Nuovi Ogm: come il tecnocapitalismo si sta prendendo il nostro cibo

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Di Luca V. per ComeDonChisciotte.org

 

Come ben sappiamo, lo scorso 7 febbraio il parlamento europeo ha approvato la proposta della commissione per il nuovo regolamento sulle piante NGT: se anche il consiglio europeo voterà favorevolmente, la coltivazione e commercializzazione di questi prodotti sarà liberalizzata su tutto il territorio europeo. Cioè, tutta una serie di tecniche di modificazione genetica comparse negli ultimi vent’anni, e che fino a questo momento sono ricadute nell’ambito di applicazione dell’ordinaria disciplina europea sugli OGM del 2001, non saranno più OGM. Le parole sono fatti.

In realtà, ben prima di arrivare alle bollinature ufficiali di Strasburgo, il distacco della placenta era già avvenuto nell’alveo della ricerca, con la creazione a suo tempo delle varie sigle equivalenti NGT (New Genomic Techniques), NBT (New Breeding Techniques) o TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) per distinguere a livello concettuale tra vecchie e nuove tecnologie. In questa ripartizione, la categoria tradizionale degli OGM riguarda la sola transgenesi, dunque quel tipo malevolo e ben noto di ingegneria genetica con cui si introduce nel DNA di arrivo un gene esogeno appartenente a un organismo estraneo, creando pericolose chimere (per un esempio efficace, si pensi alle piante bioluminescenti di Genome Compiler). Gli amichevoli TEA, invece, sfruttano le innovative tecnologie di genome editing (ingegneria genetica di precisione) per alterare con accuratezza sequenze già presenti nel genoma, in modo del tutto equivalente alle modificazioni che possono spontaneamente avvenire in qualsiasi organismo; o tuttalpiù per cimentarsi in innocui e rassicuranti innesti cisgenici, in cui il gene esogeno viene pescato da organismi interfertili con il ricevente, quindi con gli stessi risultati dei più lenti processi naturali di incrocio. A differenza dei mostruosi OGM transgenici, le Tecniche di Evoluzione Assistita sembrano limitarsi a razionalizzare e accelerare i meccanismi genetici naturali, di per sé notoriamente rozzi e imprecisi. E in effetti la direttiva 2001/18/CE, punto centrale di tutta la disciplina europea in materia, già definisce gli OGM come organismi “il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica.” È vero che i TEA non sfruttano veramente processi naturali, come avviene con le tradizionali tecniche di selezione, bensì sono interventi squisitamente artificiali e di laboratorio, ma c’è anche da dire che li imitano molto bene: così bene da farci riflettere sul fatto che organismi prodotti in questo modo non sono poi così geneticamente modificati come saremmo distrattamente indotti a credere…

 

CRISPR/Cas (pronuncia: crisper) è una tecnica di genome editing ideata nel 2012, che sfrutta un meccanismo immunitario precedentemente scoperto in molti procarioti.

I virus infettano le cellule versandovi dentro il proprio materiale genetico attraverso la membrana cellulare. Una volta dentro, il genoma virale sfrutta le strutture cellulari per sintetizzare i componenti di nuovi virus, che si assemblano spontaneamente e fuoriescono, danneggiando la cellula o portandola alla morte. Molti batteri reagiscono ad attacchi di questo tipo attivando un meccanismo che spezza i segmenti di DNA del virus, disinnescandoli. La sequenza virale viene archiviata nel genoma batterico, a futura memoria, e trasmessa ai discendenti: in caso di attacco futuro da parte di un virus simile, il materiale estraneo verrà riconosciuto e si attiverà lo stesso processo difensivo. Cas è l’enzima che svolge questa funzione di forbice molecolare: nel genoma batterico, il gene che la codifica è una sequenza ripetuta più e più volte (un fenomeno indicato con la sigla CRISPR) e intervallata ai segmenti di DNA virale conservato, che a loro volta codificano la guida per Cas. L’idea di utilizzare questa antica e raffinata astuzia batterica come strumento biotecnologico per intervenire con inedita precisione sulla sequenza voluta e tagliarla, è valsa alle sviluppatrici il Premio Nobel per la chimica del 2020. Nella versione più semplice (SDN1), che non prevede l’inserimento di geni esogeni, CRISPR/Cas induce nella cellula bersaglio l’attivazione dei suoi meccanismi di riparazione, che il più delle volte non sono precisi e vanno ad aggiungere, togliere o scambiare nucleotidi nella sequenza, disattivando così il gene tagliato (cosiddetto knock-out genico).

