L’Ucraina sta vincendo la battaglia su Twitter, ma, nel mondo reale, Kiev sta perdendo la lotta per il Donbass

Le affermazioni che l'Ucraina è pronta per la vittoria sul campo sono solo un pio desiderio di Kiev e Washington

DONA A COMEDONCHISCIOTTE.ORG PER SOSTENERE UN'INFORMAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE:
PAYPAL: Clicca qui

STRIPE: Clicca qui

In alternativa, è possibile effettuare un bonifico bancario (SEPA) utilizzando il nostro conto
Titolare del conto: Come Don Chisciotte
IBAN: BE41 9674 3446 7410
BIC: TRWIBEB1XXX
Causale: Raccolta fondi

Scott Ritter
rt.com

La copertura mediatica occidentale del conflitto ucraino è stata così istericamente unilaterale e avulsa dalla realtà, che, probabilmente, è solo una questione di tempo prima che venga richiamato dal pensionamento l’Iracheno Muhammad Saeed al-Sahhaf, meglio conosciuto come “Ali il Comico,” per fargli dire che non ci sono Russi che avanzano verso le prime linee dell’esercito ucraino. Nel frattempo, i combattimenti attuali continuano a tradursi in una serie di sconfitte per le malconce forze di Kiev, che hanno già perso il controllo di due grandi città, nonostante il sostegno incondizionato degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Mentre i funzionari americani lavorano con il governo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per creare l’immagine della vittoria di Kiev contro l’esercito russo, Mosca si prepara a controbattere con una dura dose di realtà.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken, sulla scia di una drammatica visita nella capitale ucraina dove, insieme al segretario alla difesa Lloyd Austin, aveva incontrato Zelensky, ha testimoniato davanti al Congresso che l’obiettivo degli Ucraini nel conflitto contro la Russia che dura ormai da due mesi “sarebbe quello di spingere i Russi fuori dal territorio che stanno cercando di occupare nell’Ucraina orientale.”

Blinken ha aggiunto che l’amministrazione del presidente Joe Biden sta fornendo “pieno sostegno” a Kiev per raggiungere questo obiettivo. Il segretario di Stato ha aggiunto che l’obiettivo di Zelensky è quello di degradare l’esercito russo, in modo che non sia in grado di attaccare l’Ucraina “il prossimo mese, il prossimo anno o tra cinque anni,” facendo eco a sentimenti simili espressi da Lloyd Austin, che aveva dichiarato che l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di “vedere la Russia indebolita” in modo che “non possa fare il tipo di cose che ha fatto [in Ucraina].”

L’ottimismo condiviso da Blinken, Austin e Zelensky deriva dalla condivisione di una [particolare] narrativa dell’operazione militare russa in Ucraina, secondo cui i Russi starebbero sul punto di subire una sconfitta strategica. Ma, quasi come un segnale che questa narrazione è poco più di un pio desiderio da parte di questi tre leader, il capo degli Stati Maggiori Riuniti dell’esercito americano, il generale Mark Milley, ha espresso una visione più sfumata, notando che, se la Russia dovesse farla franca in quella che ha definito una “aggressione gratuita” contro l’Ucraina, allora “l’ordine della sicurezza internazionale globale,” in atto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sarebbe messo a rischio.

Lungi dal proiettare un senso di ottimismo sull’esito del conflitto russo-ucraino, le dichiarazioni di Milley riflettono un senso di urgenza che deriva dal riconoscimento che la guerra in Ucraina ha raggiunto un punto critico.

Quando si tratta di valutare il conflitto russo-ucraino, il divario tra percezione e realtà è il risultato diretto della natura confusa del conflitto stesso, dove una campagna di propaganda ben oliata condotta dall’Ucraina e dai suoi partner occidentali (governi e media) contrasta con la politica delle pubbliche relazioni russe, assai reticente ad approfondire i suoi obiettivi strategici, per non parlare dei dettagli quotidiani dei combattimenti sul terreno. Il risultato è una guerra di informazione, in cui due narrative concorrenti si impegnano un conflitto impari e dove, alla fine, la percezione viene sconfitta dalla realtà.

