Quando la musica diventa forza spirituale: intervista ad Antonello Giovanni Budano, in arte Costa Volpara

Antonello è veramente un artista che ha saputo convogliare nell’arte il dolore di una vita vissuta tra drammi e privazioni, è un esempio di come bisogna affrontare questi tempi oscuri con la forza e la determinazione di chi non si dà per vinto.

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Basta ascoltare le canzoni di questo gruppo musicale per restare piacevolmente coinvolti, apprezzandolo per la carica e la forza che la loro musica suscita in noi. Non si può certo dire che sia un gruppo che risponde al sistema discografico dominante che strumentalizza l’arte per ridurla a semplice intrattenimento finalizzato ad oscurare le menti.
Costa Volpara ci riporta ai cantautori come Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Rino Gaetano, Ivano Fossati, I Nomadi, Francesco Bertoli. La mia generazione (attuali 60/70enni) è cresciuta con la loro musica che ci trasmetteva una forza tale da spingerci a riflettere e a lottare. Conoscere Antonello Giovanni Budano con la sua carica indomabile, così determinato a non arrendersi facilmente davanti ad una situazione sempre più distopica, è veramente entusiasmante.
Antonello nasce a Montefiascone e vive a Viterbo nella Tuscia insieme agli altri membri della band Cristiano Pizzati e Danilo Magalotti. Hanno al loro attivo numerosi album, forse poco conosciuti, ma che dovrebbero invece coinvolgere un pubblico sempre più numeroso.
Iniziano nel 2003 con il disco “Forse già sai “ con 7 brani dove esprimono la visione di un mondo ostile contro il quale si ribellano.
Ritornano nel 2010 con “Un altro Giorno live”, con 9 brani, un disco registrato in presa diretta presso il Teatro comunale di Vejano (VT) in memoria di Marco Regni, storico bassista dei Costa Volpara scomparso prematuramente. Parla di introspezione e denuncia sociale.
Nel 2015 esce “Dona gli anni al vento buono” un piccolo disco composto da 5 brani, musicalmente incoerente, una traccia registrata addirittura nel lontano 2003 il cui protagonista è il tempo che passa. Un lavoro che Antonello ironicamente considera indegno di essere immesso sul mercato dei professionisti, solo che è un disco che gli autori AMANO, perché ” la bellezza è nell’orecchio di chi ascolta”.
Nel 2016 “Ultimo raccolto” una vera e propria raccolta di canzoni con sonorità differenti tra loro dal genere folk al pop rock.
Segue nel 2018 “Un mestiere che non è” nato di impulso che raccoglie 13 canzoni, il brano che in particolare mi ha fatto riflettere è “La casa degli specchi”, uno spaccato interiore della nostra fragilità. (1)
Nel 2021 “Lo stormo” che raccoglie quattordici tracce alternate da canzoni e poesie, composte nel periodo che va dal 2019 al 2021, il periodo più strano e triste per tutti noi. Questo disco è dedicato a Roberto Galli, batterista della band toltosi la vita il 26 Marzo 2020, il brano strumentale “In morte di Roberto Galli” è stato composto da Stefano Capocecera, bassista subentrato nello stesso anno. La musica e le parole del resto dei brani sono di Antonello.
Ultimo disco nel 2024 “Capovolto strumentale” composto da 9 tracce nel quale sono racchiuse atmosfere classiche, elettroniche, etniche.
Antonello non è solo un valido musicista – compositore ma è anche scrittore. Nel 2018 è stato pubblicato il libro che ha scritto insieme ad Angelo Deiana “Albe, giorni e altri bagliori”, editato da “Infinito Edizioni”, con prefazione di Mogol. (2)

Mogol : “Questa è la storia di un giovane che ha ricevuto un’educazione da genitori d’altri tempi e che ha, di conseguenza, vissuto quasi in un altro mondo. Due mondi a confronto. Due diversi modi, non solo di vivere, ma anche di sentire”.

