Di Belisario per ComeDonChisciotte.org
I mass media mainstream sono riusciti da ormai più di 6 mesi nell’opera di disinformazione di distogliere ed allontanare l’attenzione del pubblico europeo da: a) quanto sta accadendo negli USA a Donald Trump; b) le evidenti, pesanti, implicazioni per il modello della “democrazia statunitense”; c) la natura della partita in corso e le enormi conseguenze per l’ Europa.
1. “The Donald” è il destinatario di un osceno totale di 91 imputazioni che svariano dal diritto penale al diritto civile e commerciale. Spiegando e semplificando lo scenario – come i mass media europei si guardano bene dal fare – le imputazioni possono essere divise in tre filoni:
– il filone federale, mirante a criminalizzare la scelta politica del Presidente Trump di contestare la regolarità delle elezioni del 2020, e che vede la pubblica accusa guidata dallo Special Counsel Jack Smith, nominato ad hoc dall’ USA Attorney General Merrick Garland;
– i filoni statali (Colorado, Georgia, Michigan), che criminalizzano la scelta di Trump a livello statale, come nel caso dello Stato della Georgia, con la pubblica accusa guidata dalla District Attorney Fani Willis, militante democratica;
– il separato filone di New York, con la pubblica accusa rappresentata dall’ Attorney General Letitia James, altra notoria militante democratica, mirante invece ad attaccare direttamente il business di Donald Trump.
2. Sotto il profilo penale, Trump sia a livello federale che statale in Georgia rischia una o più condanne a lunghe pene detentive. Si tratta di “reati” che criminalizzano la scelta politica di contestare le elezioni del 2020, e che dovrebbero de iure essere assolutamente esclusi dalla consolidata dottrina statunitense sulle immunità presidenziali, peraltro del tutto simile alle dottrine vigenti in tutti i Paesi occidentali.
Senonchè, per aggirare l’immunità presidenziale, si è giunti ad affermare la follia giuridica, la vera e propria reductio ad absurdum per cui “Trump avrebbe agito da candidato e non da Presidente”: come se un Presidente tale non fosse fino alla scadenza del suo mandato, ossia fino all’ l’inaugurazione del nuovo Presidente due mesi e mezzo dopo le elezioni, a metà gennaio; e soprattutto, come se improvvisamente potesse comparire, per incanto, una qualunque autorità giurisdizionale abilitata a decidere quando un Presidente agirebbe “da Presidente” e quando, invece, “da candidato”, sia durante i mesi di campagna elettorale prima delle elezioni che nei due mesi e mezzo dopo le elezioni.
Come dire che per almeno 6 mesi, un Presidente che si ricandidi, com’era Trump, sarebbe un Presidente dimezzato, perché a rischio di essere privato delle immunità e accusato da qualunque Attorney General di “aver agito come candidato” !!
Non c’è veramente bisogno di una laurea in giurisprudenza o scienze politiche, né di ulteriori studi o di pubblicazioni specifiche sul diritto costituzionale statunitense – tutti titoli che per inciso lo scrivente ha – per afferrare che siamo nel campo della follia giuridica, mirante a sabotare le immunità presidenziali di Donald Trump. D’altronde, durante la Presidenza Trump i Dem USA avevano tentato per ben due volte l’impeachment presidenziale, sulla base della favola di un suo accordo cospiratorio con il Presidente russo Putin.
In alternativa al filone giuridico dell’ ”ha agito da candidato”, alcuni Stati, e da ultimo il Colorado (1) con la sentenza della sua Corte Suprema (4 contro 3), hanno invocato la Terza Sezione del 14esimo Emendamento della Costituzione USA, che proibisce l’attribuzione di uffici pubblici a chiunque abbia partecipato ad atti di ribellione o insurrezione: un codicillo mirato a prevenire le candidature – ed il ritorno sulla scena politica – degli sconfitti della guerra civile statunitense, e mai invocato o applicato successivamente. Secondo tutti gli osservatori, questa interpretazione verrà affrontata e respinta dalla Corte Suprema Federale degli USA, alla quale i legali di Trump presenteranno immediato ricorso.
3.Sotto il profilo civile e commerciale, a New York la pubblica accusa, guidata da una Attorney General notoriamente militante nella sinistra democratica, ha richiesto l’ interdizione commerciale (via perdita della licenza) di Trump nello Stato di NYC, fatto che implicherebbe automaticamente la successiva vendita all’asta delle sue proprietà (Trump Tower, etc) da parte di un ente ad hoc: è un modello persecutorio ed espropriatorio familiare – ma solo in America Latina, e specialmente nelle Banana Republics.
