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DI WILLIAM BLUM
Killing hope

Esistono espressioni e slogan associati con il regime nazista in Germania che sono diventate comuni in inglese.
“Sieg Heil!” – Salve vittoria!
“Arbeit macht frei” – Il lavoro rende liberi.
“Denn heute gehört uns Deutschland und morgen die ganze Welt” – Oggi la Germania e domani il mondo intero
Ma nessuna forse è più nota di “Deutschland über alles” – La Germania sopra tutti.

Così sono stato preso di sorpresa quando mi sono imbattuto nel sito dell’aviazione americana – www.airforce.com/ – e ho visto sulla sua prima pagina l’intestazione “Sopra tutti”. Perché non pensiate che questo si riferisce semplicemente e innocentemente ad aerei su per aria, questa pagina è linkata a un’altra – www.airforce.com/achangingworld/ – dove “Sopra tutti” viene ripetuto con maggior rilievo, con link a siti per “Dominio aereo”, “Dominio spaziale” e “Cyber-Dominio”, ciascuno dei quali ripete a sua volta “Sopra tutti”. Questi non cazzeggiano. Non sono i guerrafondai imperialisti di vostro padre. Se stanno progettando un nuovo “Reich millenario”, speriamo che il loro destino non sia migliore di quello dell’originale, che durò 12 anni.

Gli eventi degli ultimi anni indicano che il mondo sta aprendo gli occhi sull’ambizione centrale di Washington di dominare il mondo, e sta diventando meno intimidito. L’America latina cerca di sfuggire sempre di più alle grinfie dell’impero. Leader vivamente consapevoli di come funziona l’imperialismo USA e determinati a tenerlo fuori dal proprio paese sono al potere in Venezuela, Uruguay, Ecuador, Bolivia, Argentina, Brasile, Cuba, Guatemala, Nicaragua, Panama, e forse l’ultima aggiunta, il Paraguay.

E ora l’Africa ha respinto l’offerta di Washington di far parte della famiglia imperiale. I governi africani hanno rifiutato di ospitare Africom, il comando africano USA. Il Washington Post ha riferito che “nel continente si è diffusa la preoccupazione che gli Stati Uniti progettino nuove grosse installazioni militari in Africa”, e malgrado la promessa di nuove partnership per sviluppo e sicurezza molti africani hanno concluso che Africom era in primo luogo un’estensione della politica antiterrorismo USA, pensata per tenere d’occhio la grossa popolazione musulmana africana. Gli Stati Uniti “identificano terrorismo e Islam”, ha detto un esperto diplomatico keniota, e pochi governi africani desideravano che li si vedesse invitare la sorveglianza americana sul proprio popolo. [Nota dal vostro redattore: sarebbe più istruttivo identificare il terrorismo antiamericano con la politica estera americana, compresa la costruzione di basi militari nei paesi degli altri.]

Quando Bush in febbraio ha visitato l’Africa, il presidente del Ghana gli ha detto: “Non costruirai basi nel Ghana”. Gruppi di assistenza finanziati dagli Stati Uniti hanno protestato contro i piani di espandere il ruolo dei militari americani nello sviluppo economico dell’Africa, opponendosi aspramente a lavorare a fianco dei soldati USA. Dice un ufficiale di Africom: “[Africom] è stato visto come una massiccia infusione di potenza militare in un continente che era abbastanza orgoglioso di aver rimosso dal proprio suolo le potenze straniere.”[1]
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C’è anche il fattore petrolifero. Gli USA importano più petrolio dalle nazioni africane che dall’Arabia Saudita, e il continente ha enormi aree inesplorate. Senza dubbio questa è una delle maggiori motivazioni alla base del desiderio americano di una presenza militare estesa nella regione. Gli Stati Uniti non prenderanno il rifiuto africano di Africom come l’ultima parola; anzi, parte della dura retorica dei funzionari africani potrebbe essere a uso e consumo interno, dato che gli USA già hanno una certa presenza militare sul continente. Sarà interessante osservare il braccio di ferro in corso fra Washington e i nazionalisti/antimperialisti africani sull’espansione della presenza americana.

Democrazia American Style. Che cciài probblemi?

Ecco la portavoce della Casa Bianca Dana Perino a una recente conferenza stampa:
Giornalista: Al popolo americano si chiede di morire e pagare, e lei sostiene che non ha niente da dire in questa guerra?
Perino: Non ho detto questo […] questo presidente è stato eletto –
Giornalista: Beh, equivale a che lei dica che noi non abbiamo voce in capitolo.
Perino: Avete avuto voce in capitolo. Il popolo americano ha voce in capitolo ogni quattro anni, ed è così che il nostro sistema è organizzato.[2]

Nel 1941 Edward Dowling, direttore di giornali e sacerdote, osservò: “I due maggiori ostacoli alla democrazia negli Stati Uniti sono, primo, l’illusione diffusa fra i poveri che abbiamo una democrazia, e secondo, il terrore cronico fra i ricchi che potremmo averla.”