Alcune dure verità

Mentre l’operazione militare in Ucraina entra nel suo terzo mese, sono emerse alcune dure verità che stanno alterando il modo in cui sia le forze armate russe che la guerra moderna saranno valutate in futuro. Pochi analisti – compreso il sottoscritto – si aspettavano che una seria resistenza [da parte ucraina] durasse più di un mese. Infatti, durante i briefing a porte chiuse all’inizio di febbraio, il generale Milley aveva informato il Congresso che un’invasione russa su larga scala dell’Ucraina avrebbe potuto portare alla caduta di Kiev entro 72 ore.

C’erano diverse ragioni per una valutazione del genere. In primo luogo, gli enormi preparativi condotti dalla Russia prima dell’incursione militare. Muovere centinaia di migliaia di truppe più l’equipaggiamento e i mezzi logistici per sostenere uomini e materiali in combattimento non è un esercizio banale, e la Russia si era impegnata in esercitazioni militari della durata di diversi mesi, perfezionando tale logistica. L’esercito russo è guidato da ufficiali che eccellono nel lavoro di staff e nella preparazione, e supporre che avessero pianificato ogni possibilità che si potesse incontrare sul campo di battaglia non era un’ipotesi astratta.

Dal punto di vista della dottrina militare,  l’esercito russo era configurato proprio per il tipo di guerra per cui si era preparato, dove la sua enorme superiorità in termini di massa e potenza di fuoco era stata ottimizzata per produrre i risultati sul campo di battaglia previsti dalla maggior parte degli osservatori – la distruzione delle difese nemiche in profondità con bombardamenti massicci, seguiti da un aggressivo assalto di mezzi corazzati destinati a penetrare in profondità nelle retrovie nemiche, seminando confusione, caos con una conseguente, rapida perdita di efficacia di combattimento da parte della forza attaccata.

Una guerra russo-ucraina sarebbe stata principalmente una guerra terrestre; né l’aviazione né la Marina ucraina erano in grado di opporre una resistenza duratura ed efficace alle loro controparti russe. Anche se l’esercito ucraino era stato addestrato ed equipaggiato dal 2015 come una forza virtuale per procura della NATO, la realtà era che, a partire dal 2014, quando poteva schierare circa 6.000 truppe pronte al combattimento, aveva subito una rapida espansione, arrivando a disporre, prima dell’operazione militare, di circa 150.000 soldati organizzati in 24 brigate. La previsione [da parte degli analisti occidentali] era che l’Ucraina sarebbe stata in grado di condurre ben poco di più delle normali operazioni di armi combinate a livello di battaglione (cioè, l’impiego coordinato di forze di manovra con artiglieria e supporto aereo).

Anche se l’Ucraina ha fatto molti sforzi per passare da un esercito che, nel 2014, era composto unicamente da soldati di leva ad uno in cui circa il 60% del personale di combattimento è costituito da soldati professionisti a contratto guidati da sottufficiali esperti, [è evidente che] non si può creare una tale forza in così poco tempo. La leadership delle piccole unità, quelle che costituiscono il collante che impedisce la disgregazione di un contingente militare in difficoltà e sotto lo stress di un combattimento prolungato, semplicemente non ha avuto abbastanza tempo per assestarsi e maturare nell’esercito ucraino, e questo aveva indotto molti a prevedere che [questa struttura] avrebbe ceduto una volta messa sotto stress da una condotta di combattimento secondo la dottrina russa.

L’analisi che segue proviene da rapporti pubblicamente disponibili redatti da giornalisti integrati nell’esercito russo e nelle forze della Repubblica Popolare di Donetsk, così come dai briefing del Ministero della Difesa russo e da dichiarazioni rilasciate dalla parte ucraina.

Entro la prima settimana dall’inizio dell’operazione russa, era stato chiaro ai più che molte delle ipotesi fatte erano sbagliate e/o improprie. In primo luogo, Mosca aveva scelto di non impiegare le proprie forze secondo la dottrina standard, optando invece per un approccio leggero, che sembrava essere nato da uno sforzo concertato per ridurre al minimo le vittime civili e i danni alle infrastrutture, approccio che, a sua volta, derivava da un fondamentale fraintendimento della reale situazione sul campo in Ucraina.

L’epurazione di 150 ufficiali appartenenti al quinto dipartimento del Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB), responsabile delle operazioni nel cosiddetto “estero vicino” (che include l’Ucraina), insieme all’arresto di Sergei Beseda, l’ex capo del dipartimento, suggerisce che l’intelligence russa aveva commesso un errore, come non se ne vedevano dai tempi del fallimento israeliano nel prevedere l’attraversamento da parte degli Egiziani del canale di Suez durante la guerra dello Yom Kippur, nell’ottobre 1973.