In effetti, il sistema promette ai ricercatori di provocare mutazioni accurate, fornendo un potere creativo senza precedenti. Le prospettive sono esaltanti (e lucrose): dagli antibiotici genici che non provocano antibiotico-resistenza al potenziamento delle tecniche di fermentazione industriale che utilizzano microorganismi geneticamente modificati per produrre farmaci, biocarburanti e alimenti (la produzione di proteine sintetiche tramite la cosiddetta fermentazione di precisione rientra tra quei novel foods che risolveranno la fame nel mondo, lo sfruttamento intensivo degli animali e il cambiamento climatico), fino alle più disparate e promettenti terapie geniche. A questo proposito, un fremente ricercatore cinese ha anticipato i tempi ed è passato ai fatti già nel 2018, facendo nascere due gemelle OGM – o meglio, TEA, resistenti all’Hiv. Tra l’altro, CRISPR/Cas è anche una delle tecniche più importanti impiegate nella sperimentazione di nuovi OGM per l’agricoltura.

Non c’è dubbio che i vari impieghi di CRISPR/Cas ci persuadano della sostanziale equivalenza tra il vetusto processo naturale e la nostra Evoluzione Assistita, con la sola differenza che la seconda è migliore del primo. In realtà, non è possibile prevedere e controllare tutti i possibili effetti di un intervento umano sul genoma di un organismo. Le forbici molecolari (CRISPR/Cas o di altro tipo) potrebbero dirigersi anche su sequenze diverse da quelle volute, con conseguenze totalmente imprevedibili: sono gli effetti off-target, o mutazioni fuori bersaglio. Anche gli effetti on-target non sono sempre quelli voluti: l’alterazione provocata dalla riparazione cellulare, che non è un meccanismo fisiologico ma una disperata reazione di emergenza a un trauma mortale subito, può essere anche molto estesa, fino ad arrivare alla cosiddetta cromotripsi, con decine o centinaia di riarrangiamenti genomici. Inoltre, la sequenza nucleotidica risultante dall’alterazione talvolta potrebbe essere significativa e codificare casualmente proteine anomale, con effetti ignoti. Senza contare che potrebbero sempre inserirsi nella zona di taglio sequenze estranee provenienti da un ambiente di sperimentazione non del tutto sterile.

Né sono controllabili gli effetti della modifica voluta sull’espressione genomica complessiva (i geni spesso hanno più funzioni e si influenzano a vicenda), né, esattamente come per gli OGM già commercializzati e virtualmente con gli stessi rischi, quelli sull’ecosistema in cui l’organismo con le nuove caratteristiche inevitabilmente andrà a inserirsi. Nel caso dell’esperimento di He Jiankui sulle gemelle cinesi, ad esempio, la disattivazione del gene CCR5 in quanto coinvolto nell’infezione da Hiv è una mutazione correlata a una maggiore suscettibilità al virus del Nilo occidentale, artefice della famosa e altrimenti nella maggior parte dei casi innocua febbre West Nile – proprio quella di cui si voleva paventare una nuova pandemia nel 2022.

In linea generale, bisogna pensare che in natura le eventuali mutazioni casuali svantaggiose che possono comparire in un individuo passano al vaglio della selezione naturale. D’altra parte, un paragone tra TEA e mutazioni naturali può reggere soltanto finché si guarda al mero risultato dell’operazione, ignorando il processo che conduce alla mutazione, come se fosse ininfluente e non lasciasse traccia (è questa la base del cosiddetto principio della sostanziale equivalenza su cui si vuole basare la liberalizzazione dei prodotti). In realtà, anche escludendo l’introduzione di altre sequenze, il genome editing è una vera e propria manipolazione transgenica dell’organismo, visto che il suo funzionamento comporta l’introduzione di sequenze di DNA batterico o virale usate come vettori per trasportare la strumentazione molecolare dentro alle cellule. Viene spesso affermato che tali modifiche andranno a perdersi nelle successive generazioni, ma questo non è sicuro (ha fatto scalpore nel 2019 il caso statunitense dei vitelli senza corna, pensati come alternativa alla pratica della scornatura meccanica e presentati come grande successo NGT, e che tuttavia anni dopo si è scoperto avere stabilmente integrato nel loro DNA il vettore batterico utilizzato sul progenitore nella procedura di editing).

