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La Redazione

 

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IL RITORNO DEI MORTI VIVENTI NEO-CON

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A cura di Davide
Il 5 Giugno 2014
67 Views

DI PEPE ESCOBAR

asiatimes.com

In mezzo a tutta questa isteria, è stata ampiamente fatta circolare l’informazione all’interno degli Stati Uniti che la “nuova” politica estera del presidente Obama, proclamata la scorsa settimana a West Point, rifiuta i neo-con e i neo-liberali ed è, essenzialmente, post-imperialista e una dimostrazione di realpolitik.

Non così veloce. Benchè abbia fatto un passo indietro dalle esagerazioni del regime di Cheney – ovvero il bombardare le nazioni per portarle alla “democrazia” – il “desiderio di dominare” è ancora fortemente radicato. Per di più l’”eccezionalità” statunitense resta un assioma, ora non così lampante, ma continuamente messo in luce attraverso una scorretta serie di accorgimenti, dalla guerra finanziaria a quella digitale, dagli incentivi alla “democrazia” sullo stile del National Endowment for Democracy alle Operazioni Speciali Congiunte di contro-terrorismo, agli attacchi di droni, a tutte le forme possibili di guerra ombra.

Nei primi anni 2000, il modello era la distruzione fisica con annessa occupazione dell’Iraq, dal 2010 in poi il modello è una distruzione al rallenty, per delega, della Siria; per di più coloro i quali avevano “concepito” la distruzione dell’Iraq continuano a presentarsi, viscidi come sempre. Il loro portabandiera è ovviamente Robert Kagan – uno dei fondatori dell’apocalittico Progetto per un Nuovo Secolo Americano e marito della cripto-generatrice di inferno in Ucraina Victoria “Si fotta la UE” Nuland (da qui il loro desiderio di un Ucraina mutata in Kaganato di Nulandia, o semplicemente Nulandistan).

Kagan è stato drasticamente fuorviato su tutto, come nel suo best seller del 2003 Of Paradise and Power: America and Europe in the New World Order (Paradiso e Potere: gli Stati Uniti e l’Europa nel nuovo ordine mondiale, ndt), un panegirico sui “benevoli” Stati Uniti che si ergono a difesa dalle “minacce” (ad esempio il fondamentalismo islamico) emanate da un mondo Hobbesiano ben oltre la confortevole stazione di polizia Kantiana rappresentata dall’Europa.
Successivamente, in The Return of History and the End of Dreams (2008) (Il ritorno della storia e la fine dei sogni, ndt), il “male” non era più il fondamentalismo islamico (troppo sdoganato), ma l’emergere di quelle grandi autocrazie, Russia e Cina, in contrasto con le democrazie occidentali. In The World America Made (2012) (Il mondo che gli USA hanno creato, ndt), tuttavia, la luccicante e paradisiaca città sulla collina trionfa ancora, più che abile ad eliminare quelle autocrazie, dopotutto l’unica vera garanzia di pace nel mondo è l’eccezionalità made in USA.

Kagan continua a controllare l’attenzione persino dell’altrimenti distaccato Comandante in Capo, il quale ha sbranato The World America Made prima del suo discorso del 2012, nel quale ha affermato “Gli Stati Uniti sono tornati”. È illuminante tornare a ciò che Kagan ha scritto sul Weekly Standard a marzo 2011, dando l’idea di un bambino estasiato che lodava Obama “Egli ha fermamente rigettato il cosiddetto approccio realistico, celebrato l’eccezionalità statunitense, parlato di valori universali e insistito che il potere nelle mani degli USA va usato, quando necessario, in nome di quegli stessi valori”.

RISSA ALLA RIUNIONE DI SINGAPORE

Ora arriva l’ultima opera di Kagan “Superpowers Don’t Get to Retire: What our tired country still owes the world” (Le superpotenze non vanno in pensione: cosa la nostra stanca nazione deve ancora al mondo, ndt) con un mesto caos già costruito nel titolo (dopotutto lui non ha mai letto Paul Kennedy). La storia ci insegna che le superpotenze in pensione ci vanno a causa della loro iper-estensione – non solo militare, ma soprattutto economica e fiscale, tale da portare alla bancarotta.

Già è senza speranza aspettarsi da Kagan e dalla galassia neo-con qualcosa di diverso dalla cecità alle lezioni della storia – con una tragica menzione speciale per Shock and Awe, violazioni alla convenzione di Ginevra e istituzionalizzazione della tortura. La loro dicotomia interna è tra una eterna egemonia globale o la perpetrazione del caos.

I progressisti continuano a cercare di salvare capra e cavoli, invocando una “ristrutturazione” economica e democratica; un obiettivo impossibile da raggiungere quando il casinò del capitalismo comanda e la nazione è ormai quasi in tutto e per tutto un’oligarchia. Questi sognatori credono davvero che la “ristrutturazione” sia ciò che Obama ha perseguito e continua a sostenere e che essa proietterà nuovamente gli USA ad essere un modello globale – e quindi “incoraggerà” alla democrazia su tutto il pianeta. Scusate se rompo le uova nel paniere, ma per la stragrande maggioranza della “comunità internazionale”, fatti alla mano, il concetto di Stati Uniti che promuovono la democrazia al giorno d’oggi è vivo o morto.