Concludendo questa prefazione all’intervista posso affermare: Antonello è veramente un artista che ha saputo convogliare nell’arte il dolore di una vita vissuta tra drammi e privazioni, è un esempio di come bisogna affrontare questi tempi oscuri con la forza e la determinazione di chi non si dà per vinto. Grazie Antonello per l’intervista che hai voluto concedere a Come Don Chisciotte e soprattutto grazie per la poesia che ci doni.

(1)

 

D.  Grazie Antonello per questa intervista. Iniziamo con la domanda forse più ovvia: come mai avete pensato di chiamarvi Costa Volpara, nome legato alla terra e ad un legame che sembra provenire da lontano?

R. Nel 1996 facevamo le prove in una cantina in aperta campagna in una località chiamata Costa Volpara. In una sera di autunno uscii dalla cantina mentre i miei compagni continuavano a suonare, per via dell’escursione termica la terra rilasciava vapore per il calore accumulato durante il giorno. In quella bassa foschia ho avuto l’impressione che il suono degli strumenti provenisse indefinitamente da tutta la campagna ed esclamai “Costa Volpara suona!” E’ iniziato questo gioco, fingiamo che le canzoni siano di Costa Volpara e noi dei meri esecutori.

D. Ascoltando la vostra musica mi ha richiamato alla memoria i tempi della mia giovinezza, sono cresciuta ascoltando i grandi cantautori italiani, dove non solo venivo e ancora vengo rapita dalla musica suonata con strumenti azionati dalla abilità del musicista, ma anche e soprattutto dalle parole, vera e propria poesia, cosa che ormai sembra desueta, mentre voi avete preferito restare musicisti a tutto tondo. Perché questa scelta?

R.Se di scelta si tratta è stata solo non fingere di essere qualcosa che non siamo.

D. Durante la cosiddetta pandemia, quando ci hanno sequestrato in casa, sei riuscito a far sentire meno sole le persone con le tue canzoni da casa. Come ti è venuta in mente questa idea?

R.Il bisogno di non sentirsi soli è stato reciproco e non si può ricevere senza dare e in momento di difficoltà ho messo a disposizione quello che avevo affinché potessi ricevere calore umano.

D. So che durante questo periodo avete avuto, purtroppo la perdita di un vostro valido componente il batterista Roberto, ma questo sembra che vi abbia fortificato, siete andati avanti e ad ogni ostacolo avete reagito positivamente, come avete ed hai trovato la forza per superare il dolore?

R.Alcuni dolori non si possono superare purtroppo ma si può imparare a conviverci e per farlo ci si stringe più forte agli altri perché non vogliamo perderci.

D.  In questi ultimi due anni abbiamo assistito ad una assurda  censura della cultura russa, osteggiata e considerata il male assoluto, nonostante che sia la letteratura, l’arte dall’architettura alla pittura, la musica siano sempre state fonte di ispirazione per la loro qualità in tutta l’Europa e soprattutto in Italia dove il collegamento è sempre stato molto stretto. Ti chiedo come mai hai deciso di  tradurre in italiano la famosa canzone Katyuscia (3) proprio in questo periodo oscuro?

R.In Italia conosciamo questa canzone tramite Fischia il vento, a maggio del 2022 nella ricorrenza russa della “Giornata della Vittoria”  ho visto una ripresa fatta tramite cellulare in una stazione dove i cittadini in attesa di prendere il treno intonarono coralmente Katyuscia. Rimanendo incantato dalla compostezza e dal comune sentire ho avuto il desiderio di far comprendere le parole originali, seppure nei limiti stringenti della metrica musicale, credo di essere riuscito nell’intento.
Tra l’altro una parte della registrazione l’ho riportata nell’introduzione del brano che ho arrangiato.

D. Questo è stato un passo importante che vi ha fatto conoscere Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso di Donbass Italia. Ti aspettavi questa collaborazione con questi difensori dell’informazione, i quali operano in prima persona sui fatti che ci stanno coinvolgendo sempre di più?

