di Sonia Milone per Comedonchisciotte
In questo cruciale momento storico si stanno imponendo una serie di cambiamenti epocali senza che siano stati portati all’interno del dibattito pubblico per una seria discussione democratica. Nel riallineamento di tutti i poteri (politico, economico, culturale, massmediatico, accademico, ecc.) poche le voci critiche improntate alla ricerca della verità e capaci di restituire alla parola il suo valore di orientamento nello smarrimento generalizzato in corso. Una di queste è quella di Paolo Ercolani, docente di Filosofia dell’educazione, Storia della filosofia e Teoria e tecnica dei nuovi media presso l’Università di Urbino dove coltiva “un pensiero critico, rompipalle, contro”.
Collaboratore di Rai Educational Filosofia, è autore di numerosi articoli scientifici e libri fra i quali ricordiamo “Il Novecento negato. Hayek filosofo politico (Perugia 2006); “System Error. La morte dell’uomo nell’era dei media” (Perugia 2007); “La Storia infinita. Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche” (Napoli 2011); “L’ultimo Dio. Internet, il mercato e la religione stanno costruendo una società post-umana” (Bari 2012); “Qualcuno era italiano. Dal disastro politico all’utopia della Rete” (Milano 2013); “The West Removed. Economics, Democracy, Freedom: A Counter-History of Our Civilization” (London – New York 2016); “Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio” (Venezia 2016); “Figli di un Io minore. Dalla società aperta alla società ottusa” (Venezia 2019); “Nietzsche l’iperboreo. Il profeta della morte dell’uomo nell’epoca dell’intelligenza artificiale” (Genova 2022).
Comedonchischiotte ha incontrato il filosofo romano per un’analisi dei fenomeni che caratterizzano i tempi attuali.
Sono passati settant’anni dal 3 gennaio 1954, giorno in cui Fulvia Colombo annunciò sugli schermi di tutti gli italiani la nascita della RAI– Radiotelevisione Italiana. Che bilancio possiamo fare della TV italiana? Quali sono a grandi linee i momenti storici cruciali della televisione italiana?
I momenti di svolta credo siano stati tre. L’avvento della televisione commerciale nei primi anni Ottanta del secolo scorso, la comparsa dei reality show a cavallo del millennio («Il grande fratello») e la nascita della tv digitale con programmi on demand in tempi più vicini a noi. Lascio agli esperti delle questioni tecniche la spiegazione dei suddetti passaggi, limitandomi a una considerazione oggettiva: dal 1954 ad oggi la televisione ha vissuto un costante e inesorabile processo di degradazione culturale. Tale degradazione si è riflessa sulla politica, sulla società civile e sulla popolazione in genere.
Da filosofo, può spiegarci in quali modi la televisione ha influito sulla società?
La Tv ha imposto modi, tempi e valori alle nostre società, trasformando tutto in un grande spettacolo di finzione, auditel, egoismo narcisistico e sottomissione di ogni azione alla logica del profitto. A forza di guardare la Tv, non ci siamo accorti che essa non entrava tanto nelle nostre case, quanto nelle nostre menti, plasmando la vita individuale e sociale di ciascuno di noi. Tutto ciò che è appare (in tv) e tutto ciò che appare (in tv) allora esiste. Con questo principio la Tv si è imposta a guisa di giudice supremo di ogni cosa, persona, fatto etc. a cui riconoscere valore oppure no.
Pier Paolo Pasolini parlava dello “spirito della televisione” come “spirito del tempo moderno” vedendovi l’instaurazione di un rapporto di potere asimmetrico. Secondo Lei è il medium in sé ad instaurarlo o dipende dall’uso che se ne fa? In altre parole, può esistere una TV democratica?
Nessuna delle due ipotesi che Lei mi fa. Ad aver trasformato la Tv in un formidabile strumento di lobotomizzazione delle masse e degradazione del livello culturale generale è stata l’ideologia neoliberistica tornata preponderante nell’ultimo trentennio del secolo scorso. Perché il Mercato (con le sue logiche) tornasse a dominare dopo la parentesi keynesiana, durata dalla fine della Seconda guerra mondiale fino agli anni Settanta del Novecento, occorreva un grande mezzo di distrazione delle masse. La Tv si è rivelata perfetta, essendo un potere totalitario per antonomasia – come già sosteneva McLuhan – in virtù della sua capacità di entrare nelle case e nelle coscienze delle persone (a differenza dei regimi totalitari classici). Il problema non è la Tv democratica, bensì l’evaporazione della democrazia che il sistema neoliberista ha prodotto principalmente grazie all’arma della tv.
