Dall’inizio della pandemia i medici di base sono stati estromessi dal processo di cura, convogliando tutto il traffico dei malati verso le terapie intensive degli ospedali. Nonostante con la fase due i medici di base avrebbero dovuto tornare ad essere operativi come in precedenza, di fatto gli ambulatori sono ancora vuoti, e le visite a domicilio sono sostituite dalla cosiddetta telemedicina: telefonate e mail. Le conseguenze, come fa notare l’Antidiplomatico, sono state devastanti: è stato denunciato già a luglio un aumento massiccio della mortalità da sintomi cardiaci, del 32%, dopo la manifestazione di sintomi che sarebbero stati, in condizioni pre-covid, diagnosticati e affrontati con successo. I malati aspettano l’aggravamento di situazioni prima di presentarsi al pronto soccorso, per timore di quarantene obbligatorie dopo tampone la cui valenza è tutta da discutere, e anche questo fattore ha fatto aumentare le situazioni critiche. E la sospensione delle diagnosi dei tumori che rischia di portarci verso un’ecatombe nei prossimi mesi.
Ai medici di base è stato detto di rimanere lontani dai propri pazienti. Il loro contributo si fermava a una telefonata ai limiti del credibile nella quale il medico leggeva un questionario surreale. E in questo scenario è avvenuta la strage degli anziani etichettata Covid-19.
A pochi kilometri da Bergamo, l’epicentro della pandemia, in Val seriana, ci sono stati zero morti. Per questo risultato si deve ringraziare Riccardo Munda, medico di base che ha disobbedito agli ordini del ministero e ha continuato a visitare i propri pazienti a casa.
Quindi, a febbraio, quando il governo raccomandava ai medici di base di starsene a casa, lei…
“Io, comprato i dispositivi di bio-protezione di tasca mia, ho continuato a visitare, nelle loro abitazioni, i miei pazienti e anche quelli di altri colleghi. Il risultato è stato: zero ricoveri ospedalieri e zero morti fra tutti i miei mutuati di Selvino (700 persone in un paese di meno di 3.000 abitanti)”
In Val Seriana, nell’epicentro dell’epidemia?! Ma come ha fatto considerato che allora non si conosceva nessuna cura per il Covid?
“Proprio perché non c’era una cura, era fondamentale intervenire subito. E quindi non solo visitare il paziente, ma visitarlo spesso per aiutare il fisico a reagire, calibrando e ricalibrando i farmaci a ogni suo minimo segnale. E cioè l’esatto contrario di quanto veniva ufficialmente consigliato: lasciarlo solo fin quando non riusciva più a respirare e poi farlo ricoverare in terapia intensiva.”
Ma non ha aveva paura di contagiarsi con un virus presentato in TV come l’anticamera dell’obitorio?
“Di certo, non la manifestavo, anche perché non si può trasmettere forza e coraggio ad un paziente se il medico manifesta la paura. Comunque, tengo a precisare, che la mia è la storia di tanti altri medici di base che hanno affrontato l’epidemia facendo il loro dovere. E questo nonostante le indicazioni governative, privi di validi sistemi di bio-protezione e, addirittura, senza poter essere sottoposti al test del tampone. Insomma, l’immagine di quella che si è ridotta ad essere la medicina territoriale in Italia.”
Ne parliamo nel TG:
Si ringrazia per l’intervista Francesco Santoianni dall’Antidiplomatico
La sua apparizione in rai a maggio