PARLIAMO DELL' ELEFANTE

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DI MARCO TRAVAGLIO

C’è un genere letterario sempre più avvincente: quello delle «reazioni politiche» alle inchieste giudiziarie sui potenti. Giornali e talk show di questi giorni tracimano di «reazioni politiche» alle indagini sulle tre scalate Bpl-Antonveneta, Ricucci-Rcs e Unipol-Bnl (una riedizione delle «convergenze parallele») benedette dallo sgovernatore Fazio. Chiunque abbia occhi per vedere e di cervello per ragionare, quando legge le cronache, capisce subito qual è il problema: l’eterna predisposizione quasi genetica delle classi dirigenti italiane a delinquere, a violare le leggi, le «loro» leggi visto che a ispirarle, a scriverle e ad approvarle sono le classi dirigenti stesse, non certo le classi subalterne (le lobby degli extracomunitari e dei disoccupati delle periferie metropolitane sono piuttosto debolucce, in Parlamento). Banchieri che rifilano a ignari risparmiatori carrettate di carta straccia spacciata per «bond» con rendimenti da favola. Banchieri che ingrassano correntisti «speciali» con l’insider trading mentre grassano i correntisti «normali» con spese bancarie gonfiate e derubano persino i morti, come quei becchini sorpresi anni fa a Torino a cavare i denti d’oro ai cadaveri prima di seppellirli. Banchieri che riempiono di soldi i politici per ottenere protezione e di costosi regali lo sgovernatore perché chiuda un occhio o possibilmente due. Il tutto senza incontrare mai alcun ostacolo, se non fosse per quel residuo baluardo di resistenza che è la Procura di Milano, che in trent’anni ci ha raccontato chi erano Sindona, Calvi, Gelli, Craxi, Forlani, Berlusconi, Previti, Squillante e i loro attuali epigoni.

Ma appena si abbandona il mondo normale per entrare in quel mondo a parte che è la politica, il problema diventa un altro. Come ai bei tempi di Craxi: chi c’è dietro ai magistrati? E dietro ai giornali? I «poteri forti»? Perché arrestare Fiorani «proprio ora»? Berlusconi, proprietario di Mediolanum e appena entrato nel patto di sindacato di Capitalia, dice che «la sinistra controlla tutte le banche» e si domanda «perché dall’inchiesta escono solo i nomi dei nostri e non quelli della sinistra». Come se l’uscita dei nomi dei «suoi» che prendevano soldi da Fiorani fosse una cosa scontata e potesse essere «pareggiata» da qualche nome di sinistra (dev’essere la riforma della par condicio). Cicchitto si consola: «I nomi usciti sono quattro straccioni» (il ministro Calderoli, il sottosegretario Brancher, gli onorevoli Romani, Tarolli e Grillo saranno entusiasti della qualifica). La Russa si fa coraggio: «I nomi li so tutti e posso assicurare che non c’è nessuno di An». La qual cosa riempirà di gioia i correntisti della Lodi rapinati da Fiorani & C., dei quali ovviamente nessuno si occupa. Giorgio La Malfa, pregiudicato per la tangente Enimont, va dall’insetto a discettare di correttezza e legalità delle banche. Carlo Vizzini, prescritto per la stessa mazzetta, parla di «regalo di Natale dei giudici prima delle elezioni», come se quest’estate non fosse accaduto nulla, ma ora «bisogna vedere chi vogliono colpire veramente». E se volessero colpire semplicemente un’associazione a delinquere di stampo bancario?

L’ipotesi viene esclusa a priori. Per meglio dare l’idea del mondo alla rovescia, il senatore Ds Franco Debenedetti sostiene che «non c’erano esigenze cautelari per arrestare Fiorani» (stava solo distruggendo le prove e portando 70 milioni di euro a Singapore). E chiede al governo di «intervenire sulla giudice Forleo» che nella sua ordinanza ha osato parlar male di Fazio. Tocca a un esponente di Forza Italia (fantastico!) rammentargli che «il governo non può intervenire sulla giudice perché la magistratura, in Italia, è indipendente». E vorrebbe tanto aggiungere «purtroppo». Tutti temono, invece di auspicarla, «una nuova Mani Pulite». Come se il problema fosse Mani Pulite, e non Tangentopoli. Grandioso il commento di Peppino Caldarola: «Quelli hanno cominciato con gli arresti per far confessare la gente proprio come ai tempi di Mani Pulite». Gli fa eco il margherito Andrea Annunziata: «Li arrestano apposta a Natale perché la gente vuole uscire subito e confessa». Ecco: se un rapinatore o un terrorista confessa e fa i nomi dei complici, sono tutti contenti. Ma se un banchiere confessa e fa i nomi dei complici, chissà perché, in Parlamento serpeggia il panico. Intanto, si parla d’altro. Come diceva Leo Longanesi, parliamo dell’elefante.

Marco Travaglio
Fonte: www.unita.it

17.12.05
Visto su: http://www.biraghi.org/

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