La bufala di Costantino e la falsificazione della storia occidentale

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Laurent Guyénot – The Unz Review – 8 febbraio 2024

 

Il cattolicesimo romano, scriveva Fëdor Dostoevskij, “ha proclamato un nuovo Cristo, non come quello di prima, ma sedotto dalla terza tentazione del diavolo – la tentazione dei regni del mondo: ‘Tutte queste cose ti darò se ti inginocchierai e mi adorerai!’“[1]. Questo è il principale rimprovero mosso dagli ortodossi alla Chiesa romana. Lo trovo del tutto giustificato e aggiungo che il falso Cristo cattolico è in realtà Yahweh sotto mentite spoglie.

A differenza del Patriarca di Costantinopoli o più tardi di quello di Mosca, che rivendicavano solo la “spada spirituale” (autorità sacra), i papi medievali rivendicavano anche la “spada temporale” (potere secolare). Non solo governavano direttamente uno dei principati più ricchi d’Italia, ma pretendevano di governare su re e imperatori (si legga “The Failed Empire – The Medieval Origin of the European Disunion“).

La falsa donazione di Costantino

Per giustificare il loro progetto di monarchia universale, i papi impiegarono un esercito di studiosi di diritto che svilupparono un nuovo diritto canonico [inteso] per prevalere sul diritto feudale e consuetudinario, utilizzando al contempo dei falsi per far apparire il loro nuovo sistema come il più antico.

Il più famoso falso medievale è la “Donazione di Costantino”. Fu fabbricata in uno scriptorium papale tra il 750 e l’850 e successivamente inclusa in una raccolta di un centinaio di altri falsi decreti e atti sinodali oggi noti come [lettere] Decretali Pseudo-Isidoriane. Lo scopo principale di questi falsi decreti era quello di inventare dei precedenti per l’esercizio dell’autorità sovrana del Vescovo di Roma sulla Chiesa universale, da un lato, e su tutti i sovrani secolari occidentali, dall’altro. Queste falsificazioni furono incorporate nel XII secolo nel Decretum di Graziano, che sarebbe diventato la base di tutto il diritto canonico.

La Donazione di Costantino è il fulcro di questa massiccia impresa di falsificazione della storia. Può essere considerata la Costituzione che la Chiesa romana ha dato all’Europa occidentale. Probabilmente ha avuto più influenza politica di qualsiasi altro documento scritto nella storia dell’umanità.

Con questo documento l’imperatore Costantino il Grande, in segno di gratitudine per essere stato miracolosamente guarito dalla lebbra con l’acqua del battesimo, cedette “a Silvestro pontefice universale e a tutti i suoi successori fino alla fine del mondo” tutte le insegne imperiali – pallio, scettro, diadema, diadema, mantello di porpora, tunica scarlatta – cioè la totalità della “grandezza imperiale e la gloria del nostro potere“. Costantino cedette inoltre a papa Silvestro “sia il nostro palazzo [del Laterano] che la città di Roma e tutte le province, località e città d’Italia o delle regioni occidentali“. E per lasciare al papa il pieno potere sull’Occidente, Costantino decise di ritirarsi a Bisanzio; “perché, dove la supremazia dei sacerdoti e il capo della religione cristiana sono stati stabiliti da un sovrano celeste, non è opportuno che lì abbia giurisdizione un sovrano terreno“. Su questa base, per mezzo millennio, i papi avrebbero rivendicato di aver ricevuto la piena autorità imperiale e il diritto di conferire questa autorità all’uomo di loro scelta, o di revocargliela se non fosse all’altezza delle loro aspettative. In virtù di questo principio Gregorio VII costrinse l’imperatore germanico Enrico IV a umiliarsi davanti a lui e a riconoscere la sua sovranità a Canossa nel gennaio 1077.