Oggi la Rete ha superato la Tv per numero di utenti e la tendenza pare aumentare ogni anno. Secondo Lei, la TV è destinata a sparire? Quali sono le differenze principali fra i due media?
La Tv non è destinata a sparire nella misura in cui si avvale di schermi e si rivolge a quella creatura sempre più cognitivamente debole e impotente che è l’homo videns. Credo piuttosto che i due media siano destinati a fondersi in un grande e unico processo di diffusione di immagini e video, in cui sarà sempre meno chiaro il confine tra vero e falso, reale e virtuale, umano e artificiale. Alla luce delle evoluzioni odierne, non mi concentrerei tanto sulle differenze, quanto piuttosto sulle maggiori potenzialità che la Rete possiede di proseguire l’opera di degradazione cognitiva e culturale diffusa iniziata per mezzo della Tv.
Nel suo libro “Figli di un Io minore» traccia un’analisi che evidenzia il passaggio dall’”intelligenza collettiva dell’opinione pubblica” al “delirio connettivo” di oggi e ha definito la società odierna “ottusa”. Quali sono le sue caratteristiche principali?
Le caratteristiche principali della società ottusa possono essere riassunte con una formula: distruzione del logos (Platone nell’antichità e Pasolini nel Novecento parlavano di misologia). Si tratta di un termine del greco antico con cui quella straordinaria civiltà voleva significare tre processi: studio, pensiero e parola. È fondamentale anche l’ordine: prima si studia, quindi si elabora cognitivamente quanto studiato e infine si parla. Oggi si è ridotto tutto alla terza fase, che senza le prime due si rivela a guisa di chiacchiericcio insignificante e ottundente. L’uomo che non pensa funziona, e sempre più noi oggi siamo ridotti ad automi che compiono le stesse cose senza pensarci su. Funzioniamo secondo un programma algoritmico ideato da qualcun altro.
Nel 2022, sotto il governo Draghi, è stato approvato il “Piano Scuola 4.0“ che digitalizza la didattica: i bambini e i ragazzi andranno a fare lezione nel Metaverso, orwellianamente ribattezzato “Eduverso”. Quale futuro può esserci per i ragazzi con una scuola così?
Quale futuro potrà esserci per l’essere umano, sarebbe meglio chiedersi, in un contesto politico e sociale che si sta sottomettendo mani e piedi alle tecnologie digitali e all’intelligenza artificiale, su cui gli stessi scienziati e guru del settore stanno esprimendo timori o, comunque, inviti a fermarsi, a riflettere, a non lasciare che tutto proceda secondo le più rigide e impersonali leggi finanziarie. Siamo a un passaggio storico e antropologico fondamentale, di cui una politica mediamente improvvisata, incompetente, indifferente o addirittura interessata, non può o non vuole cogliere la portata. Quanto allo specifico della Scuola, proveniamo da cinquant’anni di tagli sciagurati e riforme scriteriate, non mi sorprende che si continui su questa linea anche rispetto al rapporto della stessa con le nuove tecnologie.
A proposito del suo libro del 2011, “L’ultimo Dio. Internet, il mercato e la religione stanno costruendo una società post-umana”, può approfondire la questione citata nello stesso titolo? I social sono già l’habitat del nuovo uomo post-umano?
Assolutamente sì. Nel momento in cui siamo piombati in un contesto per cui la realtà virtuale acquista più importanza di quella reale, fino a diventarne addirittura il filtro indispensabile attraverso cui espletare la maggior parte delle attività rivolte alla vita offline, lì abbiamo posto le condizioni per il graduale ma costante declino verso un mondo post-umano. Ormai sono gli algoritmi a scegliere per noi, informarsi per noi, entrare in relazione con altre persone al posto nostro. Fra un po’ vivranno direttamente la vita al posto nostro, ma di questo sembra non preoccuparsi nessuna delle persone che ricoprono ruoli istituzionali o di governo. Per tanto tempo ci si è preoccupati di quanto l’intelligenza artificiale potesse eguagliare quella umana, ma si tratta di un falso problema. Semmai la questione è quanto l’intelligenza artificiale assimila e uniforma quella umana. Basti un esempio: quante persone (dalle ragazzine agli adulti) riescono ormai a metterci la “faccia” sui social network? Intendo la propria, non quella modificata da ogni genere di filtro. Finto il volto, finta l’anima, è il caso di dire. L’affermarsi del regno della finzione è una tappa obbligata che conduce direttamente al mondo post-umano, quello in cui ogni attività e ogni valore vengono concepiti in funzione del progresso tecnologico e del profitto economico.