Quindi sotto i vessilli dell’eccezionalità – contro la nascita di un secolo eurasiatico – è stato affascinante osservare la rissa al dibattito tenutosi allo Shangri-la di Singapopre, che avevo descritto lo scorso anno come gli Spielberg e Clooney della sfera militare mondiale tutti rinchiusi in una stanza da Guerre Stellari (in realtà una stanza da ballo con lampadari allo Shangri-la Hotel).

Tutto è iniziato quando Shinzo Abe, il militarista primo ministro del protettorato statunitense chiamato Giappone che denunciava “sforzi unilaterali” volti ad alterare lo status quo in Asia. Il generale Martin Dempsey, capo dello Stato Maggiore Congiunto, buttando benzina sul fuoco, sosteneva che l’area Pacifico-asiatica stava diventando meno stabile per colpa di “coercizioni e provocazioni” cinesi. Anche il capo supremo del Pentagono Chuck Hagel ha accusato Pechino di “azioni unilaterali destabilizzanti” nel mar Cinese del Sud.

A quel punto il generale Wang Guangzhong, vicecomandante dell’esercito cinese, ha contrattaccato dicendo che le parole di Hagel “straripano di egemonia, di minacce ed intimidazioni” e “sono parte di una provocazione contro la Cina”. Il generale maggiore Zhu ha anche accusato Hagel di ipocrisia “qualsiasi cosa la Cina faccia è illegale, qualsiasi cosa facciano gli USA è giusta”. Zhu è stato rapido ad incassare la minaccia di Hagel “Gli Stati Uniti non si volteranno dall’altra parte quando i principi dell’ordine internazionale verranno messi a repentaglio”. Traduzione: non fate idiozie con l’eccezionalità. NOI siamo l’ordine eccezionale.

Era come se tutti stessero leggendo il libro degli schemi di Kagan. La differenza è che Pechino non è Baghdad e non risponderà alle minacce prostrandosi, sta invece mettendo in atto accorte, scaltre e tatticamente abili mosse sulla scacchiera del Pacifico occidentale. La rete asiatica di vassalli/clenti/protettorati di Washington è e sarà lentamente ma costantemente minata. Come ciliegina sulla torta Pechino vede Hagel e Kerry – che non sanno praticamente nulla delle complessità dell’Asia – in preda al panico. I giorni dei proverbi di Deng Xiaoping – da “attraversare il fiume tastando le pietre” a “tenere un profilo basso” – sono passati. Si sta parlando del prossimo numero uno al mondo dell’economia mondiale, già nazione con il più alto numero di scambi commerciali e primo creditore degli Stati Uniti.

AUTOSTRADA PER HILLARY

La Russia – e non gli Stati Uniti – sono ora un partner chiave o un tramite per negoziare nei più estremi conflitti internazionali. Il recente scompiglio dell’accordo energetico ed economico tra Cina e Russia (parte essenziale della loro partnership strategica), l’integrazione progressiva e la strategia economico/finanziaria compatta dei BRICS e persino il lento processo di integrazione dell’America Latina puntano ad un mondo futuro multipolare. Il che ci riporta alla “nuova” dottrina di politica estera di Obama. Diamo un’occhiata agli appunti recenti.

Obama si è astenuto dall’assecondare la sua incauta e auto-imposta linea rossa e bombardare la Siria perchè è stato salvato (da se stesso) all’undicesima ora dalla diplomazia russa. Il dossier iraniano resta vulnerabile alle incessanti pressioni delle lobby neo-con/Israeliane dell’industria bellica, con l’amministrazione Obama ad introdurre nuovi elementi esterni attorno alla negoziazione. Le sanzioni contro la Russia a causa dell’Ucraina non erano solo illegali, sono limitate, come i più astuti uomini d’affari Europei hanno subito notato. Una ritirata fittizia sta per essere messa in atto in Afghanistan, per lasciare campo ad una guerra ombra. L’amministrazione Obama ha inoltre, più o meno di nascosto, sostenuti i neo-nazisti in Ucraina e i Jihadisti in Siria.

Tutto ciò non è sufficiente per la marmaglia di Kagan – gli architetti “concettuali” delle guerre dell’11 settembre, che avevano sempre voluto che Obama bombardasse la Siria, l’Iran, cominciasse una guerra con la Russia per la Crimea, e persino, meglio prima che poi, bombardasse la Cina per impedirle di diventare il numero uno. Gli hobbesiani impazziscono – crogiolandosi nel loro psicotico senso di perenne diritto di agire – e non si fermeranno di fronte a nulla per impedire la nascita di un mondo multipolare. È una scelta tra l’impero eccezionale con la NATO come Robocop globale, o l’inferno.

Mosca e Pechino, per concludere, non sono esattamente impressionate, piuttosto, annusano la disperazione. Le cose possono ancora – ed è probabile che ciò accada – peggiorare, a discapito del già collassante Khaganato. Aspettiamo solo la dottrina di Hillary.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected]

Fonte: http://www.atimes.com/

Link: http://www.atimes.com/atimes/World/WOR-01-030614.html

4.06.2014

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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