La danse Mossad – Robert Maxwell e Jeffrey Epstein

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JENNIFER MATSUI
counterpunch.org

Al magnate dei media ed ex deputato laburista Robert Maxwell (padre di Ghislaine Maxwell, la partner nel crimine di Jeffrey Epstein) era stato tributato il funerale di stato a Gerusalemme, dopo che *accidentalmente* era caduto in mare dal suo yacht, sfortunatamente battezzato “Lady Ghislaine.” Successivamente, è stato rivelato che Maxwell Sr era una risorsa del Mossad e che aveva utilizzato la sua vasta rete di connessioni e di piattaforme editoriali per influenzare nemici e amici allo stesso modo, assicurando così la loro fedeltà a quel governo straniero che lo aveva arruolato per il suo lavoro di spionaggio.

Il suo impero giornalistico di bassa lega era l’organo propagandistico color piscio degli interessi che serviva, vegliando sulla loro rapida e tentacolare crescita in tutto il mondo. In modo ancor più sinistro, era stato determinante nel riuscito tentativo di questa agenzia di spionaggio di installare una trapdoor nel software destinato all’uso governativo, consentendo agli Israeliani un accesso diretto ad una vasta rete di computer per mezzo di un malware non rilevabile.

Al momento della sua morte, il magnate, già caduto in disgrazia, era sotto inchiesta per aver saccheggiato i fondi pensione delle sue compagnie al fine di coprire le perdite causate dalle sue innumerevoli e sconsiderate acquisizioni e per mantenere uno stile di vita lussuoso, che amava condividere con amici di alto profilo, come Henry Kissinger e Barbara Walters. Curiosamente, molti di questi esemplari fossilizzati del gruppo di amici di Robert Maxwell dell’era reaganiana gravitavano anche intorno ad Epstein, in particolare Donald Trump, il cui resort di Mar-a-Lago sarebbe diventato in seguito un centro di reclutamento per le “terapiste del massaggio” minorenni impiegate da Epstein.

Andiamo avanti di vent’anni dai giorni in cui un magnate del casinò si ingozzava di tartine con la vecchia guardia della “palude.” C’è da notare un simile, se non identico, modus operandi nel ruolo avuto da Maxwell e da Epstein nel procurare tecnologia agli Israeliani, che, a loro volta, la rivendevano arricchita con componenti aggiuntivi non divulgati, che assicuravano loro il libero accesso ai database dei suoi utilizzatori.

Come il suo predecessore, Epstein aveva una partecipazione finanziaria in una startup (guidata dall’ex Ministro della Difesa israeliano e in seguito Primo Ministro, Ehud Barak) collegata al settore dell’industria della difesa israeliana che fornisce infrastrutture per i servizi di emergenza come piattaforma di gestione delle chiamate. Considerando i collegamenti della compagnia con l’intelligence militare, non sarebbe azzardato fare qualche ipotesi su alcune delle altre funzioni “speciali” di questo software. Una variante della vecchia tecnologia che Maxwell era stato in grado di procurare ai suoi capi israeliani era stata successivamente venduta ai Sauditi, che avevano sfruttato le sue sofisticate capacità di localizzazione per assassinare Jamal Khashoggi.

Epstein, come Maxwell, stava gettando le basi per le attività di spionaggio israeliano tramite la sua partecipazione a società con un’agenda politica nascosta in prodotti destinati all’esportazione internazionale. Come sembra, il filantropo playboy trastullava e lusingava i suoi amici di alto profilo per irretirli come partner, rendendoli complici in quello che legalmente si potrebbe definire tradimento. Le attività segrete di Epstein non sono di certo senza conseguenze nella vita reale per chiunque abbia la sfortuna di ritrovarsi sotto il radar internazionale di Israele, in particolare per coloro che mettono in discussione le politiche dello status quo in atto, che privilegiano gli obiettivi politici e finanziari dello “Stato Ebraico” rispetto alla vera giustizia e alla stabilità globale.

Se vi siete mai chiesti perché i crimini di guerra di Israele e l’espansione degli insediamenti non vengano mai contestati dai legislatori statunitensi, considerate le conseguenze, in grado di distruggere intere carriere, contenute in quei dossier compilati dalle menti che stanno dietro al “suicidio” di Epstein. “Barattiamo un’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme con 10 minuti di riprese nascoste su di te. . . diciamo “mentre ti stai godendo” la rivista Forbes, arrotolata.”

Gli apparati di sorveglianza installati nelle proprietà di Epstein erano solo gli strumenti di un voyeur, o venivano utilizzati per sfruttare le perversioni morali dei suoi ex amici per scopi che avrebbero potuto portare all’esposizione di ben più delle pudenda di facoltosi puttanieri-pedofili? Considerando i suoi legami con le industrie della difesa israeliana e il proprio pene di Achille, che richiedeva, per sua stessa ammissione, “tre orgasmi al giorno,” la risposta indica una insaziabile dipendenza, che si integrava convenientemente con i suoi crimini sessuali sponsorizzati dallo stato.