Anche se il governo russo è rimasto, come al solito, in silenzio sulle eventuali carenze riguardanti il lavoro del 5° Dipartimento prima dell’inizio dell’operazione militare, le dichiarazioni della leadership russa, secondo cui l’esercito ucraino avrebbe potuto rimanere nelle caserme e che il potere politico ucraino non avrebbe interferito con le operazioni militari russe, suggeriscono che quelle ipotesi erano state formulate utilizzando proprio le informazioni fornite dal 5° Dipartimento. Il fatto che tali supposizioni, se davvero erano state fatte, si erano rivelate così profondamente errate, combinate con la perizia dell’esercito ucraino nell’impegnare i primi convogli delle forze russe, suggerisce che il lavoro del 5° Dipartimento era stato compromesso dai servizi di sicurezza ucraini, che avevano preso il controllo delle reti degli informatori russi, fornendo falsi rapporti alla leadership russa.

Il fatto è che le colonne corazzate russe, avanzando audacemente in Ucraina senza il tipo di attenzione alla sicurezza dei percorsi e alla protezione dei fianchi che normalmente accompagnano le operazioni offensive, si erano trovate tagliate fuori ed erano state annientate da imboscate ucraine ben preparate. Inoltre, invece di cedere sotto la pressione, l’esercito ucraino – sia quello regolare che quello delle forze territoriali – aveva tenuto duro e aveva combattuto, utilizzando le armi anticarro portatili – Javelins statunitensi e NLAWs britannici – con grande efficacia. Era stato, per usare un termine colloquiale americano, come sparare al tacchino e il governo ucraino aveva fatto un uso efficace dei filmati di combattimento ottenuti da tali scontri, con un grande effetto nel condizionare l’opinione pubblica globale sull’efficacia delle difese ucraine.

Tuttavia, i limiti delle forze armate ucraine non avevano permesso [a Kiev] di trasformare le sue impressionanti vittorie tattiche in risultati operativi e strategici di un certo rilievo. Nonostante le costose battute d’arresto iniziali, l’esercito russo aveva continuato il suo attacco, ottenendo guadagni impressionanti nel sud, dove le forze russe stazionate in Crimea avevano preso il controllo della strategica città di Kherson ed erano avanzate sulla città altrettanto importante di Mariupol. Lì, si erano unite alle forze russe e alleate della Repubblica di Donetsk ed avevano circondato le forze ucraine che difendevano Mariupol, intrappolando alla fine i sopravvissuti, diverse migliaia, nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal. Più a nord, le forze russe, insieme alle forze delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, erano avanzate verso ovest, per costringere le forze ucraine ad abbandonare i loro trinceramenti e prendere il controllo di tutto il territorio che comprende la regione del Donbass.

La “battaglia” per Kiev

Anche se assicurare l’integrità territoriale della regione del Donbass era uno degli obiettivi primari dell’operazione militare speciale russa, per realizzarlo la Russia aveva condotto vaste operazioni di supporto, che comprendevano un’avanzata diversiva verso Kiev, progettata per tenere impegnate sul posto le forze ucraine, impedendo l’invio di rinforzi al fronte orientale, così come un finto sbarco anfibio al largo della costa di Odessa per lo stesso scopo. Affinché un attacco diversivo e/o una finta sia operativamente fattibile, deve essere credibile, e questo significa che le forze che eseguono la missione devono essere abbastanza aggressive nell’esecuzione della diversione, anche in condizioni sfavorevoli.

L’avanzata russa su Kiev comprendeva circa 40.000 uomini che operavano su due assi, uno in direzione sud, l’altro che avanzava verso sud-ovest dalla direzione di Chernihiv. L’avanzata di terra era stata preceduta da diversi assalti aerei mirati ai campi d’aviazione nelle vicinanze di Kiev. Sia che l’intelligence russa avesse indicato o meno che Kiev era matura per un colpo di stato o che i paracadutisti russi e le forze speciali che conducevano gli assalti si fossero dimostrati troppo aggressivi nel vendere l’attacco, o una combinazione di entrambi, resta il fatto che, in realtà, Kiev era ben difesa da un mix di esercito regolare e di forze territoriali, per nulla inclini a cedere la capitale ucraina senza combattere. Per più di un mese, le forze russe avevano avanzato su Kiev, lanciando attacchi in profondità nella periferia nord e minacciando di circondare la città sia da est che da ovest.