E – incredibile ma vero – il giudice Arthur Engoron aveva perfino approvato tale richiesta della pubblica accusa con una mera ordinanza, poi impugnata e sospesa da un ricorso in appello. Difficilmente la sentenza di questo giudice, altro notorio simpatizzante democratico, non manterrà l’orientamento favorevole al “disbarment” di Donald Trump dallo Stato di NY ed alla conseguente vendita forzata delle sue proprietà. E Trump come minimo dovrà ricorrere in appello.
Quanto alla sostanza delle accuse a New York, siamo ben oltre il ridicolo: Trump avrebbe ottenuto finanziamenti bancari “fraudolenti” attraverso una fraudolenta over valutazione dei suoi assets. Ma la valutazione dei suoi assets era stata accettata dalle banche, i finanziamenti sono stati ripagati e le banche ne hanno tratto il loro profitto. In sintesi: manca perfino il danneggiato dalla supposta “frode”!
4. Il numero delle varie imputazioni – 91 – e il livello pretestuoso fino al ridicolo delle argomentazioni giuridiche delle varie e diverse pubbliche accuse federali e statali, penali e civili, rivelano chiaramente la regia di una volontà politica persecutoria di un avversario politico, ex Presidente e candidato alla prossima Presidenza, volontà politica alla quale l’Attorney General degli USA Merrick Garland, la Presidenza Biden ed il Partito Democratico – in sintesi, la lobby NeoGlobal – non possono ovviamente essere estranei.
E’ uno scenario francamente estraneo alla tradizione ed agli standards di una democrazia occidentale dal 1945. In Occidente, fuori dall’ America Latina ed in particolare dalle Banana Republics, l’unico precedente di una persecuzione politico-giudiziaria simile si era visto solo in Italia contro Silvio Berlusconi – fatto che non è ovviamente sfuggito a diversi commentatori statunitensi. Ma la persecuzione di Trump da parte di pubbliche accuse e giudici statunitensi supera per intensità e gravità anche quella evidentemente subita in Italia da Silvio Berlusconi.
5.Il fine, in una maniera o nell’altra, è arrivare a Trump processato e se possibile anche condannato prima delle elezioni presidenziali del novembre 2024. Lo Special Counsel Jack Smith vorrebbe iniziare il processo federale già nel marzo 2024. Ed anche secondo la District Attorney della Georgia, Fani Willis, tenere il processo penale statale (per l’asserito tentativo di sovvertire le elezioni in Georgia) durante l’elezione presidenziale “non costituirebbe un’ interferenza”! Il processo in Georgia inizierebbe nell’autunno 2024 – durante le elezioni – e durerebbe fino ai primi mesi del 2025!
Il fine è chiarissimo: nel caso in cui Trump vincesse le elezioni, sarebbe pronto un pericolosissimo “dibattito costituzionale” o “conflitto di poteri”, mirante ad impugnare la legittimità della vittoria e/o la capacità giuridica di Trump ad assumere o esercitare la carica presidenziale, a causa della condanna penale.
Verrebbe quasi da riderci su, della serie “Banana Republic, turbo version”, se non fosse evidente che un “dibattito” del genere rischierebbe di degenerare in uno scontro politico frontale senza precedenti, e suscettibile di diventare apertamente violento e difficilmente controllabile…….
6. Nonostante tale aperta persecuzione, da ormai diversi mesi tutti i polls, e perfino i recenti del New York Times – uno dei più acerrimi nemici di Donald Trump – attestano il rilevante vantaggio su Biden, e particolarmente in quei 5 “Swing States” che nel 2020 avevano deciso la vittoria elettorale, per poche decine di migliaia di voti. La prospettiva di una seconda Presidenza Trump è quindi quanto mai reale, ed apre scenari diversi e complessi.
7. Innanzi tutto, è evidente che la lobby NeoGlobal che controlla la Presidenza Biden e, attraverso di essa, anche la Commissione UE, non appare per nulla disposta ad accettare democraticamente la prospettiva della vittoria di Trump. Gli attacchi gratuiti – nella notoria ottica marcusiana – alla presunta natura dittatoriale di Donald Trump, donde la necessità di “salvare la democrazia”, recentemente ripartiti sui mass media mainstream USA, nascondono l’evidente tentativo di sovvertire la democrazia americana attraverso la persecuzione giudiziaria e mediatica.
