E’ possibile che, essendo parte del comitato direttivo del Bilderberg, abbia dimenticato cosa significhi la parola conferenza stampa e che la mia frase le sia suonata come un miscuglio di sillabe aliene sconnesse e che, per questo motivo, la Kravis, in preda al panico, abbia parlato di arte.
Allor mi sono girato verso il marito, l’investitore miliardario Henry Kravis, che stava scappando insieme a lei : “Come vanno gli affari a KKR?” ho chiesto. Henry Kravis stringendo la mascella – come fanno i veri uomini di Wall Street – in una specie di terrificante sorriso abortito, da lontano ha ululato qualcosa. Anche lui, come Marie-Josée Kravis è un appassionato d’arte, tanto che somiglia a un personaggio dei dipinti di Francisco Goya.
Così nel più cupo silenzio di Henry, i due si sono infilati tra i cordoni della sicurezza. Per fortuna, qualche altro delegato era uscito fuori per fare un giro durante la pausa nel programma, e sono riuscito bloccare un finanziere italiano, uno che frequenta il Bilderberg da sempre, Franco Bernabè mentre passeggiava tra la folla di una piazza di Dresda. Ho chiesto di nuovo sulla conferenza stampa. Una domanda ragionevole, ho pensato, considerando il gran numero di politici di alto livello che partecipano alla conferenza – quattro ministri delle Finanze, due primi ministri, tre parlamentari del governo tedesco, un vice-presidente della Commissione Europea, il capo del parlamento svizzero … ma la lista è lunga.
Bernabè si è messo a ridere e ha fatto un cenno verso la sede della conferenza. «La dentro ci sono un bel po’ di colleghi tuoi. Fanno parte della stampa. Giornalisti.» Sembrava sinceramente soddisfatto da questa sua ironia e se n’è andato ridacchiando per tornare dentro.
Ero contento di aver illuminato la giornata a Bernabè, ma ho trovato la sua osservazione profondamente deprimente. Un importante vertice politico, uno dei più grandi nel calendario geopolitico, e praticamente gli unici giornalisti all’interno della conferenza sono quelli inviati dai main-stream, quelli legati con la loro omertà al Bilderberg.
Chiedere che i politici rendano conto è una cosa. Tenere la porta aperta per il ministro delle Finanze irlandese, Michael Noonan, mentre se ne va a fare la seconda – prima colazione, prima di cominciare una dura mattina a discutere dell’economia europea a porte chiuse con il presidente della HSBC, è un altro.
Credo che sarebbe abbastanza accettabile se la NBC, Bloomberg o il Financial Times – testate che hanno giornalisti all’interno del Bilderberg – fossero a Dresda per raccontare cosa si sta dicendo durante il vertice. Ma non sono li per questo. Ho parlato con quelli del TG della BBC, una settimana prima dell’inizio della conferenza, per chiedere se stavano mandando qualcuno. Il giornalista con cui ho parlato ha sospirato e poi mi ha spiegato che “Il fatto è che stiamo mandando così tante persone agli Europei … .
Se fossi uno di quella élite tecnocratica che esercita la propria influenza sulla politica pubblica per tenere le cose segrete, a sentire certe cose, penserei che il gioco è fatto. Tanti decenni spesi per rendere difficile alla stampa poter scrivere un qualsiasi servizio su questi summit, hanno prodotto una profonda riluttanza da parte dei media a perder tempo ( per non concludere niente).
Marcello Brecciaroli, un giornalista del canale televisivo italiano La7, ha detto di essere rimasto scioccato per aver visto quanto sono severi i servizi di sicurezza. “Stanno mandando 1.000 poliziotti per una dimostrazione fatta da 15 persone. Schierano un cerchio di 15 agenti di polizia per prendere un uomo. E’ pazzesco”. A Dresda ho visto dei reporter a cui hanno svuotato la borsa sui marciapiedi e che sono stati malmenati dagli agenti di polizia. Almeno due, che io sappia sono stati minacciati fisicamente.
Per i giornalisti, il Bilderberg è l’esatto opposto di un G7 o di un gigantesco evento sportivo. Nessun gadget e niente bar o champagne gratis, solo cordoni di polizia, telefonia mobile disturbata e la possibilità di essere maltrattati da agenti troppo zelanti dei servizi segreti turchi, come è accaduto a mia moglie.
Qui abbiamo tutti i telefonini bloccati. Il mio sono giorni che non funziona. E’ la metafora perfetta del Bilderberg: il blocco della comunicazione. Essere qui e cercar di raccontare che succede non è facile. I giornalisti dei mainstream sono esseri umani e avrebbero voglia di aprire quelle porte contro cui possono solo sfogare le loro frustrazioni per essere chiusi fuori.
In loro assenza, quella porta è stata forzata e socchiusa dai media alternativi. Anno dopo anno, sono venuto a testimoniare insieme ai giornalisti indipendenti e ai blogger, sempre coraggiosamente per confrontarci con i silenzi, per cercare di tirar fuori qualche informazione. Invece dei giornalisti della NBC c’è Dan Dicks. Al posto del Financial Times, c’è Luca Rudkowski. Piuttosto che quelli della BBC c’è Rob Dew di Infowars a correre dietro a all’ex direttore della CIA David Petraeus, che ora lavora per Henry Kravis. Petraeus se n’è andato ma Dew è rimasto, continuando a provarci ancora.
