Se parliamo di Trump e Bannon o di Assange e Oprah: è la reazione dell’impero

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DI SLAVOJ ZIZEK

Rt.com

Ci sono stati tre eventi recenti, di cui la stampa ha parlato ampiamente, che riassumono la nostra attuale triste situazione: il conflitto aperto tra Donald Trump e Steve Bannon, il discorso che Oprah Winfrey ha tenuto ai Golden Globe e la prospettiva di far uscire  Julian Assange dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Perché, anche se sembrano eventi totalmente scollegati tra di loro, uno si incastra con l’altro come pezzi di un puzzle.

Il conflitto tra Trump e Bannon è diventato pubblico dopo la pubblicazione del libro di Michael Wolff “Fire and Fury”.  Una ridicola querelle su chi ha detto cosa  che non dovrebbe bastare per distrarci dal nocciolo della questione.

Bannon è una specie di onesto populista di destra che prende l’anticapitalismo con un minimo di serietà, tanto da chiedere tasse più alte per i ricchi, più investimenti pubblici ecc., ma la sua rabbia è esplosa quando – con la nuova legge fiscale – è diventato evidente che Trump è il presidente dei super-ricchi. Un neoliberale che appartiene a quella economia che tenta appena un approccio con il malcontento popolare.

La lezione per la sinistra è stata chiara: bisogna considerare il licenziamento di gente come Bannon solo come licenziamento di un razzista neofascista. E questa immagine prende la forma più demonizzata della minaccia fascista, che costituisce chiaramente un nuovo feticcio politico, nel senso più freudiano di un’immagine affascinante che ha la semplice funzione di nascondere cosa è il vero antagonista.

Nuovi vecchi trend

In effetti, il fascismo stesso è immanentemente feticista, nel modo in cui ha bisogno di una figura come quella di un ebreo, elevato a causa esterna di tutti i nostri problemi – è una figura di questo genere che permette di offuscare gli antagonismi immanenti che attraversano le nostre società. La mia tesi è che esattamente che questo comportamento abbia la stessa valenza anche con la figura del “fascista” nell’odierna immaginazione liberale.

Solo la paura di dover scendere a compromessi con l’estrema-destra basta a stordirci, tanto da non farci comprendere a che punto di compromessi siamo già arrivati. Quindi non dovremmo badare troppo al lato estetico di questa riflessione autocritica che sta gradualmente prendendo piede e che, pur rimanendo veramente antifascista, vuol gettare anche uno sguardo critico sulle debolezze della sinistra liberale – si veda, ad esempio, lo straordinario intervento di Susan Sarandon.

La sua affermazione non dice che la correttezza politica in stile #MeToo va troppo oltre, ma che è un atteggiamento pseudo-radicale e che il suo radicalismo è solo una posa. Non si tratta di costruire una coalizione tra Sinistra radicale e destra fascista, ma di tagliare l’ossigeno a quella parte della classe operaia di estrema-destra rivolgendosi direttamente ai loro elettori, e l’unico modo per raggiungere questo obiettivo è spostarsi più a sinistra, lanciando un messaggio critico più radicale: cioè, fare esattamente quello che hanno provato a fare Bernie Sanders negli Stati Uniti e Jeremy Corbyn nel Regno Unito e che era alla base del loro relativo successo.

Perché la sinistra (o quello che ne resta)  è così lenta a voler imparare questa lezione?

Julian Assange outside Eucadorian Embassy in London, 2017. © Peter Nicholls
La forza delle Stelle

E questo ci porta al nostro secondo esempio, il trionfante discorso  di Oprah Winfrey ai Golden Globe che ha affascinato il pubblico al punto da portarla in orbita come potenziale candidato democratico alla presidenza, contro Trump, nelle elezioni del 2020. Ma il suo discorso è un modello su come fare la cosa giusta per la ragione politica sbagliata.