Forse l’entusiasmo che circonda l’avvento dell’editing genomico non riguarda tanto la bontà delle soluzioni che offre, o non necessariamente, quanto piuttosto la sua celerità ed economicità. Scegliamo il punto da tagliare nel gene bersaglio affidandoci a uno dei database disponibili gratuitamente online (ad esempio chopchop.cbu.uib.no), creiamo l’RNA-guida per l’enzima servendoci di un transcription kit (MEGAscript T7 della ThermoFisher offre 40 reazioni a 564,00 €) oppure rivolgendoci direttamente a una casa produttrice come la tedesca Merck (l’RNA-guida per CCR5 viene venduto a poco meno di 80,00 €). Buttiamo via tutto e su the-odin.com con soli 179 dollari ci facciamo arrivare a casa un kit di genetica ricreativa per rendere antibiotico-resistente un Escherichia coli: ci sono anche le istruzioni, i guanti di lattice e un adesivo “BioHack the Planet” (il prodotto è stato vietato in Germania perché alcune scatole erano contaminate da batteri patogeni). Le tecnologie precedenti richiedevano costi e difficoltà di realizzazione molto più elevati.

 

Rispetto a quello americano, il mercato alimentare europeo è sempre stato meno aperto agli OGM. La disciplina in vigore sui nostri territori si baserebbe su un’applicazione del cosiddetto principio di precauzione: il rischio che potrebbe comportare la commercializzazione di un nuovo prodotto tende a essere addossato al produttore, piuttosto che al consumatore. Sono previste specifiche e distinte procedure di autorizzazione per la sperimentazione, coltivazione o commercializzazione come alimento o mangime di un nuovo OGM, con previa analisi dei rischi, e un sistema di etichettatura e tracciabilità, in modo che la natura del prodotto e il percorso di filiera siano conoscibili. Dal 2015, i singoli Stati possono vietare a determinate condizioni la coltivazione di OGM autorizzati dall’UE sul proprio territorio, possibilità ampiamente sfruttata (restano peraltro la sperimentazione e la commercializzazione autorizzata, soprattutto di mangimi per gli allevamenti, che non devono essere segnalati in etichetta). Queste regole chiaramente rendono più difficili e costose le esportazioni di prodotti agro-alimentari sul mercato europeo per l’agroindustria statunitense. Ancora più grave, nel 2017 un report di Infogm basato su dati Eurostat riportava una riduzione del 4% del terreno coltivato a OGM in Unione Europea, passando a 130 571 ettari totali, con la cessazione delle coltivazioni in Repubblica Ceca e Slovacchia. L’arresto della produzione in Romania era ancora precedente: abbandonate le coltivazioni non autorizzate con l’ingresso in UE nel 2007, il declino è stato inarrestabile, a nulla valendo nemmeno l’estremo tentativo della Monsanto di fornire i semi gratuitamente. Rimangono la Spagna e il Portogallo. L’ostilità diffusa verso gli OGM, che le varie organizzazioni vogliono rappresentare (in Italia sono 42 le associazioni riunite nella Coalizione Italia Libera da OGM), prende forza dai vari problemi emersi negli anni riguardanti l’abbattimento dell’agrobiodiversità, lo sviluppo di infestanti e parassiti resistenti agli OGM resistenti (paradossalmente le monoculture, impedendo la sopravvivenza dei più deboli, lasciano libero campo ai più forti: per fortuna chi detiene i brevetti degli OGM controlla anche le imprese di produzione dei pesticidi), la tossicità per organismi innocui (magari predatori dei parassiti in aumento), l’invasività, i rischi per la salute umana a causa di allergie e intolleranze dipendenti dall’introduzione del gene estraneo, l’inquinamento genetico dell’ambiente e delle colture circostanti. Con le difficoltà di coltivazione insorte, nemmeno le promesse di prodigiosi aumenti di produzione sono state mantenute.

Alla luce di tutto questo, la soluzione per l’Europa appare chiara: bisogna rebrandizzare il prodotto.

