Di Alessandro Fanietti per ComeDonChisciotte.org
L’America Latina e i Caraibi sono, almeno dalla fine della seconda guerra mondiale, un laboratorio politico, sociale ed economico con pochi eguali nel mondo. Basti pensare alla scuola dei c.d. Chicago Boys e all’esperienza cilena di Pinochet. In questo grande laboratorio, l’Argentina è sempre stata un’avanguardia e anche nel nuovo millennio non si dimostra da meno.
È infatti di poco tempo fa la vittoria presidenziale di Milei, “anarco – capitalista” che ha fatto tutta la campagna elettorale con una motosega in mano. Promettendo di tagliare tutta le spesa pubblica da lui considerata “superflua” e di dollarizzare l’economia abolendo anche la Banca Centrale del Paese. Di questo “novello” Adam Smith (non me ne voglia l’illustre economista) e della situazione argentina (e di ciò che gli ruota intorno) ne parliamo con un giovane ma affermato studioso argentino: il Dottor Federico Velez Bergami dell’Università di Lujan (Buenos Aires).
- Che succede nel profondo della società argentina e come si può spiegare la vittoria di Milei?
La società argentina si trova in uno stato di enorme agitazione e sconvolgimento sociale. Questo fenomeno non è recente, ma risale al primo governo democratico dopo l’ultima dittatura militare. Questo processo ha raggiunto il suo punto più caotico con la crisi economica del 2001, quando 39 manifestanti furono uccisi e l’allora presidente De la Rúa fuggì in elicottero.
Successivamente, nel 2003, Néstor Kirchner divenne Presidente, inaugurando una nuova era politica divenuta nota come kirchnerismo, un ramo del peronismo (una delle principali correnti politiche del Paese). Questi governi di centro-sinistra hanno ottenuto un grande sostegno popolare da un lato e un forte rifiuto da parte dell’opposizione dall’altro. Coloro che non accettano il kirchnerismo lo accusano di essere populista e altamente corrotto, oltre che responsabile della cattiva gestione dell’economia nazionale che ha portato nel tempo al deterioramento del Paese. In questo modo, si è creata una spaccatura nella società argentina che continua ancora oggi.
Dopo i due governi consecutivi di Cristina Kirchner (moglie di Néstor) dal 2007 al 2015, è entrato in carica Mauricio Macri, ponendo un limite alla lunga traiettoria kirchnerista. Questo nuovo mandato (2015-2019) ha incarnato l’opposizione per eccellenza, sotto il segno politico di destra/centro-destra.
Le sue promesse includevano la fine dell’inflazione (il principale problema economico dell’Argentina), l’arrivo di investimenti stranieri, la riduzione della povertà e la lotta alla criminalità.
Tuttavia, l’incapacità di mantenere queste promesse, insieme al debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale, lo hanno portato alla sconfitta nelle successive elezioni presidenziali. A seguito di questo fallimento, l’alternativa di opposizione nelle mani del partito PRO (Propuesta Republicana) ha perso a favore del peronismo kirchnerista (tornato con Alberto Fernández).
Questo governo ha affrontato sfide enormi come la pandemia, il conflitto in Ucraina e l’eredità del debito con l’FMI.
Oltre a ciò, però, anch’esso è stato fortemente criticato per l’incapacità e l’inefficacia di guidare il Paese, per l’assenza di una direzione o di un piano di governo all’altezza delle aspettative e per la terribile inflazione. Questo ha portato a un aumento della povertà e, d’altro canto, a un’emissione monetaria senza fine. Non sono mancati gli scandali politici, tra cui una festa nella residenza presidenziale durante il periodo di quarantena della pandemia, le divergenze e i conflitti interni con la Vicepresidente Cristina Kirchner, la mancanza di austerità nell’uso della spesa pubblica e la creazione di un Ministero delle Donne e delle Diversità (accusato di essere inefficiente e corrotto).
La stanchezza generalizzata della società nei confronti del kirchnerismo e l’assenza di un’opposizione all’altezza del compito hanno portato alla nascita di un nuovo movimento – partito dal basso: i “libertari”. Con un’ideologia di destra, cercano di ridurre il più possibile la presenza dello Stato e la spesa pubblica, sono contrari al socialismo e al femminismo, difendono l’idea di “anarco-capitalismo” e il concetto di “vita” (in primis con riferimento all’opposizione all’aborto).
