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DI AVI ASHER-SCHAPIRO

newrepublic.com

Le persone che scommettono grosse cifre su tecnologie distruttive hanno molto in comune. [il Venture Capital è capitale ad alto rischio che scommette in settori con elevato potenziale ndt]

Nel XIX secolo si potevano fare molti soldi cacciando capodogli al largo delle coste del Massachusetts: occorreva arpionarle, scioglierne il grasso per farne olio e portarne le ossa a terra. Una singola spedizione poteva fruttare $100.000 equivalenti oggi a oltre 3 milioni. Ma non era una cosa facile. Nel 1858 circa due terzi delle baleniere che salpavano da New Bedford e Fairhaven tornavano senza averci guadagnato nulla. Si scopriva così che le balene sono difficili da scovare e ancora più difficile da ucciderle. In media una baleniera passava oltre tre anni in mare. Questo aveva creato un grosso dilemma per le ricche famiglie del Massachusetts: come si poteva riuscire a uccidere le balene, venderne il grasso e le ossa senza perdere soldi nel pagare i marinai e le barche di quei lunghi viaggi inconcludenti?

Nel 2012 l’Harvard Business School si è dedicata a studiare questo rompicapo: le società impegnate nella caccia alle balene usavano il settore industriale dell’epoca per dare lezioni sull’american venture capital. Questi casi sono in sostanza la versione per adulti dei misteri della Encyclopedia Brown [serie di avventure per bambini, tipo Geronimo Stilton ndt] che hanno sempre una unica soluzione: fare più soldi. Gli agenti di queste società individuarono una serie di astute tecniche per rendere redditizi gli investimenti. Individuarono quali erano i capitani migliori, aiutarono le famiglie ricche a finanziare baleniere di tipo diverso, studiarono le migliori zone di caccia e fecero firmare agli equipaggi accordi di condivisione dei profitti che li incentivavano a starsene in mare il più possibile.

Questi agenti hanno creato il modello per le attuali agenzie di venture capital della Silicon Valley. Basta immaginare che gli equipaggi delle baleniere siano un reparto di ingegneri creativi che stanno sviluppando una applicazione senza la quale non possiamo vivere, oppure stiano lavorando per Juicero, lo spremifrutta hi-tech che raccolse 120 milioni di investimenti venture capital prima di implodere.

Il professor Tom Nicholas dell’Harvard Business School è co-autore di Whaling Ventures uscito nel 2012, che è stato ampliato ultimamente in un nuovo libro: VC: An American History, dove sostiene che nonostante non sia l’unica società a incoraggiare investimenti rischiosi, gli Stati Uniti hanno ampiamente sostenuto aziende specializzate in questo settore, fattore determinante nel ruolo USA come potenza mondiale e che quasi certamente ha messo in relazione l’innovazione tecnologica e gli investitori nell’immaginario americano. Condito di fatti dettagliati relativi ai più celebri finanziatori, il libro presenta con arguzia la logica degli investimenti venture capital: è comunemente accettato che la maggior parte delle innovazioni tecnologiche abbiano inizio da un progetto a lungo termine con una bassa probabilità di successo. Se una società investisse solo in progetti che hanno dimostrato di funzionare, nessuna nuova tecnologia prenderebbe mai il volo e le nuove idee morirebbero sul nascere.

Nicholas mostra poco interesse nell’analizzare i modi in cui il VC forma la società e le disuguaglianze che causa. Chi vince e chi perde in una società che adotta l’approccio USA nel finanziare cambiamenti rivoluzionari? Quali sono le conseguenze nel caso in cui i motori finanziari dell’innovazione vengano isolati dalle forze democratiche? E quali alternative sono possibili? Qualcuno si dovrà specializzare nel fare questo tipo di domande. Ma il modo in cui oggi definiamo chi vince e chi perde è vergognosamente oligarchico: nel 2018 l’impegno finanziario americano nel VC ha battuto ogni record con 130.9 miliardi di dollari. Molte delle aziende con più alto profilo tecnologico e innovativo (Uber, Airbnb, WhatsApp solo per citarne alcune) sono state sostenute da grossi investimenti VC. Persino alcuni aspetti delle politiche di Trump contro l’immigrazione hanno risvolti legati alle tecnologie finanziate dal VC. Tutte queste decisioni sono state prese in riunioni a porte chiuse da gruppi di persone di pelle quasi esclusivamente bianca. Mentre il libro di Nicholas non offre molte critiche verso quegli uomini, riesce a regalarci una interessante sbirciatina all’interno del loro mondo.

