Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
Stiamo parlando di come comportarsi nei confronti del protagonista di questi tempi bui, proprio lui, “satana in persona”, che è un modo di dire per riferirsi al male in senso mitologico, o forse anche ontologico, oltre che religioso. Il diavolo non è una persona, è piuttosto parte variabile, spesso nascosta, di ogni persona, il lato oscuro dell’essere, il cui fine ultimo è il non essere.
Viviamo in società organizzate, e dove c’è organizzazione c’è gerarchia, che si traduce praticamente in catene di comando. Il male si amplifica così, sfruttando il comando, al quale non si può disobbedire, pena l’espulsione dal sistema, cioè la morte civile.
E’ tale il terrore di non essere accettati dal sistema che si arriva al massimo della violenza su se stessi: credere alle menzogne evidenti, obbedire ad ordini disumani, combattere tutti contro tutti, in continue guerre fratricide tra poveri. In definitiva tradire se stessi e gli altri. E così facendo rendersi volontariamente poveri di spirito, pur di non diventare poveri di soldi, cioè di non essere privati di quell’energia virtuale che il sistema impone a chiunque per poter vivere al proprio interno, accettandone tutto, anche l’irricevibile, che di questa obbedienza si alimenta.
Sopravvivere o vivere alla grande non fa differenza, la logica è sempre la stessa, senza soldi sei “out”. E così il male ha “pensato bene” di monopolizzare la centrale stessa del denaro, il banco pigliatutto, rappresentato da banche private fallimentari capeggiate dalla banca centrale, l’unica che non può fallire mai, per definizione.
Sembra proprio un maleficio, un incantesimo fatto di nulla, una prigione immaginaria che diventa realtà concreta, quotidiana, dalla quale sembra impossibile evadere, se non emarginandosi, rinunciando ai confortevoli benefici del sistema che ci mantiene in vita, in questa vita fasulla.
Nella catena di comando tutti obbediscono al superiore, dal livello più basso della scala sociale fino a quello più alto, verticistico, che sfuma nella vaghezza del nulla. Un vertice piramidale che sembra avere nomi e cognomi, ma in realtà essi stessi servitori, sacerdoti alieni di un male che non ha nome, che è diffuso e si diffonde, preferibilmente dall’alto verso il basso, amplificato da questa logica della catena di comando.
Per questo la “meritocrazia” domina, ma praticata al contrario, come tutto del resto, cioè premiando i peggiori ai posti di comando. Il merito è quello del gusto e della ferocia nell’eseguire ordini malvagi, anche criminali se occorre, ipocritamente conditi con stupidità in dosi variabili, comunque quanto basta caso per caso, burattino per burattino.
In fondo tutti lo sanno, tanto quanto fanno finta di non saperlo, per quieto vivere nella propria nicchia confortevole se pur precaria, come si conviene ai comuni mortali.
Certo è che ci vuole una bella corazza per difendersi, per campare in questo inferno in terra.
Ma la corazza rende anche insensibili al mondo, anzi è fatta soprattutto di questo, di indifferenza al male che c’è fuori, per ignorarlo nell’illusione di respingerlo, anche se paradossalmente questo è il modo migliore per farsene contaminare.
I più svegli a questo punto si chiederanno che fare, come spezzare l’incantesimo, come disintegrare queste sbarre immateriali, eppure solidissime, della trappola diabolica che ci imprigiona tutti.
Mohamed Konare propone una soluzione semplice e incruenta: bloccare tutto rimanendo a casa in massa per una settimana, come fosse uno sciopero esistenziale contro la degenerazione del sistema.
Secondo lui sarebbe sufficiente per lanciare dall’Italia quel messaggio forte che il nostro mondo malato si aspetta, per farsi coraggio ed avviare una reazione efficace che vada necessariamente ben oltre i confini nazionali. Una reazione spirituale generalizzata ancora inespressa, ma precompressa al massimo proprio di conseguenza agli eccessi malefici che l’umanità sta subendo in un crescendo sempre più insopportabile e insostenibile.
Una sorta di resistenza gandhiana attualizzata alla gravità del presente storico globalizzato.
Ovviamente il punto debole della proposta è sempre lo stesso: “se tutti facessero così”, il che è a dir poco utopico. Eppure anche i grandi cambiamenti apparivano utopici fino al giorno prima.
Per contro le alternative politiche istituzionali più che utopiche appaiono oggi impraticabili, impossibili visto il grado di contaminazione raggiunto dal sistema vigente, dove il male ha quasi completamente conquistato il terreno di gioco, e sembra non fermarsi mai in questa folle corsa verso il baratro morale e materiale ormai imminente. Non è accettandone le regole che si può vincere la partita contro il male, agendo sul suo stesso terreno. Duole dirlo, ma per ora è così, in attesa di una forte proposta politica, nuova e rivoluzionaria, la cui gestazione prevede tempi storici troppo lunghi per poter evitare il peggio.
Quello che realisticamente può fare ognuno di noi è continuare a coltivare la propria coscienza, e praticare il bene che ne scaturisce naturalmente. Più che i modi sono determinanti i contenuti, anche se una qualche azione collettiva liberatoria è finalmente nell’ordine delle cose. A questo sì che occorre credere, da qualunque punto di vista la si voglia vedere.
Credere in se stessi “liberati”, esprimere la propria volontà di bene fino a che diventi collettiva.
E’ la soluzione più semplice, più realistica e in fondo anche più logica, alla quale affidare le nostre speranze. Ovviamente se ci sono idee migliori ben vengano, mai porre limiti alla provvidenza, o se si preferisce alla biodiversità dell’anima.
Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
12.08.2023
Alberto Conti. Laureato in Fisica all’Università Statale di Milano, docente matematica e fisica, sviluppatore software gestionale, istruttore SAP, libero pensatore, collaboratore di Giulietto Chiesa, padre di famiglia, appassionato di filosofia, psicologia, economia politica, montagna, fotografia, fai da te creativo, sempre col gusto alla risoluzione dei problemi.