Ma la stessa persecuzione giudiziaria e mediatica potrebbe essere ritenuta insufficiente o troppo rischiosa, e la tentazione della lobby NeoGlobal potrebbe essere quella di alterare lo scenario internazionale in modo tale da esercitare un impatto diretto sulle prossime elezioni statunitensi. Non c’ è da stare molto tranquilli, perché, per esempio, uno stato di guerra o di estrema allerta degli USA sarebbe uno degli scenari certamente suscettibili di alterare il consenso interno, e di mettere a rischio la vittoria di Trump.
8. Purtroppo per la lobby NeoGlobal, l’ennesimo conflitto in corso tra Israele ed i Palestinesi non sta aiutando nè la Presidenza Biden e né il Partito Democratico, per via della crescente contestazione del sostegno USA allo sterminio dei Palestinesi perpetrato da Israele di parte del Partito Democratico, che si aggiunge alla contestazione della componente isolazionista del Partito Repubblicano, in deciso aumento. Non aiuta nemmeno la guerra in Ucraina: nonostante la propaganda, anche i proverbiali muri hanno ormai compreso che l’Ucraina non vincerà mai la guerra e non recupererà mai i territori persi, peraltro da sempre popolati al 70-80% da russofoni.
Fortunatamente, i margini di manovra che le due guerre in corso consentono sono molto ridotti e limitati, perché ogni escalation di qualunque dei due conflitti condurrebbe molto facilmente ad una guerra degli USA con la Russia o con l’Iran, ossia alla Terza Guerra Mondiale.
9. Nella migliore e più normale delle ipotesi, quindi, il 2024 si prospetta come un lungo anno di attesa. Le elezioni per il Parlamento Europeo del giugno 2024 saranno certamente importanti, ma non decisive. Il sicuro aumento delle forze ostili all’ integrazione europea costituirà un risultato importante, ma non sarà mai tale da impedire un accordo promiscuo in nome dell’ Europa: conservatori e socialisti non hanno la minima intenzione di sbaraccare la gioiosa macchina da guerra della Commissione UE, ossia il Governo europeo eletto da nessuno, e quindi irresponsabile nei confronti dei popoli europei.
Certamente, formare una nuova Commissione senza sapere, fino al novembre 2024, chi dal gennaio 2025 governerà gli USA – ossia chi comanda – non sarà esattamente agevole. Quasi nessuno sembra più volere la pupazza dei Dem USA e di George Soros, la Albrecht VDL, specie dopo le costanti e guerrafondaie invasioni di campo nelle competenze di politica estera del Consiglio Europeo, e dopo il vergognoso sostegno incondizionato a Israele. Ma anche Super Mario, uno dei più credibili candidati, ha poco da stare allegro: tra dover essere il principale collaboratore di Biden o il primo nemico di Trump, c’è un bel gap….
Ma alla fine cambierà poco: la partita decisiva si gioca senza ombra di dubbio negli USA.
10. Lo scenario prospettato da ripetute dichiarazioni di Donald Trump sugli orientamenti della sua probabile seconda Presidenza fa ben comprendere non solo le ragioni per le quali la lobby NeoGlobal USA si è abbassata al livello Banana Republic, ma anche il sostanziale silenzio dei mass media mainstream europei: si tratterebbe infatti, di mutamenti esponenziali, per non dire storici nella linea degli USA e conseguentemente, dell’ Occidente, sotto diversi ed ampi profili.
Mutamenti, per inciso, largamente graditi anche a buona parte dall’opinione pubblica europea, sia di destra che di sinistra.
11. Il paradigma dominante della seconda Presidenza Trump rappresenterebbe, niente di meno, che un ritorno degli USA ad una linea neoisolazionista – dopo oltre un secolo di costante interventismo – e chiaramente antiglobalista, dopo quasi 30 anni.
Le misure cardine sarebbero: una tassa del 10% sulla maggior parte delle importazioni negli USA, anche al fine di attrarre investimenti produttivi e posti di lavoro negli USA, in aperta concorrenza competitiva con Cina e UE; il rapido e sostanziale disengagement degli USA dalla NATO, attraverso la drastica riduzione dell’impegno politico e/o del finanziamento USA, a cominciare dal supporto all’ Ucraina di Zelensky; una politica di convivenza con la Russia, ma di aperta e diretta competizione geopolitica ed economica con la Cina.