Sebbene Milei sia apparso come analista economico in televisione, ha iniziato gradualmente a guadagnare fama per le sue dichiarazioni controverse e il suo stile politicamente scorretto. Per Milei, l’Argentina è stata governata per molti decenni dalla sinistra, che egli identifica come responsabile di tutti i mali. È quindi necessario, secondo il suo pensiero, tornare alle basi del liberalismo che hanno reso l’Argentina una potenza all’inizio del XX secolo.
La principale proposta della sua campagna elettorale è stata la chiusura della Banca Centrale Argentina, responsabile dell’emissione di banconote in grandi quantità senza alcun supporto economico (responsabile dell’aumento dell’inflazione). Milei sostiene che nel Paese sono necessarie misure d’urto a lungo termine per salvare l’Argentina dal caos e dal collasso assoluto. In questo modo, è riuscito ad alimentare il malcontento sociale della popolazione e ha vinto le elezioni dopo un ballottaggio a novembre.
Il problema principale da risolvere è la svalutazione della moneta argentina. Attualmente, un dollaro statunitense equivale a circa 1.000 pesos argentini e un euro a poco più (1.030/1.050). Ma oggi…..
La campagna politica di Milei non è stata esente da scandali, come ad esempio una controversa dichiarazione in televisione sulla vendita di organi, le sue osservazioni su Papa Francesco (accusato di “essere il rappresentante del maligno sulla Terra”) e il suo progetto di eliminare i finanziamenti alle università pubbliche (sostituendoli con un sistema di voucher). Vale la pena ricordare che l’istruzione universitaria in Argentina è assolutamente gratuita ed è tra le migliori al mondo, quindi questa proposta ha generato una forte diffidenza in molte persona, insieme alla critica di voler eliminare le università pubbliche gratuite.
Infine, in questi giorni Milei ha presentato un DNU (Decreto di Necessità e Urgenza) come primo provvedimento di governo. Un DNU è una norma che permette al presidente di fare leggi in tempi rapidi senza che queste passino dal Congresso, evitando una possibile bocciatura.
A dire il vero, comunque, non è la prima volta che essi vengono utilizzati per legiferare e i governi di Cristina Kirchner sono stati ripetutamente criticati per questo.
Ciò che colpisce in questo caso è l’ampiezza e la portata di tale provvedimento, il quale copre, tra le altre cose:
– Acquisto di farmaci da banco (senza ricetta) in piccoli negozi o supermercati, eliminando l’esclusività delle farmacie.
– abrogazione della legge sugli affitti.
– attuazione della legge sui cieli aperti (qualsiasi compagnia aerea può entrare e competere in Argentina).
– autorizzazione per i club calcistici a diventare società per azioni, deregolamentazione del servizio internet via satellite (che potrebbe avvantaggiare, tra gli altri, Elon Musk).
– Eliminazione del monopolio delle agenzie turistiche.
– riforma del Codice doganale.
– trasformazione delle imprese pubbliche statali in società per azioni (in ottica della loro successiva privatizzazione).
– imposizione di tasse per gli stranieri che studiano nelle università pubbliche gratuite.
Insieme al DNU, Milei ha presentato il suo secondo pilastro, la “Legge delle basi e dei punti di partenza per la libertà degli argentini”, mentre i media la chiamano “legge omnibus” (legge autobus). Si tratta di una mega-legge di 600 articoli che riforma le leggi fiscali, penali e tributarie.
- Come cambieranno le relazioni dell’Argentina nel contesto latinoamericano e caraibico e come saranno nel prossimo futuro?
L’arrivo di Milei e la nascita del partito libertario hanno suscitato grandi aspettative e interesse in diversi Paesi dell’America Latina. Fin dalla sua campagna elettorale, Milei ha espresso il suo rifiuto nei confronti di Paesi che definisce dittatoriali, come il Venezuela e Cuba. D’altra parte, mantiene buoni rapporti con il presidente dell’Uruguay e con l’ex presidente del Brasile, Javier Bolsonaro. Quindi, c’è un chiaro rifiuto della sinistra e dei suoi sostenitori, ma un sostegno alla e dalla destra.
