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La Redazione

 

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The Cambridge Analytica Files. “Sono io che ho creato lo strumento psicologico di guerra di Steve Bannon” (intervista)

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A cura di Davide
Il 19 Marzo 2018
253 Views

DI CAROLE CADWALLADR

theguardian.com

Per oltre un anno abbiamo studiato Cambridge Analytica e i suoi collegamenti con la campagna per la Brexit nel Regno Unito e il Team di Trump nelle elezioni presidenziali americane. Ora, il ventottenne Christopher Wylie parla entrando nel merito per discutere del suo ruolo nel dirottare i profili di milioni di utenti di Facebook per colpire l’elettorato statunitense

La prima volta che ho incontrato Christopher Wylie, non aveva ancora i capelli rosa. Questo è avvenuto dopo. Come la sua missione di cancellare quanto fatto.

Prima di incontrarlo, ci parlavo quotidianamente, per ore alla volta. Al telefono sembrava intelligente, divertente, maligno, profondo, intellettualmente famelico, avvincente. Un maestro narratore. Un esperto di politica. Un nerd della scienza dei dati.

Due mesi dopo, quando arrivò a Londra dal Canada, confermò tutte le mie impressioni, nonostante la giovane età. Aveva 27 anni (ora ne ha 28), una cosa che mi è sempre sembrata in evidente contrasto con quanto ha fatto. Potrebbe aver svolto un ruolo chiave negli sconvolgimenti politici epocali del 2016. O quantomeno ha avuto un ruolo importante. A 24 anni, ha fondato la Cambridge Analytica, un’azienda di analisi dei dati, che in séguito ha svolto un ruolo di primo piano nella campagna Leave della Brexit, ed è poi diventata una figura chiave nelle operazioni digitali durante  la campagna elettorale di Donald Trump.

O, come la mette Wylie, è il vegano canadese gay che in qualche modo ha finito per creare “lo strumento di psicologia di guerra di Steve Bannon“.

Nel 2014, Steve Bannon – allora presidente esecutivo del sito “alt-right” Breitbart – era il capo di Wylie. E Robert Mercer, lo schivo miliardario degli hedge fund americani e donatore Repubblicano, era investitore della Cambridge Analytica. L’idea su cui hanno investito era quella di portare i big data ed i social media verso una consolidata metodologia militare – “operazioni di informazione” – per poi riportarla all’elettorato statunitense.

È stato Wylie a venir fuori con questa idea, e ne ha supervisionato la realizzazione. E proprio lui, la primavera scorsa, divenne la mia fonte. Nel maggio 2017, ho scritto un articolo intitolato “La grande rapina della Brexit” (The great British Brexit robbery”), dove mettevo in relazione Brexit, Trump e Russia. Wylie è stato uno dei pochi a fornirne le prove. L’ho trovato, tramite un altro ex dipendente di Cambridge Analytica, che stava quasi nascosto in Canada: colpevole, pensieroso, indignato, confuso. “Non ho detto a nessuno questa cosa”, disse all’epoca. E poi non è riuscito a smettere di parlare.

A quel tempo, Steve Bannon era diventato il capo stratega di Trump. La società madre di Cambridge Analytica, SCL, aveva vinto contratti col Dipartimento di Stato americano e stava offrendosi al Pentagono. Wylie era andato fuori di testa per la cosa. “È folle”, mi disse una notte. “La compagnia ha creato profili psicologici di 230 milioni di americani. Ed ora vogliono lavorare col Pentagono?”.

Finì per mostrarmi una serie di documenti che esponevano i meccanismi segreti dietro Cambridge Analytica. Nei mesi successivi alla pubblicazione del mio articolo di maggio, venne rivelato che la società aveva “raggiunto” WikiLeaks per aiutare a distribuire le mail rubate della Clinton del 2016. Abbiamo poi visto come questo sia diventato oggetto di investigazione del consulente speciale Robert Mueller nella possibile collusione russa nelle elezioni USA.

Anche l’Observer ricevette la prima di tre lettere da Cambridge Analytica , che minacciava di citare in giudizio il Guardian per diffamazione. Stiamo solo iniziando a capire il vortice delle forze che si sono riunite per creare le condizioni per quello che Mueller ha confermato il mese scorso essere una “guerra dell’informazione”. Wylie offre però una visione unica e dal basso degli eventi del 2016. Di come Facebook sia stato dirottato e trasformato in un teatro di guerra; di come sia diventato un punto di partenza per quello che sembra essere un attacco straordinario al processo democratico degli Stati Uniti.

Wylie ha supervisionato quella che potrebbe esser stata la prima violazione critica. All’età di 24 anni, mentre studiava per un dottorato di ricerca sulla previsione delle tendenze della moda, escogitò un piano per raccogliere i profili Facebook di milioni di americani ed utilizzare le loro informazioni private per creare sofisticati profili psicologici e politici. E poi indirizzarli con annunci politici progettati per lavorare sulla loro psiche.

