I paraocchi ideologici dell’America e la guerra in Ucraina

I paraocchi ideologici impediscono agli Stati Uniti una corretta valutazione dei successi russi nella guerra in Ucraina, dei probabili risultati e di cosa fare ora

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Gilbert Doctorow
gilbertdoctorow.com

L’edizione di ieri del primo notiziario domenicale della televisione di stato russa, Vesti nedeli, condotto da Dmitry Kiselyov, ha segnato un punto di svolta su ciò che i Russi dicono ufficialmente sui loro successi in Ucraina. Mi ha fatto riflettere sul perché Washington sta sbagliando tutto e su come i paraocchi ideologici dell’America potrebbero portare a conseguenze molto spiacevoli a livello globale.

Fino ad ora, i notiziari russi sono stati molto pacati sui risultati militari ottenuti in Ucraina. I briefing quotidiani del portavoce del Ministero della Difesa, Igor Konashenkov, forniscono solo cifre indicative su quanti aerei, carri armati e altri veicoli corazzati, centri di comando in Ucraina sono stati distrutti dai missili russi ad alta precisione, più i nomi delle città che sono state conquistate, senza elaborare il loro valore strategico o altro. D’altro canto, la programmazione della televisione russa mostra solo i danni inflitti quotidianamente dalle forze ucraine alla città di Donetsk e ai suoi sobborghi con attacchi di artiglieria e missili Tochka U. C’è uno stillicidio costante di case distrutte, ospedali, scuole e perdita di vite tra i civili. Il senso di questa programmazione è chiaro: spiegare in continuazione al pubblico russo “perché siamo lì.”

L’edizione di ieri di Notizie della Settimana ha dedicato più di 45 minuti alle operazioni militari russe sul terreno. Il messaggio è cambiato in “ciò che stiamo facendo lì.” I telespettatori sono stati guidati dai reporter di Rossiya nella zona di guerra attraverso le foreste e i campi distrutti dell’oblast’ di Kharkov, nel nord-est dell’Ucraina, così come nelle parti appena liberate della Repubblica Popolare di Donetsk. Filmati girati da bordo di un veicolo corazzato, ci hanno mostrato chilometri di carri armati ucraini e altre attrezzature militari pesanti distrutte, nonché decine e decine di cadaveri di soldati ucraini “uccisi in azione” e lasciati sul terreno dai loro compagni in rapida ritirata o dai disertori. Poi sono arrivate le interviste ai prigionieri di guerra ucraini, i cui volti e le cui parole raccontano una storia molto diversa dagli eroici encomi che piovono da Zelensky e dal suo entourage. Infine, ci sono state le interviste con alcuni dei civili che, negli ultimi due giorni, erano riusciti ad uscire dal complesso sotterraneo dell’Azovstal e che avevano guadagnato la libertà attraverso il corridoio umanitario che i Russi garantiscono ogni pomeriggio.

Tratterò brevemente ognuno di questi segmenti dell’edizione di ieri di Notizie della Settimana. Prima però permettetemi due considerazioni generali.
In primo luogo, l'”operazione militare speciale” russa è una macina, che macina lentamente ma che macina bene. E funziona. I Russi stanno schiacciando le forze ucraine. È improbabile che l’invio a Kiev di qualsiasi quantitativo di attrezzature militari da parte di Paesi terzi possa fare la differenza sull’esito di questo conflitto. Infatti, mentre i critici della voluta interferenza dagli Stati Uniti nel conflitto sostengono, giustamente, che le consegne di armi stanno prolungando la guerra incoraggiando Kiev a continuare a combattere, è anche vero che i Russi non hanno problemi con questo: più a lungo va avanti la guerra, più territorio possono conquistare, con l’obiettivo di controllare, e infine annettere, l’intero litorale del Mar Nero. In questo modo sarebbero sicuri che i resti dello stato ucraino non potranno mai più rappresentare una minaccia militare per la Russia, con o senza l’aiuto della NATO.

In secondo luogo, l’esercito ucraino ha davvero ufficiali addestrati dalla NATO e professionisti qualificati che possono essere combattenti ammirevoli, come insistono i media occidentali. Ma ha anche molta carne da cannone. Per carne da cannone intendo reclute troppo vecchie, arruolate a forza e anche volontari, inutili per qualsiasi esercito moderno e non più addestrabili. La maggior parte dei prigionieri di guerra mostrati dalla televisione russa sono persone di più di 50 anni e anche più di 60, senza alcuna esperienza militare precedente. Ad uno di questi ultimi, con la faccia abbattuta e la barba incolta fino al petto, è stato chiesto perché si era arruolato per combattere. La risposta è stata: “Non c’era lavoro. Così mi sono arruolato, solo per fare un po’ di soldi.” Dopo aver visto morire i loro compagni, c’è da meravigliarsi che questi soldati alzino le braccia e si arrendano alla prima occasione?

La domanda che non viene posta è: dove sono tutti i giovani e baldi maschi ucraini? Come hanno evitato la leva? Data la corruzione ampiamente riconosciuta nel governo e nella società ucraina, non sarebbe strano se alcuni si fossero comprati una scappatoia dalla guerra? Sono forse tra i 5 milioni di Ucraini fuggiti all’estero dall’inizio delle ostilità? Sono quelli che ora guidano delle costose Mercedes con targhe ucraine per le strade di Amburgo? Chi in Occidente nota questo fatto o se ne preoccupa veramente?