Possiamo aspettare con ansia le memorie della Perino dopo lasciata la Casa Bianca nelle quali, come di recente il suo predecessore Scott McClellan, confessi di aver fatto parte di una modalità di “campagna permanente” per ingannare il pubblico americano? Sono preparato ad accoglierla nel gregge come ho fatto con McClellan. Ho un punto debole nel mio cuore per le fioriture politiche tardive. Lavoravo per il Dipartimento di Stato, quando ero un leale e buon anticomunista.

Il nuovo grande e nobile alleato di Washington nel Mondo Libero

Scott McClellan è stato criticato per non aver espresso le sue riserve sulle politiche dell’amministrazione Bush quando era ancora alla Casa Bianca. Questo certamente avrebbe richiesto un livello di coraggio che pochi hanno, e probabilmente avrebbe significato il suicidio per il suo lavoro e per la sua carriera. Mi ricordo di Carla Del Ponte, la diplomatica svizzera che nel 1999 divenne procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi. In conformità con i suoi doveri ufficiali indagò su possibili crimini di guerra di tutti i partecipanti ai conflitti degli anni ’90 sorti intorno alla disgregazione della Jugoslavia e al bombardamento durato 78 giorni e opera della NATO (leggi Stati Uniti) della Serbia e della sua provincia del Kosovo, dove gli abitanti di etnia albanese cercavano do ottenere la secessione. Alla fine di dicembre del 1999, in un’intervista su The Observer di Londra, alla Del Ponte fu chiesto se era preparata a incriminare il personale della NATO (e non solo contro le repubbliche ex-jugoslave). La risposta fu: “Se non sono disposta a farlo, non sto nel posto giusto. Devo abbandonare la mia missione.”

Il Tribunale annunciò poi di aver completato uno studio di possibili crimini della NATO, dichiarando: “È importantissimo per questo tribunale affermare la sua autorità su ogni e qualsiasi autorità al conflitto armato nell’ex-Jugoslavia.”

Era questo un segno dal cielo che il nuovo millennio (al 2000 mancava una sola settimana) avrebbe visto una più equa giustizia internazionale? Davvero poteva essere?

No, non poteva. Da ambienti ufficiali, militari e civili, degli Stati Uniti e del Canada, vennero incredulità, scandalo, rabbia, negazioni… “terrificante”… “ingiustificato”. La Del Ponte colse il messaggio. Il suo ufficio emanò rapidamente una dichiarazione: “La NATO non è sotto indagine dall’Ufficio del Procuratore del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia. Non c’è alcuna inchiesta formale sulle azioni della NATO durante il conflitto nel Kosovo.” [3]

La Del Ponte è rimasta nella sua posizione fino alla fine del 2007, abbandonandolo per diventare l’ambasciatore svizzero in Argentina; allo stesso tempo scrivendo un libro sul tempo passato nel Tribunale – “La caccia. Io e i criminali di guerra”, pubblicato due mesi fa e disponibile al momento solo in italiano. Non è stato ancora molto riferito cosa ha detto la Del Ponte sulla NATO, ma il libro ha già creato uno scandalo in Europa, poiché in esso si rivela come l’Esercito di Liberazione del Kosovo (Ushtria Çlirimtare e Kosovës, UCK) nel 1999 abbia rapito centinaia di serbi e li abbia portati dai correligionari musulmani del Kosovo in Albania dove sono stati uccisi, e i reni e altre parti del corpo poi rimossi e venduti per essere trapiantati in altri paesi.

Per anni l’UCK si è dedicato ad altre attività ugualmente simpatiche, come un intenso traffico di droga, traffico di donne, vari atti di terrorismo, e svolgimento della pulizia etnica di serbi che hanno avuto la sfortuna di essere in Kosovo perché da molto tempo è la loro patria. Fra il 1998 e il 2002 l’UCK è apparso più di una volta nell’elenco dei terroristi del Dipartimento di Stato; all’inizio per la sua tattica di prendere di mira civili serbi innocenti per provocare la rappresaglia delle truppe serbe; in seguito perché mercenari Mujahadeen di vari paesi islamici, compresi alcuni legati ad al Qaeda, combattevano al fianco dell’UCK, come facevano in Bosnia con i musulmani bosniaci durante le guerre civili jugoslave degli anni ‘90. [4] L’UCK è rimasto sull’elenco dei terroristi finché gli USA non hanno deciso di farne un alleato, in qualche misura per via dell’esistenza di un’importantissima base militare americana in Kosovo, Camp Bondsteel. (È notevole, no, come queste basi spuntino in tutto il mondo?) Nel novembre 2005, dopo averlo visitato, Alvaro Gil-Robles, l’inviato per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha descritto il campo come una “versione ridotta di Guantanamo”, riferendosi a chi in quel momento vi era detenuto per le varie guerre di Washington, compresa la cosiddetta guerra al terrore. [5]