“Abbiamo ‘rotto’ Facebook“, dice.

E lo ha fatto per conto del suo nuovo capo, Steve Bannon.

“È giusto dire che hai hackerato  Facebook ?”, gli chiedo una notte.

Lui esita. “Voglio sottolineare che ho pensato fosse del tutto legale ed alla luce del sole”.

Il mese scorso, Simon Milner, direttore britannico della politica di Facebook, ha detto ai parlamentari britannici, in un’inchiesta su alcune fake news, presieduta dal deputato conservatore Damian Collins, che Cambridge Analytica non disponeva di dati Facebook. L’estratto ufficiale di Hansard recita:

Christian Matheson (deputato per Chester): “Avete mai trasmesso informazioni degli utenti a Cambridge Analytica o ad una delle sue associate?”.

Simon Milner: “No”.

Matheson: “Hanno però una grossa fetta dei dati degli utenti Facebook, no?”.

Milner: “No. Potrebbero anche avere molti dati, ma non sono i dati degli utenti. Potrebbe trattarsi di dati relativi a persone che sono su Facebook, ma non li abbiamo fornito noi”.

Alexander Nix

(Alexander Nix, Cambridge Analytica CEO. Photograph: The Washington Post/Getty Images)

Due settimane dopo, il 27 febbraio, nell’àmbito della stessa inchiesta parlamentare, Rebecca Pow, deputata per Taunton Deane, ha chiesto al CEO di Cambridge Analytica, Alexander Nix: “Qualcuno dei dati proviene da Facebook?”. Nix ha risposto: “Non abbiamo e non lavoriamo con dati Facebook”.

Nel mentre, io e Wylie, assieme ad una manciata di redattori e ad un piccolo gruppo internazionale di accademici e ricercatori, abbiamo saputo che – almeno nel 2014 – le cose non stavano certamente così, perché Wylie ha le tracce documentali. Nella nostra prima telefonata, mi disse che aveva ricevute, fatture, mail, lettere legali – documenti che mostravano come, tra giugno ed agosto 2014, i profili di oltre 50 milioni di utenti Facebook fossero stati raccolti. Ma soprattutto, che aveva ricevuto una lettera dagli avvocati di Facebook che ammettevano che Cambridge Analytica aveva acquisito i dati illegittimamente.

Ammetterlo pubblicamente comporta un’enorme quantità di rischi. Wylie sta violando un accordo di non divulgazione e rischia di essere citato in giudizio. Sta infrangendo la fiducia di Steve Bannon e Robert Mercer.

C’è voluto un anno turbolento per aiutarlo a raggiungere una situazione in cui sia finalmente per lui possibile farsi avanti. Un anno in cui Cambridge Analytica è stata oggetto di indagini su ambo le sponde dell’Atlantico – quelle di Robert Mueller negli Stati Uniti, ed indagini separate da parte della Commissione Elettorale e dell’Information Commissioner’s Office nel Regno Unito, entrambe attivate nel febbraio 2017, dopo il primo articolo dell‘Observer a riguardo.

È stato anche un anno in cui Wylie ha fatto del proprio meglio per riavvolgere le lancette del tempo – per annullare eventi che ha messo in moto lui. All’inizio di questo mese, ha presentato un dossier di prove all’Ufficio del Commissario per le Informazioni e all’unità per la criminalità informatica dell’Agenzia Nazionale per la Criminalità. Si trova ora in una situazione in cui può fare dichiarazioni: il nerd dei dati venuto dal freddo.

Ci sono molti punti da cui questa storia potrebbe iniziare. Uno è il 2012, quando Wylie aveva 21 anni e lavorava per i liberaldemocratici nel Regno Unito, poi nel governo come partner della coalizione junior. La sua traiettoria di carriera è stata, come molti aspetti della sua vita finora, straordinaria, assurda, non plausibile.

Wylie è cresciuto in Canada, nella Columbia Britannica, e da adolescente gli sono state diagnosticate ADHD e dislessia. Lasciò la scuola a 16 anni senza una qualifica. Eppure a 17 anni lavorava nell’ufficio del leader dell’opposizione canadese; a 18 andò ad apprendere tutto ciò che riguardasse i dati dal direttore nazionale del targeting di Obama, che poi presentò in Canada per il partito liberale. A 19 imparò il coding da autodidatta e nel 2010, a 20 anni, andò a Londra per studiare legge alla London School of Economics.

“La politica è come la mafia”, dice. “Non te ne vai mai davvero. Ho ricevuto una chiamata dai Lib Dems. Volevano aggiornare i loro database ed il targeting degli elettori. Ho così combinato lo studio con il lavoro per loro”.