Avendo ricevuto da Costantino il pieno potere temporale su tutto l’Occidente, i papi si impegneranno anche a trasformare tutti i regni in feudi papali e i loro re in vassalli. Nel 1059 papa Niccolò II cedette l’Italia meridionale e la Sicilia (se fosse riuscito a conquistarla) all’avventuriero normanno Roberto il Guiscardo, a condizione che questi gli rendesse omaggio. Pochi anni dopo, Alessandro II cedette l’Inghilterra a Guglielmo di Normandia alla stessa condizione. Poi Adriano IV (1154-1159) diede l’Irlanda come “possedimento ereditario” al re d’Inghilterra Enrico II, perché “si suppone che tutte le isole appartengano alla Chiesa romana secondo il diritto antico, in base alla donazione di Costantino, che le dotò riccamente” [2]. Lentamente ma inesorabilmente, da un colpo di stato all’altro, grazie alla sua arma magica della scomunica, il papa divenne il più potente signore d’Europa, ricevendo fedeltà e tributi da innumerevoli re. Il tutto sulla base dell’autorità conferitagli dalla falsa Donazione di Costantino.

Il falsario della Donazione di Costantino non si accontentò di affermare che il Papa deteneva la supremazia temporale su tutto l’Occidente. Gli diede anche la supremazia spirituale su tutto il mondo, cioè, in pratica, su tutta la cristianità orientale. A Costantino il Grande viene fatto decretare che il Vescovo di Roma “governerà i quattro patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli, così come tutte le Chiese di Dio nel mondo intero“. E il pontefice che ora presiederà alle sorti della santissima Chiesa romana sarà il più alto, il capo di tutti i sacerdoti del mondo intero “e tutte le cose saranno regolate secondo le sue decisioni“. La Donazione, ovviamente, portò a quello che noi occidentali chiamiamo Scisma d’Oriente, ma che gli ortodossi chiamano Scisma d’Occidente. La pretesa del Papa di avere la supremazia sugli altri patriarchi fu un tradimento della costituzione conciliare originaria della Chiesa, un tentativo di colpo di stato contro il principio dell’alleanza fraterna che era la condizione perché lo Spirito Santo guidasse la Chiesa universale.

donazione_costantino

Sebbene la Donazione sia stata utilizzata come documento legale dal papato a partire dall’XI secolo, la sua autenticità o la sua validità sono state occasionalmente messe in discussione. Nell’anno 1001, in risposta alla richiesta di Papa Silvestro II di “restituire” alla Santa Sede otto contee d’Italia, l’imperatore Ottone III denunciò la “negligenza e l’incompetenza” dei pontefici, nonché “le menzogne forgiate da essi stessi” scritte “in lettere d’oro” e poste “sotto il nome del grande Costantino” [3]. All’inizio del XIII secolo, Walther von der Vogelweide, un poeta vicino a Federico II, non contestava l’origine della Donazione, ma la vedeva come una grande disgrazia, che invertiva l’ordine naturale del mondo e causava infinite sofferenze all’Europa [4]. Federico II la fece dichiarare illegale dai suoi avvocati: Costantino non aveva il diritto di farlo. Innocenzo IV rispose che, appartenendo tutte le cose a Cristo, che il Papa rappresentava sulla terra, la Donazione era solo una “restituzione” [5].

Solo nel XV secolo l’origine fraudolenta della Donazione cominciò a essere ampiamente riconosciuta, attraverso un’analisi critica abbastanza semplice (ad esempio, come poteva Costantino evocare il Patriarcato di Costantinopoli che non esisteva ancora?). Eppure, nessuna scusa ufficiale fu mai presentata dal Vaticano per questo diabolico imbroglio. In realtà, nulla cambiò sostanzialmente nel discorso e nell’atteggiamento del papato. Pur essendo stata smascherata come la seconda più grande bugiarda della terra (il se-dicente “popolo eletto” viene prima), la Chiesa ricorse in seguito alla più ridicola pretesa di “infallibilità papale” (1870).

