La sovranità è democrazia. Strano, ma vero

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Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org

 

Uno spettro s’aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro”. Così iniziava il Manifesto del Partito comunista di Marx e Engels del 1848 (1). Oggi, gli spettri che si aggirano per l’Europa sono diventati due: il sovranismo e il populismo. E, comunque, l’Europa è sempre impegnata nella sua santa battuta di caccia. Non è più l’Europa di “papa e zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi”, come recitava il Manifesto, ma è l’Europa dei mercati, delle banche e del capitale, di Draghi, di Trichet, di Junker, della Lagarde, di Gentiloni, dei media compiacenti e degli intellettuali acquiescenti, dell’europeismo acritico e del neoliberismo imperante.

Occorre rompere, non per polemica politica ma per onestà intellettuale, questa coltre di conformismo e porsi qualche interrogativo, farsi venire qualche dubbio, riflettere sulle parole che si usano e passare dal pensiero unico al pensiero critico, che poi è l’unica forma di pensare degna di questo nome.

Un contributo importante per muoversi in questa direzione lo ha dato Gabriele Segre in un recentissimo articolo sul quotidiano Domani (2).

Due premesse. Primo punto. Segre si occupa solo di sovranismo e dei suoi rapporti con il nazionalismo. Dell’altro spettro, quello del populismo, ce ne occuperemo in futuro. Secondo punto, è significativo che un articolo come quello di Segre venga pubblicato su un organo di stampa espressione dell’establishment e (molto) vicino al PD. Vuole dire che qualcosa si sta muovendo, sta a noi contribuire a questo confronto, animandolo e indirizzandolo nella direzione più opportuna. L’atteggiamento di schifio verso tutto ciò che non è ‘puro e incontaminato’ porta solo all’isolamento e alla autoreferenzialità.

L’articolo, che consigliamo comunque di leggere direttamente, si articola in quattro passaggi logici stringenti. Segre parte dalla vittoria di Robert Fico alle elezioni in Slovacchia del 1 ottobre 2023. Leader nazionalista, sovranista e critico (usiamo un eufemismo) su diritti civili, appoggio all’Ucraina e immigrazione. Insomma, un vero fascista direbbe Elly Schlein. Peccato che Fico non sia un fascista: è stato membro del Partito comunista, successivamente ha aderito al Partito della sinistra democratica per poi fondare un suo Partito socialdemocratico. Quindi è uomo di sinistra. Di sinistra e sovranista. Strano, ma vero.

Questo scenario ci dice Segre “ci impone di separare i due termini (…) nazionalismo e sovranismo non rappresentano più sinonimi perfetti”. La ragione di questa “condizione di separazione” – così la definisce efficacemente – è dovuta al fatto che “sempre di più governi ‘patrioti’, eletti con la promessa di fare della propria nazione una ‘fortezza inespugnabile’ all’urto di epocali invasioni demografiche, economiche e militari si accorgono che erigere mura non serve a niente (…) La dimensione della nazione sembra oggi essere troppo ristretta per riuscire a proporre risposte efficaci a problemi che si proiettano su scala planetaria”.

E qui Segre si avvicina al punto focale, tanto chiaro quanto discutibile, della sua argomentazione quando afferma “che lo Stato nazione sia una istituzione ‘superabile’ in un mondo globalizzato lo avevano già intuito i firmatari del Manifesto di Ventotene nel 1941”. Purtroppo, ci sono due piccoli particolari che non quadrano. Primo, molto semplicemente, nel 1941 il processo di globalizzazione come oggi noi lo conosciamo non esisteva. Anzi, tre anni dopo, nel 1944, le grandi potenze internazionali firmarono gli accordi di Bretton Woods che erano proprio finalizzati a contenere i flussi di capitali oltre i confini nazionali. Secondo, i firmatari del Manifesto di Ventotene, con tutto il rispetto per gli illustri antifascisti, non erano i Padri costituenti; ed è invece alla Carta costituzionale, la nostra legge fondamentale, che noi dobbiamo far riferimento (3).

Qui Segre prende atto realisticamente che siamo ancor lontani – per fortuna diciamo noi – dall’utopia di una Europa federale e “forse ci troviamo più prossimi a riconoscere il bisogno di nuove dimensioni di sovranità, immaginate al di là delle frontiere tradizionali. Disgiungere nel nostro lessico il sovranismo dal nazionalismo può rappresentare una tappa di questo cammino”.