Nei suoi testi viene citato spesso il rapporto di egemonia insito nel potere finanziario e in quello dominante della realtà virtuale nella quale siamo immersi. Ci può spiegare meglio questo punto?
Si tratta di un potere egemonico nel senso gramsciano del termine. Nel momento in cui tutti i valori sono quelli imposti dalla logica commerciale e tutte le attività acquistano valore soltanto nella misura in cui generano un profitto, non c’è più bisogno di alcun dominio ottenuto con la forza, poiché si è già ottenuto il consenso delle anime e delle menti. Viviamo in un mondo in cui non ci facciamo problemi a vedere che i parcheggi degli ospedali sono a pagamento e quelli dei centri commerciali sono gratuiti. Né consideriamo che in Rete i social network sono gratuiti perché il vero prodotto siamo noi stessi e quanto arricchiamo le multinazionali del digitale con il nostro narcisismo votato agli algoritmi. Se non è egemonia questa, non saprei come altro definirla.
Lei ha scritto che, soprattutto, chi si occupa di cultura, studio e sapere dovrebbe “sforzarsi di comprendere il proprio tempo e individuare delle proposte ispirate all’”ottimismo della volontà” e a uno spirito rivolto alla difesa e al miglioramento di tutto ciò che è umano. Come spiega il silenzio della maggioranza degli intellettuali al sistema dominante?
Non ho spiegazioni univoche e certe. Provo a ipotizzare che mai come oggi sia una questione di visibilità, quindi di interesse personale. Dal momento in cui si è affermata questa cultura dell’individualismo a tutti i costi, ognuno gioca una partita tutta sua, vede soltanto il proprio giardino, smarrendo la considerazione del bene comune o quantomeno dell’interesse collettivo. Il regime totalitario perfetto, scriveva Hannah Arendt, è quello che massifica le persone nel momento stesso in cui le isola. Siamo di fronte a un sistema totalitario perfettissimo, che non ha bisogno neppure della forza per imporsi, perché ha già colonizzato le menti, anche di troppi dei cosiddetti intellettuali.
Lei ha scritto che “Un sistema totalitario perfetto è quello in cui l’uomo non muore. Ma sparisce”. Può spiegarci questo concetto? Secondo Lei, siamo già in un regime totalitario?
Si tratta del concetto che ho appena espresso. Un regime che colonizza le nostre menti, gestisce le nostre abitudini, regola le nostre attività e uniforma i nostri comportamenti, senza usare per niente la forza, è un regime totalitario perfetto. È quello in cui viviamo e che ho chiamato sistema tecno-finanziario, dove l’essere umano ha valore solo nella misura in cui contribuisce al progresso tecnologico o al profitto economico. Per giunta è anche entusiasta di farlo, perché questa servitù volontaria viene ottenuta grazie a quello straordinario “divertimentificio” che ci è fornito attraverso le tecnologie digitali. Non a caso, ormai non pochi anni fa, uno studioso acuto come Neil Postman intitolò un suo formidabile libretto “Divertirsi da morire”…
Alla luce delle sue osservazioni, in che modo, secondo Lei, è oggi possibile costruire forme credibili di dissenso?
Sarebbe contraddittorio da parte mia parlare di un sistema totalitario perfetto e poi suggerire possibili forme di dissenso. Nel momento in cui sono state colonizzate le menti delle persone, mi viene da dire che non v’è alcun margine di uscita da questo sistema. Si può solo sperare che in qualche modo imploda, o che cada in qualche falla. Ma al momento non ne vedo le condizioni e comunque la cosa non sarebbe priva di rischi per tutti noi che siamo immersi nel sistema della finzione eretta a unica verità possibile.
Rai Cultura Filosofia, L’eclissi dell’uomo nell’era dell’intelligenza artificiale
di Sonia Milone per Comedonchisciotte