di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Nel giugno di due anni fa, a meno di quattro mesi di distanza dall’inizio dell’emergenza sanitaria originata dal nuovo coronavirus, su Clinical Neuropsychiatry uscì uno studio dal titolo “L’ossitocina un possibile trattamento per il Covid-19? Tutto da guadagnare niente da perdere”. Dopo aver confrontato i modelli di morbilità delle infezioni da Covid 19, le variazioni dei livelli di ossitocina e alcune proprietà di questo neurormone, gli autori (Phuoc-Tan Diep , MBChB, Benjamin Buemann, PhD e Kerstin Uvnäs-Moberg , MD, PhD) avanzarono l’ipotesi che l’ossitocina potesse costituire un trattamento sicuro, poco costoso e prontamente disponibile per le infezioni da nuovo coronavirus.
La tesi fu sostenuta anche dalla professoressa Donatella Marazziti, psichiatra e responsabile ricerche della Fondazione Brf – Istituto per la ricerca in neuroscienze e psichiatria con sede a Lucca ma, in realtà, benché al momento le varie autorità sanitarie brancolassero nel buio e non ci fossero indicazioni di eventuali strategie di prevenzione e trattamento sicure ed efficaci, il lavoro scientifico di Buemann e del suo team passò inosservato ed ebbe pochissima eco mediatica.
E’ tornato di attualità poco tempo fa perché è uscito un ampio articolo che mette in evidenza IL POTENZIALE dell’ossitocina endogena nel trattamento endocrino e nella prevenzione della Covid-19.
Ma partiamo dal lavoro di Buemann e del suo gruppo ripercorrendone i passaggi principali. Scrivono gli autori nel giugno 2020: “Alcuni dei fattori di rischio per morbilità e morte di COVID-19 – emersi per la prima volta in Cina – hanno dimostrato di essere coerenti in diversi paesi: i giovani sono meno colpiti degli anziani; le persone che mostrano fattori di rischio metabolico sono più gravemente colpite rispetto a quelle senza; le femmine sono meno gravemente colpite rispetto ai maschi; le donne in gravidanza non sono necessariamente più vulnerabili alla malattia rispetto alle donne non gravide; inoltre, gli afroamericani sono più a rischio di malattie gravi rispetto ad altri gruppi americani. Pertanto, secondo questi parametri, i gruppi a più alto rischio sarebbero gli anziani, i malati cronici, gli uomini e gli afroamericani. In effetti, i modelli dei livelli plasmatici di ossitocina sono i seguenti: più alto nei giovani che negli anziani; più alto negli individui metabolicamente idonei rispetto a quelli che dimostrano fattori di rischio metabolico; più alto nelle donne che negli uomini; più alto nelle donne in gravidanza rispetto alle donne non gravide. Le differenze razziali nei livelli di ossitocina sono state identificate con livelli più bassi negli afroamericani. Gli autori ipotizzano quindi che livelli più elevati di ossitocina potrebbero essere associati a una ridotta morbilità e mortalità nell’infezione da COVID-19.”
L’ossitocina, che è conosciuta come ‘l’ormone dell’amore’ per il suo ruolo nell’interazione sociale e nella nascita dei legami, regola il travaglio e l’allattamento, “ma – sottolineano i ricercatori su Clinical Neuropsychiatry – è stato anche dimostrato che oltre ad esercitare importanti funzioni comportamentali ne produce anche di fisiologiche, inclusi potenti effetti antistress e riparatori.” “Ora, essendo la mortalità del Covid-19 dovuta a una risposta infiammatoria esorbitante, che può provocare la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e danni multiorgano” – si legge nello studio – “può esserci motivo di suggerire che la somministrazione di ossitocina potrebbe essere utilizzata per il trattamento dei pazienti COVID-19. Per quanto riguarda l’implementazione, è facilmente disponibile poiché l’ossitocina esogena viene somministrata ogni giorno nella maggior parte degli ospedali del mondo per indurre e migliorare il travaglio”.
Dunque gli scienziati fanno notare che l’ossitocina è un ormone naturale così sicuro da essere somministrato di routine alle donne in contesti ostetrici di tutto il mondo, di conseguenza i rischi del suo utilizzo sono piccoli o trascurabili e la farmacocinetica è ben nota. E aggiungono: “Per implementare il potenziale trattamento dei pazienti COVID-19 con ossitocina in tutto il mondo non ci vorrebbero mesi, ma solo settimane o addirittura giorni non appena saranno disponibili dati affidabili che documentano gli effetti positivi del peptide. Se la somministrazione di ossitocina esogena riducesse la progressione e la mortalità di COVID-19, migliaia di vite potrebbero essere salvate.” Infine sottolineano che l’ossitocina “dovrebbe essere presa in considerazione per trattamento di COVID-19 da sola o in combinazione con altri farmaci” e che “abbiamo tutto da guadagnare e niente da perdere”.