Il 17 febbraio di quest’anno, con una mossa di legalità internazionale altamente discutibile, l’UCK ha dichiarato l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia. Il giorno dopo gli Stati Uniti hanno riconosciuto questa nuova “nazione”, convalidando così la dichiarazione unilaterale di indipendenza di una parte del territorio di un altro paese. Il nuovo paese ha come suo primo ministro un signore chiamato Hashim Thaci, descritto nel libro della Del Ponte come il cervello dietro i rapimenti dei serbi e la vendita dei loro organi. Il nuovo stato gangster del Kosovo è appoggiato da Washington e da altre potenze occidentali che non riescono a perdonare la Serbia-Jugoslavia-Milosevic – “gli ultimi comunisti d’Europa” – per non aver voluto abbracciare di tutto cuore il triumvirato NATO-USA-Unione Europea, che non riconosce alcuna potenza superiore, Nazioni Unite o altro. Lo stato indipendente del Kosovo è considerato affidabilmente pro-occidentale, uno stato che servirà come avamposto militarizzato al triumvirato, intento ad accerchiare ulteriormente la Russia e a spingerla fuori dall’Europa.

Nel suo libro la Del Ponte asserisce che c’erano elementi sufficienti per l’incriminazione di albanesi del Kosovo coinvolti in crimini di guerra, ma che l’inchiesta “fu soffocata sul nascere” e si concentrò invece sui “crimini commessi dalla Serbia”. Afferma che non poteva fare nulla perché era quasi impossibile raccogliere prove in Kosovo, che pullulava di criminali, al governo e non. I testimoni venivano intimiditi, e perfino i giudici all’Aia avevano paura degli albanesi del Kosovo.

In aprile il ministero degli esteri svizzero ha pubblicato una dichiarazione che afferma come il libro della Del Ponte “contiene dichiarazioni inaccettabili per un rappresentante del governo della Svizzera”, le ha ordinato di tornare al suo posto di ambasciatore in Argentina e le ha proibito ogni ulteriore esibizione per la promozione del libro. La Svizzera ha riconosciuto ufficialmente l’indipendenza del Kosovo e ha istituito un’ambasciata nel paese. Sembra probabile che il Kosovo resterà ancora per qualche tempo un problema assai controverso in Europa e a Washington. [6]

Ragione numero 3.468 per anelare all’alleviamento delle nostre anime dal peso capitalista

La mia compagnia telefonica, Verizon, di recente ha aumentato del 30 per cento la tariffa mensile per il mio piano di chiamate internazionali. Li ho chiamati per scoprirne la ragione e mi hanno detto che i loro concorrenti avevano aumentato le loro tariffe per il piano internazionale e così Verizon stava facendo lo stesso. “Per restare competitivi”, mi ha detto questo serio giovane. Ho pensato che dovevo avere capito male. Tutti siamo stati educati a credere che una delle bellezze del capitalismo è il suo fornire un ambiente competitivo che induce le aziende ad abbassare le loro tariffe in modo da attirare i clienti della concorrenza. Alla fine il consumatore gode di prezzi più bassi. E questo ha senso, almeno nel contesto capitalistico. (Anche se naturalmente ci sono stati numerosi casi di grosse compagnie che hanno abbassato i prezzi per mandare fallita una piccola compagnia – che aveva iniziato i tagli ai prezzi – dopodiché le grandi compagnie aumentano di nuovo i loro prezzi.) Ma adesso? Ora ci viene detto che la concorrenza porta ad aumenti di prezzo. Per favore, diteci cosa c’è rimasto del sistema in cui credere?

Domanda e offerta? Come in Birmania, dopo il recente e devastante ciclone? I prezzi dei generi alimentari e degli altri prodotti essenziali sono significativamente aumentati dopo il disastro. Come dovrebbero, secondo la riverita ed amata legge della domanda e dell’offerta, nella misura in cui in Birmania ovviamente le cose sono scarse e i bisogni della gente chiaramente sono molto più grandi del solito. In circostanze di disperazione umana cosa potrebbe avere più senso dell’aumento dei prezzi?