Costantino il misterioso

I papi usarono la firma falsa di Costantino come base per il loro progetto teocratico. Cos’altro hanno inventato con il nome di Costantino? In che misura hanno inventato il Costantino di cui avevano bisogno? Quanto credito ha la biografia di Costantino scritta dallo storico clericale Eusebio di Cesarea? Questa biografia venne presentata dal suo autore come scritta sulla base di una conversazione diretta con Costantino. I recenti editori accademici di questa “Vita Constantini” ammettono che “si è rivelata estremamente controversa“, con alcuni studiosi “altamente scettici“.

“In effetti, l’integrità di Eusebio come scrittore è stata spesso attaccata e la sua paternità della VC [Vita Constantini] è stata negata da studiosi desiderosi di screditare il valore delle prove che essa fornisce, con una discussione che si è concentrata in particolare sui numerosi documenti imperiali che sono citati alla lettera nell’opera [6].”

Si ritiene che la “Vita Constantini” sia stata scritta in greco, ma fino al XIII secolo era conosciuta solo nella traduzione latina attribuita al leggendario San Girolamo, così come la Storia della Chiesa dello stesso autore (l’autobiografia della Chiesa, per così dire). Non c’è alcuna garanzia che sia stata scritta in Oriente o prima dell’VIII secolo. Potrebbe essere un falso come la Donazione di Costantino.

Al di fuori della prosa di Eusebio, non c’è una sola prova che Costantino fosse cristiano, o addirittura favorevole al cristianesimo. Di Costantino si sono conservati due panegirici (discorsi pubblici di elogio) che non fanno alcun riferimento al cristianesimo. Uno contiene invece il resoconto di una visione ricevuta da Costantino dal dio del sole Apollo, “con il segno della vittoria“, in seguito alla quale Costantino si pose sotto la protezione del Sol Invictus.

Ciò che scrive “Eusebio” – e che si presume abbia sentito dalla bocca di Costantino – sulla battaglia di Ponte Milvio è ovviamente una riscrittura di quel motivo tratto dalla religione imperiale. Mentre marciava su Roma per rovesciare Massenzio, racconta Eusebio, Costantino “vide con i suoi occhi, su nel cielo e appoggiato sopra il sole, un trofeo a forma di croce formato dalla luce, e un testo attaccato ad esso che diceva: ‘Sotto questa insegna vincerai’” (*) (I,28). La notte successiva, Cristo gli apparve in sogno per confermare la visione. Costantino fece immediatamente dipingere alle sue truppe l’insegna sui loro scudi – trasformando Cristo in un potente dio militare – e vinse la battaglia. Il nostro autore vuole farci credere di aver ricevuto questa storia da Costantino stesso:

Se qualcun altro l’avesse riferito, forse non sarebbe stato facile accettarlo; ma poiché l’Imperatore vittorioso stesso raccontò la storia al presente scrittore molto tempo dopo, quando fui privilegiato dalla sua conoscenza e dalla sua compagnia, e la confermò con giuramenti, chi potrebbe esitare a credere al racconto, soprattutto quando il tempo che seguì fornì la prova della verità di ciò che diceva? (I,28) [7]”

Non so voi, ma io credo che un buon biografo non scriverebbe così. Solo un bugiardo convinto lo farebbe. La menzogna è in realtà provata dal fatto che l’arco costruito da Costantino per commemorare la sua vittoria su Massenzio a Roma contiene numerose rappresentazioni di divinità pagane, e in particolare del dio [del] sole Apollo, ma non il minimo riferimento a Cristo. Ci può essere una prova più forte che “Eusebio” ha inventato l’incontro di Costantino con Cristo?

Lo stesso autore dice questo a proposito dell’insegna adottato da Costantino come stendardo militare (oggi chiamato labaro):

Si tratta di una cosa che l’Imperatore stesso una volta ha ritenuto opportuno far vedere anche a me, Dio ha garantito anche questo. Fu costruito secondo il seguente progetto. Un’alta asta placcata d’oro aveva una barra trasversale a forma di croce. All’estrema sommità era stata fissata una corona di pietre preziose e oro. Su di essa due lettere, che indicano con i primi caratteri il nome “Cristo”, formavano il monogramma del titolo del Salvatore, essendo rho intersecato al centro da chi. Queste lettere l’Imperatore le portava anche sull’elmo in tempi successivi (I,31) [8].”