Va anche detto che sono già in atto tentativi di replicare il movimento “La Libertad Avanza” in altri Paesi. Ad esempio, in Uruguay esiste il “Partido Libertario de Uruguay” (fondato da ammiratori di Milei) che rappresenta un modello per molti.
Per quanto riguarda la Bolivia, la tensione è alta. È chiaro che l’ex presidente Evo Morales ha mostrato la sua profonda antipatia per Javier Milei e le sue politiche. Dobbiamo ricordare che egli è infatti uno storico alleato politico del settore kirchnerista insieme a Maduro del Venezuela e Lula Da Silva del Brasile. Per gli oppositori, essi erano tutti parte della presunta “sinistra latinoamericana”. Le critiche boliviane sottolineano il controllo delle frontiere da parte dell’Argentina e l’imposizione di tasse agli stranieri nelle università. Ciononostante, la popolazione boliviana (il cui attuale presidente è Luis Arce, anch’esso di sinistra) ha mostrato il proprio sostegno e grande interesse per le misure del nuovo governo libertario.
Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha espresso il suo sostegno al collega argentino. Alcuni accademici e media si chiedono se Milei sarà un “Bukele argentino” e se seguirà una linea di governo simile, soprattutto nella lotta all’insicurezza.
Infine, esiste un’evidente antipatia reciproca tra Javier Milei e Nicolas Maduro. Il leader venezuelano ha espresso in più occasioni il suo assoluto ripudio di quanto sta accadendo in Argentina. Credo che in questo caso si possa facilmente osservare una polarizzazione tra due governi diametralmente opposti: uno di estrema sinistra e l’altro di estrema destra.
A mio avviso, il caso argentino rappresenta un modello di prova o di laboratorio a livello globale con possibilità di essere replicato in America Latina o anche in Spagna, dove Milei è popolare tra molti giovani, che hanno già manifestato la loro ammirazione per lui sui social network.
A livello internazionale, attualmente esiste un problema di corruzione politica, di erosione o crisi del modello democratico e di inefficienza dei funzionari pubblici, oltre al crescente desiderio di migliorare la qualità della vita e le aspirazioni (desideri, ambizioni) dei singoli cittadini.
In tale contesto, i modelli di Cuba e Venezuela (considerati da Milei e altri come “falliti”) rappresentano “fantasmi” per la regione. Per molti cittadini, infatti, entrambi i Paesi sono esempi che la sinistra attraverso il socialismo o il comunismo non funziona (e dunque si sono “buttati” su candidati opposti).
L’Argentina ha recentemente accolto un gran numero di immigrati venezuelani e molti dall’Africa. Dobbiamo ricordare che, a differenza dell’Europa e degli Stati Uniti, l’Argentina è aperta a quasi tutti gli immigrati senza la necessità di un visto o di un periodo massimo di permanenza. Gli immigrati venezuelani sono stati un settore che ha sostenuto fortemente il nuovo Presidente, affermando che se avesse vinto il candidato del partito di governo Sergio Massa, l’Argentina avrebbe seguito la stessa strada della Caracas odierna.
- La vittoria di Milei sembra essere un grande vantaggio anche per gli interessi strategici continentali e globali degli Stati Uniti, ad esempio con l’Argentina che non entrerà nei BRICS e Milei che vuole “dollarizzare” l’economia del Paese. Dunque, una vittoria per chi difende l’unipolarismo e una battuta d’arresto per la costruzione del multipolarismo (almeno a livello regionale). È corretta questa analisi? Come si può leggere tutto questo?
Milei ha annunciato e già mantenuto la promessa di ritirarsi dai BRICS. In realtà, non credo che sia molto importante aderire a questo blocco. L’Argentina potrà continuare a commerciare con i membri del BRICS+ separatamente e bilateralmente. Un aumento delle esportazioni e un miglioramento della bilancia commerciale dipenderanno più dalla diversificazione dei prodotti esportati e da una politica estera più pianificata che dall’appartenenza a un blocco che mostra comunque ancora dei limiti. A mio avviso, il BRICS+ sembra più essere un raggruppamento informale che riunisce un gran numero di Paesi e prevede di inglobarne sempre di più per scopi politici (in primis a vantaggio di Cina e Russia), piuttosto che un blocco ordinato in cerca della prosperità economica di tutti i suoi membri con obiettivi chiari e definiti a lungo termine. Personalmente sono piuttosto scettico nei confronti di blocchi come i BRICS+ o di gruppi come il G20 o il “G77 + Cina”.