La testimonianza dei prigionieri di guerra mostra che sono stati ingannati dai loro ufficiali. Era stato detto loro che i Russi li avrebbero semplicemente massacrati se avessero alzato bandiera bianca. Le testimonianze delle numerose donne che hanno camminato verso la libertà dalle catacombe dell’Azovstal sostengono la versione ufficiale russa: erano state intimidite dai mercenari nazionalisti che le usavano come scudi umani. Venivano nutrite a malapena ed era stato detto loro che la via d’uscita era minata e che sarebbero morte se avessero tentato la fuga.

L’avanzata dei Russi sul terreno, mentre vengono portati a termine i preparativi per il “calderone,” l’accerchiamento totale della maggior parte delle forze ucraine nel Donbass, è lenta, solo un paio di chilometri al giorno. Il motivo è stato chiarito dal resoconto di ieri sera: [il territorio] non comprende solo campi aperti e foreste, gli Ucraini sono trincerati in bunker ben fortificati, costruiti negli ultimi otto anni e situati nei centri urbani, da qui [gli Ucraini] devono essere stanati strada per strada, casa per casa. Un bombardamento a tappeto o un bombardamento prolungato comporterebbe pesanti perdite di vite umane tra la popolazione civile, a maggioranza russofona, proprio le persone che i Russi stanno cercando di liberare.

Il ragionamento che sta alla base del modo russo di fare la guerra in Ucraina è stato completamente trascurato o scartato a priori da Washington. I media americani e i politici parlano solo dei presunti problemi logistici della Russia e della scarsa attuazione dei suoi piani bellici. Questo capita non perché i consiglieri di Biden siano stupidi. È così a causa dei paraocchi ideologici indossati dall’intero establishment di politica estera degli Stati Uniti. L’ideologia, potremmo chiamarla Idealismo (in senso wilsoniano),  si contrappone al Realismo, praticato da una piccola minoranza di accademici americani.

La distinzione non è puramente semantica. È il modo in cui si analizzano le questioni di politica estera. Il problema è che gli Stati Uniti vivono in un mondo post-fattuale, che potrebbe anche essere definito un mondo virtuale.

L’idealismo in politica estera si basa sul presupposto che siano i principi universali a plasmare le società, ovunque. Ignora sistematicamente le peculiarità nazionali, come la storia, la lingua, la cultura e la volontà. Al contrario, il realismo si basa proprio sulla conoscenza di tali specificità, che definiscono gli interessi e le priorità nazionali.

In queste condizioni, gli studiosi dei think tank statunitensi possono solo sedersi davanti ai loro computer e scrivere le loro valutazioni sulla guerra dei Russi in Ucraina esclusivamente sulla base di ciò che farebbero loro, gli Americani e i loro alleati, se dovessero dirigere lo sforzo militare russo. [Secondo loro, i Russi] dovrebbero combattere alla maniera americana, vale a dire iniziare con un attacco “shock and awe,” seguito dalla totale distruzione di tutto ciò che ostacola la marcia sulla capitale dello stato nemico, in modo da arrivare alla vittoria totale in breve tempo. Il ragionamento degli uomini del Cremlino non ha alcun interesse per loro. Da qui, la conclusione, completamente sbagliata, che i Russi stanno perdendo la guerra, che la Russia non è la forte forza militare che temevamo e che la Russia può essere sfidata, sconfitta e costretta a sottomettersi alle direttive americane e a ciò che gli Americani pensano sia il suo interesse nazionale.

Lo stesso problema di un approccio da “mondo virtuale” si presenta ora nella discussione tra gli esperti americani sulla probabilità che Putin usi in Ucraina le armi nucleari tattiche e su come l’Occidente guidato dagli Stati Uniti dovrebbe rispondere. La possibilità che i Russi stiano vincendo e non abbiano bisogno di soluzioni estreme è esclusa. La possibilità che, in caso di vera difficoltà, i Russi possano ricorrere a soluzioni non nucleari, come i bombardamenti a tappeto, è esclusa.

L’ultima interpretazione [americana] sulla possibile escalation da parte della Russia verso la Terza Guerra Mondiale con l’uso di armi nucleari tattiche è una reazione alla vaga minaccia del presidente Putin di una risposta “fulminea” a qualsiasi segnale che le potenze occidentali possano diventare co-belligeranti con le loro azioni a sostegno dell’Ucraina. Curiosamente, la minaccia russa è stata intesa come attacchi nucleari tattici di precisione, non come il lancio dei nuovi Sarmat ipersonici o degli ICBM in grado di eludere i sistemi antibalistici o l’invio del drone d’alto mare Poseidon per spazzare via Washington D.C. con un’onda anomala causata da un’esplosione nucleare sottomarina. In ogni caso, l’assortimento dei nuovi e devastanti sistemi d’arma a disposizione della Russia sembra essere ignorato dai nostri esperti di politica. Si sono fissati su uno solo, sul quale speculano all’infinito.

La bolla del mondo virtuale in cui la comunità di politica estera degli Stati Uniti esiste e fiorisce è un disastro in attesa di accadere. Chi ascolterà il campanello d’allarme di John Mearsheimer e dei pochi esperti di politica che ancora praticano la vera Realpolitik?

Gilbert Doctorow

Fonte: gilbertdoctorow.com
Link: https://gilbertdoctorow.com/2022/05/02/americas-ideological-blinkers-and-the-ukraine-war/
02.05.2022
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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