Ma gli anni passano e c’è qualche segnale che i media mainstream potrebbero trovare il modo di parlare sensatamente del Bilderberg, anche se ancora non lo stanno facendo. Per cominciare, le agenzie di stampa hanno iniziato a venire. Getty Images e Reuters sono qui. Questo è un enorme passo avanti nella giusta direzione. I giornali locali hanno mandato tutti i giorni loro giornalisti fuori dal Taschenbergpalais, il tabloid tedesco Bild ha riferito da Berlino e Sky News Australia si è servita di inviati locali per mettere insieme dei servizi.
In generale, c’è stato un miglioramento sostanziale per fare una seria analisi della conferenza. Visto il poco che si sta mettendo insieme sui fatti del finanziamento e del funzionamento del Bilderberg e il suo ruolo di lobbying – essenziale per le grand imprese bancarie e petrolifere – diventa sempre più chiaro che le informazioni sull’evento rendono più facili le critiche. Questo circolo virtuoso significa che i giornalisti hanno più probabilità di ricucire qualcosa di serio e che possono diventare meno inclini a nascondersi dietro battute ironiche e a dover ricorrere a teorie cospirative vecchie e stanche.
Siamo vicini a un punto di non ritorno. Tutto quello che servirebbe è solo qualcosa che finalmente solletichi la stampa mainstream, ed i giornalisti veri arriveranno.
Il tempismo è perfetto. La retroguardia più reticente del Bilderberg sta gradualmente essendo sostituita da una generazione più giovane, in particolare da quelli di Silicon Valley, che sono più a loro agio con l’idea di aprire alla stampa. Il co-fondatore di PayPal Peter Thiel, uno dei membri più giovani del comitato direttivo del Bilderberg, ha fatto una dichiarazione ufficiale ai giornalisti durante la sua passeggiatina per Dresda. L’instancabile Luca Rudkowski gli ha fatto una domanda intelligente sui suoi valori libertari, e Thiel ha risposto. E’ stata la cosa più vicina, da decenni, a una conferenza stampa del Bilderberg. Ha detto di credere che sia sempre importante uno scambio di opinioni e che non ha importanza se le prospettive sono differenti.
“Penso che esistono tanti problemi nella nostra società … Dobbiamo trovare il modo di parlare con la gente, nei posti dove non tutto è completamente trasparente. Il libertarismo non è sinonimo di assoluta trasparenza. Questo è un argomento di cui si sarebbe occupata la Stasi, nella Germania, orientale, dove tutto doveva essere monitorato dalla società. E penso che spesso le migliori conversazioni sono proprio quelle che avvengono in piccoli gruppi, tra poche persone, dove non tutto è monitorato; è così che intavolano conversazioni molto oneste e così che si può pensare meglio al futuro.”
Non dico che Peter Thiel sia un campione della libera stampa. Le sue mani sono ancora bagnate dal sangue della Gawker, ma almeno è uno che ha parlato con noi. E’ un inizio.
La dichiarazione, tuttavia, rivela una profonda confusione nel cuore della logica Bilderberghiana. Thiel sostiene che la trasparenza sia un problema che ostacola un dialogo onesto, che deve essere superata in occasione di eventi come il Bilderberg, per il bene del futuro. Ma la trasparenza assoluta di cui parla, una sorveglianza che tutto vede di tutto, non è quella per cui i giornalisti e gli attivisti per la trasparenza si stanno battendo. La trasparenza che vogliamo vedere nella politica non è incompatibile con la privacy personale. Queste sono due sfere completamente diverse.
Nella Germania Est, le conversazioni non erano monitorate dalla società. Era la società ad essere monitorata dalla Stasi. Trovo strano sentire Thiel, che è ovviamente un uomo molto intelligente, dire qualcosa di così sconclusionato.
Naturalmente, la trasparenza della società che cercava la Stasi andava di pari passo con la privacy – fortemente protetta – dei vertici dell’amministrazione. Era la stessa cosa, ho paura di dire, che succede al Bilderberg. La Privacy non è un problema per i miliardari e per i capi delle multinazionali che lo gestiscono. E’ solo questione di stabilire entro quanti squilli deve intervenire la polizia anti-sommossa che sta proteggendo il luogo dell’evento.
Nel frattempo, a chi sta fuori stanno controllando l’ identità, vengono filmati dalla polizia e sono strettamente monitorati on-line. La trasparenza non è un problema per il Bilderberg. Ma è un problema per il pubblico.
E’ la trasparenza delle nostre vite digitali quello che è assoluto, radicale. Come partecipante del Consiglio di Facebook e Presidente della società di analisi-dati Palantir, Thiel sa molto più di chiunque altro, qual è il grado della nostra trasparenza. Questo è un argomento che è stato discusso nello stesso Bilderberg. Uno dei punti all’ordine del giorno nel 2014 è stata la domanda: “La privacy esiste?” Al Presidente del comitato direttivo del Bilderberg, Henri de Castries, è stato chiesto di recente se la privacy sia morta, la sua risposta è stata molto semplice: “Sì.”
Potrebbe esser morta per la maggior parte di noi, ma la privacy sembra essere viva e vegeta al Bilderberg.
E adesso che succede? L’interesse della stampa per l’evento è in graduale aumento, con una copertura sempre più capillare e seria. Sul suo sito web, il gruppo Bilderberg dichiara che “L’annuale Conferenza stampa … è stata sospesa per mancanza di interesse”. Lasciando da parte il fatto se questo sia vero o no, possiamo ragionevolmente dire che: se la mancanza di interesse non è più un problema, se c’è un numero sufficiente di giornalisti che hanno domande da porre, allora la Bilderberg potrebbe voler ripensare a ripristinare la sua conferenza stampa annuale. Dopo tutto, non c’è niente di nuovo per loro. Lo hanno sempre fatto.
Charlie Skelton
Fonte: https://www.theguardian.com
12.06.2016
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario