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La Redazione

 

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L'INDICE DOW JONES A 17,000: L'IMPENNATA VERSO UN (NUOVO) DISASTRO FINANZIARIO

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A cura di Davide
Il 10 Luglio 2014
50 Views

DI NICK BEAMS

wsws.org

La crescita della media industriale dell’ Indice Dow Jones di Wall Street ad un massimo storico senza precedenti di oltre 17,000 punti la scorsa settimana è un ulteriore segnale delle contraddizioni esplosive sviluppatesi all’ interno del sistema finanziario Americano e Globale.

Da quando, il 9 Marzo 2009, raggiunse il suo minimo a 6.547 in seguito al crollo finanziario del Settembre 2008, il Dow è incrementato di oltre 10,000 punti, ed è ora ad oltre il 250 % di quanto era appena cinque anni fa.

Contemporaneamente, in seguito alla recessione ufficiale del Dicembre 2007 fino al Giugno 2009, il Prodotto Interno Lordo degli USA ha sperimentato il suo peggior “recupero” di un qualunque periodo analogo dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, con risultati che crollano di quasi il 3 % nel primo quadrimestre di quest’ anno.

Gli investimenti nell’economia reale rimangono stagnanti, mentre le corporazioni accumulano valuta piuttosto che espandere le attività produttive, ed usano il denaro per avviare manovre di riacquisto delle quote, o in fusioni ed acquisizioni ed altre operazioni finanziarie di matrice parassitaria.

A livello internazionale, la situazione non è migliore o, in alcuni casi, addirittura peggiore. Larghe porzioni delle economie di paesi avanzati stanno attraversando una stagnazione o una netta recessione. L’ Eurozona, quanto a risultati, è molto lontana dai livelli del 2007.

Secondo le proiezioni della Bank for International Settlements (BIS), un consorzio delle Banche Centrali Mondiali, gli indici delle maggiori economie è a circa l’ 8 % al disotto di dove dovrebbe essere se il trend pre-2008 fosse proseguito.
Nei cosiddetti “mercati emergenti”, un tempo osannati come i salvatori della economia mondiale, vi è un crescente nervosismo sullo stato dei mercati finanziari, nel timore che un massivo prelievo di moneta corrente, altamente esposta ad una qualsiasi impennata dei tassi di interesse nelle economie progredite, potrebbe provocare un altro crollo finanziario globale.

Pur attraversando una crescita al tasso di circa il 7,5 % annuo, la Cina è diffusamente ritenuta come altamente vulnerabile allo scoppio della bolla finanziaria creata dalla enorme espansione del credito nel 2008. E’ stato stimato che negli ultimi sei anni il credito cinese ha raggiunto un ammontare equivalente alle finanze dell’ intero sistema bancario USA.

E tuttavia, in questo orribile scenario, i mercati azionari globali e Statunitensi, foraggiati dalle iniezioni di liquidità a bassissimo costo delle principali banche centrali, continuano la loro inarrestabile ascesa.

Questo schema non può continuare indefinitamente. L’ infinito accumulo di ricchezza, dove quasi per miracolo il denaro sembra moltiplicarsi esponenzialmente, è intrinsecamente insostenibile. L’ intero sistema finanziario ricorda una specie di piramide invertita, il cui enorme benessere finanziario poggia su di una minuta base di economia reale, che rende l’ intero sistema altamente suscettibile al minimo scossone.

All’ accrescere di tale eventualità, le politiche delle Banche Centrali non attuano una prevenzione di un disastro finanziario, ma piuttosto ricreano le stesse condizioni che inesorabilmente ne produrranno un altro.

Gli eventi delle settimane passate sono stati altamente rivelatori. Essi dimostrano il livello a cui la intera economia mondiale, le professioni, le condizioni sociali e la qualità di vita di miliardi di individui che lavorano, sono soggetti ai dettami di una ristretta èlite finanziaria.

La settimana è cominciata con un monito della BIS che le attuali politiche monetarie stavano creando le condizioni per il ripetersi di un Settembre 2008, se possibile su più grande scala. Ma ciò è stato puntualmente confutato con l’affermazione che qualsiasi tentativo di arrestare la speculazione mettendo fine alla erogazione di denaro a bassissimo costo porterebbe ugualmente al collasso economico. Così le attuali politiche devono perpetuarsi, ignorando il fatto che stanno conducendo al disastro.

Mercoledì scorso, nel suo più significativo commento pubblico da quando ha ricoperto la carica a Febbraio, la direttrice della Federal Reserve USA Janet Yellen ha ribadito che la attuale politica di fornire scorte infinite di liquidità ai mercati finanziari sarebbe proseguita a tempo indeterminato.

Essa ha escluso qualsiasi azione sulle politiche monetarie per prevenire il materializzarsi di pericolose bolle finanziarie e il generarsi di quei comportamenti parassitari e manifestamente criminali che hanno condotto al crollo del 2008, col pretesto che ciò arrecherebbe troppo danno all’ economia, conducendo all’ aggravarsi della disoccupazione. “Regole macroprudenziali” dovrebbero essere impiegate per controllare il sistema finanziario, ha affermato.