Stiamo parlando di un autentico terremoto geopolitico, a partire dalla fine della globalizzazione avviata su impulso delle multinazionali USA con il trattato di Marrakesh dell’aprile 1994, che istituì l’Organizzazione Mondiale del Commercio ed aprì le porte alla delocalizzazione produttiva in Cina.
Il neoisolazionismo ed antiglobalismo di Trump implicherebbe il parziale ritorno a politiche protezioniste che pregiudicherebbero immediatamente i rapporti con l’UE, inevitabilmente costretta alle rappresaglie commerciali, sia verso gli USA che verso la Cina.
Ma non solo: senza il sostegno degli USA di Trump, l’UE si troverebbe anche costretta a decidere se e come continuare ad armare l’Ucraina.
L’umiliazione dell’accettazione della pace e della rinuncia dell’Ucraina ai territori occupati dalla Russia sarebbe senza dubbio infinitamente più cocente per gli Scholz, i Meloni e i Macron – per non parlare di Polonia e Baltici – che per gli USA di Trump: ma non sembra avere reali alternative.
E l’evidente sconfitta della linea dell’asservimento alla lobby NeoGlobal in chiave anti Russia avrebbe certamente effetti negativi sulla credibilità della Commissione UE e della stessa integrazione europea.
12. L’ Europa si troverebbe relativamente libera dalla mano pesante del controllo – ma al tempo stesso anche del sostegno – degli USA, come mai dal 1945. E’ quello che in fondo molti filo UE sognavano: ma come noto è invece accaduto l’esatto contrario, con l’occupazione della Commissione UE da parte della lobby Neoglobal.
Ma non c’è da stare tranquilli.
13. La teoria secondo la quale l’UE, superando i nazionalismi, rappresenterebbe la migliore garanzia del mantenimento della pace in Europa, rappresenta ormai una letterale fandonia sotto ogni profilo.
Punto primo, sul piano storico, sono ormai tanti, diversi e qualificati gli storici (2) che ritengono che la responsabilità europea per le due guerre mondiali non è da individuare nei meri nazionalismi, ma negli imperialismi di ogni genere (gli imperialismi coloniali specie britannico e francese, l’imperialismo austroungarico, l’imperialismo ottomano, l’imperialismo zarista, l’imperialismo sovietico, gli imperialismi fascista e nazista).
L’UE, inizialmente formatasi per superare non i meri nazionalismi ma gli imperialismi europei, rappresenta ormai da decenni un nuovo imperialismo: oltre a non aver minimamente impedito la guerra civile jugoslava, insieme agli USA di Obama ha scatenato la guerra e la distruzione della Libia e, sempre insieme agli USA di Obama, ha fortemente agevolato, attraverso le notorie condizionalità imposte al trattato di associazione con l’Ucraina (3), l’ esplosione della guerra civile in Ucraina e della guerra russo-ucraina, entrambe iniziate con il colpo di Stato del 2014.
Quale potenza imperiale, l’UE persegue l’espansione territoriale, a diretto scapito della Russia, come evidente anche dalle progettate accessioni dell’ Ucraina e della Georgia. Ma senza il diretto e vitale sostegno americano al tentativo di indebolire e smembrare la Russia, l’aspirazione imperiale dell’estensione orizzontale dell’UE sarà infinitamente più problematica, ed i lunghi percorsi per l’accessione dell’Ucraina (Paese in guerra o comunque da ricostruire integralmente, a costi astronomici) e della Georgia (Paese a cronico rischio di guerra) si complicheranno notevolmente.
14. Stanti i tempi lunghi e le enormi difficoltà e costi dell’ estensione geografica o orizzontale, sicuramente riprenderà la mai sopita brama e geremiade dell’ integrazione verticale, mirante ad un salto di qualità esponenziale nell’ininterrotto percorso ultradecennale di costante spoliazione dei poteri sovrani dei Governi dei Paesi Membri, pur eletti dal popolo, dal trattato di Maastricht del 1992 e dall’adozione dell’ Euro (2002) in poi.
Il fine, notorio, è il “superamento” della regola dell’unanimità in diversi settori, a partire dalla politica estera e di difesa fino alla politica fiscale, con la conseguenza, per esempio, di uno stato di guerra, o di un regime fiscale, etc, deciso e imposto con mera votazione a maggioranza in qualche consesso o corridoio di Bruxelles, bene alla larga dai Parlamenti nazionali eletti dai popoli europei.