La politica è anche dove si sente più a proprio agio. Odiava la scuola, ma come stagista nel parlamento canadese ha scoperto un mondo in cui poteva parlare con gli adulti, e loro ascoltavano. Era il ragazzo che faceva le cose su internet, l’anno dopo lavorava per il leader dell’opposizione.

“È una delle persone più brillanti che abbia mai incontrato”, mi ha detto un politico anziano che ha conosciuto Wylie da quando aveva 20 anni. “A volte è una benedizione, a volte una maledizione”.

Nel frattempo, al Cambridge University’s Psychometrics Centre, due psicologi, Michal Kosinski e David Stillwell, stavano sperimentando un modo di studiare la personalità – quantificandola.

A partire dal 2007, Stillwell, ancora studente, aveva ideato varie app per Facebook, una delle quali, un quiz sulla personalità chiamato myPersonality, era diventata virale. Gli utenti venivano valutati su “cinque grandi” tratti di personalità – apertura, coscienza, estroversione, gradevolezza e nevroticismo – e, in cambio, il 40% di loro acconsentiva a dargli accesso ai propri profili Facebook. All’improvviso, c’è stato un modo per misurare i tratti della personalità, correlando i punteggi con i “mi piace” di Facebook.

La ricerca era originale, rivoluzionaria ed aveva evidenti possibilità di sviluppo. “Hanno avuto molti contatti coi servizi di sicurezza”, mi ha detto un membro del centro. “Ce n’era uno chiamato ‘You Are What You Like’ ed è stato mostrato ai servizi di intelligence. Faceva vedere questi strani schemi; ad esempio, alla gente che metteva like su ‘I hate Israel’ su Facebook piacevano anche le Nike ed i KitKat”.

“Esistono agenzie che finanziano la ricerca per conto dei servizi di intelligence. Ed erano tutti interessati a questa, soprannominata Operation KitKat”.

La difesa e l’establishment militare sono stati i primi ad intravederne il potenziale. La Boeing ha finanziato il dottorato di ricerca di Kosinski, e Darpa, la segreta Agenzia di Ricerca Avanzata per la Difesa del governo degli Stati Uniti, è citata in almeno due paper accademici a sostegno del lavoro di Kosinski.

Quando però, nel 2013, venne pubblicato il primo documento importante, altri videro questo potenziale, incluso Wylie. Aveva terminato la sua laurea e aveva iniziato il dottorato di ricerca, e stava pensando ai Lib Dem. È giusto dire che non aveva la minima idea di cosa stesse andando incontro.

“Volevo sapere perché i Lib Dems non vincevano più le elezioni, quando erano soliti governare il paese fino alla fine del 19° secolo”, spiega Wylie. “Ho quindi iniziato a guardare i dati demografici e dei consumatori per vedere cosa univa i loro elettori; perché, a parte alcune zone del Galles e delle Shetland, sono regioni strane e disparate. E quel he ho trovato è che non c’erano forti correlazioni. Non c’era alcun segnale nei dati”.

“Poi ho trovato un paper su come i tratti della personalità potrebbero essere un precursore del comportamento politico, e improvvisamente tutto ha avuto un senso. Il liberalismo è correlato con molta apertura di mente ma poca diligenza, e quando si pensa ai liberaldemocratici si pensa a professori distratti ed hippy. Sono dei precursori… sono molto aperti a nuove idee. E ad un tratto mi fu tutto chiaro”.

Qui c’era un modo per il partito per identificare potenziali nuovi elettori. L’unico problema era che i Lib Dems non erano interessati.

“Ho fatto questa presentazione dicendo loro che avrebbero perso metà dei loro 57 posti, e loro mi risposero: ‘Perché sei così pessimista?’. Poi finì che ne persero 49”.

Un’altra connessione Lib Dem introdusse Wylie ad una società denominata SCL Group , una delle cui sussidiarie, la SCL Elections, avrebbe poi creato Cambridge Analytica (un’impresa incorporated tra SCL Elections e Robert Mercer, finanziata da quest’ultimo). A tutti gli effetti, la SCL e la Cambridge Analytica sono la stessa cosa.

Alexander Nix, allora CEO di SCL Elections, fece a Wylie un’offerta che non poteva rifiutare. Gli disse: ‘Ti do carta bianca. Sperimenta. Vieni e metti alla prova tutte le tue pazze idee’.

In tutta la storia delle cattive idee, questa si rivelò una delle peggiori. Il lavoro era quello di direttore della ricerca in tutto il gruppo SCL, un appaltatore privato che opera sia nella difesa che nelle elezioni. Il suo ramo di difesa era un appaltatore dei Ministeri della Difesa britannico ed americano, tra gli altri, esperto nelle “operazioni psicologiche”: in pratica, nel cambiare le opinioni della gente non tramite persuasione ma tramite il “dominio dell’informazione”, un insieme di tecniche che include notizie false, rumour e disinformazione.