 

La nostra corte costituzionale nelle sue sentenze sul cosiddetto obbligo “vaccinale” ha ricordato con chiarezza i principi costituzionali su cui si basano (sarebbe più corretto dire l’inverso) i rapporti di potere delle attuali istituzioni statali e sovrastatali: “l’intervento del legislatore non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali o sovranazionali – a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico-scientifici. … La connotazione medico-scientifica degli elementi in base ai quali il legislatore deve operare le proprie scelte non esclude la sindacabilità delle stesse da parte di questa Corte, ma il sindacato riguarda, in questo caso, la coerenza della disciplina con il dato scientifico posto a disposizione. … Ed è su questi dati scientifici – forniti dalle autorità di settore e che non possono perciò essere sostituiti con dati provenienti da fonti diverse, ancorché riferibili a “esperti” del settore – che si è basata la scelta politica del legislatore; legislatore che altrimenti, anziché alle autorità istituzionali, avrebbe dovuto affidarsi a “esperti” non è dato vedere con quali criteri scelti.”

Come mostrato nel report di Giugno 2023 del Centro Internazionale Crocevia (1), le grandi multinazionali sementiere (le solite Bayer-Monsanto, Sygenta-Chemchina, Basf e Dow-Dupont che detengono l’oligopolio del mercato sementiero e agrochimico mondiale) hanno stipulato nel tempo contratti di licenza con i principali centri pubblici di ricerca, in modo tale da esternalizzare la ricerca di base e procedere poi in proprio con quella applicata. In questo modo l’accademia diviene dipendente dagli ingenti finanziamenti dei privati, e contenuto e indirizzi della ricerca vengono determinati dai loro interessi. Così la ricerca scientifica, incaricata di sviluppare nuove tecnologie per una produzione di OGM più celere ed economica, ha anche accuratamente evitato di ricondurle alle precedenti, coniando nuovi nomi commerciali per indicarle (anche He Jiankui aveva chiamato il suo intervento di terapia genica su cellule germinali “vaccino”: in effetti, l’età di somministrazione dei vaccini tende a essere sempre più bassa ultimamente, e il micromanipolatore assomiglia a una piccola siringa).

I risultati degli stessi studi sono stati poi utilizzati dai gruppi lobbistici per fare pressione sulle istituzioni statali ed europee al fine di ottenere la deregolamentazione: Corporate Europe Observatory ne descrive passo passo le modalità nel suo dettagliato report del 2021 (2). Tra i gruppi figurano anche EPSO, EU-SAGE e ALLEA, che si presentano come organizzazioni rappresentative dell’accademia europea, dunque interlocutori imparziali e affidabili sul tema. Un report dei Verdi europei (3) rileva tuttavia un fitto intreccio di legami economici non dichiarati che legano all’industria sementiera i membri di questi gruppi, nonché le istituzioni statali di ricerca da essi rappresentate. Le multinazionali utilizzano queste propaggini per ammantare i propri interessi di credibilità scientifica e per amplificare la propria voce (le tre organizzazioni sono in realtà espressione dello stesso centro di interesse, tanto più che molti membri fanno parte di più gruppi contemporaneamente, o provengono dalle stesse istituzioni). Corporate Europe Observatory segnala inoltre rapporti finanziari di ALLEA ed EU-SAGE con Re-Imagine Europa, il think-tank fondato dalla immancabile Gates Foundation per aiutare l’Europa a “costruire un prospero futuro di pace, libertà e giustizia sociale per tutti i suoi cittadini” e naturalmente coinvolto nelle pressioni lobbistiche per la deregolamentazione dei nuovi OGM nell’unione europea.

Nel 2018, la corte di giustizia europea si pronuncia sull’introduzione nel catalogo francese delle varietà di specie di piante agricole di una varietà di colza ottenuta tramite genome editing, contestata dal sindacato agricolo Confédération paysanne e altre otto associazioni. Contro le argomentazioni dell’avvocato generale, la corte stabilisce, per il principio di precauzione e contro quello di sostanziale equivalenza del prodotto, che gli NGT sono da considerarsi OGM ai sensi della normativa in vigore, dunque richiedono specifica autorizzazione per poter essere coltivati. La pressione lobbistica si intensifica.