Sin dagli albori il venture capital rifletteva, amplificandole, le dinamiche di base dell’economia americana: ciò che maggiormente conta è chi conosci e chi sono i tuoi genitori. Prendiamo uno dei pionieri del VC: Laurance Rockefeller aveva il nonno John D. con una ricchezza personale pari all’1.5% del PIL. Negli anni ‘40 Rockefeller mise assieme un pool di esperti nel valorizzare aziende con tecnologie vincenti, specialmente nel campo dell’aviazione. Se ne volava col suo aereo personale dalla California a New York per controllare i suoi investimenti, fatto estremamente raro per quegli anni. Ma perfino con gli enormi vantaggi rispetto ai concorrenti, tra il 1938 ed il 1969 Rockefeller non riuscì a superare i guadagni del mercato azionario, guadagnando solo l’86% di quanto gli investitori che evitavano l’aereo (e compravano solo fondi indicizzati) erano riusciti a portarsi a casa.

Negli ultimi anni Rockefeller ha saputo fare di meglio. La ditta fondata nel 1969, la Venrock Associated, diventò un investitore legato alla nascita della Apple, ma in buona sostanza solo perché i partner della Venrock ed i fondatori della Apple si conoscevano già. Anche Nicholas, molto attento alle faccende dei Rockefeller, ammette che quell’investimento fu “quasi casuale”.

Successivamente Rockefeller spese somme considerevoli nella salvaguardia dell’ambiente e nel convincere Bill Clinton a svelare la verità sugli UFO. Sebbene ci siano alcuni VC moderni autoprodotti, l’industria sembra muoversi in sincronia con il mondo, sganciato da fenomeni di causa ed effetto, delle ricchezze ereditate e delle connessioni famigliari. Per esempio mentre racconta la genesi di Greylock, un’azienda leader di VC, Nicholas descrive una “serie di collaborazioni limitate ad un gruppo selezionato di ricche famiglie americane (ed i loro agenti) a cui si aggiungono in seguito donazioni da università”. Tutti i partner erano studenti della Harvard Business School. Alcuni anni dopo questa scoperta, guarda caso, Greylock iniziava a gestire una parte delle donazioni di Harvard. Altre università di elite seguirono ed in poco tempo queste donazioni rappresentarono ben oltre la metà dei capitali in ognuna delle aziende correlate. Ma non è che tutto il VC abbia successo solo se chi inizia un’attività è un plutocrate. John Doerr, partner di Kleiner Perkins Caufield & Byers, azienda di spicco di VC, riuscì ad entrare nella creazione del browser pioneristico Netscape perché uno dei suoi fondatori, l’innovativo ingegnere Jim Clark, aveva avuto fiducia nella sua esperienza tecnica. Nel giro di due anni la ditta fece fruttare 361 milioni di dollari un investimento iniziale di 5 milioni.

La prospettiva di tali enormi guadagni può alle volte portare ad atteggiamenti molto rischiosi. E visto come il VC è diventato inglobato nella inaffidabile plutocrazia americana, tali rischi non sono sempre sostenuti dagli stessi VC. Prendiamo Theranos, azienda produttrice di presidi medici, sostenuta da VC. Nel 2015 il Wall Street Journal sentenziò che tanto le caratteristiche quanto i risultati dei test non erano corretti e avrebbero potuto causare danni anche mortali. Prima di questo episodio Theranos aveva ricevuto grossi finanziamenti VC da Tim Draper, investitoreVC di terza generazione che casualmente era vicino di casa e amico di famiglia della fondatrice di Theranos, Elisabeth Holmes. Un anno dopo che era stata denunciata la frode, Draper aveva raccolto altri 190 milioni di dollari per un nuovo fondo VC; recentemente ha affermato che avrebbe finanziato Holmes di nuovo, se ce ne fosse stata la possibilità.

