DI FRANCO BERARDI BIFO
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Scrive Giorgio Cremaschi in una nota dal titolo: “Fallito il plebiscito Fiat a Pomigliano”
“Più del 40% degli operai, quelli che devono faticare in turni crescenti e pause calanti, ha detto no. Nonostante il clima di intimidazione e il ricatto. E’ un fatto clamoroso che conferma il valore della scelta della Fiom di non firmare. Ora è più forte la difesa del Contratto nazionale, dei diritti e della Costituzione. Il coraggio dei tanti operai che hanno rifiutato il ricatto Fiat si trasmette a noi e a tutto il mondo del lavoro per continuare. Il diritto al lavoro e i diritti del lavoro non possono, non devono essere posti in alternativa tra loro.”
Quello che accade a Pomigliano segna un passaggio importante. Lo schiavista Marchionne ha tentato di costringere gli operai ad accettare la sottomissione assoluta in cambio del diritto a farsi sfruttare, e gli operai hanno detto no. Del tutto isolati, e per questo forti, e per questo uniti e per questo vincenti gli operai hanno detto: meglio disoccupati che schiavi.
Da trent’anni il capitalismo aggredisce gli operai globalizzando il mercato del lavoro, contrapponendo i polacchi ai napoletani, e i cinesi a tutti gli operai del mondo.
La sola risposta efficace finora è stato il suicidio. A migliaia, a decine di migliaia, i lavoratori si sono uccisi, negli ultimi anni. I contadini indiani come i tecnici e gli impiegati della Telecom France.
Ma quando l’alternativa è tra morire di fame o accettare lo schiavismo è naturale che la maggioranza si pieghi. E tutti si aspettavano che a Pomigliano i lavoratori si sarebbero piegati al ricatto. Non è andata così.
Qualcosa sta cambiando all’orizzonte del pianeta. Il crollo dell’economia finanziaria disegna un diverso panorama all’orizzonte. In cambio della sottomissione assoluta gli schiavisti non offrono più nulla. Poco alla volta lo capiranno anche i polacchi. I cinesi cominciano a capirlo. Come dice un operaio della Foxconn: “Con gli straordinari posso raggiungere i duecento dollari al mese, ma dopo aver pagato l’affitto il cibo e i vestiti non mi resta niente.” (Hang Dongfang).
Alla Foxconn, che occupa 400.000 persone costrette a lavorare 70 ore la settimana per salari di 160 dollari al mese, si moltiplicano gli scioperi selvaggi e i sabotaggi.
http://www.thecommentfactory.com/foxconn-and-the-honda-strike-can-chinese-labour-break-from-capitalist-accumulation-3133/
La civiltà sociale nella quale i lavoratori potevano ottenere almeno qualche briciola, è finita. Il livellamento del salario globale avvicina il momento in cui gli operai fermeranno la macchina dello schiavismo?
E’ presto per dirlo, ma i segnali in questa direzione si moltiplicano.
Pomigliano è un segnale squillante.
Gli operai possono, da soli, innescare l’esplosione sociale che tutti in Europa stiamo aspettando. Ma da soli non possono vincerla. Non sono più, come erano negli anni ’60, il centro dell’accumulazione capitalista e non sono più la forza produttiva generale.
Nel prossimo precipitare della crisi gli operai di fabbrica possono innescare una rivolta generalizzata, ma da soli non possono vincerla.
E’ il lavoro cognitivo precario che deve uscire dal cinismo e dalla paralisi, per dare forma positiva alla rivolta.
Forse è venuto il momento di piantarla con l’indignazione e con la denuncia frustrante delle mille porcherie di tutti i Berlusconi del mondo.
Forse è il momento di concentrare tutta l’attenzione su un argomento diverso: come può il lavoro precario e cognitivo trasformare l’esplosione imminente del lavoro operaio in un processo di redistribuzione della ricchezza, di esproprio generalizzato, di sabotaggio contro la macchina mediatica dello schiavismo, di autonomia della società dal dominio criminale della finanza?
Franco Berardi Bifo
Fonte: http://www.facebook.com
23.06.2010