In aprile 2021 la commissione europea pubblica i risultati di uno studio (4) che, prendendo atto della decisione della corte basata sulle norme in vigore, conclude però per la sostanziale estraneità tra NGT e OGM, essendo piuttosto il genome editing equivalente nei suoi prodotti alle tecniche di mutagenesi e di selezione tradizionali. Urge quindi una correzione della normativa per poter beneficiare degli inediti vantaggi di queste nuove tecnologie: resistenza a malattie e parassiti, emancipazione dai pesticidi, più produzione, resilienza al cambiamento climatico. La sensazione che produce la lettura di questo documento è quella di un perplesso e stranito déjà-vu.

Friends of the Earth Europe (non che ci servissero loro per arrivarci), insieme ad altri gruppi, ha denunciato (5) le irregolarità della fase di preparazione dello studio (le consultazioni non sono state rese pubbliche, sono state rivolte al 74% a rappresentanti del settore industriale e hanno riguardato solo in minima parte i rischi degli NGT).

Un passaggio in particolare dello studio è significativo, perché è l’impronta perfettamente riconoscibile dell’intera strategia adottata: dalle consultazioni emergerebbe che i limiti attualmente imposti dalla normativa costituiscono “a serious challenge for NGT research in the agri-food and industrial sectors, affecting private companies, public institutions and academics”, elencando tra i problemi emersi “projects stopped or postponed, reduced private funding interest, research moving outside the EU”. In altre parole, anche la ricerca si dice direttamente danneggiata dalla normativa OGM: ma questa è proprio una conseguenza dal fatto che è soggiogata all’industria, per cui ciò che di danno è per l’una ovviamente è di danno anche per l’altra!

 

Comprata l’accademia e soggiogata la politica, manca ancora un ultimo passaggio. Nella relazione di sintesi dello studio, si legge: “Gli Stati membri hanno manifestato interesse nell’affrontare i temi legati alle NGT attraverso dialoghi ed eventi condotti da varie istituzioni, che possono contribuire a migliorare la consapevolezza e la comprensione da parte del pubblico. La percezione delle nuove biotecnologie da parte del pubblico è fondamentale per permettere la loro diffusione sul mercato.” Nell’ottobre 2022, EU-SAGE invita politici degli Stati e membri della commissione (6) a una conferenza sulle opportunità del genome editing per l’agricoltura europea: uno degli argomenti affrontati è “Societal aspect and communication about plant breeding innovations.” Dopo un lungo cammino, gli OGM possono ora presentarsi nella propria nuova veste ripulita di fronte all’opinione pubblica. Ormai sono irriconoscibili. Non più distopiche e inquietanti tecniche di laboratorio, ma un fresco dono della scienza per salvarci dai cambiamenti climatici. Sarà sufficiente?

Bisogna essere cauti, e procedere gradualmente. Il nuovo regolamento, discusso appositamente prima delle elezioni, è passato al parlamento con una maggioranza stringata di 47 voti su 263 contrari, con 41 astenuti. Nel testo definitivo (7) sono stati reinseriti gli obblighi di etichettatura e tracciabilità, inizialmente non previsti nella proposta della commissione sulla scorta dell’equivalenza e indistinguibilità dei nuovi OGM con i prodotti ottenuti con tecniche tradizionali. Come nel testo originale, le piante sono state divise in due gruppi in base al tipo di tecnica applicata, per alcune è prevista una procedura di valutazione dei rischi semplificata, per altre viene abolita. È stato aggiunto un divieto di brevettazione, ma anni di fatica non possono certo andare buttati proprio sul più bello: e il divieto infatti non esclude il diritto di privativa (la differenza con il brevetto sta essenzialmente nella cosiddetta esenzione del selezionatore, ossia nella libertà di utilizzo della varietà per svilupparne altre), né impedisce il ricorso alle piattaforme di licenza, sistemi brevettuali privati paralleli a quelli pubblici (la più grande è la ACLP, gestita a livello globale dall’oligopolio: il diritto all’utilizzo delle varietà in loro possesso è concesso dietro pagamento di un canone periodico, secondo regole stabilite contrattualmente), e ad altre regolamentazioni private. Obiettivo raggiunto. Naturalmente, il regolamento viene presentato come una misura a favore degli agricoltori (8) per aiutarli a sostenere la transizione verde con prodotti che non richiedono pesticidi, esattamente come la marcia indietro sulla riduzione del 50% dei pesticidi è stata presentata come un rallentamento concesso agli agricoltori in rivolta, facendola passare come una delle motivazioni centrali delle proteste e riuscendo così nell’intento di screditarle. In realtà le due misure, la marcia indietro sul divieto dei pesticidi e il passo in avanti sulle piante geneticamente modificate, sono coerenti e vanno nella stessa direzione: quella degli interessi dell’oligopolio. Ma le parole sono fatti.