La cosa giusta è stata la richiesta di spostare l’attenzione  – dalle attricette privilegiate che si lamentavano delle molestie sessuali – verso quei milioni di donne, esposte a violenze quotidiane, che sono molto più violente. Ha ricordato quanti siano stati i nomi famosi accusati di molestie sessuali, a cominciare da Harvey Weinstein, che hanno dichiarato alla stampa di aver dovuto cercare aiuto nella terapia – un gesto disgustoso se riusciamo ancora a parlare di disgusto!

Perché il loro comportamento non è stato un caso di patologia privata, ma una espressione della ideologia maschile dominante e di una struttura del potere,  quindi è tutta questa impalcatura che dovrebbe essere cambiata.

La ragione sbagliata è che Oprah – da buona liberale – non si rende conto del legame che esiste tra questo grande risveglio delle donne e le  continue lotte che si fanno in politica e in economia. All’incirca nello stesso periodo in cui si cominciava a parlare degli scandali di Weinstein, furono pubblicati  i Paradise Papers e non si può non chiedersi perché nessuno abbia chiesto al pubblico di smettere di ascoltare le canzoni degli U2 e di Bono (grande filantropo, sempre pronto ad aiutare i poveri in Africa) o di Shakira, dopo che aveva saputo come questi personaggi evitano di pagare le tasse e quindi ingannano le autorità pubbliche in Irlanda e in Spagna, evadendo le tasse per ingenti somme di denaro.

O che si dovrebbero dare alla famiglia reale britannica meno soldi pubblici, dato che parte della loro ricchezza è parcheggiata nei paradisi fiscali, mentre il fatto che Louis C.K. abbia fatto vedere il pene a qualche donna ha immediatamente rovinato la sua carriera. Non vi sembra che questa sia una nuova versione del vecchio motto di Brecht: “Che sarà mai  rubare a una banca in confronto a chi fonda una banca?”   Allora possiamo dire che : è tollerabile truffare un sacco di soldi a tutti, ma non è tollerabile far vedere un cazzo a un paio di persone, perché – in questo caso – tutti ti mettono subito al bando?

Pene Selettive

C’è da temere che questo risveglio possa trasformarsi in un altro caso in cui la legittimazione politica si basa sullo status di vittimismo del soggetto. La caratteristica fondamentale della soggettività di oggi non è quella strana combinazione del soggetto libero che si sente responsabile ultimo del proprio destino e del soggetto che basa l’autorevolezza del proprio discorso solo sul suo essere stato vittima di circostanze al di fuori del proprio controllo?

Dove ogni contatto con un altro essere umano è vissuto come una potenziale minaccia – solo se l’altro fuma o se mi lancia uno sguardo libidinoso, mi fa già male; questa logica di vittimizzazione oggi è stata universalizzata, andando ben al di là dei normali casi di molestie sessuali o razziste – è un comportamento che ricorda l’industria finanziaria – in continua crescita – delle richieste di risarcimento danni, che vanno dall’affare del tabacco negli Stati Uniti, alle rivendicazioni finanziarie delle vittime dell’olocausto e dei lavoratori deportati e forzati nella Germania nazista, fino all’idea che gli Stati Uniti debbano pagare agli afroamericani centinaia di miliardi di dollari per tutto quello che hanno perso ​a causa della loro passata schiavitù.

Questa nozione di vedere il soggetto come vittima irresponsabile implica l’estrema prospettiva narcisistica per cui ogni incontro con l’Altro appare come una potenziale minaccia al precario equilibrio immaginario del soggetto stesso; in quanto tale, questo non è il contrario ma, piuttosto, una insita sostituzione del libero soggetto liberale: quindi nella forma predominante della individualità di oggi, l’affermazione egocentrica del soggetto psicologico paradossalmente si sovrappone alla percezione di se stesso come vittima delle circostanze.