Questa insegna ChiRho è oggi lo stemma del papato. Ma l’archeologia e la numismatica hanno dimostrato che è precedente al cristianesimo. Si trova, ad esempio, su una dracma di Tolomeo III Euergete (246-222 a.C.) – tra le zampe dell’aquila.

dracma_tolomeo

 

Il Chi-Rho compare persino su una moneta coniata da Massenzio, che Costantino avrebbe sconfitto proprio con questa insegna. È chiaro che il Chi-Rho – o chrismon o christogramma – era un simbolo imperiale precristiano rubato dalla Chiesa. Non è chiaro, tuttavia, cosa rappresentasse prima del cristianesimo [9]. Poiché si trova spesso all’interno di una corona vegetale, potrebbe riferirsi a un principio cosmico associato alla resurrezione della natura nel periodo pasquale, un simbolo di Anastasis. E poiché il Chi-Rho appare dietro la testa di Costantino in un mosaico a Hinton St Mary, nel Dorset, in Inghilterra, e poiché Costantino amava essere ritratto con una corona solare o radiante, è probabile che il Chi-Rho abbia un significato solare [10].

Alcuni lo considerano un simbolo mutuato dal culto di Mitra, strettamente legato al Sol Invictus. Le analogie tra Mitra e Gesù sono così numerose che Giustino e Tertulliano accusarono Mitra di imitatio diabolica (si veda questo video di dieci minuti o questa presentazione scientifica più lunga). Sappiamo anche che diverse chiese italiane, tra cui la Basilica di San Pietro, furono costruite su cripte mitraiche [11]. Si noti che nel frontespizio di San Pietro la P precede la X, suggerendo un acronimo che inizia per P. È possibile che il segno fosse in origine un’abbreviazione latina di PAX? Mi sembra improbabile, data la sua frequente associazione con le lettere greche α e ω.

Il punto principale è questo: non abbiamo un solo indizio archeologico che Costantino abbia rivendicato o promosso la fede cristiana. E abbiamo serie ragioni per credere che Eusebio abbia mentito. Sappiamo, tuttavia, che si fece rappresentare come il dio del sole Apollo sia a Roma che a Costantinopoli, dove si ergeva una colonna alta 100 metri sormontata da una statua di lui stesso con una corona radiante [12]. Il Sol Invictus veniva pubblicamente celebrato il 25 dicembre, ma anche ogni domenica (giorno del sole), in base a una legge promulgata nel marzo del 321. Poiché il primo riferimento al 25 dicembre come data di nascita di Cristo non è anteriore al 354 (nella Depositio Martyrum), diciassette anni dopo la morte di Costantino, e poiché fu l’imperatore Teodosio I che nel 380 vietò il culto del Sol Invictus per rendere il 25 dicembre una festa cristiana, abbiamo la prova che il cristianesimo ha usurpato elementi del culto del Sol Invictus. La corona di fiori sempreverde del Natale è un retaggio dell’epoca precristiana.

stemma_papale

Tra l’altro, Teodosio era di origine fenicia e i fenici erano indistinguibili dagli ebrei (molti, se non la maggior parte, divennero ebrei dopo la caduta di Cartagine). Può questo fa pensare a una vendicativa cospirazione fenicio-ebraica per conquistare Roma dall’interno attraverso il cristianesimo, come ipotizzato da Flavio Barbiero (si legga il mio “How Yahweh conquered God“)? Questo potrebbe essere argomento per un altro articolo. Ma ricordiamo che anche sant’Agostino era, molto probabilmente, un fenicio (viveva a Cartagine e sosteneva di parlare punico), e che scrisse un elogio di Teodosio (De civitate Dei, V,26).