 

Questi tentativi di introdurre organismi geneticamente modificati nel nostro ecosistema si inquadrano nel più vasto percorso di emancipazione dell’uomo dall’ambiente naturale. Vediamo crearsi ed espandersi gradualmente un mondo artificiale sopraelevato, che non scende più a compromessi con vincoli esterni ma dipende dal puro desiderio umano e dall’inventiva necessaria a esaudirlo. Nel campo biologico, lo stesso nome di “Tecniche di Evoluzione Assistita”, solo a un primo sguardo rassicurante, rivela in realtà che la meta di tutto questo tipo di ricerca è inevitabilmente eugenetica, cioè di potenziamento. Le piante geneticamente modificate sono una pratica eugenetica, e soltanto un limite tecnico, non etico, impedisce per ora che sia eugenetico anche l’impiego dell’ingegneria genetica sull’uomo. CRISPR/Cas, ad esempio, apre a utilizzi interessanti in ambito bellico: non solo nello sviluppo di nuovi armamenti biologici, ma anche nella difesa. L’esercito statunitense attualmente sta sperimentando possibili interventi di genome editing per rendere i polmoni umani resistenti alle armi chimiche. A differenza del potenziamento transumano, poi, quello genetico ha un maggior potenziale pervasivo.

Una volta inserita la modificazione genetica nell’ambiente, è impossibile cancellarla: esemplare è il caso del Messico, dove nel 2001 sono state trovate contaminazioni in alcune varietà native di mais pur non essendo coltivato mais OGM sul territorio. La stessa normativa UE prevede una soglia di tolleranza dello 0,9%, al di sotto della quale la presenza di geni estranei in un alimento viene considerata fisiologica e non deve essere segnalata sulle etichette, né rileva ai fini delle norme sul biologico. Come aveva tra l’altro giustamente lamentato Coldiretti nel 2009 quando ancora non era pro-nuovi OGM, questa previsione dimostra che nemmeno secondo la normativa europea è possibile una vera coesistenza tra campi coltivati con o senza OGM. Lo stesso si può dire per le immissioni nel pool genetico umano: non c’è via di ritorno, una volta avvenuto il travaso si dovrà soltanto pensare a come farci i conti.

Il processo di emancipazione, per inciso, avanza parallelamente alla progressiva privatizzazione e mercificazione della realtà. Mano a mano che il progresso tecnologico ne distende le possibilità di insinuazione, il tecnocapitalismo si appropria di porzioni sempre più profonde di materia, processi e pensieri, manomettendo e incanalando tutto l’esistente entro le logiche di quel suo mondo sopraelevato. A questo proposito, nel Fanale Oscuro del 25 luglio 2022 è riportata una frase illuminante: “la tecnocrazia non è affatto il governo dei tecnici, bensì la tecnicizzazione delle gerarchie.” L’immagine è quella di una grande macchina che si estende su tutto e ingloba tutto nelle sue catene di montaggio: ciò che più allarma di questo processo non è tanto la teoria seguita dal tecnico salito al potere, quanto il modo perfetto in cui questa teoria riesce a organizzare e ottimizzare per il proprio scopo il comportamento degli esseri umani disposti ai livelli inferiori, in modo tale che ciascuno occupi diligentemente il proprio posto e svolga il proprio ruolo limitato senza distrazioni. Dal ricercatore che sviluppa la nuova tecnologia al consumatore che al supermercato acquista la nuova mela biologica nata dall’ultima novità di genome editing, nessuno si chiede che cosa sta facendo, né come funziona il sistema in cui è inserito.

A questa immagine però può essere utilmente affiancato un modello di comprensione integrativo, che tra l’altro ha il vantaggio di restituire anche in questa epoca agli esseri umani la loro umanità, che spetta loro di diritto (anche perché, detto per inciso, quando si parla di illusioni la differenza tra un noi e un loro comincia gradualmente a sfumare, illusione tra le illusioni, e l’umanità tende a ricomporsi sotto un’unica bandiera desolata).

 

Innanzitutto, bisogna segnalare un meccanismo fondamentale molto importante, che è quello della Nemesi. La Nemesi, come insegnano i greci, è una divinità che non discute con gli esseri umani. Essa regola con puntualità impassibile gli imponderabili equilibri del mondo in modo tale che ogni nostro tentativo di dominarli provoca un contro-effetto uguale e contrario, come ad esempio le mutazioni fuori bersaglio. Questo si deve al fatto che gli esseri umani non possono fuoriuscire dagli equilibri generali, ne fanno parte.

Ormai sappiamo che non c’è una stretta corrispondenza tra la genetica mendeliana, in cui il gene è un concetto puramente teorico usato per razionalizzare i fenomeni osservati a livello fenotipico, e quella molecolare, in cui il gene consiste di sequenze di nucleotidi sul DNA, a cui dunque dovrebbero corrispondere con precisione determinati effetti fenotipici: non è così. Molti geni possono concorrere all’espressione di uno stesso tratto, uno stesso gene ne può esprimere diversi. Eventi ambientali imprevisti e sconosciuti possono svelare nuovi effetti vantaggiosi o svantaggiosi di uno stesso genotipo. Fenomeni epigenetici, ossia superiori al livello del mero genotipo, possono influenzarne l’espressione. Ad esempio, l’organismo di una formica si sviluppa per entrare a far parte di una o dell’altra casta dell’organizzazione della colonia sulla base delle interazioni epigenetiche che si realizzano nella colonia stessa nel corso del suo sviluppo.

L’ambiente in cui il genoma è immerso, livello su livello e momento dopo momento, contribuisce a produrre il fenotipo, ossia il manifestarsi dell’organismo nella vita. Ecco allora che Lamarck, accompagnato da Darwin alla porta come il più buffo degli ingenui, rientra silenziosamente dalla finestra. Dalla molecola alla biosfera, a ogni livello della gerarchia biologica (per fermarsi all’ambito biologico) emergono fenomeni nuovi propri di quel livello, non riconducibili al livello precedente: ad esempio se mettiamo in una scatola i vari componenti di una cellula e li scuotiamo, non otterremo una cellula. È necessario qualcosa di più, che appartiene soltanto al livello superiore. Al tempo stesso, ogni evento a ogni livello influenza ed è in equilibrio con tutti gli altri eventi. Una riduzione metodologica ci permette di studiare singole porzioni di questa realtà complessa, ma sarebbe un errore scambiare le parti per il tutto e pensare di poterlo controllare.

Andiamo ora a studiare il genere di teorie su cui il potere ha fatto affidamento. Richard Dawkins, riduzionista ontologico, ha sviluppato la teoria del gene egoista. La teoria si basa sulla selezione naturale di derivazione darwiniana: l’originalità di Dawkins sta nell’avere messo al centro non l’interesse della specie, né quello del singolo organismo, bensì l’interesse del singolo gene, che porterebbe avanti la propria lotta per la sopravvivenza solo contro tutto il resto dell’universo. Tutta la biologia ruoterebbe intorno ai singoli geni, che contribuendo a determinare il fenotipo dell’organismo e la sua possibilità di sopravvivere, cercano a loro volta di garantirsi la propria sopravvivenza. Potremmo dire che Dawkins riconosce al gene un certo potere di influenza sulla realtà in cui è immerso, che esercita nel proprio interesse: ecco allora che noi, a nostra volta, possiamo esercitare il nostro potere sul gene per influenzare la realtà biologica a nostro vantaggio (ma in realtà l’elaborazione della teoria segue la direzione contraria: a partire dallo scopo operativo prefisso, si individuano determinati funzionamenti). A questo punto interviene la Nemesi.

 

In secondo luogo, secondo la riflessione che proponevo nel mio articolo precedente, non bisognerebbe mai scambiare le parole con i fatti, le immagini con la realtà. Inoltre, generalmente chi è inserito all’interno di un certo linguaggio tende a considerarsi più pragmatico, più concreto di chi ne sta al di fuori. Questa è un’illusione ottica, perché in realtà chi si mantiene all’esterno del linguaggio ha una visione più ampia delle cose, ma dovrà inevitabilmente scontare agli occhi degli altri una certa evaporazione nell’astratto, qualche volta nel ridicolo. È un fenomeno che ci è noto. Ciò detto, concentriamoci sull’immagine della grande macchina: in realtà, più che una descrizione oggettiva dello stato delle cose, questa non è altro che la rappresentazione linguistica di una fantasia degli stessi esseri umani che si vorrebbero così descrivere. Non esiste nessuna macchina. Certo, sarebbe dura convertire un ricercatore pagato dalla Bayer ad analisi più complesse del determinismo genetico, e convincerlo a prenderle in considerazione nella sua ricerca. L’approccio da lui seguito gli sembra essere cosa ben più seria e concreta di certe stravaganze. In realtà, queste persone non sanno quello che fanno, procedono alla cieca nella fantasia e nell’illusione, nella sostituzione dei fatti con le parole, della realtà con la teoria, della sostanza con le immagini. Più che a degli automi spaventosi, con parole più calzanti si può dire che assomigliano a bambini sognanti persi in un mondo incantato.

Per questo la loro meta non sarà mai raggiunta, per questo il loro progresso sembra avanzare soltanto per chi è a bordo, mentre agli esterni è evidente che non è mai partito e non sta andando da nessuna parte, men che meno verso l’apocalisse. La realtà non può essere catturata da nessuno, gli equilibri generali restano sempre intatti. Piuttosto, si procede di problema in problema. Quello degli esseri umani è un sonno che genera mostri: per mantenere una visione lucida delle cose e procedere correttamente è fondamentale non lasciarsi impressionare dai deliri del proprio tempo, e concentrarsi invece sulle reali dimensioni del problema.

Ora, svincolarsi dal linguaggio altrui è il primo passo per sviluppare il proprio. Questo primo passaggio, come si diceva, è preliminare all’elaborazione delle soluzioni operative. D’altronde, come è possibile vincere una guerra finché si rimane entro le regole decise dal nemico?

Come ultimo spunto, possiamo leggere quello che scriveva nel 1943 Clarice Lispector, narratrice dei mille rivoli in cui scorre libero un cuore selvaggio: “A tal punto l’immaginazione è la base dell’uomo che tutto il mondo da lui stesso costruito trova la sua giustificazione nella bellezza della creazione e non nella sua utilità, non nell’essere il risultato di un piano con scopi adatti alle necessità. … L’uomo costruisce case per guardarle e non per abitarci. Perché tutto segue la via dell’ispirazione. Il determinismo non è un determinismo di scopi, ma un rigido determinismo di cause. Giocare, inventare, seguire la formica fino al suo formicaio, mescolare acqua e calce e vedere il risultato, ecco quello che si fa quando si è piccoli e quando si è grandi. È un errore ritenere che siamo giunti a un alto grado di pragmatismo e di materialismo. In realtà il pragmatismo – il piano orientato verso un dato fine reale – sarebbe la comprensione, la stabilità, la felicità, la maggior vittoria di adattamento che l’uomo potrebbe conseguire. … La curiosità, il sogno, l’immaginazione – ecco quello che ha costituito il mondo moderno. … Non si può pensare impunemente.”

Per non lasciarsi catturare da un’illusione bisogna riconoscerla come tale, tenendo bene a mente che questo nostro mondo curioso è fatto a specchio, quello che a tutti sembra astratto e inutile in realtà è concreto e reale, quello che a tutti sembra concreto e reale in realtà è un sogno.

Di Luca V. per ComeDonChisciotte.org

03.03.2024

NOTE

(1) https://www.croceviaterra.it/wp-content/uploads/2023/10/Report-NGT_Crocevia2023.pdf

(2) https://corporateeurope.org/en/2021/03/derailing-eu-rules-new-gmos

(3) https://extranet.greens-efa.eu/public/media/file/1/7922

(4) https://food.ec.europa.eu/system/files/2021-10/gmo_mod-bio_ngt_exec-sum_it.pdf

(5) https://friendsoftheearth.eu/wp-content/uploads/2021/03/Green-light-for-GMOs.pdf

(6) https://corporateeurope.org/sites/default/files/2022-09/NGT_Tentative%20Programme%20Outline.pdf

(7) https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20240202IPR17320/new-genomic-techniques-meps-back-rules-to-support-green-transition-of-farmers

(8) https://www.europarl.europa.eu/plenary/en/vod.html?mode=unit&vodLanguage=EN&playerStartTime=20240207-13:33:11&playerEndTime=20240207-13:33:55#

 

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