DI DANIEL WEDIKORBARIA
mediacomunitaeritrea.it
Domanda: perché l’Eritrea unisce in un trio un prete, un giornalista ed un avvocato? Cosa hanno in comune questi tre personaggi?
Risposta: George Soros
È Twitter baby!
È una brutta sensazione, quasi di una pugnalata alla schiena, quella che provi quando seguendo l’hashtag Eritrea su Twitter capiti su un profilo di cui sei già follower e scopri che non puoi più accedervi perché ti appare la scritta: “@X ti ha bloccato, perciò non puoi né seguire né leggere i Tweet di @X”. Questo strumento di Twitter è discutibile ma legittimo, è anche “democratico” perché chiunque può bloccare chicchessia. Il problema nasce quando a bloccarti è uno che, in maniera sistematica, parla male del tuo Paese e tu che vorresti dire le tue ragioni non ne hai più la possibilità. Con questa opzione lui può continuare a sparlare liberamente raccontando menzogne e tu non puoi dirgli niente. È Twitter baby!
Finora sono stato bloccato da insospettabili personaggi come Sheila Keetharuth, relatore speciale sull’Eritrea, che avrebbe il dovere di ascoltare tutte le voci eritree per le sue indagini di “violazioni dei diritti umani”, compresa la mia. La mia colpa è stata quella di aver scritto un lungo articolo dal titolo: “La Santa Inquisizione di Sheila K.” che non deve essere stato di suo gradimento.
Eppure non sono mai volgare, non insulto le persone, mi ritengo una persona ben educata e predisposta al dialogo. Chi mi blocca, invece, lo fa perché non accetta un confronto o, semplicemente, non vuole essere sbugiardato. Vorrebbe continuare a scrivere sull’Eritrea senza essere smentito.
Poi ci sono quelli come Martin Plaut che non temono il fatto che tu possa conoscere molto meglio di loro il tuo Paese o semplicemente non gliene frega niente di twittare una vecchia foto di migliaia di mussulmani albanesi che pregano per strada durante la celebrazione dell’Aid al Adha e ci scrive sopra: “Numerosi eritrei manifestano a Ginevra contro il regime e in sostegno della Commissione d’Inchiesta dell’ONU”.
Agli eritrei che assieme a me lo contestavano lui ha risposto pigiando il tasto Blocca. Anche il suo amico e collega belga Leonard Vincent, famoso anti-eritreo dal linguaggio scurrile, vanta una lunghissima lista di cittadini eritrei “silenziati” su Twitter. Gli ho solo chiesto quanti eritrei avesse bloccato fino a quel momento per meritarmi l’epiteto di: “Fascist supporter! Sostenitore dei fascisti!” Trovo quantomeno bizzarro che un bianco definisca fascista un governo africano e subito dopo, poco democraticamente, mi riduca al silenzio!
In Italia, invece, ho colto in flagrante la scrittrice somala Igiaba Scego mentre ripeteva come un mantra le menzogne di Plaut e di Vincent sull’Eritrea. Le ho fatto notare che avrebbe potuto dedicarsi con profitto alle sue tre Somalie e ai poveri somali in mano ai clan tribali, ai signori della guerra e ai governanti fantocci e servi dell’Occidente. Igiaba non ha esitato un attimo a bloccarmi e ha continuato imperterrita a giudicare e sentenziare sull’Eritrea. Evidentemente la fortunata Igiaba oramai si sente più italiana che somala altrimenti avrebbe avuto solo che da piangere per il suo paese invece di preoccuparsi per i diritti umani degli eritrei! Nonostante sia un’orgogliosa discendente dell’aristocrazia somala allontanata da un governo comunista lei scrive per l’Espresso, l’Internazionale e il Manifesto “il quotidiano comunista” che arriva persino a cancellare i miei commenti sotto diversi suoi articoli sull’Eritrea presi, badate bene, da siti online etiopici e tradotti in italiano senza che ne sia stata provata la loro veridicità e attendibilità. Quando la redazione ha capito che i lettori andavano prima a leggere i miei commenti e poi forse l’articolo hanno deciso di violare la loro deontologia professionale e quella stessa libertà di stampa di cui si riempiono tanto la bocca quando accusano l’Eritrea. “Il suo commento è stato cancellato” è peggio del “Il suo commento è in attesa di moderazione”.