Anche in questo ambito, la musica non cambia, ed è anzi ancor più dissonante e stonata: come i fautori, da Macron a Mattarella, si dimenticano sempre di dire, il cd “superamento dell’unanimità” attraverso un nuovo trattato richiederebbe, infatti, l’approvazione unanime di 27 Governi e la ratifica di 27 Parlamenti nazionali, perdipiù nelle maggioranze parlamentari qualificate necessarie per le modifiche delle costituzioni nazionali, in procedimenti che in diversi casi prevedono anche il ricorso a referendum popolari.
Tale consenso unanime non c’è, per il dissenso ripetutamente manifestato da 5-6 Paesi Membri, e non ci sarà mai, e specialmente nell’ assenza di supporto da parte degli USA di Donald Trump.
15. Il neo isolazionismo e l’antiglobalismo di Trump collocherebbero l’UE in un sostanziale stand by. Ed i dubbi sulla costruzione europea inevitabilmente aumenterebbero: la lobby NeoGlobal non potrebbe più avvalersi del sostegno del Big Brother del Governo statunitense, che controllava la Commissione UE e manteneva l’ordine dietro le quinte. In un tale contesto, non è per nulla scontato che l’asserito consenso al Governo europeo della Commissione UE – perché di un Governo si tratta, eletto da nessuno ed irresponsabile nei confronti dei popoli europei, per chi ancora non se ne fosse accorto – rimarrebbe inalterato.
16.Di dubbi, ce ne sono di tutti i tipi: ognuno meriterebbe uno specifico articolo. Perché i Paesi del Sud Europa dovrebbero continuare a sottostare ai diktats economici e finanziari di Germania e colonie economiche nordiche? Le loro monete nazionali non avevano mai fatto parte dell’area del marco tedesco.
Perchè i Paesi dell’ Est dovrebbero continuare a ricevere, ogni anno dal 2004, contributi a pioggia pari ogni anno a circa il 5% del loro Pil annuale, finanziati dai contributi dei Paesi occidentali (l’Italia è il terzo contribuente attivo dell’UE, dopo Germania e Francia)? E’ come se l’Italia avesse ricevuto 100 miliardi, ogni anno dal 2004. Come ancora si giustifica – dopo 20 anni – questa gigantesca, assistenzialistica agevolazione via fondi pubblici al massiccio spostamento di capitale e lavoro dall’ Europa occidentale all’ Europa orientale?
Serve realmente alla crescita europea che capitali e lavoro – invece che dove più conviene o dove deciso dai Governi nazionali – vadano dove sono meglio assistiti da giganteschi fondi pubblici decisi e elargiti da Bruxelles?
Perché la Polonia, Paese con evidenti aspirazioni sub imperiali ed in rapporti perennemente problematici con Germania, Bielorussia e Russia, ha nel frattempo potuto mettere su – in ultima istanza grazie ai finanziamenti UE, ossia di Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, etc – uno dei principali e più moderni eserciti europei?
Perché un organismo eletto da nessuno ed interamente finanziato dai Paesi dell’Europa occidentale, come la Commissione UE, dovrebbe decidere in materia di spesa pubblica e bilancio dei Paesi che la finanziano integralmente?
A cosa realmente serve la BCE, se dalla “leadership” della Lagarde segue pedissequamente le decisioni della Fed USA sui tassi d’interesse, fino ad aver ridotto l’Euro (23% delle riserve mondiali) ad una moneta vassalla del dollaro?
Ed infine: si ha idea di quanto realmente costa l’infernale macchina UE, e di quante infinite risorse sottrae alla crescita economica? Di quanto costano le centinaia di negoziati europei perennemente in corso, di quanto costa un solo Consiglio Europeo?
17. Ma soprattutto: come mai, a partire dall’adozione dell’ Euro, in poco più di 20 anni, secondo tutte le statistiche, l’UE ha perso oltre il 33% del PIL, del potere d’acquisto e degli stipendi medi rispetto agli USA?
E come mai l’Europa, centro e avanguardia storica di quasi tutte le rivoluzioni politiche, economiche, culturali e scientifiche mondiali, dall’ Impero Romano all’Italia del Rinascimento (con la fondazione del capitalismo bancario e mercantile), fino alla rivoluzione industriale guidata dalla Gran Bretagna, è invece del tutto estranea alla rivoluzione di internet e delle telecomunicazioni, in corso da ormai quasi 30 anni negli USA e in Cina?