Sappiamo che ci fu un cambiamento nella politica religiosa dopo la dinastia di Costantino, quando Teodosio conquistò Roma. Ma il cambiamento potrebbe essere stato molto più radicale di quanto comunemente si crede. Il culto del Sol Invictus, che Costantino intendeva rendere la religione unificante dell’Impero, fu sostituito dal culto del Messia ebraico Gesù e del suo dio geloso e teoclasta [13]. Il cambiamento potrebbe aver comportato una completa riscrittura della storia recente; Teodosio aveva bisogno di rivendicare la continuità con Costantino e così incaricò lo pseudo-Eusebio (che è anche pseudo-Gerolamo) di scrivere la “Storia della Chiesa” ufficiale.

I problemi con la fede cristiana di Costantino sono numerosi. Ecco un altro indizio del fatto che si sta nascondendo qualcosa. Ci viene detto che Costantino convocò e presiedette il primo Concilio di Nicea nel 325 e obbligò tutti i vescovi presenti a firmare la professione di fede redatta in quell’occasione contro la dottrina di Ario. Ma lo stesso Eusebio ci dice anche che Costantino favorì in seguito l’arianesimo e fu battezzato in questa “eresia” dal suo parente Eusebio di Nicomedia, un arianista che egli aveva fatto patriarca di Costantinopoli. Suo figlio Costanzo II seguì lo stesso credo. È credibile che un imperatore romano sano di mente possa ritornare sulla sua stessa politica e distruggere l’unità della Chiesa che aveva appena imposto? Siamo portati a sospettare che il Concilio di Nicea, di cui non sopravvive alcuna traccia al di fuori di Eusebio, sia una finzione fabbricata molto tempo dopo la morte di Costantino. L’arianesimo stesso è un grande mistero, tra l’altro: non ha lasciato praticamente alcuna traccia materiale conosciuta, anche in Spagna, dove si suppone che sia stato la religione dei Visigoti dominanti per tre secoli. Questo è un grande rompicapo per archeologi come Ralf Bockmann (“The Non-Archaeology of Arianism“, 2014), o Alexandra Chavarria Arnau (“Finding invisible Arians“, 2017) [14], che suggeriscono che quella che oggi viene presentata come un’eresia cristiana potrebbe essere stata qualcosa di totalmente diverso. Che cosa esattamente? È impossibile dirlo, a parte il fatto che si opponeva alla pretesa che un uomo potesse essere Dio.

Ci sono così tante incongruenze nella storia del cristianesimo fino all’inizio del VI secolo, che potete leggere nel mio libro “Anno Domini”. Alcune sono in realtà accennate in modo casuale da studiosi insospettabili. Ecco, ad esempio, un’osservazione dell’editore della “De consolatione philosophiae” di Boezio (524):

“Ciò che notiamo nelle opere di Boezio – almeno in quelle autentiche – è l’assenza di qualsiasi accenno, per quanto lontano, alla religione cristiana. A giudicare solo dalle sue parole scritte, potremmo essere indotti a credere che questa religione sia apparsa sulla terra il giorno prima, e che il suo insegnamento morale e i suoi dogmi siano ancora confinati nelle catacombe [15].”

Boezio scrisse la Consolazione in attesa della morte ed è considerato un martire cristiano. Vi sembra plausibile?

Come spostare un impero?

La “Vita Constantini” fu probabilmente scritta secoli dopo la Storia della Chiesa attribuita allo stesso autore. È pienamente coerente con la Donazione di Costantino e potrebbe appartenere allo stesso periodo ed essere altrettanto fraudolenta. Pone particolare enfasi sulla translatio di Costantino della capitale dell’Impero romano dall’Italia al Bosforo, in modo da lasciare al papa il completo dominio su tutto l’Occidente.

Questa nozione di translatio imperii è satura di contraddizioni, come ho già sottolineato in precedenza. In primo luogo, Costantino non spostò la sua capitale in Oriente, poiché egli stesso era originario della Moesia, nei Balcani. La storiografia accademica riconosce che Costantino non aveva mai messo piede a Roma prima di conquistarla a Massenzio. Anche Costanzo, padre di Costantino, era originario della Moesia, così come il suo collega e rivale Licinio. Così come il suo predecessore Diocleziano, che viveva principalmente più a est, a Nicomedia, sulla sponda orientale del Bosforo [16].