SCL Elections aveva usato una serie simile di strumenti in oltre 200 elezioni in tutto il mondo, per lo più in democrazie non sviluppate, che Wylie avrebbe poi realizzato non erano attrezzate per difendersi.

Wylie possiede un visto britannico Tier 1 Exceptional Talent – un visto di lavoro dato a sole 200 persone all’anno. Stava lavorando all’interno del governo (con i Lib Dem) come stratega politico con competenze avanzate nel campo della scienza dei dati. Ma nessuno, meno di tutti lui, avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe successo dopo. Quando si presentò agli uffici della SCL a Mayfair, non aveva la minima idea che si stava ficcando nel bel mezzo di una serie di progetti di difesa ed intelligence, appaltatori privati ​​ed armi informatiche all’avanguardia.

“La cosa che penso sempre è: cosa sarebbe successo se invece avessi accettato il lavoro alla Deloitte? Me ne hanno offerto uno. Penso solo che se avessi accettato letteralmente qualsiasi altro lavoro, Cambridge Analytica non esisterebbe. Non hai idea di quanto ci rimugini”.

Alcuni mesi dopo, nell’autunno del 2013, Wylie incontrò Steve Bannon. A quel tempo, era caporedattore di Breitbart, che aveva portato in Gran Bretagna per sostenere il suo amico Nigel Farage nella sua missione di portare la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europea.

Com’era ?

“Intelligente”, dice Wylie. “Interessante. Molto interessato alle idee. È l’unico uomo etero con cui abbia mai parlato della teoria femminista intersezionale “.

L’incontro tra Wylie e Bannon fu come mettere della benzina su una fiamma tremolante. Wylie vive di idee. Ne parla a dozzine per ore alla volta. Aveva una teoria da dimostrare. E all’epoca, questo era un problema puramente intellettuale. La politica è come la moda, disse a Bannon.

“[Bannon] capì subito. Crede nell’intera dottrina di Andrew Breitbart che la politica è a valle della cultura, quindi per cambiare la politica bisogna prima cambiare la cultura. E le tendenze della moda sono un utile indicatore per questo. Trump in pratica è come un paio di Uggs, o di Crocs. Come si passa quindi dall’aver gente che pensa ‘che schifo’ al momento in cui tutti li indossano? Quello era il punto che stava cercando”.

Wylie però non stava parlando solo di moda. Era da poco venuto a conoscenza di una nuova disciplina, “operazioni di informazione”, che, a fianco di terra, mare, aria e spazio, si colloca nella dottrina militare americane dello “spazio di battaglia a cinque dimensioni”. Il suo intervento risuonò nel Gruppo SCL – il governo britannico ha pagato SCL per condurre operazioni anti-estremismo in Medio Oriente, ed il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti l’ha incaricata di lavorare in Afghanistan.

Gli dico che un altro ex dipendente ha descritto l’azienda come un “MI6 a noleggio”, cosa che non avevo mai capito del tutto.

“È come un MI6 sporco perché non sei costretto. Non c’è bisogno di andare da un giudice per chiedere il permesso. È normale per una ‘società di ricerche di mercato’ accumulare dati sulle popolazioni nazionali. E se lavori in qualche paese e c’è un vantaggio ausiliario per un cliente con interessi convergenti, beh, questo è solo una cosa in più”.

Quando chiedo come Bannon abbia persino scoperto SCL, Wylie mi dice quella che mi sembra una balla, anche se la può dimostrare con una mail. Mark Block, un veterano stratega Repubblicano, si sarebbe seduto su un aereo accanto ad un esperto di cyberwarfare per l’aeronautica americana. “Ed il ragazzo cyberwarfare gli dice, ‘Oh, dovresti incontrare quelli della SCL. Fanno guerra informatica per le elezioni'”.

U.S. President Trump’s former chief strategist Bannon walks in Piazza Navona in Rome
(Steve Bannon: ‘He loved the gays,’ says Wylie. ‘He saw us as early adopters.’ Photograph: Tony)

È stato Bannon a portare questa idea ai Mercer: Robert Mercer – il co-CEO dell’hedge fund Renaissance Technologies, che ha usato i propri miliardi per perseguire un’agenda di destra, donando a cause e candidati repubblicani – e sua figlia Rebekah.

Nix e Wylie volarono a New York per incontrare i Mercer nell’appartamento di Manhattan di lei.

“Mi amava. Era tutta un: ‘Oh, abbiamo bisogno di più gente del tuo tipo dalla nostra parte!’ ”

Il tuo tipo?