Tuttavia, simili regole giacciono in ultima istanza nelle procedure di commissariamento, soprattutto contro le maggiori lobbies finanziarie e di investimento che, come ha reso chiaro il rapporto del 2011 del Sottocomitato Permanente di Investigazione del Senato USA, erano coinvolte in attività criminali. Ciononostante, la assegnazione di denunce per flagranza di reato fu smontata dal Gran Giurì Eric Holder, nel Marzo 2013, quando annunciò al Congresso che se le autorizzazioni a procedere fossero state comminate ai più grandi Istituti, esse avrebbero avuto “un impatto negativo sull’economia nazionale, forse addirittura su quella mondiale”.

In altre parole, sia le autorità monetarie che quelle legali degli USA, sono totalmente in mano alle banche e alle corporazioni finanziarie.

Quando interrogata sulla capacità delle banche di creare un “universo parallelo” fatto di un sistema di istituti bancari-ombra al difuori della supervisione dei supposti regolatori, Yellen ha ammesso di non avere una “gran risposta” a quel problema. Ma tale ammissione di fallimento non ha impedito ad altri di adottare le sue osservazioni.

La Banca Centrale Europea e il suo Presidente, Mario Draghi, che di recente ha ridotto i tassi di interesse stabiliti dalla BCE a zero e sotto, hanno avvallato la posizione della loro controparte Americana. Egli ha insistito che le “misure macroprudenziali”, e non le politiche monetarie, debbano essere “la prima linea di difesa contro i rischi di instabilità finanziaria”.

Altri si sono presto uniti al coro. Il Governatore delegato della Banca d’ Inghilterra John Cunliffe ha detto che restrizioni di politiche monetarie per smorzare le valute azionarie rischiano di danneggiare l’ economia e dovrebbero essere considerate “l’ultima linea di difesa”.

La Risbank, la Banca Centrale Svedese, dopo uno scontro all’ interno del direttivo, ha deciso che le azioni sono meglio delle parole, e ha tagliato i tassi d’ interesse di 50 punti base, dichiarando che la gestione della bolla immobiliare e del crescente debito sui mutui era compito di “altre sfere politiche”.

Gli strateghi della Banca d’ America erano chiaramente entusiasti che il periodo d’ abbondanza sarebbe continuato, affermando che il messaggio proveniente dalla Fed, la BCE e la Risbank era che le politiche monetarie sarebbero rimaste “a maglie larghe”, con le politiche “macroprudenziali” a sorvegliare su qualsiasi rischio di stabilità finanziaria.
Mentre il perpetrarsi del parassitismo finanziario era messo al sicuro come politica ufficiale di condotta, generando ulteriore ricchezza per gli ultra- abbienti, l’ offensiva contro la classe lavorante si inaspriva.

Sottolineando la necessità di misure di austerità, il Ministro del Tesoro Australiano Joe Hockey ha dichiarato che mentre il Mondo era “fradicio di denaro”, i governi ne erano sprovvisti. Questi fenomeni sono due facce della stessa moneta. La deriva verso il fondo della qualità della vita e l’ imposizione della povertà di massa sono basate sulla constatazione che, al tirar delle somme, il solo modo di infondere valore agli assets finanziari è quello di estrarlo dalla classe operaia.

La pretesa che le “regole macroprudenziali” possano prevenire una catastrofe è un inganno crudele. A parte il fatto che i mercati finanziari sono in grado di sviluppare metodi per aggirare simili regole non appena queste appaiono, resta la questione dei regolatori stessi.

Negli USA, nel cuore stesso del sistema finanziario globale, essi sono estratti direttamente dalle graduatorie delle banche o dagli istituti finanziari o dagli studi legali che hanno agito per essi con procedure mirate a deflettere i tentativi di controlli. Simili soggetti vedono il loro mandato di “servizio pubblico” come un mero mezzo di accrescimento del loro peso specifico di mercato, non appena questi tornano a fare milioni nel mondo della finanza corporativa.

Quanto a coloro che si elevano dai ranghi, essi vedono il loro ufficio come una semplice pietra miliare per l’ ingresso nell’ “universo parallelo”. E nella remota eventualità che possa emergere qualcuno che realmente creda nelle regole, questi può essere agevolmente dispensato dall’ incarico con il ricorso ad uno scandalo sessuale o di qualsiasi altro tipo.

La situazione è la stessa ovunque, come esemplificato dal fatto che il capo della BCE, Mario Draghi, è stato Vicepresidente internazionale di Goldman- Sachs.

Rigirate e rivoltate l’ attuale sistema economico e finanziario in qualunque modo vi aggradi… non vi è possibilità di prevenire una catastrofe se non attraverso una completa esautorazione dello stesso, l’ istituzione di partecipazione pubblica alle proprietà azionarie, e la implementazione di un programma socialista.

Nick Beams

Fonte: www.wsws.org

Link: http://www.wsws.org/en/articles/2014/07/07/pers-j07.html

7.07.2014

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