Epstein ha fatto forse lo stesso errore di Maxwell (che aveva chiesto quasi mezzo miliardo di dollari in “prestiti” ai suoi sostenitori israeliani per liberarsi dai suoi numerosi debiti), credendo che tutto lo ‘sporco’ in suo possesso si sarebbe rivelato una bomba, se divulgato? All’epoca, il corpulento magnate era stato soprannominato “Bouncing Czech,” [1] un riferimento sopratutto alla sua pessima situazione finanziaria. L’implicazione di questa richiesta, se respinta, era l’esposizione dei segreti di stato di Israele. Epstein avrebbe potuto anche tentare di far fruttare la scorta di prove incriminanti ancora in suo possesso per garantirsi la libertà, con le stesse, fatali conseguenze.

Sia Maxwell che Epstein, al momento della loro morte, hanno in qualche modo eluso l’elettronica che li collegava al mondo esterno, anche se il secondo, a quanto riferito, aveva già fatto un tentativo di togliersi la vita durante il periodo di detenzione. Entrambi, di fronte alla rovina finanziaria e ad una pesante condanna, hanno dato l’alibi ai loro carnefici: non avevano più nulla per cui vivere. I media dell’establishment stanno già presentando vecchie e assurde teorie cospirative da oscure fonti di destra (attribuite ovviamente alla Russia) per evidenziare l’assurdità e la futilità di mettere in discussione la versione ufficiale della morte di Epstein. Verdetto: qui non c’è niente da vedere.

Ormai è scontato che la figlia parassita e preferita del defunto magnate abbia fatidicamente introdotto il suo nuovo fidanzato agli agenti israeliani in cerca di un novello plutocrate che portasse avanti le loro operazioni di ricatto, dopo la prematura morte del suo predecessore. Un povero uomo di mondo deve pur sopravvivere in qualche modo nella costosa Manhattan e il ‘qualche modo’ consisteva nel ripristinare le losche connessioni con quel sottobosco dello spionaggio che già aveva reclutato Maxwell Sr.

Il ruolo successivo di Ghislaine come Chief Procurement Officer (o magnaccia, in breve) di Epstein dà maggior credito alle voci secondo cui sarebbe stata qualcosa in più che una semplice e svilita appendice di un miliardario, tutta tesa a compiacere il suo platonico partner “organizzando la sua vita sociale,” ma, al contrario, una complice, pienamente consapevole, in un’operazione volta a rafforzare l’influenza di Israele in tutte le questioni relative ai suoi interessi di sicurezza nazionale, o, più precisamente, alle sue operazioni criminali all’estero.

Il recente raid nell’appartamento di Epstein a Manhattan non è dovuto al fatto che il cosiddetto Dipartimento di Giustizia ha corretto il grave errore che aveva commesso condannando Epstein ad un buffetto sul polso quando, dopo il primo verdetto, gli aveva concesso di scontare la pena in gran parte al di fuori del carcere di minima di sicurezza, con una politica delle porte aperte per il suo ospite miliardario. Più probabilmente, il rovesciamento dell’accordo “dolce” con Epstein è stata un’operazione congiunta tra il gruppo di oligarchi, informalmente noto come Mega-Group, e gli apparati di sicurezza dello stato che lavorano ai suoi ordini.

È probabile che questo improvviso slancio verso la giustizia da parte di un Dipartimento di Giustizia inizialmente spaventato fino all’inazione dallo spione sotto la sua custodia, sia stato motivato dalla necessità di rimuovere gli esemplari più dannosi della vasta raccolta di prove fisiche di Epstein contro i perversi puttanieri che avevano visitato il suo recesso insulare per servizi fotografici non richiesti con ragazze minorenni.

Forse il fatto che abusasse di queste minorenni era un privilegio a cui si sentiva autorizzato e che sarebbe stato giustificato ai sensi della “sicurezza nazionale.” È difficile per la maggior parte delle persone distinguere tra il governo per il quale si sta effettivamente lavorando e le istituzioni al potere nella propria nazione.

È possibile che Epstein credesse che le sue trasgressioni seriali fossero semplicemente la normalità per la plutocrazia e giustificate al servizio di un fine superiore.

Il filantropo di “Israel First” aveva una incrollabile giustificazione ideologica per la propria attività criminosa, proprio come Robert Maxwell, che il Ministero degli Interni britannico aveva pensato di reclutare per la propria attività di intelligence a metà degli anni ’60. Dopo però aver stabilito che il ben ammanigliato, multilingue e astro nascente politico era rigorosamente “sionista,” l’agenzia di spionaggio aveva ritirato la propria candidatura.