“Gay. Li adorava. Così come Steve [Bannon]. Ci vedeva come dei primi utilizzatori. Pensò che se puoi accattivarti i gay, tutti gli altri seguiranno. È per questo che era così affascinato da Milo [Yiannopoulos] “.

Robert Mercer è stato un pioniere nell’A.I. e nella traduzione automatica. Ha contribuito ad inventare il trading algoritmico – che ha sostituito i gestori di hedge fund con programmi per computer – ed era in sintonia con Wylie. Era per un nuovo tipo di messaggio politico, che si basava su un autorevole e rivoluzionario paper del 2014, studiato presso il Psychometrics Centre, dal titolo: “I giudizi sulla personalità fatti dai computer sono più accurati di quelli fatti dagli umani”.

“In politica, l’uomo coi soldi è solitamente l’uomo più stupido nella stanza. Con Mercer invece è il contrario”, dice Wylie. “Ha detto poco, ma ha ascoltato molto. Voleva capirci di più. E voleva la prova che funzionasse”.

E per far ciò, Wylie aveva bisogno di dati.

Come Cambridge Analytica abbia acquisito i dati è stato oggetto di revisioni interne all’Università di Cambridge, di molti articoli e di molte voci e speculazioni.

Quando Nix è stato intervistato dai parlamentari il mese scorso, Damian Collins gli ha chiesto:

“Qualcuno dei tuoi dati proviene dalla società Global Science Research?”

Nix: “GSR?”

Collins: “Sì”.

Nix: “Abbiamo avuto una relazione con GSR. Hanno fatto delle ricerche per noi nel 2014. Quella ricerca si rivelò infruttuosa e quindi la risposta è no”.

Collins: “Non ti hanno fornito dati o informazioni?”

Nix: “No”.

Collins: “I tuoi set di dati non sono basati su informazioni che hai ricevuto da loro?”

Nix: “No”.

Collins: “Per niente?”

Nix: “Per niente”.

Il problema con la risposta di Nix a Collins è che Wylie ha una copia di un contratto eseguito, datato 4 giugno 2014, che conferma che SCL, la società madre di Cambridge Analytica, ha stipulato un accordo commerciale con una società chiamata Global Science Research (GSR), di proprietà di Aleksandr Kogan, accademico all’Università di Cambridge, specificamente basata sulla raccolta e l’elaborazione dei dati di Facebook, di modo che potessero essere abbinata ai tratti della personalità ed ai voti degli elettori.

Ha ricevute che dimostrano che Cambridge Analytica ha speso 7 milioni di dollari per accumulare questi dati, circa 1 milione di questi con GSR. Ha i documenti ed i bonifici. Le mail rivelano che Wylie abbia prima negoziato con Michal Kosinski, uno dei coautori dell’originale articolo accademico myPersonality, per utilizzarne il database. Quando però i negoziati si sono arenati, un altro psicologo, Aleksandr Kogan, ha offerto una soluzione che molti dei suoi colleghi consideravano non etica. Ha proposto di copiare le ricerche di Kosinski e Stilwell e di escluderli dall’accordo. Per Wylie sembrava una soluzione perfetta. “Kosinski chiedeva $500.000 per l’IP, ma Kogan disse di poterne fare una copia e raccogliere da solo il proprio set di dati” (Kosinski afferma che la somma era destinata a finanziare ulteriori ricerche).

Dr Aleksandr Kogan
(An unethical solution? Dr Aleksandr Kogan Photograph: alex kogan)

Kogan quindi istituì GSR per fare il lavoro, e propose a Wylie di usare i dati per creare un istituto interdisciplinare che lavorasse in tutto lo spettro delle scienze sociali. “Cosa ne è stato di quell’idea?”, chiedo a Wylie. “Non si è mai realizzata. Non so perché. È una delle cose che mi fa più arrabbiare”.

Fu l’interesse di Bannon per la cultura come strumento di guerra che accese l’intelletto di Wylie. Furono però i milioni di Mercer a creare una tempesta di fuoco. Kogan riuscì ad investire un sacco di soldi per il difficile problema dell’acquisizione di dati personali: su Amazon Mechanical Turk e su Qualtrics, fece pubblicità a gente disposta ad esser pagata per fare il test di personalità, alla fine del quale l’app di Kogan, chiamata thisismydigitallife, gli diede il permesso di accedere ai loro profili Facebook. E non solo ai loro, ma anche a quelli dei loro amici. In media, ogni “seeder” – le persone che avevano fatto il test di personalità, circa 320.000 in totale – ha dato involontariamente accesso ad almeno 160 profili di altre persone, nessuna delle quali avrebbe saputo o avuto motivo di sospettare.