E’ qui che la lezione per la sinistra ci rimanda al nostro primo esempio: l’establishment farà tutto il possibile per prevenire la radicalizzazione di una economia della sinistra liberale e per proteggere  i veri cardini  del potere da qualsiasi controllo, pertanto non c’è da meravigliarsi che tutto il pianeta dei Big Media si impegni in una campagna sistematica contro chiunque provi a fare esattamente questo.

Questo ci porta al nostro terzo esempio: la campagna di calunnie contro Julian Assange ha raggiunto il livello più basso immaginabile con le ultime voci non verificate secondo cui gli ecuadoriani vogliono liberarsi di lui perché puzza e i suoi vestiti sono sporchi.

Nella prima fase di attacchi contro Assange, l’accusa era che WikiLeaks ha cominciato bene ma poi si è impantanata con il pregiudizio politico di Assange (per la sua ossessione anti-Hillary e per i suoi “legami sospetti” con la Russia …). Poi sono cominciati i tentativi di assassinare il suo personaggio: è paranoico, arrogante e ossessionato dal potere e dal controllo.

Ora siamo arrivati al livello corporeo diretto di odori e macchie sui vestiti.

La lezione per la sinistra deve far si che impari a non farsi distrarre da dettagli tanto ridicoli ma che si concentri su ciò che è essenziale, su ciò che Assange rappresenta realmente – cioè la diffusione delle notizie sui legami tra le grandi  corporations e gli uffici del governo. E a questo punto la figura di Elon Musk diventa emblematica: appartiene alla stessa casta di Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, ecc., tutti “miliardari socialmente consapevoli”.

Rappresentano il volto più seducente e “progressista” del capitale, in breve, sono il capitale nella sua forma più pericolosa. Musk ama mettere in guardia dalle minacce che le nuove tecnologie possono creare alla dignità e alla libertà umana – cosa che, naturalmente, non gli impedisce di investire in una impresa che studia l’interfaccia cervello-computer chiamata  Neuralink, una società incentrata sulla creazione di dispositivi che possono essere impiantati nello stesso cervello umano, con l’obiettivo finale di aiutare gli esseri umani a fondersi con un software e a stare al passo con i progressi dell’intelligenza artificiale.

Questi arricchimenti potrebbero migliorare la memoria o consentire un’interfaccia più diretta con i dispositivi informatici: e nel tempo penso che probabilmente vedremo una fusione più stretta tra intelligenza biologica e intelligenza digitale.

Ogni innovazione tecnologica viene sempre presentata per la prima volta in questo modo, sottolineando i suoi benefici sanitari o umanitari, che dovrebbero renderci ciechi a malaugurate implicazioni o a conseguenze nefaste: come possiamo arrivare ad immaginare che genere di nuove forme di controllo mentale potrà contenere il  cosiddetto “neural lace” ?

Questo è il motivo per cui è assolutamente necessario mantenere queste ricerche fuori dal controllo del capitale privato e del potere statale, cioè bisogna renderle completamente accessibili al pubblico dominio. Assange aveva ragione quando nel suo libro rivelazione  -stranamente ignorato da Google-  si rendeva conto di come le nostre vite oggi siano controllate e regolate, e di come questo controllo venga da noi vissuto come libertà. Per comprenderlo bene, dobbiamo concentrarci sulla relazione oscura che esiste tra le corporations  private che controllano i nostri beni comuni e gli uffici dei servizi segreti statali.

E la vera lezione che dobbiamo imparare è che incidenti come il discorso di Oprah o gli attacchi ad Assange sono parte di una stessa lotta globale.

 

Slavoj Žižek  è un cultural philosopher e senior researcher all’  Institute for Sociology and Philosophy dell’Università di  Lubiana, Global Distinguished Professor di Tedesco  alla  New York University, e international director del Birkbeck Institute for the Humanities dell’ Università di Londra.

Fonte: https://www.rt.com

Link: https://www.rt.com/op-edge/416676-zizek-empire-left-assange/

22.01.2018

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario

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