DI ALESSANDRO GIOIA CHIAPPANUVOLI
chiappanuvoli.wordpress.com
Il primo pensiero è stato devo andare. E come sette anni fa, sono andato.
Quel che di buono sono riuscito a fare non è importante. Quel che avrei potuto fare in più è un rimpianto che porterò sempre con me.
Ogni singola persona che ho incontrato la mattina del 24 agosto merita di essere lodata anche solo per aver avuto il coraggio di esserci. Non a loro è rivolta la rabbia con cui scrivo questo testo. La ricostruzione che faccio della prima fase dell’emergenza è frutto solo della mia osservazione diretta, ma condivisa con molte altre persone che quel giorno c’erano, e quindi spero, fortemente spero, del tutto sbagliata.
Sono arrivato tra le 5.30 e le 6.00. Entrato in paese, le parole del Sindaco Pirozzi, «Mezzo paese è crollato», mi sono subito sembrate un nulla: Amatrice non c’era più.
Per capire come muovermi, ho fatto un breve giro di perlustrazione durante il quale ho incontrato, oltre agli abitanti di Amatrice e a parenti e amici accorsi da Roma, solo una squadra del Soccorso Alpino aquilano munita di cane (3 persone), un paio di poliziotti, una manciata di Guardie Forestali e alcuni medici giunti dall’Aquila.
Verso le 7.00 sono cominciate ad arrivare le prime squadre di Vigili del Fuoco e delle Protezioni Civili locali, almeno nella zona dove mi trovavo. Lungo il corso, invece, c’erano quattro o cinque capannelli di persone al lavoro, a occhio, non più di cinquanta, cento unità ma a grande maggioranza civile. Molti gli aquilani, e non sarebbe potuto essere altrimenti.
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ahimè quanta ragione e verità c’è in ciò che ha descritto Chiappanuvoli, confermo tutto quanto, poiché nei terremoti passati, era la stessa cosa….
Bisognerebbe imparare da certi paesi ben organizzati (Giappone in primis ma anche la Cina), l’organizzazione e il coordinamento delle forze, altrimenti, fra vent’anni, in un altro evento triste (perché questo è certo) ci ritroveremo a commentare le stesse cose!
Vorrei sapere a che titolo l’autore scrive questo post è a che titolo si è recato nelle zone colpite. Non vorrei sbagliarmi ma i free lance del dolore altrui sono sempre pronti a riempire il vuoto della loro inutilità con retorica più o meno inutile.
Non pochi commentatori hanno notato che nella pagliacciata di
Ventotene allestita da Renzi nella scorsa settimana, la Merkel ed
Hollande si sono prestati ad un’operazione propagandistica puramente ad
uso dell’opinione pubblica italiana, che viene ancora annebbiata con
false prospettive di “Stati Uniti d’Europa” per compensare le attuali
euro-miserie degli zero-virgola del bilancio o del PIL. La Corte
Costituzionale tedesca ha già più volte ribadito che di “cessioni di
sovranità” da parte della
Germania non se ne parla proprio, dato che la loro Costituzione non le
contempla (se è per questo, neppure la nostra). L’establishment tedesco
rifiuta quindi ogni ipotesi di “Stati Uniti d’Europa” e, quanto a
cessioni di sovranità, si accontenta dell’attuale occupazione militare
della Germania da parte degli Stati Uniti d’America.
(il resto in: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=741)
E’ nel momento dell’emergenza che la scelta deliberata di mettere nei posti che contano persone inadeguate, quando non inette, mostra i suoi effetti nel modo migliore.
Bono il sindaco Pierozzi !!!
Standing ovation e stretta di mano.
Io ho fatto qualche ricerca e mi risulta che Chiappanuvoli è un essere umano dell’Aquila, che quindi ha sentito bene il terremoto e da essere umano si è mosso subito per dare aiuto.
La situazione che ha trovato è quella che vidi io anni fa: grande confusione, persone lasciate senza coordinamento e clamore mediatico che rimbomba in continuazione. E’ uno dei tanti casi in cui professionalità spesso coincide con "evitare qualsiasi rischio", anche a costo di fare molte chiacchiere e nessun risultato.
Non capisco poi per quale motivo dovrebbe succedere che "gli operatori professionali sanno perfettamente cosa stanno facendo". O forse lo so. Siccome vanno lì per denaro, la regola numero 1 è sempre quella del lavoratore dipendente messo di fronte ad eventi più grandi di lui. A Roma lo chiamano "pararsi le chiappe".