In realtà, dopo questa pubblicazione, l’ossitocina non è stata affatto testata, come del resto sono state ignorate, ostacolate o bocciate tutte le altre possibili terapie – tra l’altro economiche – che via via sono state proposte (dal plasma iperimmune, all’idrossiclorochina, all’adenosina, all’ivermectina, tanto per citarne alcune) e si è preferito puntare tutto su farmaci nuovi, non sperimentati a dovere in quanto a efficacia e sicurezza e immessi sul mercato di gran fretta. Una grave mancanza perché, a quanto pare, l’ossitocina praticamente è un antinfiammatorio di basso costo e straordinario che non provoca significativi effetti collaterali e, oltre a somministrarla tramite flebo ai pazienti critici, sarebbe stato possibile procedere alla somministrazione preventiva agli anziani e alle categorie più fragili per evitare un possibile grave decorso di Covid-19 (in questo secondo caso si sarebbe potuto procedere attraverso spray nasale, modalità utilizzata in numerosi studi psichiatrici e risultata sicura).
Come appunto hanno scritto Buemann e colleghi “non ci sarebbe stato nulla da perdere e tutto da guadagnare,” eppure la cosa è morta lì e lo studio uscito su Clinical Neuropsychiatry è finito nel dimenticatoio.
Qualche giorno fa, mentre facevo altre ricerche, mi sono imbattuta in un recente lavoro pubblicato su Frontiers, Sez. Scienza Neuroendocrina che rilancia in modo ben argomentato tutte le potenzialità di questo ormone “per il trattamento e la prevenzione di COVID-19 e forse di altri agenti patogeni simili”.
Scrivono gli autori: “L’ossitocina può inattivare specificamente la proteina spike SARS-COV-2 e bloccare l’ingresso virale nelle cellule attraverso enzima di conversione dell’angiotensina 2 sopprimendo la serina proteasi e aumentando i livelli di interferone e il numero di linfociti T. Inoltre, l’ossitocina può favorire il deflusso parasimpatico e la secrezione di fluidi corporei che potrebbero diluire e persino inattivare SARS-CoV-2 sulla superficie della cornea, della cavità orale e del tratto gastrointestinale. Quello che dobbiamo fare ora sono le sperimentazioni cliniche. Tali prove dovrebbero bilanciare completamente i vantaggi e gli svantaggi dell’applicazione dell’ossitocina, considerare la dipendenza dal tempo e dalla dose degli effetti dell’ossitocina, ottimizzare la forma di dosaggio e l’approccio di somministrazione, combinare l’ossitocina con gli inibitori della replicazione SARS-CoV-2.”
L’aspetto importante che mette in evidenza questo nuovo studio sono i numerosi effetti benefici di questo ormone: “L’ossitocina può sopprimere l’iperlipidemia e l’iperglicemia che sono alla base dell’obesità, dell’aterosclerosi, del diabete e delle malattie associate, come l’ipertensione, la malattia coronarica e l’ictus ischemico. L’ossitocina ha funzioni di immunoregolazione e quindi rende l’organismo pronto a combattere l’infezione virale. L’ossitocina ha funzioni ansiolitiche e antistress, che, insieme all’effetto anti-aterosclerosi, esercita un effetto antipertensivo. Inoltre, l’ossitocina ha anche il potenziale per ridurre le complicanze cardiovascolari e promuovere la rigenerazione dei tessuti. Prevenendo queste comorbilità, l’ossitocina può ridurre la suscettibilità degli individui a COVID-19”.
Inoltre, i ricercatori scrivono che l’ossitocina può accelerare la guarigione delle ferite come le lesioni della pelle, dello stomaco e dell’intestino, e quindi può rafforzare la barriera contro l’invasione virale. E ancora: “L’ossitocina ha funzioni ansiolitiche e antistress e quindi può ridurre le risposte neuroendocrine, autonome e comportamentali avverse. Ad esempio, l’intimità sessuale comporta una maggiore attività associata all’ossitocina nelle strutture limbiche, nel nucleo accumbens, nel cingolato anteriore e nella corteccia prefrontale, che aiutano a ridurre lo stress e l’ansia, nonché la psiconeuroimmunità associata. Insieme alle opinioni di altri ricercatori, riteniamo che durante la pandemia di COVID-19, l’attivazione del sistema endogeno dell’ossitocina o l’applicazione intranasale dell’ossitocina dovrebbero aiutare a risolvere l’inattivazione indotta dall’isolamento sociale del sistema dell’ossitocina e i disturbi psicofisici.”