Resta il fatto che una forza di 40.000 uomini, per quanto aggressiva, non può prendere e tenere una città di circa tre milioni di abitanti difesa da un mix di 60.000 soldati regolari, di riserva e territoriali. Ma questo non era mai stato il loro compito. “Queste azioni [cioè l’avanzata su Kiev],” aveva annunciato il colonnello generale Sergey Rudskoy, primo vice capo dello Stato Maggiore russo, durante un briefing il 26 marzo, “sono state effettuate con l’obiettivo di causare danni alle infrastrutture militari, alle attrezzature, al personale delle Forze Armate dell’Ucraina e questi risultati ci permettono non solo di tenere impegnate le loro forze e impedire il rafforzamento del contingente ucraino nel Donbass, ma, in più, non permetteranno questo rafforzamento fino a quando l’esercito russo non avrà completamente liberato i territori della [Repubblica Popolare di Donetsk] e [Repubblica Popolare di Lugansk].”

Come indicazione sia dell’intensità dei combattimenti nella finta manovra su Kiev, sia dell’importanza della missione assegnata, il presidente russo Vladimir Putin ha conferito il titolo onorifico di ‘Guardia‘ alla 64a Brigata distaccata di fucilieri motorizzati per le sue “azioni astute e coraggiose” durante i combattimenti di Kiev. “Il personale dell’unità è diventato un modello nell’adempimento di dovere militare, valore, dedizione e professionalità,” ha notato Putin nella citazione di accompagnamento (il governo ucraino ha accusato la 64a Brigata di aver commesso crimini di guerra nella città di Bucha, a nord di Kiev, un’accusa che il governo russo nega con veemenza).

La cosiddetta “battaglia per Kiev” è un chiaro esempio della differenza tra percezione e realtà. La posizione ucraina è che le sue forze hanno decisamente sconfitto l’esercito russo nella sua avanzata su Kiev, costringendolo non solo ad una ritirata, ma anche ad una completa riprogettazione dei propri obiettivi strategici. Questo punto di vista è stato indiscutibilmente ripreso dai media occidentali compiacenti e condiviso acriticamente dai leader politici e militari di Europa, Canada e Stati Uniti.

Uno dei principali risultati di questa “vittoria” ucraina è stata la capacità del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di far leva su questa percezione per stimolare un cambiamento fondamentale di pensiero da parte dei suoi sostenitori in Occidente, con un conseguente aumento sia della quantità di denaro destinato a fornire armi all’Ucraina, sia della qualità delle armi stesse. La conseguenza è stata che l’Occidente ha iniziato a spostare la propria attenzione dalle armi leggere anticarro ai blindati e all’artiglieria di tipo più convenzionale.

Al perchè di questo drammatico cambiamento nella priorità sui vari tipi di armi [da inviare in Ucraina] non è stata data risposta, soprattutto se si considera che l’Ucraina, secondo la sua stessa narrativa, avrebbe sconfitto in modo decisivo la Russia usando proprio quelle stesse armi leggere anticarro. La realtà, tuttavia, era che le operazioni russe della Fase Uno avevano inflitto danni quasi fatali all’esercito ucraino, uccidendo e ferendo decine di migliaia di soldati e distruggendo la maggior parte delle armi pesanti dell’Ucraina – l’artiglieria, i carri armati e i veicoli corazzati da combattimento, essenziali per condurre una moderna guerra combinata. Il motivo per cui l’Ucraina ha richiesto ai suoi fornitori occidentali più carri armati, veicoli corazzati e artiglieria è dovuto all’esaurimento delle scorte disponibili.