Ecco l’interrogativo fondamentale, meritoriamente sollevato da Gabriele Segre: può esserci sovranismo senza nazionalismo? Può esserci una qualche forma di sovranità che prescinde dai confini e dalle identità nazionali? Andando al cuore del problema, siamo sicuri che una ferma rivendicazione della sovranità degli Stati nazionali non sia nei fatti l’unica risposta adeguata al disegno di federalismo coercitivo e quindi antidemocratico (4) che, dalla crisi finanziaria in poi, l’Unione Europea sta perseguendo con sempre maggiore arroganza e determinazione?

La risposta a questi interrogativi la dà Segre, con invidiabile chiarezza, nel successivo capoverso, che vi invito a leggere con grande attenzione perché dice cose importanti. “Abitiamo in un mondo dominato da un limitante sentimento di necessità, dalla logica inappellabile, del ‘non c’è alternativa’, da scelte che trascendono la politica nel definire alleanze vincolanti e coercizioni finanziarie”. Perfetto.

Parole bellissime che io condivido totalmente e che portano a una logica conclusione: un sovranismo non nazionalista consiste, anzitutto, nel proporre ed attuare politiche che limitino drasticamente quella rete di vincoli e di interdipendenze che riducono l’indipendenza e l’autonomia degli Stati nazionali. In altri termini, va eliminato quel limitante senso di necessità – che il grande giurista Hans Kelsen chiamava la “forza normativa del fattuale” – che ha ridotto, se non annullato, lo spazio della decisione politica, intesa come scelta tra alternative. Per questo “la ‘questione sovranista’ va posta, con valide ragioni, al centro del dibattito sul futuro delle nostre società”. Questo invito va assolutamente accolto, soprattutto da chi crede, come il sottoscritto e a differenza di Gabriele Segre, che attualmente solo all’interno degli Stati nazionali possano esserci sia vera democrazia che adeguati contrappesi al neoliberismo (5).

Per concludere, Gabriele Segre sdogana il sovranismo dall’ostracismo aprioristico ed ottuso a cui il dibattito politico corrente lo ha condannato. È un passo importante. Infatti, così facendo ci insegna che i cittadini, se lo vogliono, possono ridefinire il significato delle parole e diventare “sovrani del proprio avvenire anziché sudditi di un inevitabile destino”. E questa è democrazia.

Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org

15.10.2023

Luca Lanzalaco è professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata. Ha recentemente pubblicato, con Giampiero Cama e Sara Rocchi, Le banche centrali prima e dopo la crisi. Politica e politiche monetarie non convenzionali (ATì editore, 2019) e Fragile Boundaries. The Power of Global Finance and the Weakness of Political Institutions (Rivista Italiana di Politiche pubbliche, 2/2015, il Mulino). E’ autore del libro  L’Euro e la Democrazia – dalla Crisi Greca al nuovo Mes (Youcanprint, Bari, 2022).

 

NOTE:

(1) https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/mpc-pr.htm

(2) Segre, G. (2023), Oltre il nazionalismo. Perché un sovranismo sano non è una bestemmia, “Domani”, 9 ottobre 2023, p. 10

(3) Sulla differenza tra la cessione di sovranità, attuata dai governi italiani, e la limitazione della sovranità nazionale, prevista dall’articolo 11 della Costituzione, rimando all’intervento conclusivo di Umberto del Noce (48:20) nell’ultima puntata di Polis. Tutti contro Giorgia, https://comedonchisciotte.org/polis-stagione-ii-puntata-5-tutti-contro-giorgia/

(4) Sul federalismo coercitivo rimando al capitolo 14 del mio libro L’euro e la democrazia. Dalla crisi al nuovo Mes, scaricabile da link https://comedonchisciotte.org/wp-content/uploads/2023/07/Luca-Lanzalaco-LEuro-e-la-Democrazia-dalla-Crisi-Greca-al-nuovo-Mes.pdf

(5) Riprendo qui le tesi di Wolfgang Streeck esposte in varie sedi, si veda per esempio il video: https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2020/02/Wolfgang-Streeck–de7a7e53-f398-4b55-86ce-267bf9ddd303.html

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