Di Michele Rallo
L’Unione Europea é oggettivamente nemica degli interessi italiani. Oramai dovrebbe averlo capito chiunque, compresa l’ex-sovranista Giorgia Meloni e tutti gli altri eredi politici di Mario Draghi.
Oddio, non c’era forse bisogno di attendere fino a questi ultimi mesi per intuirlo. Sarebbe bastata un’occhiata ai funesti “parametri di Maastricht” per accorgersene, per rendersi conto che questi erano stati creati su misura per favorire le economie di paesi europei che erano in oggettiva competizione con l’Italia (ed ogni riferimento alla Germania non é puramente casuale) e per imporre standard bancari privatistici che ci erano ostili (ed ogni riferimento alle banche “d’affari” anglosassoni non é parimenti casuale). Per tacere di tutto quanto é seguíto poi, fino a disegnare una Unione Europea che é oggi una macchina da guerra al servizio dell’aberrante ideologia (si fa per dire) dell’alta finanza mondialista, con il suo armamentario “politicamente corretto”: immigrazionismo, cancel culture e, naturalmente, un estremismo bellicista made in USA che potrebbe condurci dritto filato ad una terza guerra mondiale.
Ma, senza andare troppo indietro nel tempo, basterebbe un’occhiata all’agenda europea di questi ultimi mesi per avere la prova provata dell’avversione dell’UE agli interessi italiani. Avversione mascherata dietro la volontá di accelerare forsennatamente quella “transizione energetica” sulla quale, peraltro, grava il sospetto di essere originata da un colossale errore di valutazione; se non anche – ma non vorrei proprio crederlo – da una gigantesca operazione di speculazione finanziaria.
I supporter di una tale transizione (dalla donnetta di Bruxelles all’ingenua ragazzina cui hanno fatto credere di essere una specie di Giovanna d’Arco, dai clan della sinistra democrat di Washington ai geniali imbrattatori di monumenti di Roma e Parigi, a tutta intera la variopinta congerie gretina) sostengono che i mutamenti climatici ed i conseguenti disastri ambientali siano dovuti all’azione dell’uomo, che sta “distruggendo il pianeta” con l’utilizzare i combustibili fossili e con altri comportamenti di minore impatto (giú giú fino ai sacchetti di plastica). Orbene – secondo costoro – per arginare tutto ció e per “salvare il pianeta” occorre imporre una draconiana “transizione energetica”, cominciando dalla rapida eliminazione dei combustibili fossili e dalla loro sostituzione con fonti energetiche alternative.
Naturalmente, per giungere ad una tale “transizione” ci sará bisogno di spendere montagne di miliardi. Miliardi che saranno intercettati leggiadramente dai soliti noti di Wall Street e della City; mentre la necessaria “distrazione di massa” sará garantita da qualcuno degli scandaletti di copertina sempre disponibili sul mercato del politicantismo d’accatto, con i soliti raccoglitori di briciole (tipo Qatargate) di cui ci si accorgerá cadendo dalle nuvole, con sussiegoso disappunto per la volgare violazione delle regole democratiche.
In realtá, la maggior parte dei climatologi é concorde nell’affermare che i mutamenti climatici siano dovuti solo in minima parte all’inquinamento prodotto dall’uomo, mentre per il 95% sarebbero riconducibili direttamente alle fasi dell’attivitá solare [vedi «Ecologismo all’amatriciana» su “Social” del 23 settembre scorso]. Basterebbe, dunque, spendere somme infinitamente piú modeste per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza dei territori, senza bisogno di mettere in crisi gli equilibri energetici del mondo intero e, con essi, la qualitá di vita degli abitanti dell’intero pianeta.
Ma lasciamo stare questi scenari megagalattici, e torniamo invece alle piccole cose, ai piccoli affari, ai piccoli attentati della quotidianitá antitaliana che imperversa nella cosiddetta “Unione”. Limitiamoci agli ultimi provvedimenti assunti o da assumere a breve scadenza. Si comincia dalla cancellazione dell’industria automobilistica tradizionale e dal passaggio obbligato all’industria della “auto elettrica” da realizzarsi inderogabilmente entro il 2035. L’impatto sull’industria automobilistica italiana sará – fra diretto e indotto – di circa 500 imprese in crisi e di 70.000 lavoratori licenziati (come da dichiarazione del Presidente di Confindustria).