Ma l’equipaggiamento è l’ultima delle preoccupazioni ucraine. Un esercito è valido solo quanto la sua capacità di sostenere logisticamente le proprie truppe durante i combattimenti e uno degli obiettivi primari della campagna russa della Fase Uno era proprio quello di distruggere le strutture di stoccaggio di carburante e munizioni dell’Ucraina e degradare la sua catena di comando e controllo. Il risultato è che, anche se l’Ucraina ha tenuto Kiev, lo ha fatto ad un costo enorme in termini di efficacia complessiva di combattimento. E, mentre la Russia è stata in grado di ritirarsi dal fronte di Kiev e concedere alle sue truppe un periodo di riposo, riarmo e riorientamento (una rotazione normale per unità militari che erano state impegnate in operazioni di combattimento praticamente non-stop per un mese), l’esercito ucraino ha continuato ad essere tenuto sotto pressione dagli incessanti attacchi aerei russi e dal bombardamento dei missili da crociera e dell’artiglieria.

La percezione, quando è sottoposta alla dura luce della realtà, si rivela poco più che un pio desiderio. Questo è proprio il caso della cosiddetta “Battaglia per Kiev,” dove l’esercito ucraino si è ritrovato con un territorio che non serviva più a nessuno scopo utile per i Russi. La Russia è stata in grado di ridispiegare le proprie forze per sostenere al meglio il suo obiettivo principale, la presa del Donbass, lasciando le forze ucraine a Kiev a congelare sul posto.

Mariupol e la battaglia per il Donbass

La battaglia per Mariupol è un altro esempio in cui la gestione della percezione si è scontrata con la realtà. La narrativa sulla situazione attuale di Mariupol è come la storia di due città. Dal punto di vista ucraino, la città continua ad essere tenuta da un eroico gruppo di combattenti che stanno impegnando decine di migliaia di truppe russe che altrimenti avrebbero potuto essere riassegnate altrove, sostenendo lo sforzo principale russo contro il Donbass. Finché questi difensori resisteranno, sostengono gli Ucraini, il vitale ponte di terra che collega la Crimea alla Federazione Russa sarà a rischio. Allo stesso modo, la loro continua resistenza serve ad un importante scopo propagandistico, negando alla Russia la possibilità di dichiarare la vittoria prima della celebrazione del Giorno della Vittoria, il 9 maggio.

La Russia, tuttavia, ha già dichiarato la vittoria a Mariupol. Pur ammettendo che alcune migliaia di difensori sono asserragliati nei bunker dell’era della Guerra Fredda scavati sotto l’acciaieria Azovstal, secondo la Russia queste forze non hanno alcun valore militare significativo. Infatti, piuttosto che sacrificare truppe russe per snidare le forze ucraine dalle loro tane sotterranee, il presidente Putin ha ordinato ai militari di sigillare l’impianto dell’Azovstal e aspettare che i difensori vengano fuori [con le mani alzate].

Non c’è dubbio che la presenza di soldati ucraini nella fabbrica dell’Azovstal rappresenta una vittoria propagandistica per l’Ucraina. Ma la realtà è che la città di Mariupol è caduta in mano alla Russia; mentre i difensori ucraini, probabilmente accompagnati da migliaia di civili, iniziano a fare la fame mentre le loro scorte di cibo diminuiscono, nel resto di Mariupol sta iniziando l’opera di ricostruzione della città distrutta, dove si stima che il 90% degli edifici sia stato danneggiato o distrutto in brutali combattimenti strada per strada. Il ponte di terra russo è intatto e l’offensiva russa contro il Donbass sta procedendo senza intoppi.

Le dichiarazioni a Kiev di Antony Blinken e Lloyd Austin sono un sottoprodotto della percezione della vittoria ucraina plasmata dalle due “vittorie” ucraine a Kiev e Mariupol. La realtà, tuttavia, è che quello di Kiev è stato un magistrale inganno russo, che ha plasmato la situazione strategica generale in Ucraina a favore della Russia, e la battaglia di Mariupol non ha più alcun effetto strategico sulla campagna generale. Ciò che rimane è la dura verità della semplice “matematica militare” che, se proiettata su una mappa, fornisce la prova inflessibile e basata sui fatti che l’Ucraina sta perdendo la guerra contro la Russia.

Il fatto è che l’aiuto militare fornito all’Ucraina dall’Occidente non avrà alcun effetto percepibile su un campo di battaglia dove la Russia sta affermando il proprio dominio ogni giorno che passa. E questo perchè non viene fornito abbastanza equipaggiamento, un centinaio di veicoli blindati non possono sostituire i più di 2.580 che sono stati persi dall’Ucraina fino ad oggi, né qualche decina di pezzi di artiglieria può compensare i più di 1.410 tra cannoni e lanciarazzi distrutti dall’esercito russo.