Ciò che mostra la corrispondenza di mail tra i dipendenti di Cambridge Analytica e Kogan è che quest’ultimo aveva raccolto milioni di profili in poche settimane. Né Wylie né nessun altro alla Cambridge Analytica avevano però verificato che fosse legale. Era sicuramente non legale. Kogan aveva sì il permesso di estrarre i dati di Facebook, ma solo per scopi accademici. Inoltre, secondo le leggi britanniche sulla protezione dei dati, è illegale che dati personali vengano venduti a terzi senza consenso.

“Facebook sicuramente sapeva della cosa”, dice Wylie. “I loro protocolli di sicurezza sono stati attivati ​,​perché le app stavano scaricando questa enorme quantità di dati, ma a quanto pare Kogan ha detto loro che era per uso accademico. Quindi loro lo fecero fare”.

Kogan sostiene che tutto quanto ha fatto era legale e che aveva uno “stretto rapporto di lavoro” con Facebook, che gli aveva concesso il permesso per le sue app.

Cambridge Analytica aveva i dati. Questo è stato il fondamento di tutto ciò che ha fatto dopo – di come abbia raccolto le inclinazioni psicologiche dei “seeder” e di come poi abbia costruito un algoritmo per tracciare un profilo di altri milioni persone.

Per più di un anno, la relazione su ciò che Cambridge Analytica abbia fatto o non fatto per Trump ha ruotato intorno alla questione della “psychographics”. Wylie però sottolinea: “Tutto è stato costruito sulla base di questi dati. I modelli, gli algoritmi. Qualsiasi cosa. Perché non dovresti usarlo nella tua più grande campagna di sempre?”.

Nel dicembre 2015, Harry Davies del Guardian ha pubblicato  il primo articolo sull’acquisto da parte di Cambridge Analytica di dati Facebook e del loro utilizzo per sostenere Ted Cruz nella sua campagna di candidatura tra i Repubblicani. Solo molti mesi dopo Facebook ha agito. E tutto quel che hanno fatto è stato scrivere una lettera. Nell’agosto 2016, poco prima delle elezioni americane, e due anni dopo la violazione, gli avvocati di Facebook scrissero a Wylie, che aveva lasciato Cambridge Analytica nel 2014, dicendogli che i dati erano stati ottenuti illecitamente e che “GSR non era autorizzato a condividerli o venderli”. Gli dissero che dovevano essere cancellati immediatamente.

“L’avevo già fatto. Ma letteralmente tutto quel che dovevo fare era spuntare una casella, firmare la lettera e rispedirla indietro”, dice Wylie. “Facebook non fece alcuno sforzo per recuperare i dati”.

C’erano più copie di questi. Vennero inviati via email in file non criptati.

Cambridge Analytica ha respinto tutte le accuse rivoltele dall’Observer.

Il dott. Kogan – che in seguito cambiò il suo nome in Dr Spectre, per poi ricambiarlo nuovamente in Dr Kogan – è ancora un membro di facoltà alla Cambridge University, un ricercatore senior. Ciò che però i suoi colleghi accademici non sapevano, fino a che lui stesso non lo rivelò via mail all’Observer (sebbene l’Università affermasse che Kogan l’avesse detto al capo del dipartimento di psicologia), è che è anche un professore associato all’Università di San Pietroburgo. Ulteriori ricerche hanno rivelato che ha ricevuto sovvenzioni dal governo russo per la ricerca su “Stress, salute e benessere psicologico nei social network”. L’occasione è nata durante un viaggio in città per visitare amici e parenti, ha detto.

Ci sono altri documenti drammatici nella scorta di Wylie, tra cui un passo fatto da Cambridge Analytica verso Lukoil, il secondo più grande produttore petrolifero russo. In una mail del 17 luglio 2014, in merito alle primarie presidenziali americane, Nix scrisse a Wylie: “Ci è stato chiesto di scrivere un memo a Lukoil per spiegar loro come verrebbero applicati i nostri servizi al business del petrolio. Nix ha affermato che “comprendono il microtargeting comportamentale nel contesto delle elezioni” ma che “non riescono a stabilire una connessione tra elettori e consumatori”. Il lavoro, ha detto, sarebbe stato “condiviso con il CEO dell’azienda”, un ex ministro del petrolio sovietico ed associato di Putin,Vagit Alekperov.