D’altra parte, è chiaro che la politica estera e le relazioni internazionali dell’Argentina si stanno spostando verso i Paesi che fanno parte dell’asse statunitense o che vi orbitano attorno. Milei propone un cambio di rotta, scegliendo nuovi alleati strategici. Questo è stato ovviamente ben accolto da politici statunitensi di alto livello, come Donald Trump, che ha colto l’occasione per congratularsi con lui in un video. All’inaugurazione del 10 dicembre 2023, il Presidente ucraino Zelensky era sorprendentemente presente, mostrando il suo sostegno alla causa internazionale contro la Russia e alla liberazione dell’Ucraina.
Un altro alleato forte è Israele: Javier Milei è noto per essere un ebreo, quindi per lui sono essenziali dei legami più stretti con questo Paese.
Per quanto riguarda la Cina, c’è un grosso conflitto di interessi. Durante la sua campagna elettorale Milei ha annunciato che avrebbe interrotto le relazioni formali con il gigante asiatico perché, secondo le sue stesse parole, egli “non negozia con i comunisti”. Questa affermazione è stata logicamente presa da tutti come un’assoluta assurdità, poiché si potrebbe sostenere che nessun Paese può fare a meno del commercio con la Cina, nemmeno gli Stati Uniti. Successivamente Milei ha cambiato rotta e ha affermato che in realtà c’è stato un fraintendimento di ciò che aveva detto “solo in teoria”. Egli intendeva invece dire che non avrebbe mantenuto legami politici o di dialogo con Pechino, anche se avrebbe permesso a qualsiasi uomo d’affari di relazionarsi economicamente con il gigante eurasiatico.
Per quanto riguarda la dollarizzazione dell’economia, la vedo improbabile, almeno in questo quadriennio (forse nel prossimo se verrà rieletto). L’Argentina non ha abbastanza dollari per dollarizzare l’intera economia e farlo potrebbe portare a un ulteriore impoverimento e instabilità. È anche vero che però il nostro Paese ha avuto un grosso problema di emissione incontrollata di valuta (senza alcun rimorso) da parte di tutti i politici in carica.
Credo che ci sia stata una mancanza di consapevolezza finanziaria sull’uso misurato del reddito e della spesa nazionale, che ha portato a conseguenze terribili. In questo senso, nonostante la divergenza di opinioni esistente, credo che Milei sia almeno riuscito a portare il dibattito sulla questione “quanto si spende e per cosa si spende?”, dato che non esiste un Paese in cui si possa applicare solamente il principio “spendo quello che voglio senza conseguenze”.
Nella sua ottica, la dollarizzazione non è in qualche modo un capriccio imposto dagli Stati Uniti, quanto bensì una possibile risposta alla svalutazione della moneta. Il peso argentino è una delle valute meno pregiate della regione e questo non è più tollerabile. Il risultato è un impoverimento generale della società, l’incapacità di risparmiare e pianificare il futuro, il declino della qualità della vita e l’esodo verso altri Paesi.
Ad esempio, dobbiamo ricordare che l’Argentina è il Paese con il più alto numero di cittadini italiani residenti all’estero nel mondo e molti di essi, grazie alla loro doppia nazionalità, decidono di emigrare in Spagna dall’Argentina utilizzando il loro passaporto italiano. L’Argentina aveva dunque un futuro cupo e la gente, stufa dei soliti politici, ha scelto di cambiare. A torto o a ragione sarà solo il tempo a dircelo.
Di Alessandro Fanietti per ComeDonChisciotte.org
10.01.2024
Federico Velez Bergami è laureato in Relazioni Internazionali presso “l’Universidad Catolica de Cordoba” (Argentina) ed ha poi conseguito un Master in Gestione Aziendale grazie alla collaborazione fra la Repubblica Popolare Cinese e l’Università Nazionale di Cordoba. Come analista geopolitico, i suoi articoli si concentrano principalmente sul suo Paese e l’America Latina in generale, sulla Cina e spesso anche sull’Italia. Scrive sia per testate locali che internazionali. Inoltre, è stato assistente universitario di “Teoria Politica” presso la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Nazionale di Cordoba e attualmente è membro dell´Osservatorio di Commercio Internazionale dell’Università Nazionale di Lujan (Buenos Aires).