Perché i giganti di tecnologia, internet, telecomunicazioni e media sorti negli ultimi 30 anni (Amazon, Apple, Microsoft, Google, Oracle, Facebook, Tweeter, Tencent, Baidu, Alibaba Group, etc) sono tutti statunitensi e cinesi?
18. Il modello europeo di crescita, anche secondo Mario Draghi, non funziona più, nonostante le enormi dimensioni del mercato interno europeo. Come mai non solo USA e Cina, ma anche Paesi con mercati interni infinitamente più ridotti, come India, Russia, Corea del Sud e Brasile, invece, crescono?
Il modello europeo va ripensato integralmente: non si vede, infatti, come il fallimento possa non essere imputabile principalmente alle politiche prima dirigiste e poi, finalmente, imperialiste della Commissione UE, dal trattato di Maastricht in poi.
Alcuni esempi recenti: la bolletta energetica provocata dalla fine dell’energia a basso costo dalla Russia e le gigantesche spese per armare l’Ucraina continuano a sottrarre enormi risorse sia alla produzione che al welfare europeo. Dei 50 miliardi per l’Ucraina bloccati da Orban, circa 4-5 miliardi provengono dal contribuente italiano, mentre disoccupazione e sottoccupazione aumentano, e mentre la nostra sanità perde ogni giorno in qualità ed accessibilità, per “mancanza di fondi”. Ed infine, non si afferra perché, tra le varie spese statali, solo quelle relative alla difesa ed alla “transizione ecologica” dovrebbero essere esentate dai vincoli imposti dalla Commissione UE.
In conclusione, è evidente che l’elezione di Donald Trump rappresenterebbe un vero e proprio terremoto geopolitico. E senza il sostegno degli USA, il progetto dirigista e imperialista dell’UE diventerebbe molto fragile.
La lobby NeoGlobal sta attaccando la democrazia statunitense, ed al tempo stesso difendendo l’involuzione democratica chiaramente verificatasi in un’ Europa ormai governata da un organismo, la Commissione UE, eletto da nessuno e quindi irresponsabile nei confronti dei popoli europei. Un Governo europeo che non può essere sfiduciato, un Governo europeo contro il quale i popoli europei non hanno nessuno dei mezzi di controllo e di difesa invece presenti – dopo secoli di sviluppo civile – nelle Costituzioni nazionali nei confronti dei rispettivi Governi.
Quello che sta accadendo negli USA riguarda anche noi Europei, e la partita che si giocherà nel novembre 2024 è di portata epocale. Donald Trump potrà anche non piacere a molti Europei, ma è l’unica alternativa alla potenziale catastrofe di altri 4 anni di incontrastato dominio, negli USA e in Europa, della lobby NeoGlobal.
E’ inutile e dannoso continuare a nasconderlo: urge un cambiamento radicale, perché lo scenario internazionale odierno, secondo diversi osservatori di tutti i Paesi del mondo, somiglia sempre più a quelli che nello scorso secolo condussero alle catastrofi epocali di due guerre mondiali.
Di Belisario per ComeDonChisciotte.org
22.12.2023
NOTE
1. Wall Street Journal del 20.12.2023, Colorado Trump Ban Puts Supreme Court in Hot Seat – WSJ
2. La letteratura storica in materia è ormai molto ampia: vedasi “The origins of Second World War” del 1961 del britannico AJP Taylor, “The forced war” del 1955 dello statunitense David Hoggan, e “La guerra civile europea 1917-1945. Nazionalsocialismo e bolscevismo” del 1987 del tedesco Ernst Nolte. L’ ultimo ed il più recente della ormai lunga serie di storici che rifiutano di attribuire la responsabilità della WW2 solo o principalmente agli imperialismi fascista, nazista e giapponese è il britannico Richard Overy, in “Sangue e rovine. La grande guerra imperiale 1931-1945”, Einaudi 2022.
3.La guerra civile ed il colpo di stato in Ucraina del 2014 furono il risultato della decisione del Presidente filorusso Yanukovich di non firmare l’accordo di associazione con l’UE. Per bocca dell’allora Presidente Josè Manuel Barroso – come noto poi assunto dalla Goldman Sachs – l’UE aveva infatti tardivamente chiarito che l’accordo sarebbe stato incompatibile con l’unione doganale dell’Ucraina con la Russia, con il conseguente esponenziale aggravamento del costo della bolletta energetica ucraina, ritenuto da Yanukovich superiore ai vantaggi economici e finanziari offerti dall’accordo di associazione con l’UE.