Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org
Non era simpatico a tutti gli italiani, Toto Cutugno. Sembrava, con quella litania dell’italiano vero, un piccolo musicista provinciale più adatto alle feste di paese che non alla ribalta internazionale. Non piaceva ai molti che nel 1983 di certo preferivano ascoltare, tra gli altri, What a feeling di Irene Cara, il capolavoro Vacanze Romane dei Matia Bazar e la voce raffinata di Sting dei Police in Every breath you take. Non era possibile per il musicista italiano, nato in Lunigiana nel 1943 e cresciuto a La Spezia, agli occhi del pubblico esterofilo che in Italia abbondava specie tra i giovani, competere con Michael Jackson o Peter Gabriel.
Eppure, la sua è stata una storia di successi: oltre 100 milioni di copie vendute in tutto il mondo, autore per diversi cantanti, ha scritto più di dieci canzoni per Adriano Celentano, nel 1980 vince Sanremo con Solo noi, nel 1990 sbaraglia l’Eurovision Song Contest con il brano Insieme.
Il suo successo internazionale, secondo solo a Volare di Domenico Modugno per popolarità mondiale, L’Italiano, rappresentava quella tipica canzone nazional-popolare della quale molti qui in Patria si vergognavano. Persino Adriano Celentano si rifiuta di cantarla, con varie motivazioni. E Toto Cutugno, al diniego del molleggiato, allora decide di interpretarla lui a Sanremo nel 1983, con quella voce un po’ nasale e melodica che conferiva al brano convinzione e autenticità, tanto che all’estero, specie nell’Europa dell’Est e in URSS in particolare, diventa successo immediato. In Italia non vincerà la kermesse canora, ma si collocherà comunque nei primi posti delle classifiche di vendita di quell’anno.
La canzone ricorda il mare, il sole, la nostra terra, le nostre bellezze, la nostra melodia, i nostri vizi e le nostre virtù. E così diventa l’inno del nostro Paese, e Toto Cutugno un poeta cantante che lo esalta. Un successo che dura nel tempo, e su YouTube il video ufficiale fa qualcosa come 45 milioni di visualizzazioni, e la recente scomparsa scatena i fans da tutto il mondo, che gli lasciano messaggi commoventi.
Per noi non era abbastanza internazionale, all’estero lo adoravano per questo.
Non lo abbiamo riconosciuto come meritava, noi italiani, che Toto Cotugno era un artista, perché solo un artista è capace di creare qualcosa di semplice che sappia entrare nel cuore di così tanta gente. E come spesso ci accade, riconosciamo la grandezza solo quando non c’è più.
Ma alzi la mano chi, in questi giorni, riascoltando il suo brano più famoso, non si sia accorto di conoscerlo a memoria, e di cantarla, quella canzone di provincia, quell’inno all’italianità così scontato ma ebbene sì, così familiare. Un italiano vero e fiero, adesso glielo possiamo pienamente riconoscere, a questo musicista che fin da piccolo aveva imparato a suonare seguendo le orme del padre Domenico, siciliano, sottufficiale di Marina originario di Barcellona Pozzo di Gotto con la passione della musica.
Sfortunato nella malattia, ha provato a sconfiggere un male che non perdona, guarendo ma poi avendo una ricaduta che non gli ha lasciato scampo. Ma la sua carriera è scritta, le sue canzoni indimenticate. Nessun premio può essere più importante: l’affetto della gente da tutto il mondo per un musicista che ha contribuito alla memoria e al sentimento collettivo per il nostro Paese.
Riposa in Pace, Toto. E grazie di tutto.
Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org
24.08.2023