DI PIETRANGELO BUTTAFUOCO
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Cronaca minima. Amici a cena. È il commiato dell’estate. Uno di loro, chirurgo, risponde al telefono. L’ospedale lo allerta. Il dottore è, infatti, di reperibilità. C’è la possibilità di un intervento in urgenza. “Qualcosa di grave?” Una paziente, 92 anni, ha un’ulcera perforata. “E non si procede?” Si attende la decisione dei parenti. “Non, dunque, le indicazioni dei medici?”. Se non s’interviene muore, se s’interviene c’è la possibilità che muoia sotto i ferri ma se l’operazione ha un felice esito l’unica certezza è che la donna possa sopravvivere ancora qualche giorno perché comunque l’organismo di una signora di novantadue anni non può reggere il trauma di un decorso post-operatorio. “Cosa decideranno, dunque, i parenti?”. Il chirurgo controlla sul telefonino la data. Mancano un bel po’ di giorni al 27 del mese. “Che significa aspettare il 27?”
E’ la data in cui è versata la pensione. Superare quel giorno significa incassare un mese in più. L’unica forma di sostegno, specie al sud, è la pensione dei vecchi. Ogni catetere è come un benefit nella desolazione sociale di un’Italia in ripresa solo a chiacchiere. Se la paziente entra in sala operatoria c’è la possibilità di raggiungerlo il 27, aggrappati al flebile capriccio dell’azoto. E un mese, specie di questi tempi, fa comodo. Indora il dolore dei dolenti.
Fonte: www.ilfoglio.it
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4.09.2017