E poi gli autori fanno riferimento a una sperimentazione clinica che, però, ha ricevuto un secco no dall’Agenzia Italiana del Farmaco: “Si tratta di un ‘RCT di Fase II per valutare l’efficacia della somministrazione endovenosa di ossitocina nei pazienti affetti da COVID-19’ (NCT04386447), condotto da CNRS, Francia, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma e Ospedale San Francesco Nuoro, Italia. … Attualmente, è in stato di ritiro poiché questo studio non è stato approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Pertanto, al momento non sono in corso studi clinici registrati sull’uso dell’ossitocina per il trattamento delle infezioni da SARS-CoV2 in modo indipendente o insieme ad altre terapie”.
Dunque, rimangono necessari studi clinici sull’ossitocina per il trattamento della COVID-19. Ad ora sono stati considerati diversi approcci alla somministrazione di questo ormone e il loro vantaggio rispetto ai possibili limiti (gli approcci includono principalmente l’applicazione endovenosa e intranasale), ma gli scienziati sottolineano che “c’è urgente bisogno di studiare a fondo le dosi e le durate ottimali delle misure di trattamento”.
Ora, se consideriamo l’ossitocina come sostanza da somministrare, va preso atto che c’è questa importante lacuna dovuta all’attuale carenza di sperimentazioni cliniche che ne chiariscano posologia e tempi di assunzione (a maggior ragione sarebbe interessante conoscere le motivazioni che hanno portato AIFA a non approvare la sperimentazione sopra citata) ma non dobbiamo dimenticare che, al di là della somministrazione esogena, questo ormone può essere mobilitato anche per via endogena attraverso semplici stimoli fisici. Sono gli stessi ricercatori a ricordarlo. Ecco tramite quali approcci è possibile farlo:
STIMOLAZIONE VAGALE
Si legge nello studio a tal proposito: “L’attivazione vagale è associata a distensione dei tratti gastrointestinali, riduzione della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Fisiologicamente, la distensione degli strati muscolari gastrointestinali da parte del cibo invia segnali afferenti al tronco cerebrale e il rilassamento riflesso dei tratti gastrointestinali. Nel frattempo, le afferenze dei segnali vagali raggiungono anche l’ipotalamo per aumentare il rilascio di ossitocina nel sangue dalla mediazione del vago. In alternativa, i probiotici nel tratto gastrointestinale possono aumentare significativamente i livelli di ossitocina nel sangue tramite la mediazione del vago. Pertanto, l’attivazione degli input vagali può promuovere la secrezione di ossitocina attraverso un’alimentazione appropriata.”
ATTIVAZIONE DEI NEURONI DELL’OSSITOCINA MEDIANE LA STIMOLAZIONE DI ORGANI SENSORIALI SPECIALI
Si legge nello studio a tal proposito: “Il riflesso della delusione del latte mediato dall’ossitocina può essere condizionato durante l’allattamento al seno. Nelle femmine e negli uomini che non allattano, l’attivazione di segnali neurali associati al riflesso di delusione del latte può provocare il rilascio di ossitocina. Il riflesso di delusione dipende in modo critico dai neuroni dell’ossitocina ipotalamici che hanno un’ampia connessione neurale con specifici organi sensoriali nella testa. Pertanto, i neuroni dell’ossitocina ipotalamica possono ricevere segnali dai bulbi olfattivi, dalla corteccia uditiva, dalla retina, dalla corteccia frontale mediale e dal corpo mammillare. Ad esempio, l’aromaterapia con Rosa damascena può ridurre la gravità del dolore e dell’ansia nella prima fase del travaglio aumentando il rilascio di ossitocina. È stato anche riferito che il pianto del bambino può innescare il riflesso di delusione. Inoltre, l’ascolto di musica e la luce splendente e anche una breve meditazione possono aumentare il rilascio di ossitocina indipendentemente dall’allattamento al seno. Pertanto, l’attivazione di specifici organi sensoriali e persino la meditazione* possono aumentare il rilascio di ossitocina”.
