Nitrati e cancro alla prostata

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A lungo termine i nitrati contenuti nell’acqua potabile possono essere un fattore di rischio per il cancro alla prostata. Lo ha evidenziato uno studio condotto in Spagna e guidato dal Barcellona Institute for Global Health. I risultati sono stati pubblicati su pubblicati su “Environmental Health Perspectives” e mostrano che maggiore è l’assunzione di nitrati, maggiore è l’associazione con il cancro alla prostata.
I partecipanti, cioè, che hanno avuto una maggiore ingestione di nitrati attraverso l’acqua (media di una vita di oltre 14 mg al giorno) hanno avuto una probabilità 1,6 volte maggiore di sviluppare un cancro alla prostata di grado basso o medio e quasi tre volte più probabilità di sviluppare un tumore alla prostata aggressivo rispetto ai partecipanti con livelli inferiori di assunzione di nitrati (media nel corso della vita inferiore a 6 mg al giorno).

Gli autori hanno precisato che essere esposti a nitrati attraverso l’acqua potabile non significa necessariamente sviluppare un cancro alla prostata ma che, comunque, la ricerca fornisce una prima prova dell’associazione anche se dovrà essere poi confermata attraverso ulteriori lavori scientifici.

Purtroppo, la presenza dei nitrati nel ciclo dell’acqua è in aumento in tutto il mondo a causa del crescente utilizzo di fertilizzanti azotati e dell’agricoltura intensiva e l’esposizione umana avviene non solo attraverso l’acqua potabile, ma anche attraverso l’ingestione di cibo.
I nitrati, una volta ingeriti, si trasformano in nitriti e, reagendo con ammine e ammidi nell’ambiente acido dello stomaco, possono formare N-nitrosammine (composti cancerogeni).
Inoltre, c’è il grosso problema dei disinfettanti aggiunti all’acqua per inattivare patogeni microbici, ad esempio il cloro che è il più diffuso: dopo la clorazione dell’acqua, in presenza di ammoniaca, si formano clorammine che, a loro volta, portano alla formazione di sottoprodotti azotati come le N-nitrosammine.

È possibile abbassare la concentrazione di nitrati utilizzando la denitrificazione biologica per le acque superficiali o lo scambio ionico per le profonde, ma il trattamento che, forse, permette di avere maggiori garanzie, sia sulla costanza dei rendimenti che sull’efficienza di abbattimento, è quello ad osmosi inversa.
Fortunatamente, come sottolineato dagli autori dello studio, anche un elevato apporto dietetico di fibre, frutta, verdura e vitamina C può ridurre l’effetto negativo dei nitrati nell’acqua potabile. Motivo in più per avere un’alimentazione ricca di vegetali freschi, di stagione e provenienti da agricoltura biologica o biodinamica.
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VB

 

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