V’é poi la vera e propria guerra mossa all’agroalimentare ed alla zootecnía, attraverso tutta una serie di provvedimenti tra loro legati dal fil rouge della lotta aperta contro gli interessi italiani. Si va da una generica avversione alla dieta mediterranea, passando per l’ostilitá dichiarata (anche personalmente da certi altissimi papaveri di Bruxelles) per la zootecnía italiana, per le sue carni e per i suoi insaccati, accusati di essere cancerogeni; proseguendo col tentativo di promuovere prodotti proteici alternativi (farine di grillo e simili porcherie); per giungere infine all’ultima carognata, quella che vuole colpire l’export del nostro vino attraverso l’obbligo di una etichettatura terroristica e farneticante.
Ma il culmine della guerra europea contro l’Italia é certamente rappresentato dall’imminente direttiva sul cosiddetto “efficientamento” delle abitazioni; anche questo – manco a dirlo – motivato dalla “transizione energetica”. Ebbene, secondo gli ecologici nemici dell’edilizia italica, entro il 2029 tutte le abitazioni europee dovrebbero rientrare almeno nella classe energetica E, ed entro il 2032 almeno nella classe energetica D. Questa direttiva green – secondo le stime di Confedilizia – colpirebbe in Italia non meno di 9 milioni di abitazioni, i cui proprietari sarebbero di fatto obbligati a spendere cifre ingentissime, pena l’impossibilitá di vendere o affittare gli immobili. Sarebbe una patrimoniale mascherata, e salatissima.
Al riguardo, si ricordi che i governanti di Berlino non hanno mai digerito il fatto che numerosissimi italiani siano proprietari delle proprie abitazioni, mentre la generalitá dei tedeschi vive in case d’affitto. La Merkel – come piú volte ricordato su queste pagine – aveva il chiodo fisso delle case degli italiani, che avrebbe voluto fossero date in garanzia del nostro debito pubblico.
Nonostante gli sforzi, la Kanzlerin dovette rassegnarsi a subire quella “anomalía italiana”, anche perché nessuno dei governi succedutisi a Roma fu talmente sciocco da avallare un provvedimento che gli avrebbe messo contro milioni e milioni di cittadini elettori. Adesso, ci riprova la donnetta di Bruxelles, attraverso una prossima “direttiva” ammantata dai nobili ideali di transizioni del piffero, di riduzione della dipendenza dal gas russo, di lotta dura e pura ai mutamenti climatici, eccetera, eccetera.
Naturalmente, si spera che la Meloni batta un colpo, che si metta di traverso, che dia un segnale per avvertire che la pacchia delle angherie contro l’Italia sia veramente finita. Si spera, si spera…
Ma in ogni caso, anche a prescindere dall’esito di queste ultime scandalose manovre antitaliane, credo che oramai sia chiaro e lampante che la Unione Europea ci é ostile, che lavora contro di noi, che colpisce i nostri interessi. Cosí come ci é ostile la sua banca “centrale” (cioé posseduta da soggetti privati che dovrebbero lavorare per il bene pubblico). E la linea della BCE non lascia ormai dubbi: le soluzioni geniali adottate dalla sua presidente – quella insopportabile Christine Lagarde – sono costate ai risparmiatori italiani nel 2022 qualcosa come 20 miliardi di euro, bruciati da una inflazione “passeggera” che dovrebbe agevolare – anch’essa! – la transizione energetica.
Non credo che ci possano essere ancora dubbi: dobbiamo uscire, dobbiamo scappare da questa camicia di forza che si chiama Unione Europea. Il problema sará farlo con intelligenza, con gradualitá, con la capacitá di assorbire i contraccolpi negativi. Lo hanno giá fatto gli inglesi, che pure dalla partecipazione alla cosiddetta Unione hanno avuto assai meno danni di noi. Perché non dovrebbero poter farlo anche gli italiani?
Di Michele Rallo
N.B. Il pezzo, naturalmente, non ha la pretesa di essere esaustivo. Non si parla, per esempio, del MES, uno strumento che sembra essere stato pensato appositamente per incaprettare l’Italia, con la scusa di soccorrere la sua Sanitá. E non si parla nemmeno del PNRR, che per l’Italia ha piú svantaggi che vantaggi, e che ci é stato di fatto imposto per costringerci a realizzare alcune “riforme” direttamente riconducibili alla “transizione energetica”.
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Michele Rallo è storico e saggista, ex parlamentare della Repubblica Italiana.
28.01.2023