“Non aveva alcun senso per me”, dice Wylie. “Non ho capito né la mail né l’abboccamento che abbiamo fatto. Perché una compagnia petrolifera russa vorrebbe ottenere informazioni sugli elettori americani? ”

L’indagine di Mueller fa risalire al 2014 le prime fasi del tentativo russo di intromettersi nelle elezioni americane del 2016, quando lo stato russo fece quello che sembra essere il suo primo tentativo coordinato di sfruttare il potere dei social media americani. E fu a fine estate dello stesso anno che Cambridge Analytica presentò alla compagnia petrolifera russa uno schema dei propri dataset, capacità e metodologia. La presentazione aveva poco a che fare con i “consumatori”. Documenti mostrano invece che il focus era sulle tecniche di ingerenza nelle elezioni. La prima diapositiva illustra come una “campagna di rumour” abbia diffuso la paura nelle elezioni nigeriane del 2007 – su cui la compagnia stava lavorando – diffondendo l’idea che “le elezioni sarebbero state truccate”. La slide finale, marchiata con il logo di Lukoil e quello di SCL Group e SCL Elections, titola i suoi ‘risultati attesi’: ‘messaggistica psicografica’.

Robert Mercer with his daughter Rebekah.
(Robert Mercer with his daughter Rebekah. Photograph: Sean Zanni/Getty Images)

Lukoil è una società privata, ma il suo amministratore delegato, Alekperov, risponde a Putin, ed è stata utilizzata come veicolo di influenza russa in Europa ed altrove – inclusa la Repubblica Ceca, dove nel 2016 è stato rivelato che un consulente del presidente ceco, fortemente pro-russo, era pagato dalla compagnia.

Quando ho chiesto un’opinione a Bill Browder, uomo d’affari anglo-americano che sta guidando una campagna globale per un Magnitsky Act che imponga sanzioni contro privati russi – mi ha risposto: “Tutti in Russia sono subordinati a Putin. Qualsiasi azienda russa che lanci qualcosa al di fuori delle proprie normali attività commerciali è molto sospetta”.

Il mese scorso, Nix ha detto ai parlamentari della commissione che indaga sulle fake news: “Non abbiamo mai lavorato con un’organizzazione russa in Russia o con qualsiasi altra compagnia. Non abbiamo alcuna relazione con la Russia o con russi”.

Non ci sono prove che Cambridge Analytica abbia mai lavorato per Lukoil. Quel che questi documenti mostrano, tuttavia, è che nel 2014 una delle maggiori compagnie russe sia stata completamente informata su: Facebook, microtargeting, dati, intromissione nelle elezioni.

Cambridge Analytica è “il Frankenstein di Chris”, dice un suo amico. “Lui l’ha creato. È il suo mostro dei dati. E ora sta cercando di rimediare”.

Solo una volta Wylie ha ritenuto il caso di sottolineare che all’epoca aveva 24 anni. Ma li aveva. Si entusiasmò per le possibilità intellettuali dello strumento. Non pensava alle conseguenze. E mi chiedo quanto abbia soppesato il proprio ruolo o la propria responsabilità in esso. Ora vuole invece fare dichiarazioni pubbliche ed annullare questa sua creatura.

Perché gli ultimi mesi sono stati come guardare un tornado che diventa sempre più forte. E quando Wylie rivolge tutta la propria attenzione su qualcosa – il suo cervello strategico, la sua attenzione ai dettagli, la sua capacità di pianificare 12 passi avanti – a volte è un po’ terrificante da guardare. Avere a che fare con qualcuno addestrato alla guerra dell’informazione ha le sue sfide particolari, ed il suo set di talenti straordinari include delle abilità politiche di alto livello che farebbero sembrare House of Cards il Great British Bake Off. E non tutti ne sono fan. Un buon numero di ex colleghi – anche quelli che lo amano – lo chiamano “machiavellico”. Un altro ha descritto in dettaglio i dibatti molto accesi che lui e Nix avrebbero avuto.

“Cosa ne pensano i tuoi genitori della tua decisione di farti avanti?”, gli chiedo.

“Hanno capito. Mio padre mi ha mandato una vignetta oggi, con due personaggi appesi ad una scogliera. Il primo dice ‘Aspetta lì’, e l’altro gli risponde: ‘Vai a quel paese'”.

Quale sei tu?

“Probabilmente entrambi”.

Ciò che è indubbio è che cammino lungo e faticoso sia stato arrivare fino a qui. E quanto lui sia senza paura.

Dopo molti mesi, vengo a sapere del terribile ed oscuro retroscena che getta un po’ di luce sulla sua determinazione. Lui ne discute candidamente. Quando aveva sei anni, mentre era a scuola, Wylie venne picchiato da una persona mentalmente instabile. La scuola cercò di coprire la storia, incolpando i suoi genitori. Ne seguì una lunga battaglia legale. L’infanzia e la carriera scolastica di Wylie non si sono mai riprese da quell’episodio. I suoi genitori – padre medico e madre psichiatra – erano meravigliosi, dice. “Ma conoscevano la traiettoria delle persone che si trovano in quella situazione, quindi penso sia stato particolarmente difficile per loro, perché avevano una comprensione più profonda di ciò che una cosa del genere causa ad una persona nel lungo termine”.