STIMOLAZIONE SESSUALE
Si legge nello studio a tal proposito: “È ben noto che il rilascio di ossitocina aumenta significativamente durante l’eccitazione sessuale, il rapporto sessuale e l’orgasmo sia per gli uomini che per le donne. Pertanto, oltre al riflesso di Ferguson che si verifica quando la cervice si espande durante il travaglio, il rilascio riflesso di ossitocina può essere evocato anche dalla stimolazione degli organi genitali. La stimolazione meccanica può attivare i neuroni dell’ossitocina nell’ipotalamo e quindi aumentare il rilascio di ossitocina dall’ipofisi posteriore. Pertanto, la stimolazione sessuale negli adulti è un modo per aumentare la secrezione endogena di ossitocina”.
STIMOLAZIONE LENITIVA A BASSA FORZA
Infine, oltre alla stimolazione vagale, all’attività modulante di uno speciale organo sensoriale, al riflesso condizionale e alla stimolazione sessuale, la secrezione di ossitocina può essere facilitata da stimoli fisici caratterizzati da bassa forza, bassa frequenza e conduzione lenta. Si legge nello studio a tal proposito: “Nelle tecniche di assistente per il parto, la combinazione di esercizi di respirazione, riflessologia plantare e massaggio alla schiena può facilitare il travaglio delle donne riducendo lo stress, il dolore, l’ansia e favorendo la maturazione della cervice aumentando il rilascio di ossitocina. La stimolazione con l’agopuntura a SanyinJiao può aumentare il rilascio di ossitocina e quindi accelerare la maturazione della cervice. Allo stesso modo, una combinazione di digitopressione, riflessologia e aromaterapia può ridurre significativamente la durata del travaglio nelle donne nullipare. Al di là della situazione speciale durante il parto, il contatto fisico frequente è associato a livelli di ossitocina più elevati per la popolazione generale. Inoltre, anche il massaggio e la corsa possono aumentare la secrezione di ossitocina”.
Concludendo, come già più volte è stato possibile sottolineare anche in precedenti articoli, per prevenire non solo la COVID-19, ma qualsiasi infezione virale o batterica, dovremmo prima di tutto preoccuparci di rafforzare la nostra immunità. Avere un’alimentazione appropriata, adatta al proprio terreno costituzionale aiuta, come aiuta essere sereni e svolgere attività piacevoli, ascoltare bella musica, muoversi, stare alla luce solare, avere relazioni personali soddisfacenti. Anche imparare tecniche che agevolano il rilassamento è utile e gli autori dello studio ricordano che è particolarmente importante il contatto fisico, in questo senso al di là dell’intimità che si può creare tra due persone, anche i massaggi e la riflessologia plantare rientrano tra le attività in grado di aumentare la secrezione di ossitocina.
Al contrario, quando l’ossitocina è insufficiente nel cervello e nel sangue (e se ci pensiamo un attimo la maggior parte delle cose che la favoriscono sono state negate e limitate negli ultimi due anni), gli individui possono cadere nel panico, nella paura, nei disturbi immunometabolici riducendo così la resistenza, non solo alla Covid-19, ma anche a vari malanni. Ecco che migliorare l’attività neuronale dell’ossitocina basale e ripristinare la sua attività quando è compromessa è importante, sia come prevenzione per rimanere in salute, che come possibile intervento di cura nei pazienti con COVID-19 o sintomatologia similare.
Come scrivono gli autori dello studio “Il miglioramento dell’attività neuronale dell’ossitocina basale e il ripristino della sua attività nei pazienti con COVID-19 sembrano fondamentali per il controllo dello sviluppo della patogenesi di COVID-19 e per la prevenzione di COVID-19”. E, a proposito di prevenzione, in seguito dichiarano: “Poiché il rilascio di ossitocina può essere evocato attraverso numerosi riflessi neuroumorali, la mobilizzazione della secrezione endogena di ossitocina attraverso stimoli fisiologici (quelli sopra descritti) rappresenta un approccio ottimale per prevenire la COVID-19, indipendentemente dalla vaccinazione”.
“Rappresenta un approccio ottimale per prevenire la COVID-19, INDIPENDENTEMENTE dalla vaccinazione”.
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
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P.S.
C’è un passaggio dell’articolo in cui si trova una parola accompagnata da un asterisco (meditazione*). La parola originale era “mediation” ma, in quella frase, sarebbe stata totalmente fuori contesto per cui, propendendo per un refuso a monte, l’ho considerata “meditation” e così tradotta.