I veri crimini di Epstein non avevano molto a che fare con lo stupro di bambine, nonostante il rigetto del patteggiamento, emerso quando un giudice federale aveva decretato che i pubblici ministeri avevano violato i diritti delle vittime nascondendo loro l’accordo. Il “membro dell’intelligence” un tempo ricoperto di teflon, che era “al di sopra del livello retributivo” di un potente procuratore distrettuale (ora ex segretario del ministero del lavoro segnato a vita dallo scandalo) è stato infine (e letalmente) penalizzato per non aver distrutto il contenuto segreto delle sue casseforti, e per aver lasciato i suoi gestori ancora esposti al loro esplosivo contenuto.

Se il finanziere condannato si fosse liberato dei beni tossici ancora in suo possesso, oggi starebbe ancora vagando sulla Terra, cercando nuovi esemplari con cui popolare il suo zoo di bambine. A seguito della decisione del Dipartimento di Giustizia di annullare l’accordo di mancata incriminazione inteso a seppellire le prove più incendiarie del caso, alcuni puttanieri di basso livello, come l’ex governatore Bill Richardson e il senatore George Mitchell vengono ora additati al pubblico ludibrio per la parte da loro sostenuta nel sordido scandalo. Qualcuno doveva pagare. (Regola numero uno nella gestione delle crisi di pubbliche relazioni: crocifiggere gli insignificanti ed appenderli ad asciugare fino a quando il pubblico non si stanca di guardare lo spettacolo al rallentatore della loro rovina). Nel frattempo, le prove documentate e/o fotografiche contro i partecipanti più potenti, come Bill Clinton e Donald Trump saranno già state distrutte nel perseguimento della giustizia selettiva.

Le ricadute della spettacolare caduta di Epstein, come previsto, non hanno colpito nel segno, come tendono a fare gli scandali che coinvolgono ricchi e potenti. Gran parte della controversia si dissolverà in un vortice di polvere di disinformazione, diffuso su Reddit e 4Chan da cyber guerrieri frustrati, prima di andare a sparare in un centro commerciale o in un parco giochi.

I successivi resoconti del caso trascureranno decenni di affari di stato guidati dall’élite, che aveva elevato entità corrotte e spietate come Epstein e Trump, entrambi in gioventù accoliti bacia-anello dell’influente faccendiere della mafia/mediatore di potere politico Roy Cohn, egli stesso un predatore sessuale seriale che, come altri, aveva preso il vizietto dagli amichetti pervertiti Joe McCarthy e J. Edgar Hoover. Seguite la scia dei soldi che arrivano da Tel Aviv e scoprirete un legame ancestrale tra il cadavere di Epstein e i suoi spettrali padrini, che lo aspettano all’inferno con la sua ricompensa.

Insieme agli altri sventurati e sacrificabili capri espiatori abbandonati sulla scia di questo scandalo ancora in corso c’è Alan Dershowitz, L’ottantenne capo consulente legale di Epstein e “braccio destro” a bordo del Lolita Express. L’ormai disoccupato esperto di notizie per la TV via cavo vivrà il resto della sua inutile vita sotto una nuvola di sospetti. Nonostante tutte le dannose testimonianze contro di lui, le accuse di violenza su minori non gli si attaccano mai completamente, ma lo seguono come una subdola scoreggia, costringendolo a stare ad una certa distanza dal resto dell’umanità, cosa che continuerà fino a quando non sarà inghiottito dai fumi solforosi da lui stesso prodotti .

La fedeltà ad Israele di tutta una vita dell’ex professore di legge di Harvard non verrà ricompensata, non per la testimonianza della vittima che lo ha identificato in numerose scene del crimine, ma per la sua inetta strategia di autodifesa: “Sono un topo scorbutico a bordo di una nave che affonda e che si mangia la coda per rimanere in vita. Abbiate pietà di me!” Dershowitz a questo punto sarà fortunato se riuscirà a raggiungere lo stesso livello di retribuzione e lo stato sociale di Lindsay Lohan. Idem per il principe Andrea, su cui almeno si può fare affidamento sul fatto che muoia lentamente di gotta nel Castello di Windsor, nell’angolo dove lo avranno messo in castigo.

La morale di questa storia potrebbe essere “Giaci con i cani e non ti risveglierai mai più con un lenzuolo di prigione al collo.” Una variante del vecchio “Giaci con i cani e ti sveglierai come cibo per pesci.”

Jennifer Matsui

[1] Il Cecoslovacco rimbalzante, Maxwell era nato in Cecoslovacchia ed era molto grasso, bouncing ceck è l’assegno a vuoto e si pronuncia allo stesso modo.

Fonte: counterpunch.org
Link: https://www.counterpunch.org/2019/08/16/la-danse-mossad-robert-maxwell-and-jeffrey-epstein/
16.08.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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