Dice di essere cresciuto ascoltando psicologi che parlavano di lui in terza persona e, all’età di 14 anni, citò in giudizio, con successo, il Ministero della Pubblica Istruzione canadese, costringendolo a cambiare le sue politiche di inclusione in materia di bullismo. Quel che noto ora è quanto ami la legge, gli avvocati, la precisione, l’ordine. Mi viene da pensare che i suoi capelli rosa siano una specie di false-flag. Non tollera il bullismo.

Quel che fa Cambridge Analytica è simile al bullismo?

“Penso sia peggio del bullismo”, dice Wylie. “Perché le persone non sanno necessariamente cosa venga loro fatto. Almeno il bullo gioca a carte scoperte. Quindi è peggio, perché se non rispetti l’azione delle persone, qualsiasi cosa tu faccia dopo quel punto non contribuisce alla democrazia. E, fondamentalmente, la guerra dell’informazione non è favorevole alla democrazia”.

Russia, Facebook, Trump, Mercer, Bannon, Brexit. Cambridge Analytica tocca tutti questi argomenti. Anche nelle ultime settimane, sembra che la comprensione del ruolo di Facebook si sia ampliata e approfondita. Le accuse di Mueller hanno certamente contribuito, e Paul-Olivier Dehaye – esperto di dati ed accademico con sede in Svizzera, che ha pubblicato alcune delle prime ricerche sui processi di Cambridge Analytica  – afferma che è sempre più evidente che Facebook sia “abusivo per natura”. Se ci sono prove di collusione tra la campagna di Trump e la Russia, sarà nei flussi di dati della piattaforma, dice. E le rivelazioni di Wylie non dicono molto di nuovo.

“Facebook ha negato e negato e negato”, dice Dehaye quando viene informato delle nuove prove dell’Observer. “Ha ingannato i parlamentari e gli investigatori del Congresso ed ha fallito nei suoi doveri di rispettare la legge. Ha l’obbligo legale di informare le autorità di regolamentazione ed i privati cittadini di questa violazione dei dati, e non l’ha fatto. Più e più volte non è stato aperto e trasparente”.

Facebook nega che il trasferimento dei dati sia stato una violazione. Un portavoce ha inoltre dichiarato: “Proteggere le informazioni delle persone è al centro di tutto ciò che facciamo, e chiediamo lo stesso da chi gestisce app su Facebook. Se questi report sono veri, si tratta di un grave abuso delle nostre regole. Sia Aleksandr Kogan che il gruppo SCL e Cambridge Analytica ci hanno assicurato di aver distrutto i dati in questione”.

Le informazioni personali di milioni di persone sono state rubate ed utilizzate per prenderle di mira, in modi che non avrebbero potuto vedere e sapere, da una squadra di mercenari, la Cambridge Analytica, che, secondo Wylie, “lavorerebbe per tutti”. Che si offre alle compagnie petrolifere russe. Hanno sovvertito elezioni di altri paesi per conto di governi stranieri?

Mi viene in mente di chiederlo a Wylie una notte.

“Sì.”

Nato o non-Nato?

“Entrambi. Voglio dire, sono mercenari. Basta pagare”.

È una rivelazione incredibile. Sintetizza tutti i problemi dell’outsourcing – su scala globale, con l’aggiunta di armi informatiche. E nel mezzo di tutto questo ci sono le nostre intime relazioni familiari, i nostri “mi piace”, le nostre briciole di dati personali, tutti risucchiati in un buco nero vorticoso che si sta espandendo e crescendo ed è ora di proprietà di un miliardario politicamente motivato.

I dati Facebook sono in circolazione. E, pur con tutti gli sforzi di Wylie, non si può tornare indietro.

Tamsin Shaw, professoressa di filosofia alla New York University ed autrice di un recente articolo sul New York Review of Books sulla cyberwar e sull’economia della Silicon Valley, mi ha detto che aveva pensato alla possibilità che gli appaltatori privati ​che ​ottengono armi informatiche siano almeno in parte finanziati dalla difesa degli Stati Uniti.

Definisce “selvagge” le rivelazioni di Wylie e sottolinea che “all’intero progetto Facebook” è stato concesso di diventare così vasto e potente dall’establishment della sicurezza nazionale statunitense.

“È una forma di potere molto profondo ma morbido, che è stato visto come una risorsa per gli USA. La Russia ha sfruttato questo asset, pagando per le pubblicità in rubli e così via. Sta battendo su questo punto, no? La Silicon Valley è una risorsa della sicurezza nazionale americana che le si sta ritorcendo contro”.

 

Fonte: www.theguardian.com

Link: https://www.theguardian.com/news/2018/mar/17/data-war-whistleblower-christopher-wylie-faceook-nix-bannon-trump

17.03.2018

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

 

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