Il VC non è mai stato inteso come affare egalitario: l’uomo responsabile dell’invenzione del VC moderno fu un immigrato francese e professore dell’Harvard Business School di nome Georges Doriot. Viene spesso salutato come il “padre del venture capital americano” a causa dei suoi interessi verso l’American Research and Development Corporation (ARD) fondata nel 1946. Questa azienda sfruttò pesantemente il network di reduci dalla Seconda Guerra Mondiale cercando, significativamente, investimenti tra le famiglie ricche. Dopo che Doriot aveva tradotto un investimento iniziale di $ 70.000 per la Digital Computer Corporation in un ritorno di 52 milioni, scrive Nicholas, riuscì a “validare l’approccio degli investimenti a lungo termine” che sta alla base del moderno finanziamento VC, ovvero l’idea di investire soldi in piccole aziende ai primi passi che rendono molto quando diventano grandi.
Doriot non accettava donne nei suoi corsi ad Harvard, anche dopo che l’università le aveva ammesse. Nicholas scrive che Doriot “aveva seminato ristrettezza mentale su questioni di genere, questione su cui ancora oggi l’industria si deve confrontare”. Sebbene alcune pagine del libro lamentino la mancanza di diversità di genere all’interno del VC, la critica culturale non è il punto forte di Nicholas. Non ama allontanarsi dalle analisi di mercato e favorisce affermazioni banali quali “linee di continuità o cambiamento possono spesso essere tracciate dal passato al presente”.

Non è che Nicholas non sia consapevole delle dinamiche sociali e distributive in gioco. In Whaling Ventures accenna ai “pesanti costi ambientali” imposti dalla mattanza delle balene (sebbene non citi che quasi il 30% della popolazione di capodogli fu eliminata tra il 1800 ed il 1880 al punto che ancora oggi sono nella lista delle specie a rischio). In un capitolo intitolato “Risk Menagement” spiega come i lavoratori in queste navi fossero regolarmente frustrati, fatto che poteva portare ad ammutinamenti o diserzioni che avrebbero potuto, dal punto di vista dell’investitore, “minacciare il successo del viaggio”. Verso la fine del libro Nicolas si rivolge a ciò che chiama la “parte molto oscura” del VC, ovvero il fatto che le aziende che lo trattano diventano ricche portando una compagnia alla pubblica attenzione, vendendo poi velocemente e alla fine guardando i piccoli investitori, i fondi pensione, i pensionati comprare troppo tardi e perdere quindi i loro soldi quando l’affare si sgonfia.

Nicholas non fa molto caso ai modi in cui il VC va a caccia di guadagni enormi e come questi possono incoraggiare sfruttamenti in larga scala nel corso dei secoli. Agenti dell’industria delle balene, ad esempio, avevano strutturato i pagamenti delle assicurazioni in modo che gli stessi equipaggi sostenessero parte dei costi, ma se la nave faceva naufragio solo i proprietari e gli investitori sarebbero stati ripagati. E’ lo schema perverso che mette in luce l’approccio delle grosse compagnie verso i lavoratori. Nicholas non affronta le modalità di questi accordi che spostano i limiti e che assomigliano ai contratti di Uber e Lyft (sostenuti da VC) che obbligano gli autisti a pagarsi l’assicurazione.