In secondo luogo, Costantino non può aver spostato la capitale imperiale da Roma a Bisanzio, perché Roma aveva già cessato di essere la capitale imperiale prima della nascita di Costantino, essendo stata sostituita da Milano nel 286. All’epoca di Diocleziano e di Costantino, tutta l’Italia era caduta nell’anarchia durante la “crisi del terzo secolo” (235-284). Sotto Diocleziano, Roma era già “una città morta” [17].

Inoltre, possiamo davvero credere che il trasferimento di una capitale imperiale a migliaia di chilometri di distanza, con la sua alta amministrazione e la sua nobiltà senatoria, abbia portato alla metamorfosi di un impero romano in un altro impero romano con lingua, cultura, religione e struttura politica completamente diverse (si legga il mio “Byzantine Revisionism Unlocks World History“)? E per quale scopo? Per Ferdinand Lot, uno specialista della Tarda Antichità che ha riflettuto a lungo su questa domanda, “la fondazione di Costantinopoli è un enigma politico“. Nel disperato tentativo di dargli un senso, egli conclude che “Costantinopoli nacque dal capriccio di un despota in preda a un’intensa esaltazione religiosa” e che, attraverso questa “follia politica“, “Costantino credeva di rigenerare l’Impero romano“, ma che “inconsapevolmente, fondò l’Impero così giustamente chiamato ‘bizantino’” [18].

Una speculazione così irragionevole non fa che dimostrare il fallimento della storiografia accademica nel dare credibilità a un racconto che dovrebbe essere analizzato non come storia seria, ma come elemento di propaganda prodotto dagli stessi cervelli della Donazione di Costantino. Questo paradigma della translatio imperii è probabilmente una leggenda inventata per mascherare il movimento opposto e molto reale della translatio studii, il trasferimento in Occidente della cultura greca conservata da Bisanzio, trasferimento iniziato prima delle crociate e culminato nel saccheggio del 1204.

Stranezze spazio-temporali

Quando si inizia a interrogarsi su Costantino e sul rapporto tra i due imperi romani, compaiono stranezze cronologiche che raggiungono rapidamente una massa critica tale da far crollare sotto i piedi la narrazione standard sull’antica Roma.

Tale narrazione si basa su fonti impossibili da rintracciare prima dell’XI secolo, alcune delle quali spuntano fuori molto più tardi. È stato sostenuto, ad esempio, che le opere di Tacito, scoperte nel XV secolo da Poggio Bracciolini (1380-1459), “tradiscono la penna di un umanista del XV secolo” (Polydor Hochart) [19].

L’architettura di Roma è essa stessa incoerente con la narrazione. “Dov’è la Roma del Medioevo“, si è chiesto lo storico britannico James Bryce, “la Roma di Alberico, di Hildebrand e di Rienzi? La Roma che ha scavato le tombe di tante schiere teutoniche; dove affluivano i pellegrini; da dove provenivano i comandi ai quali i re si inchinavano? … A questa domanda non c’è risposta. Roma, la madre delle arti, non ha quasi nessun edificio che ricordi quei tempi” [20]. Quelle che noi consideriamo costruzioni dell’antichità romana sono in realtà costruzioni del Medioevo, e talvolta anche del tardo Medioevo.

Abbiamo sempre saputo che l’antichità romana è, in qualche misura, un fantasma evocato da coloro che hanno preteso di produrre il suo “Rinascimento”. Ma in che misura esattamente? Consideriamo che nel 1144 fu fondato il Comune di Roma come Repubblica, dopo Pisa nel 1085, Milano nel 1097, Genova nel 1099, Firenze nel 1100. Roma usava l’acronimo SPQR sui suoi edifici e sulle sue monete, mentre intorno allo stesso periodo altre quarantadue città italiane medievali usavano l’acronimo SPQ seguito dall’iniziale del nome della città: SPQP per Pisa, SPQT per Tuscolo, SPQL per Lucera, ecc. Nel 1362, il poeta romano Antonio Pucci indicò che SPQR stava per le parole italiane Sanato Popolo Qumune Romano (“Il Senato e il Popolo del Comune di Roma”) [21]. Questi fatti non sono compatibili con la teoria secondo cui SPQR fu coniato nel 509 a.C. e significa Senatus Populusque Romanus. Molto probabilmente, SPQR non è mai stato utilizzato prima della fondazione del Comune di Roma nel XII secolo. Ora ciò che scrive l’ignaro studioso francese Robert Folz fa pensare a un’interpretazione alternativa:

Nel 1143, il Campidoglio divenne la residenza del Consiglio del Comune di Roma. … In un ambiente in cui il passato era oggetto di una tale passione come a Roma, ogni tentativo di nuova creazione doveva assumere l’aspetto di una restaurazione del passato: il Consiglio del Comune fu chiamato Senato, l’epoca senatoria fu utilizzata nella datazione degli atti, mentre riapparve anche il segno SPQR. Il tutto avveniva come se si stesse tornando alla tradizione della Roma repubblicana [22].”

Un altro modo di vedere la cosa è questo: tutto avvenne come se stessero inventando la tradizione della Roma repubblicana e al contempo pretendessero di farla rivivere. Era una pratica comune, in un mondo in cui l’antichità significava prestigio e il prestigio significava potere. Quando le città di Reims e Treviri si contendevano l’onore di incoronare l’imperatore Ottone il Grande, Reims propose di essere stata fondata da Remo e Treviri rispose sostenendo di essere stata fondata da Trebeta, un contemporaneo di Abramo. Entrambi produssero testi a sostegno delle loro affermazioni [23]. Alcuni patrioti romani medievali ebbero il motivo, i mezzi e l’opportunità di fabbricare l’antichità della loro città. Petrarca (1304-1374), che “scoprì” Cicerone e contemporaneamente divenne ciceroniano, faceva parte di una cerchia di propagandisti italiani che celebravano la gloria passata di Roma. “Le sue intenzioni“, scrive il medievista francese Jacques Heers, “erano deliberatamente politiche“. Era “uno degli scrittori più virulenti del suo tempo, coinvolto in una grande disputa contro il papato di Avignone“, facendo di tutto per riportarlo a Roma” [24].

Si tratta di ipotesi ardite. Ma se abbiamo imparato una cosa negli ultimi 20 anni, è che la storia è spesso una bugia, a volte una bugia molto grande. La storia di Roma è stata scritta nel contesto della sua competizione con Costantinopoli: è paragonabile alla menzogna di Giacobbe per ottenere la benedizione del padre e fregare Esaù della sua primogenitura. Le questioni che ho sollevato qui sono legittime. Chi è interessato potrebbe apprezzare il mio libro “Anno Domini”. Solleva più domande che risposte.

Ma una cosa sembra abbastanza sicura: l’Impero della Menzogna ha alle spalle una lunga, lunghissima storia di menzogne. La falsa donazione di Costantino e la falsa biografia di Costantino sono il suo peccato originale.

laurent_guyenotLaurent Guyenot è un ingegnere (Ecole Nationale Supérieure de Techniques Avancées, 1982) e Dottore in Studi Medievali (Paris IV-Sorbonne, 2009). Ha pubblicato La mort féerique: Anthropologie médiévale du merveilleux (XIIe-XVe siècle) (Gallimard) e La Lance qui saigne – Métatextes et hypertextes du “Conte du Graal” de Chrétien de Troyes (Champion). Negli ultimi tre anni si è dedicato all’approfondimento della storia degli Stati Uniti, dove ha vissuto per cinque anni.

 

Link: https://www.unz.com/article/the-constantine-hoax-and-the-forgery-of-western-history/

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

 

Note:

 

[1] Feodor Dostoievsky, The Diary of a Writer, Charles Scribner’s Sons, 1919, “March 1876”, p. 255.

[2] In the words of chronicler John of Salisbury, quoted in I. S. Robinson, The Papacy 1073-1198, Cambridge UP, 1993, p. 310-311.