Quando si affrontano due forze militari di dimensioni e capacità paragonabili tra loro, queste cercano di acquisire un vantaggio operativo attraverso il logoramento delle capacità dell’avversario e manovrando le proprie forze nel modo più efficace possibile; questa combinazione di eventi mette la meno capace delle due in una situazione insostenibile. La transizione da una battaglia tra pari ad una vittoria militare decisiva è spesso rapida e rappresenta il culmine della supremazia acquisita sincronizzando potenza di fuoco e capacità di manovra, così da creare una serie di dilemmi tattici e operativi per i quali l’avversario non ha soluzioni praticabili.

Questa è la situazione attuale dell’esercito ucraino che deve affrontare i Russi nel Donbass. Gli Ucraini, privi di qualsiasi supporto significativo di artiglieria, sono alla mercé dell’artiglieria e dei lanciarazzi russi che martellano le loro posizioni giorno dopo giorno, senza tregua. Le truppe russe hanno adottato un approccio ben preciso nell’impegnarsi con i loro avversari ucraini. Sono finite le rapide avanzate di colonne e convogli non protetti, ora i Russi isolano i difensori ucraini, li colpiscono con l’artiglieria e poi si avvicinano con cautela e distruggono ciò che rimane con la fanteria supportata da carri armati e veicoli corazzati da combattimento. Il rapporto delle perdite in questi scontri è drammatico per l’Ucraina, con centinaia di soldati persi ogni giorno in termini di uccisi, feriti e arresi, mentre le perdite russe sono trascurabili.

Non solo la Russia può manovrare virtualmente a suo piacimento lungo il fronte mentre accerchia e distrugge i difensori ucraini, ma le truppe russe operano anche in profondità con assoluta libertà, il che significa che possono ritirarsi per rifornirsi, riarmarsi e riposare senza paura del fuoco dell’artiglieria ucraina o di possibili contrattacchi. Gli Ucraini, nel frattempo, rimangono bloccati, incapaci di muoversi per paura di essere individuati e distrutti dalle forze aeree russe e, come tali, sono condannati a rimanere isolati e ad essere decimati dalle truppe russe a tempo debito.

Non c’è praticamente nessuna speranza di rinforzi o soccorsi per le forze ucraine che operano in prima linea; la Russia ha interdetto le linee ferroviarie che servivano come canali di rifornimento e la probabilità che le truppe ucraine che hanno ricevuto le armi pesanti fornite dall’Occidente riescano a raggiungere le linee del fronte e a fare la differenza è praticamente nulla. La battaglia per il Donbass sta raggiungendo il suo punto culminante, con l’esercito ucraino che sta rapidamente trasformandosi da forza capace di fornire una parvenza di resistenza a isolati manipoli di combattenti senza una significativa capacità di combattimento.

Questo è lo stato delle cose mentre entriamo nel terzo mese dell’operazione militare della Russia in Ucraina. Anche se la fine di qualsiasi conflitto è sempre una questione politica, una cosa è certa – se l’operazione si estenderà per un quarto mese, il campo di battaglia sarà molto diverso da quello che il mondo sta vedendo attualmente. La battaglia per il Donbass e l’Ucraina orientale è tutt’altro che finita. Questa è la dura realtà e nessuna pia illusione, compresa la gestione della percezione da parte di Zelensky o dei suoi partner americani, potrà cambiarla.

Scott Ritter

Fonte: rt.com
Link: https://www.rt.com/russia/554729-us-ukrainian-perception-donbass/
01.05.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

ISCRIVETEVI AI NOSTRI CANALI
CANALE YOUTUBE: https://www.youtube.com/@ComeDonChisciotte2003
CANALE RUMBLE: https://rumble.com/user/comedonchisciotte
CANALE ODYSEE: https://odysee.com/@ComeDonChisciotte2003

CANALI UFFICIALI TELEGRAM:
Principale - https://t.me/comedonchisciotteorg
Notizie - https://t.me/comedonchisciotte_notizie
Salute - https://t.me/CDCPiuSalute
Video - https://t.me/comedonchisciotte_video

CANALE UFFICIALE WHATSAPP:
Principale - ComeDonChisciotte.org

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
41 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments
41
0
È il momento di condividere le tue opinionix