di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
C’è uno studio molto autorevole coordinato dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora e appena pubblicato sul New England Journal of Medicine (tra le riviste mediche più importanti al mondo) che dimostra che la somministrazione di plasma convalescente entro 9 giorni dall’insorgenza dei sintomi di Sars-CoV-2 riduce il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale.
Il Dottor Giuseppe De Donno lo aveva capito fin dall’inizio della primavera 2020 quando ancora si era nella fase critica dell’emergenza, gli ospedali erano pieni di pazienti gravi e le terapie intensive al collasso. Insieme al suo gruppo di lavoro utilizzò il plasma “convalescente” per trattare i malati e salvò molte persone, ma non fu ascoltato, anzi fu ostacolato, umiliato e deriso da personaggi meschini con ambizioni da star televisive. Gli fu tolta dal ministero della Sanità la sperimentazione per darla a Pisa che non aveva alcuna esperienza in questo senso, dopodiché la sua terapia fu bocciata da Aifa e ISS.
Profondamente amareggiato dal 5 luglio 2021 si era dimesso da primario ospedaliero al Carlo Poma di Mantova per fare il medico di medicina generale a Porto Mantovano. Il 27 luglio dello stesso anno fu trovato morto nella sua abitazione.
Subito i media hanno parlato di suicidio, in realtà rimangono aperti molti interrogativi e in tanti pensano che sia impossibile che si sia tolto la vita.
Coincidenza, è venuto a mancare proprio alla vigilia dell’arrivo delle cure con gli anticorpi monoclonali, farmaci di cui lo studio appena pubblicato scrive: “Sebbene gli anticorpi monoclonali siano disponibili nei paesi ad alto reddito, sono costosi da produrre, richiedono tempo per l’approvazione essendo nuovi farmaci e potrebbero non essere ampiamente disponibili durante le condizioni di picco di Covid-19. Al contrario, il plasma convalescente Covid-19 può essere disponibile nei paesi a basso e medio reddito, non ha limiti di brevetto ed è relativamente poco costoso da produrre, poiché molti singoli donatori possono fornire più unità”.
Gli autori precisano, inoltre: “Poiché fornisce un mix diversificato di anticorpi con specificità e funzioni diverse, il plasma convalescente Covid-19 dovrebbe essere meno vulnerabile all’emergere di resistenza anticorpale. In effetti, questo plasma è stato utilizzato per la terapia di salvataggio in pazienti immunocompromessi che sono stati infettati da varianti SARS-CoV-2 resistenti agli anticorpi monoclonali. Qualsiasi persona che si riprende dall’infezione con una variante SARS-CoV-2 ha anticorpi contro quella variante, quindi il plasma convalescente Covid-19 è una terapia basata su anticorpi che in teoria dovrebbe tenere il passo con le varianti a circolazione locale. Di conseguenza, se viene sviluppato un sistema per qualificare le unità di plasma convalescente, potrebbe essere una potenziale opzione terapeutica per la Covid-19.”
E infine concludono: “La nostra sperimentazione ha importanti implicazioni per la salute pubblica, specialmente nelle aree con risorse limitate con squilibri nella distribuzione del vaccino. La creazione di centri di infusione in grado di somministrare rapidamente plasma convalescente Covid-19 per pazienti ambulatoriali durante le pandemie può essere presa in considerazione per i futuri sistemi sanitari. Anche nell’attuale pandemia, la continua propagazione delle varianti SARS-CoV-2 con resistenza in evoluzione agli anticorpi monoclonali attualmente disponibili indica la potenziale utilità di sviluppare capacità per la disponibilità e la distribuzione del plasma convalescente di Covid-19, soprattutto perché di provenienza locale. I livelli di anticorpi sono eterogenei tra i donatori e in future pandemie dovrebbe essere preso in considerazione solo l’uso di plasma terapeutico con livelli di anticorpi nei decili superiori.”
Gli anticorpi monoclonali anti-SARS-CoV-2 sono diventati disponibili a partire dal 7 agosto 2021. Circa sette mesi prima, a fine dicembre 2020, era stato dato il via alle vaccinazioni di massa su scala mondiale.
A leggere questo studio viene da pensare che il dottor Giuseppe De Donno – che, finché non è venuto a mancare il 27 luglio 2021 ha continuato a difendere la validità della cura con il plasma iperimmune – ci avesse visto proprio giusto, pur nelle inevitabili imprecisioni del periodo di emergenza. Averlo ostacolato frettolosamente con studi di dubbia validità e soprattutto con campagne di disinformazione e denigrazione è stato non solo un errore, ma un delitto.
Più passa il tempo e più sta risultando evidente ad un numero crescente di persone che si è voluto per forza puntare su farmaci del tutto nuovi e questo nonostante ci siano state tantissime esperienze dirette sul campo (non solo riguardanti il plasma) e report clinici da parte di vari medici che via via hanno segnalato e dimostrato che la Covid si poteva curare intervenendo precocemente con i medicinali giusti, peraltro tutti prodotti già conosciuti e nella maggior parte dei casi di poco costo (in merito c’è stata anche un’interrogazione parlamentare n° 3-02869, pubblicata il 19 ottobre 2021 – seduta n. 368).
Ma è andata così, ci si è voluti limitare a “vigile attesa e paracetamolo”.
E tantissime vite sono andate perse.
Qualcuno ne risponderà un giorno di fronte a un tribunale?
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