[3] Diploma n° 389 in the Monumenta Germaniae, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, II, p. 819, quoted by Robert Folz, L’idée d’empire en Occident du Ve au XIVe siècle, Aubier, 1953, p. 202 ; Robert Folz, Le Souvenir et la légende de Charlemagne dans l’Empire germanique médiéval, Les Belles Lettres, 1950, p. 85.

[4] Johannes Fried, “Donation of Constantine” and “Constitutum Constantini”, De Gruyter, 2007, p. 7.

[5] Domenico Maffei, “The forged donation of Constantine in medieval and early modern legal thought,” Fundamina (a Journal of Legal History), number 3, 1997, pp. 1-23, on https://archive.org/details/the-forged-donation-of-constantine.

[6] Eusebius’s Life of Constantinetranslated with introduction and commentary by Averil Cameron and Stuart G. Hall, Clarendon, 1999, on p. 1.

[7] Eusebius, Life of Constantine, translated with introduction and commentary by Averil Cameron and Stuart G. Hall, Clarendon Press, 1999, p. 81.

[8] Eusebius, Life of Constantine, translated with introduction and commentary by Averil Cameron and Stuart G. Hall, Clarendon Press, 1999, p. 81.

[9] https://www.reddit.com/r/AncientCoins/comments/17evfa0/%C3%A6_triobol_of_ptolemy_iii_euergetes_246222_bc/ and https://www.cointalk.com/threads/the-chi-rho-monogram-challenge.350188/

[10] Whether this mosaic portrays Christ or Constantine is debated. If it portrayed Christ, it would be the earliest representation of Christ known, and it would be completely unlike any other.

[11] Flavio Barbiero, The Secret Society of Moses: The Mosaic Bloodline and a Conspiracy Spanning Three Millennia, Inner Traditions, 2010, pp. 156-165.

[12] Watch https://www.youtube.com/watch?v=Bk4EL_oaB-E

[13] On the theoclastic nature of the Hebrew god, read Jan Assmann, The Price of Monotheism, Stanford University Press, 2009.

[14] Ralf Bockmann, “The Non-Archaeology of Arianism – What Comparing Cases in Carthage, Haidra and Ravenna can tell us about ‘Arian’ Churches” in Arianism: Roman Heresy and Barbarian Creed, ed. Gudo M. Berndt and Roland Steinacher, Ashgate, 2014; Alexandra Chavarria Arnau, “Finding invisible Arians: An archaeological perspective on churches, baptism and religious competition in 6th century Spain”, 2017, also available on the Internet.

[15] Foreword to Louis Judicis de Mirandol’s edition, Boèce, La consolation philosophique (1861), p. xxvi.

[16] Ferdinand Lot, La Fin du monde antique (1927), Albin Michel, 1989, p. 29.

[17] Ferdinand Lot, La Fin du monde antique, op. cit., p. 33.

[18] Ferdinand Lot, La Fin du monde antique, op. cit., pp. 47-52.

[19] Polydor Hochart, De l’authenticité des Annales et des Histoires de Tacite, 1890, on archive.org, pp. viii-ix.

[20] Viscount James Bryce, The Holy Roman Empire (1864), on www.gutenberg.org/ebooks/44101

[21] Antonio Pucci [1362], Libro di varie storie (a cura di Alberto Varvaro, AAPalermo, s. IV, vol. XVI, parte II, fasc. II, 1957) [anno accademico 1955-56], pp. 136-137, mentioned in it.wikipedia.org/wiki/SPQR

[22] Robert Folz, L’Idée d’Empire en Occident du Ve au XIVe siècle, Aubier, 1953, p. 107.

[23] Heinrich Fichtenau, Living in the Tenth Century: Mentalities and Social Orders (German edition 1984), trans. Patrick Geary, University of Chicago Press, 1991, p. 9.

[24] Jacques Heers, Le Moyen Âge, une imposture, Perrin, 1992, pp. 55-58.

 

 

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