sorprendente se si considera che, nel 2021, l’esercito statunitense pagava 820 dollari a proiettile. Non c’è da stupirsi che il capo del Comitato militare della NATO si sia lamentato del fatto che i prezzi più alti stanno vanificando gli sforzi per ricostituire le scorte. Nel frattempo, la produzione è limitata dalla mancanza di lavoratori qualificati e di macchine utensili. Un intervento “tutto compreso” per l’Ucraina richiederebbe un incredibile livello di ristrutturazione economica e di mobilitazione che le popolazioni occidentali troverebbero probabilmente intollerabile e confuso.

Una seconda opzione è quella di “congelare” il conflitto costringendo l’Ucraina a negoziare. Questa ipotesi è già stata ventilata in pubblico da funzionari americani ed europei ed è stata accolta con giudizi contrastanti. Nel complesso, sembra piuttosto improbabile. Le opportunità di negoziare la fine del conflitto erano state respinte in più occasioni. Dal punto di vista russo, l’Occidente ha deliberatamente scelto di inasprire il conflitto e ora vorrebbe lavarsene le mani dopo che la Russia ha risposto con la sua mobilitazione. Non è chiaro quindi perché Putin dovrebbe voler lasciare l’Ucraina fuori dai guai, ora che gli investimenti militari russi stanno iniziando a dare i loro frutti e l’esercito russo ha la possibilità concreta portarsi via il Donbass e non solo quello. Ancora più preoccupante, tuttavia, è l’intransigenza ucraina, che sembra destinata a sacrificare altri uomini [e donne] nel tentativo di prolungare la morsa di Kiev su territori che non potranno essere tenuti a lungo.

In sostanza, gli Stati Uniti (e i loro satelliti europei) hanno quattro opzioni, nessuna delle quali favorevole:

* Impegnarsi in una mobilitazione economica per aumentare in modo sostanziale le forniture di materiale all’Ucraina.

* Continuare a fornire sostegno all’Ucraina e assistere ad una progressiva e lenta sconfitta.

* Porre fine al sostegno all’Ucraina e vederla subire una sconfitta rapida e totale.

* Tentare di congelare il conflitto tramite negoziati.

Si tratta di una formula classica per la paralisi strategica, e il risultato più probabile è che gli Stati Uniti si ritirino dalla loro attuale linea d’azione, sostenendo l’Ucraina a un livello irrisorio, commisurato agli attuali limiti finanziari e industriali, continuando a sostenere sul campo un esercito ucraino ormai superato in mille modi dalle crescenti capacità russe.

E questo, in definitiva, ci riporta al punto di partenza. Non c’è nessun’arma miracolosa, nessun trucco geniale, nessun espediente operativo che possa salvare l’Ucraina. Non c’è una uscita sul retro per scampare alla Morte Nera. C’è solo il freddo calcolo di una massiccia potenza di fuoco nel tempo e nello spazio. Anche i successi isolati dell’Ucraina servono solo a sottolineare l’enorme disparità di mezzi. Ad esempio, quando l’AFU usa missili occidentali per attaccare le navi russe in bacino di carenaggio, ciò è possibile solo perché la Russia ha una Marina. I russi, al contrario, dispongono di un ampio arsenale di missili antinave che non utilizzano perché l’Ucraina non ha più una Marina. Sebbene lo spettacolo di un attacco riuscito contro una nave russa sia una bella pubblicità, rivela solo l’asimmetria dei mezzi e non fa nulla per migliorare il problema fondamentale dell’Ucraina, che è il costante logoramento e la distruzione delle sue forze di terra nel Donbass.

Il 2024 porterà ad una costante erosione della posizione ucraina nel Donbass – l’isolamento e la liquidazione di fortezze periferiche come Adviivka, una doppia avanzata su Konstyantinivka, un saliente sempre più severo intorno a Ugledar mentre i russi avanzeranno su Kurakhove – l’Ucraina si troverà in una posizione sempre più insostenibile, con i partner occidentali che metteranno in dubbio la logica di incanalare scorte di armi limitate in uno Stato distrutto.

Nel terzo secolo, in Cina, durante l’epoca dei Tre Regni (dopo che nel 200 la dinastia Han si era frammentata in uno Stato diviso in tre parti), c’era stato un famoso generale e funzionario di nome Sima Yi. Sebbene non venga spesso citato come il più noto Sun Tzu, a Sima Yi è attribuito un aforisma migliore di qualsiasi altra frase contenuta nell‘Arte della guerra. Sima Yi aveva espresso l’essenza dell’arte della guerra nel modo seguente:

Negli affari militari ci sono cinque punti essenziali. Se si è in grado di attaccare, si deve attaccare. Se non si è in grado di attaccare, bisogna difendersi. Se non ci si può difendere, si deve fuggire. Gli altri due punti comportano solo la resa o la morte.

L’Ucraina sta scendendo nella lista delle possibilità. Gli eventi dell’estate hanno dimostrato che non è in grado di attaccare con successo posizioni russe fortemente presidiate. Gli avvenimenti di Avdivvka e di altri luoghi mettono ora alla prova la capacità dell’Ucraina di difendere le proprie posizioni nel Donbass contro la sempre maggiore generazione di forza russa. Se gli ucraini non riusciranno a superare questa prova, sarà il momento di fuggire, arrendersi o morire. È così che vanno le cose quando arriva il momento della resa dei conti.

Big Serge

Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-the-reckoning
15.11.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

 

 

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