Anche se normalmente mettere in questione la legge della domanda e dell’offerta è considerato alla stessa luce dello scetticismo sulla legge di gravità, devo farlo, e fare riferimento a cose che ho espresso in precedenza: il prezzo della benzina negli Stati Uniti da un bel po’ di tempo aumenta regolarmente, ma non c’è scarsità di offerta. Non ci sono file di auto che aspettano ore ai distributori cercando di fare il pieno prima che le pompe si esauriscano. E c’è stata una notevole caduta della domanda man mano che gli automobilisti non ricchi hanno ridotto l’uso dell’auto. Non serve un cinismo totale per chiedersi se la legge della domanda e dell’offerta sia stata abrogata. Oppure può essere che quanto è noto come “domanda e offerta” in realtà non è qualche sorta di “legge” immutabile, ma piuttosto (urgh! gasp!) “politiche aziendali”?

Attualmente le compagnie petrolifere stanno spendendo bei dollari per convincere il pubblico americano che gli altissimi prezzi della benzina non sono colpa loro. “L’industria”, riferisce il Washington Post, “sta cercando di convincere i votanti – che, a loro volta, lo sosterranno ai loro rappresentanti al Congresso – che l’aumento dei prezzi energetici non è colpa dei produttori e che gli sforzi del governo per punire l’industria, specialmente con tasse più alte, non farebbe che peggiorare i problemi di prezzo.” [7]

Le compagnie petrolifere pensano di essere fraintese? La prossima volta che vi imbattete in un dirigente di una compagnia petrolifera amichevole chiedetegli questo: “Se aveste abbassato i prezzi a quello che erano due anni fa, i consumatori organizzerebbero proteste davanti alla vostra sede? L’FBI perquisirebbe i vostri uffici? I vostri profitti mozzafiato oscenamente alti andrebbero in rosso? Riuscireste ancora a mantenere il vostro decadente stile di vita milionario?” Le compagnie petrolifere sono perfettamente libere di abbassare i prezzi in misura assai significativa senza nulla di quello che voi o io chiameremmo sofferenza finanziaria. Ma non lo fanno. Allora cos’è che viene frainteso dal pubblico che obbliga le compagnie a spendere milioni in pubblicità? Soldi che potrebbero essere destinati a riduzioni dei prezzi.

Almeno i dirigenti delle compagnie petrolifere producono un prodotto utile rispetto a chi lavora nel settore degli hedge fund. Cosa sono gli hedge fund, chiedete? Sono fondi comuni di capitali privati e in larga misura non regolamentati i cui gestori possono comprare o vendere ogni sorta di beni. Il reddito dei dirigenti del fondo – spesso decine o centinaia di milioni di dollari, a volte perfino un miliardo – viene tassato come capital gain, a un’aliquota molto più bassa che se fosse tassato come redditi regolari. Si può dire che gli hedge fund sono semplicemente speculazione pura portata all’assurdo; tipico del nuovo Sogno Americano: arricchirsi attraverso la speculazione e l’eredità invece che attraverso l’abilità, l’intraprendenza e la soddisfazione di un bisogno sociale umano.
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Ecco Daniel Strachman, un ex consulente di hedge fund e autore di “The Fundamentals of Hedge Fund Management [I fondamentali della gestione degli hedge fund, n. d. t.]”. È scettico sull’aumento delle tasse per i gestori di hedge fund, e dice che dovrebbero essere ricompensati perché corrono rischi enormi. [Naturalmente lo fanno anche i vigili del fuoco, gli agenti di polizia e i rapinatori di banche.] La maggior parte dei gestori ha i propri soldi nei fondi, dichiara, e subisce massicce perdite quando gli investimenti fatti vanno male. “È chiaro che qualcuno deve vincere e qualcuno deve perdere”, dice Strachman. “Non è affatto bello perché la gente dice ‘Oh mio Dio. Guarda quanti soldi fanno questi mentre la gente perde la casa e si lamenta del costo delle uova e dello zucchero’. Ma allora? Non viviamo in una società che è sempre bella. Per questo è capitalismo.” [8]

William Blum (The Anti-Empire Report n°58)
Fonte: http://www.killinghope.org
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer58.htm
6.06.2008

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA TOMBOLESI

NOTE

[1] Washington Post, 1 giugno 2008, p. 18.

[2] Conferenza stampa della Casa Bianca, 20 marzo 2008.

[3] The Observer (Londra), 26 dicembre 1999; Washington Times, 30 e 31 dicembre 1999; New York Times, 30 dicembre 1999.

[4] Nella stampa mondiale degli ultimi 20 anni ci sono numerosi articoli sulla smodata criminalità dell’UCK; fate una ricerca usando Google con “KLA” e una o più parole chiave come droga, prostituzione, pulizia etnica, trapianti, ecc.

[5] http://wikipedia.org/, sotto la voce “Camp Bondsteel”.

[6] Il libro della Del Ponte e l’agitazione che ha prodotto sono stati largamente ignorati nei media degli USA, ma se si fa una ricerca usando Google sul suo nome e sul libro si troveranno molti reportage dall’Europa.

[7] Washington Post, 9 maggio 2008, p. D1.

[8] Washington Post, 17 aprile 2008, p. D1.

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