R. Io sono una persona artisticamente felice perché non mi aspetto mai nulla e quando accade qualcosa di bello lo godo tantissimo poiché si rafforza la teoria che si riassume in “ciò che deve accadere accadrà”, vivendo l’arte in questo modo non tolgo tempo alla creatività con l’affannarmi a sgomitare per emergere, che poi detto tra noi, che significa emergere? Emergere dove?
Cosicché mi ha fatto molto piacere quando questa canzone ha cominciato a rimbalzare sui social ed è stata ripresa da Donbass Italia per un servizio giornalistico. Contattando Vincenzo e Andrea per ringraziarli è nata questa amicizia che ha portato in un certo senso, nel suo piccolo, a rafforzare la causa della libertà di espressione.

D. Secondo te stiamo vivendo in un mondo orwelliano nella misura in cui la parola pace è diventata vincere la guerra, dove la parola democrazia è diventata dittatura, la libera informazione è diventata ignoranza e falsità?

Non vorrei andare troppo indietro con i tempi ma credo che Orwell abbia riassunto il modus operandi di tutti i poteri della civiltà umana che operano per la propria autoaffermazione a discapito delle classi subalterne, trovo però che nei giorni nostri il mondo occidentale a cui appartengo abbia raggiunto lo zenit delle proprie capacità.

D. Tra le canzoni una, tra le tante tutte bellissime e incisive, in particolare mi ha colpita per la sua attualità e incisività, mi riferisco a La dittatura non arriva come il fulmine,  parole che fanno veramente riflettere. Pensi che la musica e la cultura possano in qualche modo favorire la conoscenza e aprire la consapevolezza?

Scrissi “Provaci” il 22 Aprile del 2020, eravamo in “Lockdown”, (gli inglesismi aiutano a non maturare la consapevolezza generale che fummo tutti messi agli arresti domiciliari) e nel giro di quarantotto ore la produssi a casa con tanto di videoclip tralasciando la qualità audio video. In quel momento l’ho considerata una personale urgenza. Venendo alla domanda sono certo che la musica e la cultura favoriscano conoscenza e consapevolezza, è per questo che a mio avviso particolarmente in occidente l’arte “ufficiale” è stata svilita riducendola a mero avanspettacolo e fenomeno di consumo e tutto ciò che si consuma è destinato a non lasciare traccia se non scorie. La musica in particolare è diventata come una lattina accartocciata di Red Bull abbandonata in un sagrato di una chiesa.
Tornando alla canzone di cui alla domanda Giulietto Chiesa mi propose di passarla sulla sua televisione web Pandora TV ma questo accadeva pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa. Mi manca molto Giulietto e sono certo che se fosse stato ancora nel nostro giro di sole le cose sarebbero migliori per l’andamento dell’informazione in Italia.

D. Nelle tue canzoni solitarie emerge la tua grande sensibilità verso la natura e tutti gli esseri viventi, forse solo recuperando la nostra spiritualità, il rispetto verso noi stessi e la nostra identità possiamo costruire un mondo dove la guerra non è più utilizzata per favorire gli interessi di pochi a danno dei molti, ma prevalga la moderazione e il dialogo ?

R.La nostra spiritualità è innata e si nasconde nei misteri irrisolti dell’universo, non l’abbiamo mai perduta ma solamente messa in uno stato di sonno, tuttavia non penso che esisterà mai un mondo dove guerre ed interessi non vi siano più, quello che chiamiamo male e bene sono le parti di un equilibrio precario che non va dato per scontato perché oltre è la distruzione totale. Ognuno di noi potrà solo scegliere da che parte stare per controbilanciare e quanta forza spirituale impiegare.
Mi scuso se mi sono divulgato troppo nelle risposte di alcune domande ma aprivano dei mondi.


– Intevista a cura di Patrizia Pisino per comedonchisciotte.org


(1)

https://www.infinitoedizioni.it/wp-content/uploads/2018/09/scheda-Albe-giorni-e-altri-bagliori.pdf

(3)

https://www.rockit.it/costavolpara/discografia

 

 

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