Nicholas al massimo osserva quanto il VC abbia fatto affidamento sui governi, e quanto le industrie abbiano cercato di uniformare le politiche governative ai propri voleri. La struttura primaria delle agenzie di VC (partenariato a responsabilità limitata) venne creata dal governo durante il XIX secolo come “corridoio per gli investitori ricchi”. Quando le politiche di governo si mettevano di traverso rispetto agli interessi del VC, gli investitori facevano lobby. Negli anni ‘40 la U.S. Security and Exchange Commission permise alla compagnia ARD di Doriot di essere considerata di “pubblico interesse” per aggirare le restrizioni sugli investimenti ed avere accesso a capitali nuovi.

Quando ARD volle spillare fondi dal settore delle assicurazioni sulla vita che aveva una forte regolamentazione, fece operazioni di lobby con i rappresentanti di governo per cambiare le leggi a proprio favore.

Neanche a dirlo ci furono cambiamenti di regole a loro esclusivo vantaggio. Negli anni ‘70 furono in grado di far passare un emendamento alla legge “prudent man” che era stata pensata per limitare i rischi dei fondi pensione su investimenti a lungo termine tipici del VC. In tempi recenti Trump ha introdotto tagli alle tasse ed i VC si sono uniti ad altre lobby per avere una speciale deroga chiamata “carried interest loophole” che permette ai fondi di pagare molto meno tasse rispetto ai lavoratori.

Oltre a lavorare per ridursi le tasse, VC si garantisce la generosità dei contribuenti specialmente dagli appalti militari dopo la SGM. La reazione a catena di tali appalti si sente ancora oggi. Dopo la SGM le aziende di VC hanno iniziato ad avere grandi guadagni dagli investimenti nelle tecnologie sviluppate dalla Fairchild Semiconductor, multinazionale che aveva perfezionato i circuiti integrati ad uso missilistico. La Fairchild era sostenuta da generosi appalti governativi, usati per dare vita a molto del talento tecnico e dell’acume finanziario che hanno fatto grande la Silicon Valley. Due uomini della Fairchild, ad esempio, Robert Noyce e Gordon Moore fondarono la Intel.

Il successo della Intel, secondo Nicholas, ed i relativi soldi portati nelle tasche degli investitori di VC furono uno spartiacque per il moderno VC, una prova di principio per le forme di investimento che potessero “attrarre altri imprenditori di successo e investitori di VC verso la Silicon Valley per cercare opportunità di guadagni”.

La più grossa tra le attuali aziende di VC, la Sequoia Capital, fu fondata da Don Valentine, un impiegato della Fairchild. Questa compagnia sta attualmente investendo nelle tecnologie di riconoscimento facciale di produzione cinese. Questo non significa però che l’attuale trend del VC si stia allontanando dalle industrie legate alla difesa USA. Come sottolinea Jamie Martin in una recensione del libro di Nicholas, le industrie hi-tech sostenute dal VC sono concorrenti spietati dei fornitori della vecchia scuola nell’accaparrarsi fondi militari. Peter Thiel e la sua compagnia Palantir hanno recentemente battuto Raytheon nell’aggiudicarsi un appalto di 876 milioni di dollari mentre SpaceX, creata da Elon Musk e sostenuta da 2 miliardi di finanziamenti VC, sta combattendo contro la joint venture di Lockheed e Boing, United Launch Alliance, per vincere appalti molto remunerativi.

L’amore sta scorrendo in entrambi i sensi: dopo avere lasciato la Casa Bianca, Barack Obama ha pensato di lavorare per una azienda di VC della Silicon Valley. Obama ha dichiarato di avere trovato i colloqui avuti con VC e Silicon Valley “davvero soddisfacenti”. Probabilmente ha percepito che il potere all’interno della società americana sta allontanandosi da quelle istituzioni che aveva sovrinteso per avvicinarsi a chi distribuisce capitali privati. Non sarebbe una lettura sbagliata, ma sarebbe davvero inquietante se così fosse.

Avi Asher-Schapiro is a writer based in Brooklyn, New York.

Fonte: https://newrepublic.com/

Linkhttps://newrepublic.com/article/154490/small-world-vc

18.07.2019

 

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da TONGUESSY

 

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