DI LAURENT PINSOLLE
Gaulliste libre
Nel suo libro dedicato all’accordo transatlantico, Danièle Favari fornisce tutte le ragioni per opporsi ad esso. Ed oltre ai rischi sanitari e il fatto di agevolare le multinazionali, c’è un meccanismo poco conosciuto ma rivoltante, la sopravvivenza dei defunti AMI (Accordi Multilaterali sugli Investimenti), gli RDIE, tribunali che sottomettono le democrazie.
L’RDIE, CHE COS’É?
L’RDIE (Règlement des Différends entre Investisseurs et Etats: Regolamento Controversie tra Investitori e Stato), o ISDS in inglese (Investor-State Dispute Settlement: Accordo per le Dispute tra Investitore e Stato) è «un meccanismo di arbitrato privato tra gli investitori e gli Stati che si sostituirebbealle giurisdizioni esistenti, permettendo così agli investitori privati di liberarsi da tutte le leggi, di aggirare le decisioni per loro ingombranti e di consacrare la privatizzazione del potere legislativo». Gli Stati e i Parlamenti non possono nulla contro queste sentenze. Sono stati esaminati 6514 casi nel 2012. Danièle Favari nota che «15 arbitri hanno deciso il 55% di tutte le controversie conosciute» e che « nel 2012 le rivendicazioni degli Investitori sono state accettate nel 70% delle decisioni arbitrali conosciute », con 1,77 miliardi di dollari di indennizzo all’Occidental Petroleum da parte dell’Ecuador.
Secondo il mandato della Commissione «l’accordo dovrebbe mirare ad includere un meccanismo di risoluzione delle controversie investitore/Stato efficace e all’avanguardia, garante della trasparenza, l’indipendenza degli arbitri e la prevedibilità dell’accordo, compresa la possibilità d’interpretazione vincolante dell’accordo tra le Parti. Il Regolamento delle controversie da Stato a Stato dovrebbe essere incluso, ma esso non dovrebbe interferire con il diritto degli investitori di ricorrere a meccanismi di risoluzione delle controversie investitore/Stato». Deve proteggere gli investitori contro «la discriminazione (con riferimento a [organizzazioni] locali, agli espropri, a un trattamento ingiusto e iniquo e alla possibilità di trasferire i capitali)».
LA DEMOCRAZIA IN GABBIA
Questo ha permesso alla Philip Morris di perseguire l’Uruguay e l’Australia per le loro normative antitabacco. Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement: Accordo Globale Economico e Commerciale), trattato di libero scambio tra l’UE e il Canada, potrebbe permettere «alle grandi compagnie del gas e del petrolio di contestare i divieti al fracking (fratturazione idraulica) in Europa». Per Danièle Favari, «l’arbitrato investitore/Stato è un concetto contestato da alcuni governi come un ingiustificato attentato alla loro sovranità», mettendo Stato e imprese sullo stesso piano. Peggio, queste sono «delle decisioni senza appello che potrebbero fare giurisprudenza». Per lei, infine, questo equivale a «subordinare i diritti dei popoli al commercio, all’economia e alla finanza; sta per essere raggiunta l’ultima tappa, che è il TAFTA (Transatlatic Free Trade Area: Zona di Libero Scambio Transatlantica) nella distruzione finale del nostro modello, delle nostre scelte di società e del diritto dei popoli di disporre di se stessi ».
Sono d’accordo al 100% con Danièle Favari. L’RDIE può sembrare insignificante, anche solo in un primo momento. Ma rappresenta una rimessa in discussione dei fondamenti della democrazia. Un tale meccanismo passa al di sopra delle leggi e delle costituzioni: così facendo i popoli perdono progressivamente la loro capacità di decidere del loro destino, come si può ben vedere con i trattati europei nell’UE. Mettere fine alla libera circolazione dei capitali? Non ci pensate! Le multinazionali che li utilizzano per esportare i loro profitti verso dei parassiti fiscali potrebbero farci riferimento per perseguire la Francia. Tutto questo mostra che questi trattati mettono fuori dall’ambito democratico delle decisioni che tuttavia dovrebbero poter essere discusse e decise al momento delle elezioni. Così facendo, mettono in gabbia la democrazia.
PRECEDENTI INQUIETANTI
Questa purtroppo non è un’idea nuova. Citando «L’AMI, no grazie» del Coordinamento contro l’AMI, Danièle Favari ricorda che questo progetto di accordo negoziato alla fine degli anni 1990 rimette in discussione «tutta la legislazione nazionale per un investitore che già da allora considerava si trattasse di un ostacolo alla sua attività e alla sua ricerca di profitto». Da studente, avevo scritto un articolo per denunciare «L’AMI contro la democrazia» prevedendo che «alla nostra democrazia (il governo dei popoli per se stessi) si sarebbe sostituita una dittatura del mercato e di un organismo indipendente che non avrebbe mancato di essere controllato da un pugno di multinazionali e fondi di investimento».
Cita Martin Hart-Landsberg il quale denuncia «il dominio delle multinazionali (…) che nel 2010 hanno generato un valore aggiunto di circa 16.000 miliardi di dollari, corrispondenti a più di un quarto del PIL mondiale», [e cita] Salvador Allende, all’Assemblea generale dell’ONU nel 1972 «Siamo di fronte a un conflitto tra le imprese transnazionali e gli Stati. Questi ultimi sono stati tagliati fuori nelle loro decisioni fondamentali – politiche, economiche e militari- da organizzazioni globali che non dipendono da nessuno Stato e le cui attività non sono controllate da nessun parlamento, né nessuna istituzione rappresentativa dell’interesse collettivo» e David Rockefeller, in Newsweek nel febbraio 1999: «Qualcosa deve sostituire i governi, e il potere privato mi sembra l’entità adeguata per farlo». Si potrebbero aggiungere i lavori di Jacques Sapir sull’esproprio della democrazia.
Questi organismi indipendenti e questi trattati rappresentano una profonda rimessa in discussione delle nostre democrazie poiché non permettono più ai popoli di scegliere il loro destino in tutta libertà. Per questo bisogna assolutamente combatterli quando si capisce chi sono i giocatori. Ringraziamo Danièle Favari per l’aiuto fornito.
Laurent Pinsolle
Fonte: www.gaullistelibre.com
Link: http://www.gaullistelibre.com/2014/04/le-rdie-la-bombe-retardement.html
26.04.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANNA GRASSO