Purtroppo, questo andazzo è la logica conseguenza di vent’anni di Berlusconi e dei prossimi (venti?) di Renzi: l’era dei contaballe impazza, basta andare in Tv e promettere qualcosa e tutto è fatto. Poi interviene l’UE che si lamenta ed il copione viene parzialmente riscritto, come da copione: cosa c’è d’interessante da raccontare?
Sono 10 anni che sbatto contro il muro di gomma di questo potere mellifluo ed incontinente nelle sue manifestazioni più false e bugiarde, ad usum stultorum: perché e, soprattutto, per chi dovrei continuare ad assoggettarmi a questo esercizio vuoto, a questo inutile compitino pomeridiano?
Ho raccontato di tutto: ho spiegato che l’energia si trova ovunque, basta raccoglierla, che le campagne stanno andando in malora per lo spopolamento, che le guerre servono solo a rimpinguare le tasche di chi vende armi…centinaia d’articoli…cosa ho ottenuto? Poco, praticamente nulla, se si esclude il vostro assenso e rispetto.
Ho cercato di fondare dei gruppi di persone che scrivessero, e si moltiplicasse così il “j’accuse” al potere – dapprima con Italianova, che subito morì, poi con l’Olandese Volante che prese il volo per qualche tempo – ma la gente non è pronta al sacrificio quotidiano dell’informazione, ed ha ragione. Le viene richiesto d’essere un giornalista, di lavorare come un giornalista e di non beccare un soldo: la “fiamma” dura qualche tempo, poi s’affloscia e nascono i personalismi. Provate a dire loro “Lo fai per tot il mese”: tutto assume una nuova veste, perché il lavoro – non dimentichiamo – è tempo nostro e richiede una mercede in cambio, anche modesta, ma il poco – ricordando Parmenide – è cosa assai diversa dal nulla.
Nella mia vita è intervenuto un fatto nuovo – inutile nasconderlo – ossia la pensione. Tutti agognano alla pensione, sin dai tempi più remoti: anche i Tre Moschettieri speravano.
Oggi – dopo Bismarck – la pensione è diventata un’altra cosa e non conta più il merito, bensì gli anni e – soprattutto (dopo quel brutto arnese della Fornero) – gli anni di servizio: insomma, rassomiglia sempre di più ad un “fine pena”. Salvo per i soliti noti, lo sappiamo.
Eppure la pensione ti cambia la vita: non hai più impegni di sorta, puoi cancellare metà del tuo hard disk, almeno un quarto dei Preferiti e rimani solo con quel che ti va, che scegli tu. Nondimeno, le soste di fronte ai manifesti mortuari diventano d’obbligo e stili l’immaginaria “classifica” della serie “A”, sperando che – per ora – il tuo nome sia ancora in serie C.
Eppure lo sai: a quasi 64 anni, se te ne vai, nessuno scrive più “prematuramente”. Era nelle cose che così fosse, ed è successo.
Ma io ho una serie di priorità alle quali non voglio e non posso rinunciare: barca, case, orto…le belle donne (che ancora m’attizzano, se non altro perché amo ossessivamente la bellezza come in un bosco, nel mare all’alba, nella neve sui tetti…)…e qualcosa scende di grado, da Capitano a Caporale.
Va da sé che questo tormento di raccontare alla gente come vanno le cose mi ha stufato: la gente lo capisce – spesso – da sola e non servono Grilli Parlanti che sussurrino.
Se siamo capaci, però, possiamo narrare: ho sempre sostenuto che la grandezza di Pasolini non fu quella di regista o saggista, bensì il Pasolini narratore controverso, soprattutto il poeta che tracciava graffiti eterni con pochi gesti.
Così si raggiunge la Gestalt, e s’entra in comunicazione meglio con gli altri esseri: ovviamente ci sarà qualcuno che preferirà altre modalità di trattazione ma, vivaddio, il Web è vasto e c’è posto per tutti.
Come conseguenza, i miei scritti compariranno solo qui e – se lo vorrà – su Italicum dell’amico Tedeschi, perché suvvia: siamo uomini, non caporali.
Vi posso preannunciare il titolo del mio prossimo pezzo, che sarà “Il Grande Torino ed io”: finalmente, sento di nuovo la tastiera rispondere alle mie dita, finalmente non perdo più tempo, finalmente tiro un sospiro di sollievo. I compiti sono finiti: li faccia Renzi, che è giovane.